Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.15 (2019)
ISSN 2280-9481

Dubbi cinematografici e sexy corrispondenze. L’evoluzione della piccola posta nei cineromanzi italiani

Gabriele LandriniSapienza University of Rome (Italy)
ORCID https://orcid.org/0000-0001-5205-5589

Gabriele Landrini (1991) is a PhD student in “Musica e Spettacolo” at the Sapienza University of Rome. His research is focused on mid-twentieth century cineromanzi and on popular magazines related to them. His current interests focus on Italian cinema and on the ways in which it is received by the general public. He has participated in various conferences in Italy, in England and in Portugal and he has published essays on Zone Moda Journal, Imago, Fata Morgana, L’Avventura and Cinergie.

Ricevuto: 2019-02-23 – Versione revisionata: 2019-06-02 – Accettato: 2019-06-13 – Pubblicato: 2019-07-16

Piccola posta and Sexy Letters. The evolution of epistolary column in Italian cineromanzi

Abstract

The epistolary column has always played a fundamental role both in women’s and men’s cineromanzi: in these periodicals, many publishers have dedicated numerous pages to the direct confrontation between readers and mysterious advisors. Following an archival research carried out at the Bibliomediateca Mario Gromo of Turin, this essay aims to investigate how the most important cineromanzi have dealt with the mail (and the photos) sent by the public, also tracing the different policies adopted in the responses. After an introductory paragraph dedicated to tout court cineromanzi, the corpus of the discussion will be organized in two steps, respectively dedicated to the melodramatic and erotic ones, investigated in the light of the different forms of piccola posta — the prose letters column — and the vetrina dei lettori — the photographic insert of the readers.

Keyword: cineromanzo; magazine; Italy; Italian; readers.

1 Dai fotofilm alle lettere: i cineromanzi tra gli anni Cinquanta e Settanta

Tra l’inizio degli anni Cinquanta e la metà degli anni Settanta, l’editoria italiana è segnata dalla repentina diffusione di una particolare tipologia di riviste, note oggi con il nome di cineromanzi.1 Nate il 10 dicembre 1951 grazie alla prima uscita di Super Cinema,2 queste testate – che potevano essere settimanali, quindicinali o più raramente mensili – offrono sulle proprie pagine delle novellizzazioni a fumetti di pellicole cinematografiche coeve le quali, grazie all’uso di fotogrammi o fotografie di scena corredati da balloon e didascalie, permettono alle lettrici e ai lettori di fruire di un film in modo alternativo. Fratelli minori dei più noti fotoromanzi (Bravo 2003, Cardone 2004), i cineromanzi si indirizzano inizialmente ad un pubblico femminile, interessato a ritrovare i medesimi toni della paraletteratura rosa e desideroso di emozionarsi con storie d’amore spesso dichiaratamente tragiche. Al fine di soddisfare le attese (e le pretese) dell’ipotetico target, che non prescinde tuttavia da una controparte maschile ugualmente attiva, periodici come Star cineromanzo gigante, Fotoromanzo bimensile, Cineromanzo per tutti o I vostri film adattano su carta lungometraggi differenti ma sempre convergenti ad un’istanza romantica (Alovisio 2007a, Morreale 2007a). A partire dal 1952, la casa editrice milanese Victory è tra le prime a proporre un apparato sistematico di collane, le quali attingono senza una particolare regolarità da produzioni americane ed europee, accomunate appunto dalla messa in scena di vicende tormentate e non sempre destinate al lieto fine. Visto il crescente successo, nel biennio immediatamente successivo esordiscono altrettante pubblicazioni firmate dalla romana Lanterna Magica, generalmente propensa a novellizzare i grandi successi del botteghino, e dalla sempre romana Apollon, che intreccia le istanze melodrammatiche con un ampio ventaglio di generi. Con una consistenza di fascicoli più circoscritta o ad oggi andata perduta, non mancano poi riviste minori prodotte da Rizzoli, Lancio, Cine Foto Service, Ape Nova e molteplici altre case editrici che permettono di amplificare una produzione già selvaggia e frammentaria, destinata a ridimensionarsi a partire dal 1958. A seguito della chiusura della quasi totalità delle testate esistenti e del ripensamento delle logiche di selezione e di resa grafica dei periodici curati da Franco Bozzesi, negli anni Sessanta l’interesse per i cineromanzi – ma anche per i fotoromanzi tout court – è in netta decrescita, tanto che solo Malìa, un magazine di fotofilm a tema horror, riesce ad imporsi. Concretizzando definitivamente un già pronosticabile cambio di pubblico, all’inizio degli anni Settanta si ha il vero momento di rottura con il passato: grazie alla pubblicazione di Cinesex nel settembre 1969, una nuova tipologia di cineromanzi si impone infatti sulla scena editoriale italiana. Proponendosi come magazine ad ampio respiro pensati per un lettore di sesso maschile, periodici come il succitato o i di poco successivi Cinestop, Bigfilm e Topfilm rifuggono da gran parte dei toni rosa precedenti,3 pubblicando fumetti palesemente erotici, restituiti accentuando e perfino dilatando l’istanza voyeuristica alla base dai lungometraggi sexy da cui sono tratti. Proprio questi “ultimi fasti” (D’Acquisto 2007) rappresentano la fase matura dei cineromanzi (Maina 2012, Maina 2018), nonché la fine della loro parentesi editoriale.

Ad uno sguardo di insieme sulle riviste ad oggi ancora disponibili, possedute in buona quantità dalla Bibliomediateca Mario Gromo di Torino e dalla Biblioteca Nazionale di Firenze, traspare immediatamente come il centro focale di quasi tutti i numeri sia il fotofilm, ovvero la storia a fumetti propriamente detta: sia nelle prime pubblicazioni, sia in quelle conclusive, gli adattamenti fotografici si estendono per circa cinquanta o più pagine, occupando interamente o comunque gran parte del fascicolo. Sebbene il termine cineromanzo sia stato fatto spesso coincidere con quello del fotofilm particolarmente inteso, non bisogna però pensare che tali collane non presentino rubriche para-testuali, incaricate di offrire svaghi paralleli al lettore. In un contesto spesso irregolare, si susseguono senza una particolare sistematicità concorsi di vario tipo, inserti di moda, approfondimenti sul cinema e sulla televisione, novelle a puntate realizzate ex novo, cineracconti4 tratti da altre pellicole coeve, biografie dedicate ad attori molto noti o articoli di approfondimento di varia natura. Proprio in questo bacino di contenuti altri, riescono a svilupparsi anche timide rubriche di posta che, in modi dissimili ma non totalmente dissonanti, delineano da un lato speranze, idee e dubbi dei lettori e delle lettrici dell’epoca e, dall’altro, le politiche editoriali che le stesse case editrici si propongono di perseguire. Partendo da uno studio ad ampio spettro sulle principali testate di fotofilm – scelte in base all’importanza, alla continuità della pubblicazione e ovviamente alla disponibilità attuale – il presente intervento mira ad indagare come la realtà editoriale dei cineromanzi si sia confrontata con la posta inviata dal pubblico, rintracciando i punti di distacco e di contatto che intercorrono tra le pubblicazioni femminili e quelle successivamente maschili. Per fare ciò, sembra dunque doveroso affrontare in modo cronologico le due macro-tipologie di rubriche, approcciandosi cioè alle testate femminili prima e a quelle maschili dopo, tenendo in entrambi i casi conto di una duplice declinazione di cultura epistolare. In linea con quanto studiato da Alovisio (2007b), non bisogna infatti limitarsi a legare l’idea di posta dei lettori alla semplice missiva in prosa, indubbiamente fondamentale, ma è necessario pensarla anche in una seconda modalità, spesso poco considerata nei fondativi studi sull’editoria rosa (Buonanno 1975, Lilli 1976, Buonanno 1978) o su quella per uomini (Boni 2004). Accanto a canoniche rubriche adibite a rispondere a lettere vere e proprie, non possono pertanto essere escluse dall’analisi le sezioni parallele dove è la fotografia inviata dai fruitori stessi – o da presunti tali – ad essere la protagonista. Proprio per questo, parola e immagine saranno ugualmente considerate, al fine di comprendere pienamente le dialettiche e le politiche che venano la posta dei cineromanzi.

2 Una proto-cinefilia tra film, divismo e collezionismo: la piccola posta al femminile

Nei cineromanzi degli anni Cinquanta, le rubriche di piccola posta propriamente dette occupano uno spazio spesso liminale, non protraendosi per più di una o due pagine. Le lettere non sono mai mostrate nella loro interezza, se non in particolari casi, tanto che il contenuto originale deve essere desunto dalle risposte fornite dei vari curatori. Contrariamente a quanto succede nelle riviste ottocentesche (Romani 2013, Frau, Gragnani 2017) e nei fotoromanzi (Cardone 2004: 112-117), dove esistono sezioni accuratamente deputate alle missive più personali, nei cineromanzi la sfera emotiva e privata è posta spesso in secondo piano,5 oscurata dall’argomento cardine delle riviste stesse: il cinema. Prendendo in analisi le rubriche di posta delle testate pubblicate dalle già citate case editrici più qualitativamente e quantitativamente prolifiche – ovvero Lanterna Magica con Cineromanzo per tutti e Cineromanzo gigante; Victory con Grandi fotoromanzi d’amore, Fotoromanzo bimensile e Fotoromanzo gigante; e Apollon con I vostri film e Star cineromanzo gigante, poi diventato Superstar cineromanzo gigante – traspare fin da subito che il centro delle discussioni è sempre il micro-cosmo cinematografico, declinato seguendo strade differenti ma affini.

Una proto-cinefilia di fondo, non intesa come approccio critico alla materia6 ma come interesse verso determinate pellicole, è anzitutto rintracciabile nella richiesta di molti lettori di vedere restituiti su carta i propri film del cuore. Alcuni sono indubbiamente fortunati, come Ma.Ge.Si da Roma che, nelle pagine de I vostri film, si sente rispondere positivamente dal curatore Aligi: “Ti preannuncio l’uscita abbastanza prossima di Picnic proprio in questa collana nella quale penso che immetteremo anche Desiderio sotto gli olmi” (Aligi 1959b: 66). Al contrario, altri non ottengono il medesimo riscontro, come M. M. da Firenze, la cui richiesta sembra inattuabile: “Per Via col vento la cui pellicola, necessaria ad una versione fotoromanzata, è impossibile avere in Italia, per alcune clausole contrattuali, siamo nientemeno in trattative dirette con l’America. Speriamo nel buon esito…” (Sconosciuto 1954a: 63). Il problema della reperibilità del materiale, dovuta ai mancati accordi con le case di produzione o di distribuzione, è la motivazione che spesso viene fornita per spiegare l’impossibilità di un adattamento cartaceo. Ciò nonostante, in certi casi si hanno anche risposte più puntute, dovute probabilmente – non avendo le missive originali non possiamo confermarlo – a dei toni più aspri adottati dal mittente. A tal proposito, il direttore di Grandi fotoromanzi d’amore, sempre gentile e calligrafico nelle sue dichiarazioni, si esprime in modo stizzito nei confronti delle richieste di un probabilmente polemico Mario Di Campli di Lanciano, affermando:

Deve sapere che in tre mesi abbiamo ricevuto richieste da lettori che desidererebbero vedere stampati quei films che ad essi più sono piaciuti. Per adesso abbiamo ricevuto la richiesta di cinquanta films differenti. Di questo passo in un anno riceveremo la richiesta per duecento films. Quando lei pensa che in un anno ne potremo stampare dodici capirà benissimo come sia impossibile accontentare tutti i desideri. Abbia dunque pazienza e si fidi del nostro buon gusto. (Ponzoni 1953: 71)

Da un punto di vista quantitativo, la richiesta di vedere su carta un film è molto comune nella prima ondata di cineromanzi, ma ciò che la motiva è spesso legata ad un’altra tematica che ricorre nelle sezioni epistolari: il divismo. Lungi nuovamente dal proporre qualsiasi tipo di riflessione critica, i lettori sono mossi anche e soprattutto dal desiderio di potersi virtualmente interfacciare con un divo o una diva da loro molto amato. Proprio a tale scopo, i fan richiedono uno o più film, tessendo puntualmente le lodi degli interpreti. Anche in questo caso, risposte positive si alternano a responsi negativi, causati nuovamente dalle suddette difficoltà nella reperibilità delle pellicole tanto amate e sollecitate dai lettori. Un caso più particolare e degno di singolare menzione riguarda però i film di Totò. Alla richiesta di Musetto da Ancona di vedere più fotofilm con il suo beniamino, Lindoro – curatore della rubrica di posta dei primissimi numeri di Star cineromanzo gigante, sostituito dopo poco dal già nominato Aligi – afferma:

Credimi, nessuno vuole mancare di rispetto verso questo simpatico e gradito attore, molto apprezzato anche da noi. Ma se non pubblichiamo cineromanzi tratti dai suoi films il motivo è molto semplice. I films di Totò sono basati sul giuoco mimico gestuale, i lazzi, i trucchi e le assurde avventure ideate da lui stesso. Tutte cose che conservano un senso buffonesco finché lo spettatore le segue in movimento sullo schermo e che diventerebbero invece grottesche se portate in fotografia. (Lindoro 1956: 70)

Tale affermazione si inserisce in un discorso più ad ampio spettro, che accomuna le rappresentazioni divistiche delle testate del secondo dopoguerra (Gundle 2007; Buckley 2017). Sebbene sia necessario rimandare riflessioni più precise ad altre sedi, basti qui sapere che, soprattutto nei fotofilm propriamente detti ma anche nelle rubriche di cineposta, alcuni divi e in particolare alcune dive risultano a priori valorizzati rispetto ad altri, in quanto affini al cinema melodrammatico e alla fascinazione iconografica che guidano almeno a grandi linee le trasposizioni a fumetti.

L’importanza della questione divistica nei cineromanzi di prima ondata non traspare tuttavia esclusivamente dalle richieste di fotofilm, ma anche da altre tipologie di epistole che compaiono nelle rubriche di piccola posta. Su tutte, molto regolari sono quelle che richiedono l’indirizzo di determinati divi, che conducono spesso i curatori a dover stilare veri e propri elenchi: ciò succede ad esempio nel centesimo numero di Superstar cineromanzo gigante, dove vengono forniti – accorpando le richieste di Giulio, Linda, Betty, Mery e Anna – ben quarantasette indirizzi, spesso coincidenti con le case di produzione con cui gli interpreti sono sotto contratto (Aligi 1963b: 70). A queste, si collegano specularmente le altrettanto numerose missive nelle quali gli scriventi si lamentano della mancata risposta delle celebrità, secondo loro imputabile proprio a un errore nell’indirizzo fornito. A riguardo, Aligi, che è sempre molto critico quando si parla di divismo, controbatte con veemenza, come succede nella risposta all’ingenuo Marco G., a cui dice:

Gli indirizzi sono esatti, l’ipotesi che le lettere non arrivino è invece errata. Le lettere che si spediscono, presto o tardi (salvo casi eccezionali) arrivano sempre. Quando non arrivano vuol dire che non sono state spedite. In altri termini: le tue lettere sono certamente arrivate. Le risposte degli attori invece, non essendo partite, non sono arrivate. Chiaro? (Aligi 1960: 66)

In continuità con il desiderio di entrare più intimamente in contatto con i divi, molto numerose sono anche le missive degli aspiranti attori che, desiderosi di imitare i propri idoli, si informano su come ottenere il tanto sperato successo. Per la prima volta, è possibile rintracciare una rottura ideologica tra le riviste di prima ondata che, a seconda della casa editrice di riferimento, seguono diverse politiche. Nonostante tutte le testate suggeriscano ai lettori di essere cauti e di mantenere i piedi per terra, le collane firmate Apollon con le rubriche curate da Aligi si pongono in modo nettamente critico verso tali aspirazioni: il responsabile si espone in prima persona sottolineando un certo scetticismo fin dalla propria presentazione (Aligi 1959a: 66) e arrivando addirittura a scrivere frasi come “Se io ti dicessi cosa veramente penso degli attori, ti scandalizzeresti” (Aligi 1963a). Al contrario, più propensi a caldeggiare le soverchie illusioni sono invece gli editori Lanterna Magica e Victory, che ricorrono alla seconda varietà di epistole che le redazioni ricevevano, ovvero quelle fotografiche. La cosiddetta vetrina dei lettori – che ha tuttavia diversi nomi a seconda della rivista di riferimento – nasce con l’intento di canalizzare in un unico spazio gli scatti inviati da lettori e lettrici, promettendo anche una visibilità tale che permetta loro di essere eventualmente notati dagli addetti ai lavori. Se le collane Victory si limitano a “fare cosa gradita ai lettori […] [pubblicando] una piccola rassegna degli amici della Victory” (Grandi fotoromanzi d’amore) o a impegnarsi vacuamente a “fare tutto il possibile per aiutare i lettori nelle loro aspirazioni” (Fotoromanzo bimensile e Fotoromanzo gigante), lo stesso non può essere detto per le contrapposte pubblicazioni Lanterna Magica, che parlano addirittura di una probabilmente fittizia “commissione composta dai produttori cinematografici Dino e Luigi De Laurentiis, dai registi Mario Soldati e Carlo Lizzani, dall’operatore Aldo Tonti e da noti attori” (Cineromanzo per tutti). Tralasciando le infondate promesse di celebrità, le gallerie risultano oggi significative in quanto permettono di ipotizzare maggiormente uno spaccato degli acquirenti dei cineromanzi, oltre che i loro sogni di successo. Se già le tradizionali sezioni di piccola posta lasciano trasparire un forte campionario di fruitori di sesso maschile – in contrasto quindi con il target di riferimento delle riviste tout court –, le vetrine palesano come i sogni di celebrità siano più comuni tra i ragazzi che tra le ragazze. Si prenda come modello la galleria presente sul trentunesimo numero di Grandi fotoromanzi d’amore che, paragonata con quella di altre uscite o delle riviste concorrenti, appare inaspettatamente molto ricca, protraendosi per ben dieci pagine. Le 93 fotografie pubblicate contemplano – calcolando anche quelle d’ensemble – 110 volti differenti, di cui solo 15 di sesso femminile e 95 di sesso maschile (Sconosciuto 1954b: 63-72). L’ampia discrepanza, non giustificabile solo per via della maggiore libertà che all’epoca si dava ai ragazzi invece che alle ragazze,7 sembra dunque confermare la forza invasiva di un desiderio di celebrità generalmente legato alla sfera femminile, ma che in realtà accomunava interamente le nuove generazioni italiane della società post-bellica.

Tornando alle rubriche di piccola posta propriamente dette, un ultimo macro-argomento, che ricorre costantemente ma che appare oggi solo parzialmente interessante, riguarda invece la sfera del collezionismo. Al contrario di quanto si afferma nelle prime ricerche di stampo sociologico dedicate alle riviste fotoromanzate (Piperno et al. 1979), la novellizzazione su carta non è sempre legata a quell’effimero prendi e butta che spesso le è stato attribuito, ma si intreccia anche a un desiderio di preservazione e conservazione: seppur concepiti come paratesti effimeri, è ipotizzabile – oltre che parzialmente appurato8 – che i fotofilm fossero anche materiale da collezione. Confrontandosi direttamente con le fonti primarie, ciò traspare naturalmente dalle puntuali richieste dei lettori di ricevere per posta numeri mancanti o persi, le quali lasciano trasparire un senso di continuità nell’acquisto, oltre che di interesse verso determinati fotofilm precedentemente pubblicati. Chiaramente, in questi casi, i curatori non fanno altro che ripetere per l’ennesima volta come comprare un fascicolo, puntualizzando l’indirizzo e la somma da inviare.

3 Corrispondenze erotiche tra divismo, vicende personali e sexy fotografie: la posta al maschile

Un discorso differente ma sorprendentemente continuativo può essere proposto per i cineromanzi pensati per un pubblico maschile, che nascono e immediatamente scompaiono tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta. Le riviste che propongono fotofilm di genere vario, come quelle edite da Ponzoni – ad esempio Parà, Texas, Wampir e Zatan – o il caso peculiare del già nominato Malìa, non presentano vere e proprie rubriche di posta, pur non rifiutando l’abitudine di inserire paratesti quali cineracconti o articoli di informazione cinematografica. Un’unica eccezione è rintracciabile nell’ultima testata citata che, pur non corredando le proprie pagine con missive del pubblico, ripropone una versione aggiornata e decontestualizzata della vetrina dei lettori, rinominata Galleria del cerchio magico.

A parte l’occasionale caso dei cineromanzi di Malìa, la cui storia editoriale risulta indubbiamente atipica,9 un ritorno sistematico delle rubriche di posta e di improbabili fotografie dei lettori si concretizza con l’avvento delle testate erotiche firmate Edigraf/EdiRome: Cinesex, Bigfilm e Topfilm lasciano presagire sulle proprie pagine un maggiore interesse verso il pubblico di riferimento, interagendo direttamente con esso o fingendo almeno di farlo. Analizzando la grafica e l’impaginazione, è necessario premettere che tanto le risposte quando le domande sono pubblicate, dato che spesso anche le seconde sono necessarie per favorire l’emersione di eventuali sotto-testi e messaggi sexy. Rispetto al passato, tali rubriche occupano inoltre spazi differenti a seconda della testata di riferimento, concentrandosi come da tradizione in una sola pagina o estendendosi anche a più facciate con titolazioni a volte diversi.

Partendo dall’ottima schematizzazione fornita da Giovanna Maina per il peculiare caso di Cinesex (Maina 2018: 81-86) e ampliando il discorso alle collane coeve,10 si può tranquillamente affermare che l’elemento proto-cinefilo sia ancora innegabilmente presente, seppur mutato grazie all’istanza erotica che le riviste desiderano promuovere. In tal senso, gli equilibri interni alla macro-area filmica sono pertanto differenti: le richieste di vedere pubblicati particolari fotofilm o i dubbi sull’acquisto dei fascicoli precedenti a fini collezionistici scompaiono totalmente, lasciando spazio alle già ampiamente presenti missive a tema divistico. Anche queste ultime non si delineano però come richieste di indirizzi o consigli sulla carriera futura, ma si tramutano in semplici domande di carattere generale o aneddotico sui beniamini di turno. Proprio per merito di questa nuova natura – presente anche in passato ma in modo più sporadico – i vari curatori riescono più facilmente a introdurre elementi sexy, evocando situazioni o descrizioni hot. Ciò non è sempre possibile, tanto che regolarmente si trovano risposte sintetiche e lontane da qualsivoglia erotismo; tuttavia, ad un’attenta analisi l’istanza sessuale non può che apparire evidente. Molto ricche in tal senso, oltre che in Cinesex, sono le rubriche di Bigfilm “Bigfilm Corrispondenza” e “Vorrei sapere?”. Protagoniste assolute sono ovviamente le attrici di sesso femminile: oltre ai richiami alla citatissima “nostra beniamina” Edwige Fenech (Sconosciuto 1970a: 66) o alle nudità che “eccitavan da morire” di Sylvia Koscina (S. 1973: 22), non mancano puntuali riferimenti alla “più grossa prostituta del cinema italiano”, Francesca Romana Coluzzi (Saltarelli 1973a: 22), ai ruoli sempre da “prostituta in su con gli anni, cavallona” di Annie Girardot (Sconosciuto 1971b: 72) o all’interpretazione “piccante di una spogliarellista” di Claudia Cardinale (Sconosciuto 1970c: 72). Più rari sono i cenni agli attori di sesso maschile: accanto ai rimandi ad Alain Delon e ai suoi ménages à trois filmici (Sconosciuto 1971a: 72), è interessante soprattutto la missiva – probabilmente inventata – di “un gruppo di sedicenti amiche di Monza”, le quali riflettono sull’assenza di nudi maschili al cinema. In risposta, l’anonimo curatore della posta di Bigfilm intavola un discorso sul “bello per antonomasia Tomas Milian [che] interpreta una lunga sequenza del film [L’amore coniugale (1970)] completamente nudo di fronte agli occhi esterrefatti della sua partner Macha Meril”. Scorrendo fino alla fine il monologo, appare però palese che tale richiamo non è proposto per soddisfare la curiosità delle ipotetiche lettrici, ma al contrario per sollazzare per l’ennesima volta la fantasia dei lettori. Nelle ultime righe, si legge infatti:

Per girare questa sequenza la Maraini è dovuta ricorrere all’aiuto dei carabinieri perché molte signore presenti su una spiaggia di Palermo, dove è girata la sequenza, vista la bellezza e la prestanza dell’attore nature intendevano “sottrarlo” alla macchina da presa. E questo dimostra che il pubblico femminile è decisamente disinibito e preparato a film di questo genere. (Sconosciuto 1970b: 72)

Accanto alle questioni cinematografiche, che seppur aneddotiche e tematicamente ridondanti ricorrono con costanza, le missive sulla vita privata degli interpreti riescono a trovare uno spazio maggioritario rispetto a quello a disposizione nei primi cineromanzi. Anche in questo caso, è sicuramente Cinesex la testata che presenta un maggior numero di epistole di tale tipologia, grazie soprattutto alle rubriche “Lui e lei. Lettere a doppio sesso” e “Emanuelle”, oltre che alla sezione di annunci erotico-sentimentali “CIAO!”. Negli altri periodici, sono soprattutto gli ultimi fascicoli di Topfilm a pubblicare lettere di questo tipo nella sola rubrica “Toposta”. Se i primi fascicoli si limitavano a discutere di cinema – in linea con quanto visto con Bigfilm -, nelle pubblicazioni del 1972 compaiono invece quasi esclusivamente improbabili lettere di natura sessuale, che si delineano come racconti di performance erotiche. Alcune di esse narrano storie più che possibili, come quella del padre di famiglia Gino di Ancona che, disperato, si chiede: “Ma che mi sta succedendo? Ho iniziato a masturbarmi” (Gino 1972: 12). La maggior parte sono invece quasi sicuramente create ad hoc per eccitare il lettore, come sembra miri a fare l’accurato resoconto dell’ingenua tredicenne Gigliola “in pena”, che afferma:

L’anno scorso, dopo tanti tentativi, dai quali mi sottraevo a stento, fui presa e posseduta dal mio insegnante. Ero appena una bambina! Mi ero riproposta di smettere col canto, ma per non insospettire i miei genitori fui costretta ad accettare le regolarissime (ogni giorno!) effusioni sessuali del mio seduttore, del quale sono divenuta successivamente l’amante. Lui è molto esperto, mi ha insegnato praticamente tutte le variazioni e la raffinatezza dell’amore. […] Per non andare in cerca di rogne, pratichiamo amori sodomitici e boccali, di preferenza. L’ultima volta è stata in maniera naturale. Sono disperata, credo di essere incinta. (Gigliola 1972: 88)

Proprio la probabile finzione di quest’ultima missiva, esempio arbitrario ma degno di nota tra molte altre, ritorna inoltre nelle nuove vetrine dei lettori, che appaiono esclusivamente su Cinesex. La rubrica “Come sono le nostre lettrici?” si propone quale versione erotica delle precedenti sezioni fotografiche amatoriali, atta ora a mostrare il frutto dell’esibizionismo casalingo di ipotetiche fruitrici (Maina 2018: 61). Naturalmente, se in passato era a sorpresa il lettore di sesso maschile a porsi come soggetto inaspettato delle immagini, in questo caso sono le controparti femminili – e soprattutto le loro nudità, spesso paradossalmente coperte da una fascetta nera – a interessare l’obiettivo della macchina fotografica. All’apparato iconografico si legano lunghi racconti in prosa, che non fanno altro che riprendere gli stilemi narrativi delle lettere private, ampliando le descrizioni ed enfatizzando ulteriormente i connotati sessuali. A titolo esemplificativo, si possono solo nominare il lungo resoconto di Anna S. di Ravenna sulla scoperta del nudismo (S. 1971: 86); quello sui sogni da modella a luci rosse di Gabby H. di Bolzano (H. 1972: 86) o quello sull’amore saffico delle americane Ann e Victoria, residenti a Perugia (Ann, Victoria 1972: 91). Nonostante non sia possibile sapere con certezza la natura veritiera o meno degli inserti, appare interessante per lo studio qui proposto notare come – anche solo a livello meramente ideologico – lo statuto implicito della vetrina dei lettori sia comunque parzialmente conservato: a seguito di un totale ripensamento degli intenti ultimi delle testate, il legame tra cineromanzo e pubblico è pertanto preservato anche da un punto di vista iconografico, sebbene il desiderio di celebrità precedentemente rintracciato si tramuti ora in un esplicito piacere provocato dall’esposizione voyeuristica.

Facendo interagire la prospettiva sincronica con una diacronica, sembra dunque necessario porsi una conclusiva domanda: cosa resta della piccola posta degli anni Cinquanta nelle testate degli anni Settanta? Sebbene le riviste di fotofilm si evolvano in modi dissonanti e spesso considerati antitetici, principi di continuità possono essere capillarmente trovati e riproposti, nell’ormai sancito legame tra mondo editoriale e cultura dell’audience. Analizzare l’approccio alla posta – che presuppone da parte dei redattori delle testate un processo di ricezione, selezione, organizzazione e spesso invenzione ex novo di missive da parte dei lettori – permette infatti non solo di rintracciare nelle sezioni para-testuali le linee editoriali che guidano una singola collana e il rapporto che essa intrattiene con il pubblico, ma anche di individuare connessioni e discrepanze tra le rubriche riproposte a ben due decenni di distanza. In questo ampio spettro di lettere, è, come si è visto in entrambi i casi, il cinema a giocare un ruolo chiave, interessando i lettori di testata in testata, di fascicolo in fascicolo, e declinandosi in modi tra loro divergenti ma comunque centripeti. Per contro, la sfera del quotidiano si restituisce principalmente grazie alle immagini dei volti e dei corpi dei fruitori stessi, la cui esposizione cartacea mira al raggiungimento di un intangibile mito di celebrità o all’appagamento di un tacito desiderio scopofilo. Realtà differenti ma allo stesso tempo convergenti, quindi, che, grazie alle diverse declinazioni di quella che oggi è definita cultura epistolare, permettono di distaccarsi dalla mera pagina dei cineromanzi e di scoprire come il popolo italiano sia cambiato, rimanendo in fondo sempre lo stesso.

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  1. Nelle ricerche precedenti agli anni Duemila, oltre che nel linguaggio parlato di metà Novecento, il termine cineromanzo non aveva un significato univoco, tanto che il formato spesso era liberamente chiamato anche fotoromanzo o cinefotoromanzo. Per tentare di dare una regolarità anche terminologica all’analisi che si andrà a svolgere, si è deciso di adottare il lessico proposto in Morreale 2007: 56.

  2. Naturalmente la data di nascita è decisa ad uno sguardo a posteriori, in base al materiale oggi disponibile in archivio. Detto questo, è comunque doveroso premettere che casi prototipici – ma non pienamente considerabili tali – di cineromanzo sono anche precedenti: si pensi su tutti a Cine vita, nato come periodico di cineracconti in prosa che ha gradualmente introdotto l’utilizzo delle immagini.

  3. In realtà, l’apporto rosa – soprattutto se si considera quello tardivo di Liala – non è totalmente estraneo da questa tipologia di riviste, come dimostra la prosa delle didascalie e dei balloon. Non essendo questo il luogo adatto per un’analisi di questo tipo, basti sapere che i fotofilm melodrammatici e quelli erotici presentano comunque dei punti di contatto, latenti ma non meno significativi.

  4. Anche in questo caso si è deciso di adottare la terminologia di Emiliano Morreale. Con il termine cineracconti si intendono novelle in prosa, corredate da immagini d’accompagnamento e indipendenti dal testo. A riguardo si veda De Berti 2000.

  5. Si è deciso di non approfondire tale tematica, in quanto il carattere panoramico di questo intervento non permette di soffermarsi anche sugli argomenti più sporadici. Ad ogni modo, le lettere di carattere personale non sono totalmente assenti (come nota anche Alovisio 2007b: 156), ma sono molto poche e tutt’altro che sistematiche: se ne possono rintracciare occasionalmente solo alcune, come ad esempio quella di uno sfortunato emigrato che non trova l’amore (Sconosciuto 1955: 58) o di un ragazzo malato che cerca il coraggio di affrontare il proprio male (Aligi 1961a: 66). Un tentativo di rubrica a tema personale si ha inoltre in Cineromanzo per tutti: “Detto fra noi”, curata da Marion, si pone lo scopo di fornire consigli di natura più intima; ciononostante, l’argomento cinematografico è nuovamente predominante e la rubrica scompare dopo poco fascicoli, lasciando spazio alla più generica “Piccola posta”.

  6. Solo raramente si hanno lettere con giudizi critici, che lasciano trasparire una conoscenza vera e propria della materia filmica. Si vedano in questo senso le risposte a T.F.S in Aligi 1959c: 66 o ad Asterisco in Aligi 1961b: 70.

  7. Per ovvie ragioni, non è possibile in questa sede approfondire il discorso relativo al confronto tra lettrici e lettori – e ancor più tra individui di sesso femminile e maschile – nell’Italia degli anni Cinquanta, contemporaneamente scisso tra passato e futuro. Relativamente alle complessità che vena il decennio, si vedano dunque i fondamentali volumi Piccone Stella 1993 e Capussotti, 2004. Sull’influsso che le ideologie politiche esercitano sulle dinamiche di coppia e di genere, si consulti invece l’ottimo Tonelli, 2003.

  8. Fondamentale è la testimonianza di Gianni Amelio, il quale racconta di possedere “un migliaio [di cineromanzi], forse di più, non li ho mai contati né in ordine. Ma li ho conservati bene, salvati dai traslochi quasi tutti. I pochi che erano andati persi li ho recuperati con il tempo” (Morreale, 2007b: 229). Ad avvalorale le sue parole, oltre alle lettere di cui si discute nel testo, sono anche le rivendite odierne dei cineromanzi, che lasciano presagire un fine collezionistico passato, spesso guidato dal desiderio di possedere una sola testata completa o di raccogliere tutti i fotofilm che vedevano un determinato divo come protagonista.

  9. Nata in un periodo di scarso successo per i cineromanzi, Malìa rappresenta infatti il punto d’incontro tematico e stilistico tra i primi cineromanzi al femminile e gli ultimi al maschile.

  10. Per evitare ripetizioni si è deciso – dove possibile – di non proporre esempi da Cinesex, in quanto già Giovanna Maina ne ha discusso in modo puntuale e sistematico. La casistica prescelta sarà quindi focalizzata principalmente su Bigfilm e Topfilm.