Racconto, fabulazione e l’ambiguità del reale ne La Settimana bianca di Emmanuel Carrère/Claude Miller (1995-1998)

Abstract

La Settimana bianca di Emmanuel Carrère, romanzo che segna una rottura importante nella produzione dello scrittore francese, ovvero l’abbandono parziale del territorio della finzione, è un’opera complessa e sfaccettata che conduce innanzi tutto una riflessione metalinguistica sulla funzione stessa del racconto, la sua ricezione e il suo potere affabulatorio. L’atto di raccontare, in quanto azione che interpella l’immaginazione e che mette in scena i fantasmi dell’inconscio, non è solo il perno attorno a cui ruotano i rapporti tra i personaggi, ma diventa anche un strumento utile e inatteso per la soluzione dell’enigma. Si tratterà di analizzare in che modo quello che sembra un semplice racconto del sospetto, costruito attorno a un meccanismo di scrittura che semina indizi ordinari e perturbanti, si rivela anche essere una riflessione sulle funzioni simboliche della narrazione. Questo aspetto é particolarmente evidente nell’adattamento cinematografico realizzato dal regista Claude Miller, in cui lo spettatore segue una realtà soggettiva quasi interamente dominata dal punto di vista del protagonista, entrando a intermittenza nel suo universo immaginativo fatto di favole ascoltate, lette e reinventate, reso nel film attraverso degli inserti visivi violenti. Sia l’opera letteraria che quella filmica lavorano in modo efficace e complementare sul confine tra l’esperienza e il suo racconto, tra il “reale” e la sua narrazione, soprattutto quando quest’ultima deve confrontarsi con una realtà inaccettabile le cui ragioni profonde restano enigmatiche e inaccessibili.