Call for Papers – The Migrant as an Eye/I. Transculturalismo, autorappresentazione, pratiche audiovisive
Esperienze di esilio, immigrazione e transnazionalità rappresentano ormai il cuore del dibattito politico-culturale contemporaneo. Pure all’interno di numerosi progetti realizzati in ambito visuale, artistico e cinematografico, la narrazione si sviluppa intorno alla vita di soggetti migranti, la cui storia si definisce in relazione ai temi della distanza (geografica e memoriale) e del movimento (viaggio, attraversamento, spaesamento). La focalizzazione sull’identità diasporica e in esilio induce però spettatori e osservatori a leggere queste opere esclusivamente attraverso il filtro del trauma e della sofferenza, come a indicare l’assenza di materie espressive alternative per chi ha lasciato – per scelta o costrizione – il proprio Paese d’origine.
La sezione speciale di Cinergie si propone dunque di scandagliare la varietà di produzioni che, a livello cross-mediale, consentono di descrivere e far emergere forme di soggettività, etnicamente connotate e non rispondenti a logiche dominanti, nella piena consapevolezza sia della progressiva contaminazione dei modelli culturali, sia della messa in crisi dell’antica dicotomia tra Sé e Altro. Nel tentativo di abbattere tanto la logica assimilazionista, quanto i processi di Othering (Rings), oggi assistiamo infatti alla rivendicazione di principi identitari che hanno già interiorizzato le proprie radici etno-culturali. Alla luce di questo fenomeno, appare quindi urgente ri-definire la validità di alcune categorie interpretative, come quelle di Migrant/Post-Migrant" (Rings, Leal) “Third [World]” (Gabriel, Guneratne-Dissanayake), “Accented” (Naficy) – prima applicate alla produzione filmica, visuale-antropologica e sperimentale, ora estese a tutte le produzioni mediali (ad esempio il concetto ‘accented media’ proposto da Bruce Bennett) –, comunque generate da una gerarchia di valori che pongono l’Altro in una condizione di subalternità culturale.
In questo senso, nonostante l’intenzione di assumere i media come strumenti che facilitano la diversità etnica e il dialogo interculturale, su simili pratiche incombe nuovamente il dubbio della reale accessibilità per l’Altro a forme di autorappresentazione non tanto più autentiche, quanto più vicine ai propri modelli culturali e alle proprie tradizioni espressive. Da un lato infatti, condizionata dalle spinte emergenziali della cosiddetta ‘crisi migratoria’, l’attuale produzione mediale sembra essere più attratta da opere che mettano a tema la ‘migrazione verso l’Europa o gli Stati Uniti’, piuttosto che valorizzare il background etno-culturale di professionisti operanti all’interno delle industrie creative e culturali (filmmakers, produttori, fotografi artisti, scrittori e sceneggiatori, performers ecc.). Dall’altro lato, la mancanza di un riconoscimento a livello locale-nazionale, nonché la scarsità di finanziamenti in favore della diversità culturale all’interno delle politiche culturali, continua a produrre effetti negativi sull’autodeterminazione dei professionisti di origine straniera, con la conseguenza di soffocarne il potenziale creativo.
Già a partire dagli anni ‘70-’80, sotto l’influenza del post-modernismo, delle teorie femministe e dei contributi post-coloniali, è sorta la necessità di ripensare il dominio dell’autorappresentazione, condividendo la prospettiva di traslare l’area semantica dell’ “autobiografia” verso il concetto di “life writing”. Quest’ultimo appunto sembra essere più coerente nel descrivere tanto la molteplicità di forme espressive, comprese quelle filmiche e artistiche, votate alla rappresentazione del sé, quanto l’abbattimento del modello ‘autobiografico’ così come è stato concepito dalla letteratura e dalla teoria eurocentriche (Moore-Gilbert). Ne deriva quindi l’implicita assunzione di un’opposizione categoriale tra auto/biografia e life-writing: la prima frutto di una tradizione modernista, al cui centro è posto il soggetto maschio/bianco/occidentale, spesso derealizzato in un puro stato di coscienza; il secondo espressione di un soggetto incarnato e situato a livello storico, sessuale e sociale, il più delle volte lacerato da esperienze di perdita, vulnerabilità ed esilio. Malgrado la marginalizzazione, la repressione e le censure imposte dai sistemi politici egemonici, è così che le minoranze dimenticate maturano il progetto di reclamare il diritto di prendere la parola, conquistando spazi deputati alla condivisione di testimonianze e contro-memorie. Contestualmente, una volta che culture, ideologie e costrutti epistemologici occidentali e non-occidentali entrano in contatto o collisione, concezioni di psiche e individualità apparentemente inconciliabili danno linfa a visioni e manifestazioni che si offrono come nuova chiave di lettura autoriflessiva per il soggetto.
Tuttavia, è altrettanto evidente come i processi di globalizzazione abbiano inevitabilmente influenzato la percezione del sé nei diversi contesti culturali, politici e sociali, anche a seguito di una crescente appropriazione dei dispositivi e delle tecnologie utili all’indagine introspettiva e all’autorappresentazione (Tianqi Yu). La cultura visuale contemporanea genera in questo modo i presupposti per una concezione estesa di etnicità, da intendersi come formazione culturale determinata non solo da orientamento sessuale, etnia, generazione, classe, ma anche dall’assunzione di un immaginario mediale contaminato culturalmente (Russell).
Nell’era di massima espansione delle nuove forme “autobiografiche” grazie ai media audiovisivi e digitali (autofiction, documentari autobiografici, piattaforme di digital storytelling, autoritratti e selfie, Vlog, pagine Facebook e Instagram ecc.), non è più solo possibile per chiunque produrre e far circolare immagini di sé dentro un perpetuo e quotidiano flusso di comunicazione con l’esterno, ma anche sfidare i discorsi sociali dominanti che riflettono gerarchie di potere sia sul piano sociale che su quello geopolitico (Thumim, Chouliaraki). A causa di tutto ciò, viene ancora da domandarsi: come i soggetti ex-/post-coloniali, insieme ai loro antenati e discendenti, hanno la facoltà di autorappresentarsi e di raccontare le proprie storie, sovvertendo gli stereotipi della cultura occidentale? Come possono essere riscritte le gerarchie di potere nel momento in cui l’immagine che l’Altro ha costruito di e per sé viene ri-mediata all’interno del sistema mediatico occidentale? Quando e come l’Altro può avere un accesso effettivo agli strumenti di rappresentazione e narrazione del sé?
In conclusione, un’ampia esplorazione sia delle molteplici forme espressive contemporanee sia dei diversi regimi discorsivi autobiografici può condurre all’individuazione di un’identità plurale, interessata a una costante ricerca di sé e delle proprie contraddizioni, ma pur sempre consapevole tanto delle proprie origini etniche e culturali quanto dell’esperienza dell’instabilità che la attraversa.
Gli autori sono invitati a presentare contributi dedicati alla trattazione di questioni teoriche, nonché all’analisi di specifici casi di studio relativi, ma non solo, ai seguenti temi:
Teoria e storia di opere audiovisive soggettive/autobiografiche/in prima persona realizzate da soggetti non-occidentali, la cui visione può aiutare a ridefinire i confini di un settore disciplinare prevalentemente sviluppato in Occidente;
Immagini personali e immagini di famiglia (film, video e fotografie realizzate mediante dispositivi amatoriali, compresi i mobile phones) raccolte da soggetti non-occidentali a scopo privato oppure artistico-creativo (es. found footage films);
Ricerche genealogiche dedicate al recupero di storie e memorie legate ad antenati, la cui identità è stata incasellata entro schemi razziali, riflesso di una tendenza essenzialista e/o feticista;
Film di registi migranti o rifugiati girati e diretti individualmente o in collaborazione con altri: autobiografie, autoritratti, co-produzioni, progetti partecipativi e forme espressive di creatività collaborativa;
Processi di negoziazione tra biografie scritte e audiovisive dedicate a esperienze vissute da soggetti migranti, profughi e richiedenti asilo (biografie, videotestimonianze, talks, video-presentazioni);
La ri-mediazione di autorappresentazioni migranti tra relazioni di potere geopolitico e sistema mediale mainstream;
Auto-etnografie: pratiche analitico-creative orientate all’indagine di sé e alla comprensione del background culturale di soggetti di prima, seconda e terza generazione;
Piattaforme di digital storytelling e archivi digitali istituiti per la raccolta di una visione integrata e plurale su passato e presente, con l’obiettivo di preservare le memorie delle minoranze etniche.
Si richiede l’invio di un abstract in italiano e in inglese di 300-500 parole (assieme a una breve biografia del proponente in italiano e in inglese) entro il 1 aprile 2019 a alice.cati@unicatt.it e m.grassilli@sussex.ac.uk.
Gli articoli selezionati – in italiano o in inglese – dovranno pervenire entro il 30 giugno 2019, non dovranno essere superiori alle 35.000 battute (spazi e note inclusi) e saranno sottoposti a double blind peer review.
Il numero 19 di Cinergie sarà pubblicato nel mese di dicembre 2019.