Quando si discute il successo o l’insuccesso di specifici titoli della fiction televisiva si guarda generalmente il solo dato medio nazionale, riferito all’Italia intera. La fiction italiana sembra mostrare tuttavia un sempre maggiore interesse per ambientazioni locali, anche provinciali, spesso con caratteri identitari ben definiti e con implicite e specifiche promesse narrative. È un interesse dichiarato espressamente, a più riprese, anche dalla direttrice di Rai Fiction Eleonora Andreatta: “lentamente, il racconto ha conquistato nuovi territori, da sud a nord, e negli ultimi due anni abbiamo girato in tutte le regioni italiane, raccontando il Paese in tutte le sue differenze, nella ricchezza delle sue culture” (cit. in Guarnaccia e Barra 2018: 20). Per la verità già sul finire degli anni Novanta e all’inizio dei Duemila veniva individuata una “tendenza diffusa alla pluralizzazione degli scenari” (Natale 2005: 70).1 Ma a Milly Buonanno (1997: 31) non pareva che a questo decentramento delle ambientazioni si accompagnassero, all’epoca, storie permeate da un particolare senso del luogo: la provincia era “piuttosto un luogo mentale, metonimia dell’Italia tutta”, scriveva.2 Oggi la situazione pare diversa, e l’ambientazione locale sembra spesso molto meno pretestuosa. Così sostiene infatti l’Andreatta: “parlare del Paese vuol dire, per noi, rappresentarlo nella diversità del territorio. Perché l’ambientazione non è un’appendice, un fondale, una quinta. È contesto e sostanza del racconto” (cit. in Guarnaccia e Barra 2018: 19).
Vista l’importanza che la geografia italiana pare assumere nella fiction recente, e considerando anche la nuova visibilità televisiva di territori in passato poco sfruttati dal racconto seriale, in questo articolo si cercherà di investigare un tema molto specifico, seppure finora poco indagato. Esiste una corrispondenza tra l’ambientazione regionale di una fiction e il suo successo di pubblico in quella stessa regione?
1 Tre anni di fiction italiana
Abbiamo preso in considerazione tutta la fiction italiana con più di un episodio delle reti generaliste dall’inizio del 2016 alla fine del 2018. Il triennio3 ci pare un periodo sufficientemente lungo da permettere di trarre delle conclusioni generali: è l’epoca che segue immediatamente l’arrivo di Netflix in Italia, nell’autunno 2015. Per privilegiare la serialità abbiamo escluso i film per la televisione, quando non sono organizzati in un format serializzato in più serate.4 I titoli analizzati sono unicamente le prime emissioni originali dei canali generalisti. Abbiamo escluso la serialità pay, quindi i titoli Sky. Il modello di business della tv pay è troppo differente da quello free e per definizione meno interessato al dato di share, che anche per le serie di maggior successo non può che essere di tutt’altro ordine di grandezza rispetto a quello della serialità generalista (Gomorra non ha raggiunto i 2 punti di share). Il pubblico della tv pay,5 oltre a essere numericamente incomparabile a quello free, ha anche una distribuzione regionale necessariamente viziata da fattori, come quello reddituale, che vanificherebbero ogni confronto. Se la serialità generalista è interessante è invece anche perché il suo successo popolare ha storicamente in Italia una magnitudine fortissima. Il modello italiano è certamente ben diverso, per fare un esempio, da quello statunitense, ma appunto per questo è utile tenere a mente che la penetrazione della fiction italiana sul pubblico nazionale è sempre di gran lunga maggiore rispetto a quella della serialità americana negli Stati Uniti. Gli spettatori di Twin Peaks (2017) in tutti gli Stati Uniti sono la metà degli spettatori di Scomparsa nella sola Puglia. Per prendere un titolo di un network: This Is Us (l’unica serie drama di un broadcaster nominata agli Emmy nel 2018) ha in America lo stesso numero di spettatori di Montalbano in Italia. Quello che il più delle volte è mancato alla fiction italiana free è forse invece la fortuna critica, ed è in fondo comprensibile che anche il discorso accademico abbia spesso favorito come oggetti di studio prodotti seriali considerati più evoluti, come quelli della tv pay, appunto.
Abbiamo dunque analizzato 90 titoli di fiction italiana generalista: 55 di Rai 1, 8 di Rai 2, 3 di Rai 3 e 24 di Canale 5.6 Abbiamo usato i dati Auditel – i dati elementari sono stati forniti da Mediaset – e abbiamo studiato le metriche dello share, della penetrazione e dell’ascolto medio, con granularità regionale.7 Questi dati sono stati incrociati con le ambientazioni delle fiction, riassunte in forma di dati proprietari di Mediaset.
È impossibile ricavare dai dati un modello universalmente valido che spieghi in generale quanto l’ambientazione contribuisca al successo di un titolo. Sono troppe le variabili che impediscono la costruzione di un modello unico. Le fiction che abbiamo considerato hanno pezzature diverse (da 2 a 26 episodi) ed episodi di durata diversa – alcuni episodi sono anche doppi, con puntate sia in prima che in seconda serata. Hanno strutture narrative diverse, con episodi più o meno indipendenti, con storie verticali od orizzontali, che trattengono diversamente il pubblico da una serata all’altra. A volte sono fiction del tutto nuove, altre volte sono nuove stagioni di titoli con diversi anni alle spalle. Sono trasmesse da canali diversi, che devono mantenere medie di rete diverse e puntano a target differenti. Hanno perfino vite distributive diverse: Non uccidere 2 e La linea verticale sono titoli online first, e anche i primi due episodi de I Medici 2 sono stati pubblicati in anteprima su RaiPlay, mentre Francesco – Il papa della gente e Fabrizio De André – Principe libero hanno avuto invece una prima distribuzione theatrical. Le fiction analizzate sono poi trasmesse in stagioni dell’anno e in giorni della settimana differenti, con controprogrammazioni diverse. Talvolta cambiano addirittura collocazione nel palinsesto, come nel caso di È arrivata la felicità, che dall’undicesimo episodio passa al pomeriggio, nel caso di Sacrificio d’amore, interrotta per cinque mesi, e in quello di Amore pensaci tu, che cambia giorno di programmazione e finisce in seconda serata.
Non solo: è difficile anche quantificare l’importanza e la visibilità dell’ambientazione all’interno di ciascun titolo. Roma è certamente meno visibile in Amore pensaci tu che in Nero a metà, che mostra la sua skyline ben evidente già nei titoli di testa. La geografia, anche quando nominalmente è la stessa come nel caso romano, ha una diversa incidenza nelle storie, che è difficile datificare, cioè trasformare in dato. Per questo abbiamo preso tutti i titoli in blocco, senza selezionarne alcuni come più “geografici” di altri, e abbiamo tenuto pure quelli con un’ambientazione più o meno neutra (fig. 1). Il sostegno da parte delle film commission regionali non è stato considerato come un fattore determinante per definire la geografia di un titolo, dato che non è sempre legato all’ambientazione nella regione specifica, ed è talvolta perfino fuorviante.
Ad ogni modo, non vogliamo davvero proporre alcun modello universale: ci interessa principalmente verificare l’esistenza della corrispondenza che ipotizziamo leghi ambientazione e successo regionale nella serialità generalista, e discutere alcune forme di questo fenomeno. Quello che viene proposto, qui, è un saggio di content science, o entertainment science (cfr. Hennig-Thurau e Houston 2019). È parte di una ricerca di più ampio respiro focalizzata sull’analisi data driven dei contenuti audiovisivi, condotta nel Dipartimento del Marketing Strategico di Mediaset sotto la direzione di Federico di Chio, che indaga per l’appunto anche gli eventuali rapporti tra dati di diverso tipo – in questo caso dati di descrizione del contenuto (le ambientazioni) e dati sull’ascolto televisivo.
Una simile corrispondenza tra dati di fruizione e dati sulle caratteristiche dei contenuti avrebbe un’utilità generale evidente: quest’ultime caratteristiche sono progettabili. Sarebbe dunque possibile progettare particolari pubblici regionali attraverso la progettazione di contenuti con particolari ambientazioni. L’utilità sarebbe per il marketing di prodotto così come per il marketing del palinsesto editoriale e di quello pubblicitario: la distribuzione del pubblico in un’area geografica prevalente può permettere di ottimizzare la programmazione (e la controprogrammazione), e al contempo di profilare indirettamente gli spettatori. Ambientazioni geograficamente (e identitariamente) connotate potrebbero poi mettere davanti al televisore un pubblico nuovo, altrimenti poco interessato al prodotto, e potrebbero perfino contribuire ad alzare sensibilmente lo share complessivo di un certo titolo di fiction. Potrebbero avere anche un’importante utilità strategica, qualora particolari bacini di pubblico regionali, potenzialmente molto ricchi, risultassero ancora non sfruttati adeguatamente.
3 Altri casi, meno visibili
La corrispondenza che c’interessa possiamo trovarla anche altrove, guardando i dati da un’altra prospettiva. Finora abbiamo discusso titoli che compaiono ben evidenti in cima alle classifiche regionali di share. È forse superfluo puntualizzare che quei titoli registrano di norma, e spesso di gran lunga, il massimo scostamento di share (e di penetrazione) rispetto alla media nazionale proprio nella regione di ambientazione. Ma se invece di guardare le classifiche regionali di share si guardano invece proprio le classifiche regionali dei maggiori scostamenti tra share regionale e share medio nazionale, nel triennio considerato, si possono trovare ulteriori casi interessanti, seppure meno visibili – perché non sono sempre hit – che dimostrano quanto l’ambientazione regionale possa attrarre il pubblico locale.
Ad esempio, in Piemonte il titolo che ha in assoluto il maggiore scostamento positivo rispetto allo share nazionale (+2,8%) è Provaci ancora prof! 7, che è ambientato proprio a Torino. E il terzo (dopo un Montalbano) maggior scostamento positivo di share piemontese (+2,1%) è per Questo nostro amore 80, un altro titolo torinese. Non sono scostamenti di share dell’entità di quelli che abbiamo visto registrarsi per esempio in Umbria, Calabria o Toscana (superiori a 20 punti), tuttavia sono i massimi regionali – di una regione che non si allontana mai troppo dalla media nazionale, e che molto raramente lo fa con segno positivo.
Un’altra regione apparentemente poco avida di fiction come l’Emilia Romagna registra i suoi maggiori scostamenti positivi di share (tra il +2,5 e il +4,7%) con le stagioni 2016, 2017 e 2018 de L’ispettore Coliandro, titoli Rai 2 d’ambientazione bolognese. Peraltro L’ispettore Coliandro 7 ha il maggiore scarto di share dalla media nazionale proprio in Emilia Romagna (fig. 15).
Nel Lazio, il secondo miglior scostamento positivo di share rispetto al dato medio nazionale, dopo Una pallottola nel cuore 2, è per Tutto può succedere 2, ambientato anch’esso a Roma (+8,8%).
In Friuli Venezia Giulia La porta rossa (Rai 2), ambientato proprio a Trieste, è il quinto maggior scostamento positivo di share (+2,2%). E in Sicilia, tra i maggiori scostamenti positivi dello share regionale rispetto a quello nazionale, oltre ai titoli già citati (e ad altri che vedremo), si può notare un altro titolo Rai 2, Il cacciatore. In tutta Italia ha uno share di solo 7,4%, mentre sull’isola dove è ambientato ne ha uno più che doppio, di 18,2% (+10,9%) (fig. 16).
4 Gli scostamenti rispetto al consumo regionale medio
Oltre a guardare le classifiche regionali di share e le classifiche regionali degli scostamenti tra share regionale e nazionale, un’ulteriore strategia utile a far emergere l’attrattiva che l’ambientazione locale esercita sul pubblico regionale può consistere nel fare perno su singoli titoli di fiction e confrontarne i dati d’ascolto nelle singole regioni.
Questo permette anche di accorgersi che non sono solo le fiction di buon successo a risentire degli effetti sul pubblico della regione d’ambientazione. Solo un esempio: È arrivata la felicità 2 è un titolo Rai 1 tra i più scarsi del triennio, settantaseiesimo per share in tutta Italia. Ambientato in diversi quartieri di Roma, dal Flaminio al Testaccio, cui si legano diversi personaggi della storia, nel Lazio sembra funzionare meglio che in qualunque altra regione. Lì totalizza il suo massimo share, +5 punti sulla sua media nazionale, che è di solo il 10,6% (fig. 17).
È più corretto tuttavia confrontare non già i dati di share di ciascun titolo nelle singole regioni, molto variabili perché in Trentino non si guarda tanta fiction quanto in Sicilia, bensì la classifica degli scostamenti tra lo share di un certo titolo in una certa regione e lo share medio di quella stessa regione calcolato su tutti i 90 titoli considerati. Considerare lo scarto tra share regionale e share medio regionale è in pratica un modo per capire in quali regioni un titolo ha mobilitato maggiormente il pubblico parametrando lo share regionale di quel titolo al consumo abituale di fiction di ogni singola regione. Così si può osservare per esempio che una fiction come Nero a metà, nel quale l’ambientazione romana gioca un ruolo importante (il rione Monti, l’Esquilino),9 pur non emergendo nella classifica di share laziale né spiccando in quella degli scostamenti tra share laziale e share nazionale, è responsabile nel Lazio di uno scostamento tra share regionale (comunque il maggiore tra tutte le regioni) e share medio regionale (calcolato sui 90 titoli) superiore rispetto a tutte le altre regioni d’Italia (+9,2% rispetto alla media complessiva laziale di 19,9%10). Così pure Baciato dal sole, con esterni girati nel Gargano, ha in Puglia il massimo share e il secondo scostamento massimo11 nella stessa regione (+4,6%, rispetto alla media pugliese del 23,3%, la massima in Italia). Il capitano Maria, ambientato tra Bari, Trani, Gravina e Bisceglie, ha sempre in Puglia il massimo share e il massimo scostamento dalla media regionale (+10,5%). In Umbria Don Matteo, che pure non spicca nella classifica regionale di share (è in linea con la classifica nazionale), mostra i migliori scostamenti dalle medie regionali: in quella regione Don Matteo 10 ha il secondo miglior scostamento12 (+20,5%), mentre Don Matteo 11 ha il massimo scostamento (+13,2%).
E per concludere questi esempi, pure Sirene, ambientato in Campania, registra in quella regione lo scostamento positivo maggiore dallo share medio regionale (+5,1%), una differenza ben più consistente che in qualsiasi altra regione (fig. 18).
Ma stiamo sempre considerando singole regioni. L’effetto sulle regioni limitrofe andrebbe anch’esso tracciato, pure quando sembra quasi invisibile. La strada di casa è ambientato nella campagna torinese, ma in scenari per la verità tipici dell’intera pianura padana, non solo di quella piemontese. Il successo in termini di share è stato piuttosto uniforme su tutta la penisola, però a guardar bene i dati ci si accorge che tanto in Piemonte quanto in Lombardia, in Veneto e in Emilia Romagna La strada di casa ha sempre registrato uno scostamento positivo tra share regionale e rispettivo share regionale medio. E che questo scostamento è a sua volta migliore dello scostamento tra lo share medio nazionale de La strada di casa e lo share nazionale medio di tutti i titoli considerati. Vale a dire che il pubblico di quelle quattro regioni è stato attratto da questo titolo, rispetto al suo consumo abituale di fiction, più di quanto nel complesso questo titolo non abbia attratto il pubblico nazionale rispetto al consumo abituale di fiction dell’Italia intera. Ed è molto raro che le quattro regioni padane performino tutte insieme positivamente in questo modo – cioè ciascuna sopra il proprio share regionale medio e allo stesso tempo sopra lo scostamento tra share medio nazionale del singolo titolo e share nazionale medio calcolato su tutti i titoli presi in considerazione.
5 Prime stagioni e successive
Tra i 90 titoli in esame compaiono diverse stagioni della medesima serie. Come si comporta il pubblico regionale in stagioni successive dello stesso titolo? Il beneficio comportato dall’attrattiva sul pubblico regionale pare ripresentarsi comunque in modo marcato, puntualmente (fig. 19).
Spesso, pur essendo molto netto, il successo nella regione di ambientazione subisce tuttavia una flessione rispetto alle stagioni precedenti (alle prime stagioni). La mafia uccide solo d’estate 2 totalizza in Sicilia il massimo share, 28,1% (+11,9), però la seconda stagione è lontana di diversi punti dalla prima, e anche la differenza rispetto alla media nazionale è più contenuta. È il caso pure de I Medici 2 – Lorenzo il Magnifico: in Toscana continua ad andare molto meglio che in qualunque altra regione (+11,5% rispetto allo share nazionale), ma lo scostamento dalla media nazionale non raggiunge l’entità di quello della stagione d’esordio, e nel complesso il suo share regionale nella regione d’ambientazione diminuisce molto rispetto a due anni prima (di 18 punti). Così anche L’isola di Pietro 2: continua a essere molto più visto in Sardegna che altrove, ma lo share regionale sardo diminuisce di quasi dieci punti dall’anno precedente, e lo scostamento dalla media nazionale si attesta su +8 punti, mentre all’esordio valeva +15%. Allo stesso modo, Solo 2 continua a essere molto più visto in Calabria che nelle altre regioni (con +17,3% di share, all’esordio valeva +25,3%), ma in quella regione perde 12 punti di share rispetto alla prima stagione. Lo stesso capita a Una pallottola nel cuore 3: continua a essere visto ben più nel Lazio che nel resto d’Italia (+7,3% di share), ma senza raggiungere i livelli di share regionale e di scarto dalla media nazionale della stagione precedente. Anche Rocco Schiavone 2: in Valle d’Aosta va sempre molto meglio che in qualunque altra regione, ma con uno scarto di share (+9,5%) dalla media nazionale un po’ inferiore rispetto alla prima stagione.
La tendenza, a guardare questi titoli, sembrerebbe quella di una certa – comunque relativa – saturazione del pubblico regionale, da una stagione alla successiva, un raffreddamento dell’entusiasmo degli spettatori locali. Sono peraltro tutti casi in cui anche lo share nazionale diminuisce da un anno all’altro. E d’altra parte si potrebbe pure affermare che l’ambientazione locale serva a trattenere comunque pubblico (regionale) su dei titoli indeboliti dalla serializzazione.
La saturazione del pubblico della regione d’ambientazione non è però una regola, e si possono fare dei controesempi: I bastardi di Pizzofalcone 2 in Campania va meglio della prima stagione, totalizzando un maggiore share regionale e un maggiore scarto dallo share medio nazionale (+10,1%). Di fatto la penetrazione sugli spettatori campani rimane la stessa della prima stagione, mentre a livello nazionale diminuisce – e questo confermerebbe l’importanza dell’ambientazione locale per trattenere pubblico regionale su titoli che performano complessivamente peggio delle annate precedenti.
In controtendenza sembra anche L’ispettore Coliandro, una serie ripartita proprio nel 2016: nelle tre stagioni registra in Emilia Romagna un sempre maggiore scarto dallo share medio nazionale, arrivando a 15,2% di share regionale con la stagione 2018. È un risultato di tutto rispetto per Rai 2: significa che l’Emilia Romagna contribuisce con 250.000 spettatori al pubblico di una fiction che in tutta Italia ne conta meno di 2,5 milioni. Difficile invece dire, data l’estensione temporale limitata del nostro campione, se nel corso del tempo sia cambiata l’importanza del pubblico regionale per i titoli più longevi, come Montalbano o Don Matteo.
6 Gli episodi
Un altro tema interessante da investigare è l’attrattiva dei singoli episodi sul pubblico regionale. Fin qui abbiamo preso in blocco ogni titolo, considerando la media (regionale, nazionale) di ogni stagione, ma non è detto che il pubblico si distribuisca in modo omogeneo per tutta la durata di una fiction seriale. In effetti non lo fa quasi mai. Il pubblico delle regioni d’ambientazione segue l’andamento nazionale oppure si comporta in modo peculiare? Serie con ambientazioni in più regioni attirano i pubblici delle diverse zone in modo differente, nei vari episodi?13
Liberi sognatori è un esempio paradigmatico. È una serie Mediaset dedicata alle storie di alcune vittime di mafia, con quattro puntate tra loro indipendenti. Complessivamente in Sicilia raddoppia lo share nazionale (+14,2%), ma in realtà il pubblico siciliano si distribuisce diversamente nei vari episodi: quella sul pubblico siciliano è in assoluto la maggiore penetrazione regionale nelle prime due puntate, poi perde il primato, e in modo più netto nell’ultimo episodio. Perché i primi due episodi sono quelli propriamente siciliani, su Libero Grassi e Mario Francese, il terzo è sì sull’attentato di via d’Amelio, ma si focalizza sulla storia di Emanuela Loi, agente sarda della scorta di Borsellino, e il quarto episodio, sull’uccisione di Renata Fonte, è tutto ambientato in Puglia. La penetrazione sui rispettivi pubblici regionali è conseguente. In Sardegna è sempre nella media nazionale tranne che per il terzo episodio, dove spicca superando anche quella siciliana. Con l’ultimo episodio la penetrazione sul pubblico siciliano e su quello sardo si abbassano, e la penetrazione maggiore diventa, nettamente, quella sul pubblico pugliese (fig. 20). Se avessimo guardato solo la penetrazione media dei quattro episodi, il successo della fiction sul pubblico sardo, in particolare, sarebbe stato quasi completamente invisibile.
Considerando invece titoli con narrazione orizzontale, o con ambientazione più stabile, si possono notare casi tra loro diversi. Spesso l’andamento della penetrazione nella regione di ambientazione pare ricalcare più o meno perfettamente – a qualche punto di distanza – l’andamento di quella nazionale, dal primo all’ultimo episodio. È il caso, solo per fare qualche esempio, di Sirene, L’ispettore Coliandro 7 (fig. 21), Una pallottola nel cuore 2 e 3, Il capitano Maria, I bastardi di Pizzofalcone 2, Il cacciatore (fig. 22), L’isola di Pietro 2.
Ma i comportamenti dei pubblici regionali sono in realtà molto più vari. Talvolta sono gli ultimi episodi delle serie ad avere più pubblico locale, come in Sotto copertura 2 o Solo (fig. 23), o anche ne L’amica geniale, che aumenta la penetrazione sul pubblico campano anche (quinto e sesto episodio) la sera della partita di Champions League Liverpool-Napoli (per poi aumentarla ulteriormente nella serata conclusiva), quando la penetrazione in tutto il resto d’Italia invece diminuisce (e non aumenta la settimana successiva) (fig. 24). Altre volte ad attrarre una gran quantità di pubblico regionale sono sia i primi che gli ultimi episodi, e meno quelli centrali, come ne L’isola di Pietro (fig. 25). Altre volte ancora, viceversa, la penetrazione sul pubblico della regione d’ambientazione pare maggiore negli episodi centrali, come in Di padre in figlia (fig. 26), Questo nostro amore 80 o Provaci ancora prof! 7.
Più spesso sono però in particolare i primi episodi a beneficiare maggiormente del pubblico locale, come, tra gli altri casi, in Maltese o La mafia uccide solo d’estate 1 e 2. È una tendenza avvertibile anche quando l’andamento del pubblico regionale pare in linea di massima ricalcare quello nazionale, ma capita pure che la penetrazione nella regione d’ambientazione sia maggiore nelle primissime puntate e cali più o meno sensibilmente nel corso della serie. Come ad esempio ne I Medici, che pure è un grande successo regionale. La penetrazione in Toscana è superiore a quella nazionale di 10 punti nella prima puntata, e di meno di 6 nell’ultima – qualcosa di simile vale anche per la penetrazione dello stesso titolo nel Lazio (non è forse un caso che il flashback romano sia collocato nei primi due episodi). Ne I Medici 2 la variazione della differenza tra la penetrazione in Toscana e il dato medio è invece meno marcata – mentre il Lazio si attesta quasi perfettamente sulla media nazionale (figg. 27–28).
In altri casi la diminuzione della penetrazione nella regione d’ambientazione nel corso della serie può giungere a rendere invisibile, o quasi, il successo regionale. Per esempio la penetrazione regionale de La porta rossa in Friuli crolla dopo le primissime puntate, rimanendo poi stabilmente sul livello della media nazionale (fig. 29). Trieste era già stata sufficientemente rappresentata nei primi due episodi? Così anche l’ambientazione livornese di Romanzo famigliare pare interessare progressivamente sempre meno al pubblico toscano, e la penetrazione in quella regione, verso il nono episodio (la quinta serata), finisce per attestarsi sulla media nazionale – di fatto rendendo inosservabile il successo di quel titolo sul pubblico locale, a guardare il solo dato medio regionale (fig. 30).
7 Conclusioni
Ci interessava individuare il fenomeno della corrispondenza tra ambientazioni e successo di pubblico regionale, verificarne l’esistenza e la pervasività. È un fenomeno rilevante, che investe sistematicamente sia la serialità breve che quella lunga, sia Rai che Mediaset, sia le ammiraglie che le reti minori, sia il pubblico del Nord che quello del Centro e del Sud (e delle Isole), sia i titoli di successo che le fiction di minor fortuna. È un fenomeno che ci ricorda che il pubblico televisivo non è omogeneo, e anche che può eventualmente essere progettato, progettando le caratteristiche dei contenuti.
Anche se le abbiamo sempre trattate sullo stesso piano, bisogna ricordare che non tutte le regioni valgono uguale in termini di ascolti, perché sono più o meno popolose. Dunque uno scostamento di share molto ampio in Valle d’Aosta – come quello per Rocco Schiavone – consisterà in un numero di spettatori molto più esiguo rispetto a uno scostamento percentualmente inferiore come quello di Di padre in figlia in Veneto. Non tentiamo qui di quantificare l’entità del boost regionale di spettatori, ma è facile intuire che possa essere talvolta decisamente notevole, e che questo fatto possa portare le reti a fare delle riflessioni strategiche. È meglio ambientare le fiction nelle regioni più popolose? In quelle dove gli spettatori si fanno catturare più facilmente?
Abbiamo volutamente escluso dalla trattazione un’analisi di tipo qualitativo, limitandoci a far emergere il fenomeno dai dati – dati che raramente vengono esposti e discussi in ambito accademico. È una prospettiva che ha dei limiti: siamo consapevoli – l’abbiamo dichiarato dall’inizio – di quanto sia difficile trasformare in dato e pesare la differente rilevanza di un’ambientazione regionale, e quindi la sua forza attrattiva sul pubblico locale, essendo peraltro il consumo regionale tanto diverso nel Paese. Dunque siamo consapevoli di quanto sia necessario, per comprendere appieno l’importanza dell’ambientazione nella fiction italiana, affiancare ai dati uno sguardo più acuto e da vicino, che renda conto ad esempio dei diversi gradi di localizzazione delle storie, usando gli strumenti più diversi. A guardare qualche titolo più da vicino di quanto non abbiamo fatto fin qui si può azzardare, per esempio, che se Di padre in figlia ha attirato più pubblico veneto di quanto La strada di casa non abbia attirato pubblico piemontese è probabilmente perché la prima è una serie ben più marcatamente veneta – per il forte accento dei personaggi e la visibilità di specifici luoghi veneti ben riconoscibili (il ponte di Bassano, l’Università di Padova, ecc.) – di quanto la seconda non sia una storia piemontese (perché è semmai una storia d’atmosfera più vagamente padana, come s’è detto).
Il fenomeno rimane da investigare molto più a fondo. È possibile, ad esempio, che certe altre variabili intervengano ad accentuare la corrispondenza tra ambientazione e pubblico? Variabili narrative, di genere, tematiche? Ad esempio, se pensiamo ancora a Di padre in figlia, è forse possibile che la ricostruzione storica degli anni Sessanta e Settanta lavori assieme all’ambientazione a garantire una migliore identificazione di un pubblico locale non più tanto giovane? Spesso, poi, il pubblico regionale pare più attirato dai primi episodi di una fiction locale – è perché ha un ingaggio spettatoriale di tipo “attrazionale”, poco interessato alle storie e più agli scenari14? Altre volte l’ingaggio spettatoriale regionale sembra invece decisamente “narrativo”, più costante o anche più accentuato nei finali di stagione – significa che le ambientazioni sono state meglio integrate nel racconto? Ma altri argomenti da studiare non mancano di certo. Per esempio: quali fiction non si vedono nelle varie regioni, e perché? Oppure: perché una regione come la Lombardia, il massimo bacino regionale di pubblico, pare entusiasmarsi così poco per la fiction? Dato che la regione è così popolosa, gli spettatori lombardi sono quasi sempre più numerosi di quelli delle altre regioni, ma il dato di share e di penetrazione è per quasi tutti i titoli più basso della media nazionale. Dipende dal fatto che è una delle regioni più sottorappresentate dalla fiction generalista, e che è quindi ancora in cerca di un proprio racconto?15
Nel 2002 (117) Milly Buonanno scriveva che i luoghi pur diversificati della fiction italiana di quegli anni “non sono lì per rappresentare sé stessi, piuttosto per evocare contesti di esperienza delocalizzati eppure situati. Delocalizzati perché non è mai o quasi mai davvero importante che una storia si svolga là dove è ambientata […]”. Oggi, come si diceva all’inizio, la situazione pare molto diversa. Firenze ne I Medici o Aosta in Rocco Schiavone hanno un’importanza ben maggiore di Viterbo nel Maresciallo Rocca o di Como in Vivere. Di questo in realtà ci si era già accorti. Negli ultimi anni le ambientazioni televisive sono state infatti spesso studiate in ambito accademico, ma più che altro in relazione alle ricadute positive in termini di mercato turistico e di incremento delle attività delle imprese locali, cioè dalla prospettiva del marketing territoriale, della valorizzazione e della promozione del territorio (cfr. Graziano e Nicosia 2017). Il cineturismo (o il teleturismo) è però quasi l’opposto rispetto al fenomeno che abbiamo osservato in questo articolo. Per usare una distinzione che negli studi sul paesaggio si deve a Denis Cosgrove (1990), si può dire che se il cineturismo è rivolto più che altro all’outsider – a chi non appartiene ai luoghi e non li conosce direttamente ma potrebbe essere interessato a visitarli – il successo delle fiction nella regione d’ambientazione riguarda piuttosto l’insider, cioè proprio chi abita e conosce i luoghi, ed è interessato a vederli rappresentati, e quindi a vedersi rappresentato in una forma di rispecchiamento geo-identitario. Che è tutt’altra cosa, e rimanda semmai al concetto di “prossimità culturale” elaborato da Joseph Straubhaar (1991), vale a dire il principio per il quale i consumi culturali del pubblico sembrano orientarsi di preferenza verso prodotti che permettono il riconoscimento e l’identificazione. È un concetto spesso convocato in relazione alla fiction italiana, ma non tanto con riferimento al suo regionalismo, quanto al suo carattere nazionalpopolare, opposto alla “trasparenza” dei titoli statunitensi, in grado di viaggiare meglio di Paese in Paese.
Anche su questo punto però la serialità recente segnala probabilmente qualche novità. Nel 2006 Milly Buonanno (111) avvertiva della necessità per la fiction italiana di “lavorare entro un orizzonte diverso dalla ‘prossimità culturale’, o in ogni caso più allargato”, perché potesse circolare anche all’estero. Oggi pare invece evidente che un marcato regionalismo nell’ambientazione della serialità nazionale possa da un lato aiutare a trainare il successo dei titoli all’interno del Paese muovendo comunità locali di pubblico molto numerose, e dall’altro non sia in contraddizione con una circolazione extranazionale. Basti pensare a serie di respiro internazionale ma molto connotate in senso locale come I Medici o L’amica geniale.
Bibliografia
Buonanno, Milly (1997). “Considerazioni generali.” In Il senso del luogo. La fiction italiana. L’Italia nella fiction, a cura di Milly Buonanno, 15–35. Roma: Rai-Eri.
Buonanno, Milly (2002). “Per voce sola, e coro. L’Italia nella fiction.” In Per voce sola e coro. La fiction italiana. L’Italia nella fiction, a cura di Milly Buonanno, 101–119. Roma: Rai-Eri.
Buonanno, Milly (2006). “L’Italia può diventare un paese esportatore di fiction?” In Le radici e le foglie. La fiction italiana. L’Italia nella fiction, a cura di Milly Buonanno, 95–120. Roma: Rai-Eri.
Cosgrove, Denis (1990). Realtà sociali e paesaggio simbolico. Milano: Unicopli.
Gaudreault, André (2005). Cinema delle origini o della “cinematografia-attrazione”. Milano: Il Castoro.
Graziano, Teresa ed Enrico Nicosia (a cura di) (2017). Geo-fiction. Il volto televisivo del Belpaese. Casi di studio a confronto. Canterano (RM): Aracne.
Guarnaccia, Fabio e Luca Barra (a cura di) (2018), Autori seriali. Link. Idee per la televisione n. 23. Milano: RTI.
Hennig-Thurau, Thornsten e Mark B. Houston (2019). Entertainment Science: Data Analytics and Practical Theory for Movies, Games, Books, and Music. Cham: Springer.
Natale, Anna Lucia (2005). “Ieri e oggi. L’Italia nella fiction.” In Lontano nel tempo. La fiction italiana. L’Italia nella fiction, a cura di Milly Buonanno, 65–80. Roma: Rai-Eri.
Natale, Anna Lucia (2006). “Tematizzare l’attualità, L’Italia nella fiction.” In Le radici e le foglie. La fiction italiana. L’Italia nella fiction, a cura di Milly Buonanno, 51–65. Roma: Rai-Eri.
Scaglioni, Massimo (2013). “Tutta un’altra audience. Il pubblico delle fiction pay.” In Tutta un’altra fiction. La serialità pay in Italia e nel mondo. Il modello Sky, a cura di Massimo Scaglioni e Luca Barra, 49–65. Bologna: Carocci.
Straubhaar, Joseph D. (1991). “Beyond Media Imperialism: Asymmetrical Interdependence and Cultural Proximity.” Critical Studies in Mass Communication 8(1): 39–59.
L’autrice ha spesso discusso gli aspetti geografici delle fiction italiane nei volumi curati da Milly Buonanno, cfr. ad es. Natale 2006: 55ss., dove riflette sulle “storie senza luogo”, lo “sfondo neutrale” e la “funzione decorativa” delle ambientazioni.↩
Il Maresciallo Rocca crea sì un microcosmo pervaso da “un profondo senso del luogo”, ma quel luogo, scriveva, “non è Viterbo”.↩
Abbiamo incluso due titoli la cui trasmissione è cominciata alla fine del 2015 per proseguire poi nel 2016: Tutto può succedere e Non uccidere.↩
Abbiamo incluso per questo le puntate indipendenti del ciclo Liberi sognatori e film tv o miniserie in due serate come Luisa Spagnoli, e abbiamo invece escluso film tv in un’unica puntata pur molto connotati regionalmente come Il fulgore di Dony.↩
Sull’argomento cfr. Scaglioni 2013.↩
Questi i titoli:
2016: Rai 1: Baciato dal sole, Boris Giuliano – Un poliziotto a Palermo, Braccialetti rossi 3, Catturandi – Nel nome del padre, Come fai sbagli, Don Matteo 10, I Medici, Il commissario Montalbano 10, Il paradiso delle signore, Il sistema, Io non mi arrendo, L’allieva, La mafia uccide solo d’estate, Lampedusa – Dall’orizzonte in poi, Luisa Spagnoli, Non dirlo al mio capo, Purché finisca bene 2, Tango per la libertà, Tutto può succedere, Un medico in famiglia 10, Una pallottola nel cuore 2. Rai 2: L’ispettore Coliandro 5, Rocco Schiavone. Rai 3: Non uccidere (prima e seconda parte). Canale 5: Francesco – Il papa della gente, Fuoco amico TF45 – Eroe per amore, Matrimoni e altre follie, Non è stato mio figlio, Rimbocchiamoci le maniche, Romanzo siciliano, Solo, Squadra antimafia 8 – Il ritorno del boss, Tutti insieme all’improvviso.
2017: Rai 1: C’era una volta Studio1, Che Dio ci aiuti 4, Di padre in figlia, I bastardi di Pizzofalcone, I fantasmi di Portopalo, Il commissario Montalbano 11, Il paradiso delle signore 2, La strada di casa, Maltese – Il romanzo del commissario, Provaci ancora prof! 7, Scomparsa, Sirene, Sorelle, Sotto copertura 2 – La cattura di Zagaria, Tutto può succedere 2, Un passo dal cielo 4. Rai 2: L’ispettore Coliandro 6, La porta rossa, Non uccidere 2 (prima parte). Canale 5: Amore pensaci tu, Il bello delle donne… alcuni anni dopo, L’isola di Pietro, Le tre rose di Eva 4, L’onore e il rispetto 5 – Ultimo capitolo, Rosy Abate – La serie, Solo per amore 2 – Destini incrociati, Squadra mobile 2 – Operazione mafia capitale.
2018: Rai 1: Don Matteo 11, È arrivata la felicità 2, Fabrizio De André – Principe libero, I bastardi di Pizzofalcone 2, I Medici (2) – Lorenzo il Magnifico, Il capitano Maria, Il commissario Montalbano 12, Il confine, L’allieva 2, L’amica geniale, La mafia uccide solo d’estate 2, La vita promessa, Nero a metà, Non dirlo al mio capo 2, Questo nostro amore 80 (3), Romanzo famigliare, Tutto può succedere 3, Una pallottola nel cuore 3. Rai 2: Il cacciatore, L’ispettore Coliandro 7, Rocco Schiavone 2. Rai 3: I topi, La linea verticale. Canale 5: Furore – Capitolo secondo, Immaturi – La serie, L’isola di Pietro 2, Liberi sognatori, Sacrificio d’amore (prima e seconda parte), Solo 2, Ultimo 5 – Caccia ai narcos.
(Abbiamo escluso Il paradiso delle signore 3, che è diventato una soap opera pomeridiana, e la seconda parte di Non uccidere 2, distribuita solo su RaiPlay nel 2018).↩
Live+VOSDAL, tutte le piattaforme.↩
Nelle prossime pagine indicheremo in questo modo, tra parentesi, la semplice differenza rispetto al dato medio nazionale dello stesso titolo, anche quando non lo scriveremo esplicitamente.↩
Non è certo solo la location a riassumere l’identità regionale di una fiction, e a muovere il pubblico regionale: può contribuire la presenza di un attore regionalmente molto connotato, come Claudio Amendola in Nero a metà. È un caso che l’unico titolo di Canale 5 con scostamento regionale di share e di penetrazione positivo rispetto alla media nazionale, in Toscana, sia Tutti insieme all’improvviso, certo non il miglior titolo Mediaset, con ambientazione neutra ma con Giorgio Panariello?↩
In questo paragrafo indichiamo sempre tra parentesi, anche quando non lo esplicitiamo, lo scostamento rispetto alla media della regione in questione calcolata su tutti i titoli analizzati.↩
Ma dopo la sola Valle d’Aosta, che col Molise è la regione che, per ragioni verosimilmente legate all’esiguità di quel campione regionale, tende a mostrare in generale i dati d’ascolto più eccentrici e meno prevedibili.↩
Dopo la Valle d’Aosta, vedi nota precedente.↩
La penetrazione è una metrica più adatta dello share in questo caso, perché non è sensibile alla variazione del totale dell’ascolto televisivo, dal momento che il suo universo di riferimento è piuttosto la popolazione.↩
Sulla distinzione tra “attrazione” e “narrazione” cfr. Gaudreault 2005.↩
Il paradiso delle signore è di fatto una fantasia siciliana, e infatti nel Sud va piuttosto bene.↩