Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.12 (2017)
ISSN 2280-9481

La pretesa di November

Vincenzo EstremoUniversità degli Studi di Udine (Italia)

Vincenzo Estremo is a Ph.D. in Audiovisual Studies: Cinema, Music and Communication at Udine University Kunstuniversität Linz. Vincenzo has studied History of Art at “Carlo Bò” University Urbino. He is at the moment lecturer for NABA (Nuova Accademia Belle Arti Milano), an independent curator and an art writer. He edits (together with Alessandro Bordina and Francesco Federici) the volume Extended Temporalities. Transient Visions in the Museum and in Art (2016), his essays have been published by Cinergie and Ekphrasis Journal. Together with Simone Dotto and Francesco Federici he edits the book series Cinema and Contemporary Art for Mimesis International, Milano. He is chief editor for Droste Effect Magazine and awarded as young writer in 2009.

Pubblicato: 2017-12-04

Abstract

This paper aims to investigate why German artist Hito Steyerl decided to portrait Andrea Wolf and how she managed on that. Andrea Wolf (Kurdish name Şehît Ronahî, or Martyr Ronahî) was born in Munich, Germany in 1965, and died in Çatak, Turkey in 1998. She was a German left-wing activist in the Red Army Faction (RAF), who later became a member of the banned paramilitary underground organization People’s Liberation Army of Kurdistan, or PKK. The video essay November is not only a passionate portrait of a militia-woman, a friend and a courageous woman, it is a meta-discourse about documentary. Steyerl denounces how documentary truth it is nothing more than an illusion and how this illusionary force may have a rule in the construction of history today. While Steyerl’s work deal with the power of documentary truth in a hyper-mediated world, the essay tries to stress out the hidden force of digital images nowadays. Thus, the essay, while analysing November, shows how is risky to believe in the power of un-doubtful narrative and how every pretension of truth is an assumption of betraying.

Keyword: contemporary art; Hito Steyerl; November

Quando si parla di narrazione storico-documentaria nell’ambito delle arti contemporanee, ci si pone inevitabilmente alcune domande sulla natura, la funzione e l’affidabilità di queste narrazioni. L’emergere di forme ibride di racconto fattuale ha reso necessario una riflessione sul modo in cui le tracce, le fonti e i documenti vengono affrontati dagli artisti, sia nella loro organizzazione narrativa, che nella loro restituzione contenutistica. Nell’arte contemporanea e più nello specifico nell’ambito del video,1 si è assistito al proliferare di produzioni che da un lato raccontano, documentano e informano su vicende storico-politiche, di cronaca, ecc., e dall’altro lato aprono una meta-riflessione sulla natura di queste narrazioni. Nel caso di November (2004)2 dell’artista tedesca Hito Steyerl, si è di fronte a un lavoro3 in cui si narrano contemporaneamente una vicenda storica ed una biografica, ed in cui si avanzano dei dubbi sulla pretesa di verità di ogni forma documentaria. Il presente saggio si offre di produrre una disanima su November e, allo stesso tempo, di mettere in evidenza il pensiero dell’artista rispetto alla natura transitoria e relativa del documentario e rispetto alla possibilità di nuove forme di lotta post-rivoluzionaria mediante le produzioni cinematografiche.

1 November

All’interno della produzione artistica di Hito Steyerl due lavori video: November e Lovely Andrea (2007);4 ruotano esplicitamente ed implicitamente attorno alla figura di Andrea Wolf (nome curdo Şehît Ronahî, divenuta in seguito alla sua morte martyr Ronahî). La Wolf, nata a Monaco di Baviera in Germania nel 1965 e morta a Çatak nel Kurdistan turco nel 1998, è stata un attivista della Rote Armee Fraktion (RAF) e successivamente membro dell’organizzazione paramilitare clandestina Partîya Karkerén Kurdîstan Liberation (PKK)5 e miliziana dell’esercito femminile della Yekitiya Azadiya Jinen Kurdistan (YAJK) nonché amica dell’artista Hito Steyerl.6 Le due produzioni si situano al crocevia tra il regime finzionale e quello documentario, le “opere”, infatti, presentano frequenti contaminazioni con il discorso del giornalismo massmediatico, riprendendone modalità e strutture testuali, illustrandone meccanismi e tematizzandone ironicamente i principi di costruzione. November è una sorta di video essay7 che racconta la vita della Wolf così come la traiettoria della lotta politica post-rivoluzionaria.8 Steyerl costruisce la sua narrazione a partire dall’analisi del supporto, del formato e della circolazione delle immagini personali di Andrea Wolf e del loro trasformarsi da documenti privati in icone popolari e simbolo della lotta politica del PKK. Il titolo fa riferimento al film di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, Oktjabr’ (1928) perché, come spiega la stessa Steyerl:

We are not any longer in the period of October, described by Eisenstein, when the Cossacks decide to join the Russian proletarians in Internationalist brotherhood during the Bolshevik revolution. Now, we are in the period of November. In November, the former heroes become madmen and die in extralegal executions somewhere on a dirty roadside, and hardly anyone takes a closer look.9

Il lavoro della Steyerl è composto dal girato prodotto dall’artista tra Berlino e la Baviera e da un insieme di materiali d’archivio: il film footage di un suo stesso lavoro giovanile in Super 8, un documentario sulle milizie del PKK e del YAJK, alcuni spezzoni tratti da feature film di arti marziali,10 altri film non di genere,11 immagini televisive di una protesta curda ad Augsburg in Baviera a seguito della morte della giovane attivista curda Şehît Ronahî12 e le immagini di un documentario televisivo in cui compare la stessa Hito Steyerl ad una protesta contro la Guerra in Iraq organizzata a Berlino. Nella prima fase del video, l’artista presta particolare attenzione all’ontologia dei materiali di footage impiegati, specificandone di volta in volta sia il formato che la “sorgente”. La Steyerl fa in modo che i brani del suo film giovanile in Super 8 siano preceduti dall’inquadratura close up di un proiettore cinematografico in funzione e ripete l’operazione per il footage video13 del documentario della TV satellitare curda sulle attività dei guerriglieri del PKK, prima del quale mostra un televisore a tubo catodico connesso a un registratore VHS. In entrambe le circostanze l’artista stringe con uno zoom in, così da mostrare rispettivamente la materia di cui sono fatte le immagini e quindi la luce per l’analogico e la grana reticolare degli elettroni per quelle elettroniche.

2 Continuità e discontinuità tra fattuale e finzionale

In November si alternano materiali di fiction ad elementi documentari. Una distinzione su cui l’artista gioca dialetticamente in modo da poter avanzare delle considerazioni sui confini esistenti tra il fattuale e il finzionale. Il confronto tra l’immagine (finzionale) della Wolf come eroina in giacca di pelle nel primo film della Steyerl e l’immagine (fattuale) della Wolf quale combattente dello YAJK nel video documentario sulla guerriglia curda, suggerisce una relazione profetica tra quanto immaginato nella finzione (Super 8) e quanto accaduto nella realtà del documentario/documento (video). Questa sottile relazione di continuità e discontinuità tra documentario e documento viene enfatizzata anche nei dettagli di testo, come a partire dall’evidenza della scritta Ronahî nella parte inferiore dell’immagine video che la Steyerl impiega in November. La scritta a margine del quadro televisivo (non una didascalia) ma un headline giornalistico extradiegetico del documentario televisivo curdo, cambia il suo status nel momento in cui l’immagine viene ricontestualizzata all’interno di November. Quel testo, seppur identificativo dell’immagine di Andrea Wolf, funge da documento diegetico a causa della sua ricollocazione. L’attenzione ontologica della Steyerl per la materializzazione dell’immagine video ci spinge quindi a considerare il footage elettronico come oggetto, documento all’interno del documentario. Questo episodio è solo uno dei tanti momenti in cui durante November avviene uno scambio tra realtà e finzione e tra materialità dei documenti e loro articolazione narrativa. Una sovrapposizione e interposizione che continua a proliferare sino al punto in cui è l’artista stessa che dichiara di non sapere a quale di questi regimi essa stessa possa appartenere.14 Nella finzione del film in Super 8 Andrea Wolf è viva ed interpreta l’eroina di un B-movie che combatte senza sosta dei nemici non meglio identificati. Anche nella realtà e anche dopo il 1998 (anno della sua morte), i governi di Germania e Turchia hanno continuato a sostenere che la Wolf fosse viva e che non avesse mai smesso di essere un membro attivo e belligerante dello YAJK. Una confusione che accentua il numero di “ritratti” possibili e contraddittori di Andrea, infatti, a quelli di amica personale dell’artista, di eroina protagonista nel film in Super 8, di miliziana e poi martire della rivoluzione del PKK, si aggiunge quello di terrorista15 clandestina, stando alle dichiarazioni ufficiali di Turchia e Germania. Mediante l’articolazione di documenti, materiali filmati ex-novo e archivial footage, Hito Steyerl costruisce una serie di connessioni tra lo stato della politica post-rivoluzionaria e la crisi delle grandi narrazioni. L’artista, sottolineando la discontinuità dei limiti tra la narrazione e la realtà e includendo nella sua analisi questioni connesse alle modalità della comunicazione e delle relazioni con i media, crea un parallelo tra l’instabilità del racconto e la precarietà dei fatti. La Steyerl sottolinea come, la circolazione dei contenuti narrativi, produca una sostanziale relativizzazione delle letture possibili delle produzioni cinematografiche. In questo modo la lettura finzionalizzante, quella documentarizzante e quella autobiografica si mescolano tra loro, come nel caso di Game of Death/Xi wang youxi (1978), in cui le immagini del vero funerale di Bruce Lee erano state impiegate per la costruzione finzionale del film, oppure con État de siège (1972), in cu il regista Costa-Gravas ammette di aver preso direttamente dai miliziani Tupamaros alcune idee per il plot del suo film. L’artista vuole assumere che la nozione di documento può diventare oggetto di finzione così come le finzioni possono diventare documento.

3 Icone transnazionali

Una fusione, quella tra realtà e finzione, accentuata dalla condizione globale e dalla circolazione delle immagini e delle informazioni. L’uso e l’incorporazione dei materiali di footage all’interno di November crea una serie di storie parallele che pur ruotando intorno alla figura di Andrea Wolf offrono delle riflessioni sulla globalizzazione e sull’ibridazione culturale. In quest’ottica il film Game of Death/Xi wang youxi e più in generale il footage riguardante le arti marziali, servono da strumento di riflessione parallela sulla passione della Wolf per le tecniche di combattimento corpo a corpo e sui movimenti migratori e globalizzanti di alcune figure e di alcune immagini cinematografiche. Hito Steyerl reimpiega le sequenze di Game of Death/Xi wang youxi per sottolineare ancora una volta ancora il potere delle immagini. Il film di Robert Clouse, infatti, ruota intorno all’icona di Bruce Lee e al modo in cui la figura dell’attore sia divenuto parte dell’immaginario collettivo nella cultura di massa. Le immagini del grande attore e atleta sono un veicolo transnazionale che permettono ad Andrea Wolf di approcciarsi alle arti marziali pur non essendo orientale e che rendono possibile che le arti marziali diventino un fenomeno globale. Il Kung fu a cui Lee si indottrina sin da giovane, non è la stessa pratica che viene mediatizzata attraverso il cinema, il Jeet Kune Do,16 infatti, è una tecnica di combattimento che rifiutando le dottrine tradizionali travalica i limiti della cultura cinese e del suo stato nazione, riproponendosi come veicolo migratorio insieme alla figura dello stesso Bruce Lee. Un sillogismo, quello della migrazione iconica transnazionale, che la Steyerl ripropone anche con il footage di État de siège un film attraverso il quale negli anni Settanta i militanti della RAF avevano appreso le tecniche di combattimento Tupamaros senza aver avuto nessun contatto diretto con gli uruguagi (Lafuente 2008). Le immagini “viaggiano” da un luogo all’altro e mutano di significato; così come Bruce Lee e i Tupamaros anche Andrea Wolf (la sua immagine “posterizzata”) viaggia dalle montagne del Kurdistan turco sino in Europa portando con sé i valori della rivoluzione e riportando in “patria” una nuova (l’ennesima) Andrea Wolf. Un’icona che incarna i valori del multiculturalismo e della transnazionalità mediatica.

4 Traveling images

Il processo di trasmigrazione dell'immagine di Andrea Wolf viene rimarcato dall’artista stessa che dice: “Andrea became herself a traveling image, wandering over the globe, an image passed on, from hand to hand, copied and reproduced by printing presses, video recorders, and the Internet”.17 L’immagine della Wolf diviene il pretesto per parlare della condizione politica delle immagini odierne che l’artista definisce “traveling images” (Babias 2010; 2016) e che Thomas J. Demos (2010) descrive come alla deriva:

[...]then only when such uncertainty is fully acknowledged might we revivify our engagement with a politicized conception of history and language. November begins to generate the affective and political constellation that may yet bring them about. Images are bound to travel and we can only make of them what we will, that is for Steyerl, everything (Demos 2010: 40).

La Steyerl, nel tentativo di seguire le tracce della circolazione globale delle immagini di Andrea Wolf, fa uso di un insieme eterogeneo di documenti visivi e di testimonianze audio riproposte tassativamente in voice off. Questi materiali vengono montati in digitale in modo da poter dialogare tra loro in un regime anarchico e regressivo, come direbbe Pietro Montani (2010), ed in maniera del tutto analoga a quelle pratiche di montaggio tipiche della cultura digitale e del mondo di internet (Montani 2010). Materiali fluttuanti che trovano un loro regime discorsivo grazie alla funzione unificante del racconto della Steyerl (voce narrante del video) che permette da un lato un’organizzazione sintattica di tutte le componenti del racconto, e dall’altro produce un’interessante lecture-performance sull’immagine. La finzionalizzazione e le trasformazioni stilistiche ed enunciative, come la virata verso un’articolazione narrativa e il coinvolgimento in prima persona dell’artista nella costruzione ed esposizione dei fatti, sono caratteri evidenti nel linguaggio della Steyerl, e richiamano la definizione di Stella Bruzzi di documentario declinato al suo “Performative mode” (Bruzzi 2006). La voice over dell’artista crea una tensione tra la parte iconica, quella testuale e quella sonora. Le immagini vengono organizzate secondo uno schema associativo ben determinato ma non vengono ingabbiate a qualità significanti inalterabili. La voice over piuttosto che rassicurare chi guarda costruendo una lettura univoca del video, contribuisce ad avvicinare November ad una struttura finzionalizzante (Odin 2000: 2007-2008). La Steyerl pone una serie continua di domande, ritorna spesso sulle stesse immagini e associa significati diversi a contesti simili. Il suo commento da artista narratore risulta quindi essere tutto fuorché didascalico.

5 La pretesa di imparare a non pretendere

La struttura di November, in cui l’artista lavora per coniugare diverse forme espressive in un progetto documentaristico aperto, aiuta la Steyerl a muoversi tra le linee del racconto. L’artista tedesca, pur restando fermamente intenzionata ad indagare le vicende storico-biografiche di Andrea Wolf e le istanze irredentiste del Kurdistan Turco, finisce per dissotterrare brani di storia ufficiale e moltiplicare esponenzialmente trame e contesti narrativi applicabili a quel materiale storiografico. Il lavoro dell’artista è, al tempo stesso, una sfida all’istituzione storiografica e un esercizio auto-riflessivo sull’autorità del narratore e sulla sua funzione di dispositore del discorso storico. Nel caso specifico di Hito Steyerl il documentario può essere considerato una pratica ipertestuale assunta sia come strumento di narrazione storica che come dispositivo di riflessione critica sulla storia stessa.18 La considerazione implicita della Steyerl è direttamente legata all’epistemologia della storia, la cui costruzione non dipende esclusivamente dalla qualità delle testimonianze, ma dall’organizzazione di queste evidenze in proposizioni narrative (Danto 1971: 2008-212).19 Il discorso storico è quindi una costruzione semantica in cui l’arbitrarietà dello storico resta determinante ai fini del risultato finale. In November i fenomeni di iconicità, di fotograficità, di movimento e di “messa in serie”, vengono raccordati dalla voce narrante che ha sia funzione di congiunzione che di commento. La presenza di Hito Steyerl all’interno di November non si limita al voice over, l’artista, infatti, compare nel video anche sotto forma di “citazione”. La Steyerl reimpiega nel suo lavoro alcune immagini girate per un documentario televisivo tedesco in cui lei stessa è “interprete” della parte della Kurdish protester. Hito dichiara immediatamente l’artificiosità della sequenza denunciando il fatto che la “sua immagine” di simpatizzante della causa curda alla fiaccolata contro la guerra in Iraq, è stata messa in scena dal regista del documentario. Anche in questo caso, così come con l’immagine di Andrea Wolf nel documentario della Tv satellitare curda, la sequenza viene incorniciata nel televisore e commentata dal voice over della Steyerl che dice: “[...] in November we are all part of the story, and I’m not telling the story, but the story tells me”.20 Uno statement che mira a sottolineare come non può esserci una posizione autentica o autorevole dell’artista rispetto alla storia narrata. Ogni documentario può essere letto come fittizio a partire dal fatto che non offre e non può offrire un unico punto di vista sulla realtà (Odin 2000: 207). La Steyerl non rivendica quindi una posizione privilegiata pur essendo l’artefice dell’assembramento e della composizione dei materiali audiovisivi in forma di discorso.

In questa dimensione di fusione e confusione, la domanda di fondo che l’artista sembra porsi è se lo strumento del documentario possa ancora rivendicare qualsiasi pretesa di storicità alla luce della relativizzazione del concetto stesso di verità (Steyerl 2007).21 Secondo Demos (2010) nel caso della Steyerl il documentario non è una forma oppositiva rispetto alla fiction, ma piuttosto “a mode of it” (Demos 2010: 36). A sostegno di questa tesi, Demos porta ad esempio l’analisi di Rancière in merito al film di Chris Marker Le Tombeau d’Alexandre (1993) in cui si sostiene che il compito della documentary fiction è quello di mettere in relazione una serie di immagini che funzionino da contro-informazione rispetto alla comunicazione mainstream (Rancière 2006: 158). Nel caso di November, così come in Le Tombeau d’Alexandre, la funzione del documentario non è quella di aggiungere informazioni ad una vicenda data, ma invitare i fruitori del prodotto culturale a generare connessioni autonome dei fatti messi in sequenza, al fine di stimolare nuove e possibili creazioni di senso. Il video prova quindi ad associare i fatti – quelli della vicenda personale della Wolf e quelli della questione curda – alle immagini – non necessariamente connesse alle vicende biografiche della protagonista né alle lotte per l’indipendenza dei curdi – giocando con la loro libertà e con il loro potere, con la loro capacità di trasmigrare e di essere strumenti e connettori di senso. Il lavoro della Steyerl non intende produrre un effetto di realtà, ma invita ad un’indagine sui di essa (Rancière 2006: 158) mettendo in discussione il modo in cui la storia viene organizzata e riproponendone una sua impressione alternativa. Il “testo” della storia che risulta da November si viene producendo a partire dal fatto che le spettatrici e gli spettatori sono coloro che possono generarlo e non coloro che devono necessariamente subirlo, essi diventano agenti attivi del processo, o come direbbe Rancière “produttori emancipati” (2009). La narrazione video contribuisce quindi alla relativizzazione delle vicende storiografiche e rende evidente come “anyone and everyone is considered to be partecipating in the task of ‘making’ history” (Ranciere 2004: 69). Il lavoro della Steyerl riflette sulla struttura della produzione mediatica delle immagini, criticandone quindi la pretesa di verità. L’artista, nel momento in cui sceglie di apparire nel suo stesso lavoro sotto forma di citazione di sé stessa, denuncia come sia possibile “costruire” l’immagine del reale. Nell’articolazione dei materiali del passato, qualsiasi cosa viene affermata senza contraddizione, dice la voice over del documentarista curdo, deve essere considerata come falsa. Niente e nessuno scampano all’uncertainty; nemmeno gli eroi e le loro storie. Ecco quindi che il caso di Andrea Wolf diventa una presa di posizione contro l’uniformità delle “narrazioni” storico/politiche istituzionali e di conseguenza un “manifesto” a favore della pluralità delle rappresentazioni e delle elaborazioni della realtà e della storia.

6 Conclusione: una speranza post-rivoluzionaria

Anche se il titolo November dichiara sin dall’inizio la prospettiva post-rivoluzionaria e post-ideologica in cui le lotte sono frammentarie e non universalizzabili, perché: “there are very few continuing organizations which have institutional memory, that know how to move to the next step” (Chomsky 2015), il messaggio della Steyerl non deve essere letto come un presa d’atto rinunciataria rispetto alla politica odierna. November sollecita a prendere le distanze da una tipologia di lotta politica – quella del “tempo di Ottobre” – ma non di rinunciare al pensiero critico. Il lavoro della Steyerl chiede alle spettatrici e agli spettatori di accantonare convinzioni basate sull’infallibilità ideologica – l’artista stessa denuncia le ingiustizie di un partito ideologizzato come il PKK – così come di guardare alla storia quale “luogo” di possibilità. November ha mostrato che non solo è ipotizzabile una lettura critica del mondo mediante l’analisi delle sue immagini popolari, ma che la condivisione di strategie e strumenti di lotta può essere il compito di una nuova cinematografia politicizzata. Un’articolazione della protesta che corrisponde ad “a montage of various elements – voices, images, colors, passions or dogmas[...]” (Steyerl 2002).22 Il lavoro della Steyerl suggerisce di guardare avanti e di scovare nuove strategie di lotta politica23 adatte alle mutate condizioni globali e soprattutto funzionali al “tempo di Novembre”. Il video abbozza un prontuario iconografico per delle forme di resistenza politica ed estetica realizzabili mediante la produzione e la comprensione critica delle immagini in movimento. Una tattica aggressiva che Pernille Lystlund Matzen (2014) sostiene essere una forma di “Intellectual Martial Arts”. November, nelle intenzioni della Steyerl, deve porsi come reboot critico del sentimento situazionista in un panorama sociale del tutto diverso da quello degli anni Settanta. Una forma di détournement in grado di contribuire ad una nuova alfabetizzazione politica proprio a partire dall’analisi della peculiarità e della mobilità delle immagini della nuova cultura popolare.24

Bibliografia

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  1. Per “video” in questo caso si intende quella forma espressiva sviluppatasi nell’ambito dell’arte contemporanea, che ha le caratteristiche del meta-medium, in cui confluiscono un insieme di forme espressive e sul quale sono converse negli anni, quei fattori intellettuali del sistema culturale contemporaneo. In questo caso e per il prosieguo del saggio, con il termine video viene indicato sia il mezzo di produzione culturale che l’oggetto culturale in sé, a livello tecnico va specificato che il formato originario del video è quello elettronico di derivazione televisiva in cui una videocamera riceve informazioni audio e video trasformando quelle stesse informazioni in impulsi elettronici immagazzinati poi su nastro magnetico. Con il passaggio al digitale resta in uso la dicitura “video” ma cambiano i parametri tecnici di registrazione e funzionamento.

  2. Hito Steyerl, November (2004). DVD A/G, 25’.

  3. L’uso dell'espressione “lavoro d'arte” o della sua metonimia “lavoro” è una derivazione del gergo artistico proveniente dalla traduzione inglese “work of art”. Cosetta Saba individua nell’uso del termine inglese work nell'ambito dell'arte contemporanea, un modo per coniugare diverse forme espressive in un solo oggetto. Cosetta G. Saba, “Extended Cinema. The performative power of cinema in installation practices”, Cinema & Cie. International Film Studies Journal vol. XIII, n. 20, Spring 2013. pp. 128-129.

  4. Hito Steyerl, Lovely Andrea (2007). DVD A/G, 30’.

  5. Il PKK è considerato un’organizzazione terroristica da Turchia, USA, NATO, Unione europea (dal 2001, su richiesta degli USA) e Iran. In Europa ci sono state numerose proposte di rimuoverlo da tale lista e considerarlo una legittima forza di resistenza. In India, Cina, Russia, Svizzera ed Egitto il partito dei lavoratori curdi non viene invece considerato un’organizzazione terroristica ma riconosciuto come partito politico.

  6. Le prime parole pronunciate dalla voice over della stessa Hito Steyerl (quasi sovrastate dal suono off di un elicottero in rullaggio) sono: “My best friend when I was seventeen was a girl called Andrea Wolf” November (2004).

  7. Il video essay si è affermato negli ultimi anni come pratica critica di analisi e di ricerca in forma audiovisiva. In merito al video essay: Corrigan 2011; Catherine 2014; Lavik 2012; Lavik 2012a; Liandrat-Guigues 2004.

  8. November (2004) è stato commissionato e realizzato per The European Biennial of Contemporary Art, Manifesta n. 5, Donostia-San Sebastian (2004), di seguito una rassegna dei maggiori contributi critici su November: Lafuente 2008; “Lafuente 2015; Aikens 2015; Boenzi 2010; Demos 2010; Babias 2010; Lystlund Matzen 2014; Pieroni 2014; Blum 2015; Estremo 2016.

  9. Di seguito e per il resto del saggio si riporta tra parentesi il minutaggio esatto del brano estratto da November (11’. 50“).

  10. In ordine di apparizione: Russ Meyer, Faster Pussycat! Kill.Kill. (1965); René Viénet, Can Dialectics Break Bricks?; Robert Clouse, Game of Death/Xi wang youxi, (1978).

  11. In ordine di apparizione: Jean-Luc Godard, La Chinoise (1967); Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, Oktjabr', (1928); Costa-Gavras, État de siège, (1972).

  12. Şehît Ronahî è il nome della giovane attivista curda suicidatasi dandosi alle fiamme a Mannheim nel Baden-Württemberg, per protesta contro le restrizioni imposte dal governo tedesco al PKK nel 1994. Quando Andrea Wolf entrerà a far parte nelle milizie dello YAJK cambierà il suo nome in Şehît Ronahî in ossequio alla giovane attivista morta nel sud della Germania.

  13. Il documentario in formato video elettronico trasmesso originariamente via satellite con codifica PAL 625/50 traferito su supporto magnetico VHS.

  14. In November Hito Steyerl accentua intenzionalmente la confusione tra il reale e il finzionale giocando con quello che essa stessa definisce l’uncertainty del documentario Cfr. Steyerl, Hito (2011) “Documentary Uncertainty”, Re-visiones. http://www.re-visiones.net/spip.php%3Farticle37.html [26/10/2017]. Come sostiene Odin (2000) con il documentario si è di fronte a una lettura in cui non c'è prevedibilità, in cui lo spettatore deve decidere di volta in volta (momento per momento) quali operazioni di produzione di senso adottare. Odin, Roger (2000). De la fiction. Bruxelles: De Boeck Université, trad. It., Della finzione. Milano: V&P Università. p. 206.

  15. Il PKK è considerata un’organizzazione terroristica da Turchia, USA, NATO, Unione Europea (dal 2001, su richiesta degli USA) e Iran. In India, Cina, Russia, Svizzera ed Egitto il PKK è considerato un partito politico e non un’organizzazione terroristica.

  16. Bruce Lee sarà in realtà il padre del Jeet Kune Do (截拳道), abbreviato in JKD, un’arte marziale, non tradizionale, scientifico-filosofica basata sul combattimento “essenziale” e che partiva dall’idea che non vi fosse un solo modo di fare Kung fu. Lee, Bruce (2000). La mia via al Jeet Kune Do, vol. 1: manuale pratico del Jeet Kune Do. Roma: Edizioni Mediterranee.

  17. (10’. 20“).

  18. Stando a quanto sostiene Giorgio Agamben (2006), il termine dispositivo orbita nella sfera semantica derivante dal termine greco oikonomia. Tale termine, in uso all’interno della teologia cristiana, rappresenta secondo Agamben “un insieme di prassi, di saperi, di misure, di istituzioni il cui scopo è di orientare in un senso che si pretende utile i comportamenti, i gesti e i pensieri degli uomini” (Agamben 2006: 20), e verrà successivamente tradotto in latino con la parola dispositio.

  19. Arthur C. Danto analizza i processi di causalità nel discorso storico a partire dallo studio delle peculiarità formali delle proposizioni narrative che devono raccontare di almeno due eventi separati nel tempo, accaduti in momenti diversi e posti in due punti separati sulla linea temporale. Le proposizioni narrative più remote debbono essere secondo Danto, legittimate e definite nel significato dalle proposizioni narrative temporalmente meno remote perché queste ultime agiscono retroattivamente sulle prime. Una prospettiva rovesciata in cui l'effetto definisce la causa e in cui solo la conoscenza e l’attività dello storico legittimano la realtà dei fatti storici. Le proposizioni narrative servono a Danto per mostrare come la storia non possa essere una semplice ripetizione degli eventi del passato e che, attraverso la struttura narrativa, si utilizzano eventi del futuro per conoscere e spiegare il passato.

  20. (19’).

  21. Tema su cui la Steyerl è tornata più volte anche in sede teorica sostenendo che la congiunzione delle parole “documentario” e “finzione” è un modo per contestare l’idea di una contrapposizione/giustapposizione binaria del concetto di finzione come falsa e di documentario come reale e/o vero.

  22. Hito Steyerl nel suo: “The Articulation of Protest” ha specificato, mediante un confronto oppositivo tra Showdown in Seattle, Deep Dish Television. (1999) e Jean-Luc Godard, Anne-Marie Mieville, Ici et Ailleurs (1975) in che modo una produzione audiovisiva possa essere uno strumento di lotta.

  23. In merito al concetto di strategia non è casuale il fatto che la Steyerl scelga di concludere November con il footage di État de siège (1972), il film di Costa-Gravas che nei primi minuti è un prontuario puntuale e quasi didascalico delle tecniche di organizzazione e lotta politica.

  24. Pablo Lafuente (2008) sostiene fermamente quanto sia importante il carattere “popolusitico” del lavoro di Hito Steyerl sottolineando come in questo caso l’aggettivo sia: “a new model of politicised filmmaking, one for which the term ‘populist’ - in reference to ‘the popular’ and not to ‘the people’ - is perhaps a compliment rather than a critique”.