Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.28 (2025), 229–231
ISSN 2280-9481

Etica, estetica e politica nella regolamentazione dell’audiovisivo. Luca Antoniazzi, Media audiovisivi e politica culturale. Cinema, televisione e piattaforme digitali, Carocci, Roma 2024

Luca CialfiUniversità degli Studi dell’Aquila (Italy)

Ricevuto: 2025-10-20 – Pubblicato: 2025-12-22

Copertina dell'opera

In accordo con una tradizione storiografica che lo ha preceduto, e poi anche seguito, Eric J. Hobsbawm affermava che la seconda metà del Novecento “ha segnato la fine di sette o otto millenni di storia umana, iniziati all’età della pietra con l’invenzione dell’agricoltura” (2016: 21).1 I cambiamenti sociali, economici, tecnologici e culturali che si sono susseguiti in una costante accelerazione dal “secolo breve” fino all’aprirsi del terzo millennio sembrano costringere qualsiasi intento valutativo a un congenito ritardo rispetto al presente stesso. Nonostante ciò, in un contesto mediale in cui le innovazioni – in special modo tecnologiche – impongono una continua riformulazione dell’esperienza (Casetti 2015)2 tanto da generare conseguentemente nuove relazioni tra le industrie e i fruitori, un valido tentativo di ricognizione e sistematizzazione di questioni centrali per le imprese audiovisive e per la loro regolamentazione è rappresentato dal volume di Luca Antoniazzi Media audiovisivi e politica culturale. Cinema, televisione e piattaforme digitali. Con particolare attenzione al contesto europeo e italiano, infatti, il testo si propone come “introduzione critica” (2024: 141) in grado di restituire una mappatura esaustiva degli interventi legislativi che disciplinano tale magmatica e ramificata filiera culturale.

Riconoscendo una carenza di tali approcci nei media studies italiani, evidenziata anche dalla prefazione di una figura di riferimento per le ben più sviluppate ricerche in ambito anglosassone quale David Hesmondhalgh, l’autore si avvale di strumenti provenienti dall’economia dei media, dai production studies, dalla media law e, ponendosi all’interstizio tra i cultural studies e i media studies, riesce a mantenere costantemente uno sguardo acutamente multiprospettico.

Nella precisa e sistematica disamina sostenuta da Antoniazzi, ampio spazio viene riservato inizialmente a una puntualizzazione semantica, teorica e concettuale su alcune definizioni che, circoscrivendo il campo di indagine, si riveleranno funzionali alla solidità dei ricchi approfondimenti che seguiranno. Nel primo dei cinque capitoli, di carattere maggiormente introduttivo infatti, lo studioso, prefiggendosi un’aristotelica moderazione tra fanatismo e disfattismo nei confronti della modernità, procede prima nella distinzione tra media policy e cultural policy, poi nella chiarificazione di quest’ultimo termine, la cui traduzione italiana “politica culturale” sarà adottata come concetto cardine per indicare “non tanto l’oggetto di ricerca tangibile di questi studi – gli interventi statali, cioè le politiche – quanto la definizione di un approccio allo studio della cultura nel suo complesso” (2024: 27).

Il secondo capitolo, articolandosi attraverso tre macro-argomenti, affonda in un primo momento nella spinosa articolazione degli agenti che si contendono l’ordinamento dell’industria audiovisiva in un’epoca in cui l’allargamento a enti internazionali, quali quelli delle piattaforme VOD (Netflix, Amazon Prime Video, ecc.) ad esempio, ha messo parzialmente in crisi l’autonomia e il primato degli stati-nazione. Successivamente, invece, si procede a evidenziare le principali motivazioni che inducono a sostenere ingenti investimenti nell’industria culturale, non limitandosi nell’individuazione della sola crescita economica, ma anche di fattori altrettanto importanti quali l’occupazione e la formazione di un’identità culturale; infine, la densa analisi si sofferma sugli interventi impliciti e quelli espliciti nei processi di policy making e le loro aree di intervento.

Recuperando alcune suggestioni improntate nel precedente capitolo, nel terzo l’autore ripercorre la teorizzazione accademica del “valore culturale”, ricostruendo dapprima la polarizzazione tra visioni neoliberiste e quelle maggiormente progressiste delle industrie creative, mentre successivamente, rilevando i limiti di entrambe, giunge a considerare il più recente capabilities approach. Il crescente proliferare di ricerche volte a indagare le potenzialità di tale criterio riconosce nell’industria culturale la “concreta realizzazione di sé stessi, delle proprie qualità e inclinazioni, e soddisfazione dei propri bisogni umani” (2024: 83).

Un più agile quarto capitolo si interroga sulla complessa condizione dei lavoratori nel settore audiovisivo che, seppur possa essere definita “come pratica, e cioè come attività lavorativa con una forte componente di benefici intrinseci extraeconomici” (2024: 111), risulta spesso eticamente problematica per il riconoscimento del talento e per le disuguaglianze sociali e di genere.

Il volume trova conclusione con un’ultima sezione che affronta il mutevole scenario delle produzioni e distribuzioni mediali nel panorama contemporaneo caratterizzato dalla predominanza delle piattaforme streaming, le quali non solo hanno trasformato un sistema basato “sulla scarsità indotta” (2024: 139) in uno basato “sull’abbondanza e sull’apertura” (Ibidem), ma hanno anche indotto a una frammentazione e personalizzazione dell’esperienza. L’affresco delle infrastrutture e dei tentativi di regolamentazione che ne consegue, tra criticità in merito ai contenuti nazionali sui servizi VOD e all’ecosostenibilità, è quello di un momento di transizione e spaesamento dove prevalgono approcci attendisti.

Caratterizzata da una linea che adotta la mediocritas come valore imprescindibile, la ricerca condotta da Luca Antoniazzi procede con metodica attenzione in una macrostruttura ordinata al fine di fornire progressivamente le coordinate teoriche – ancorate costantemente a esplicativi esempi – attraverso le quali si può tentare di sistematizzare i principali dibattiti contemporanei sulla gestione delle caotiche industrie culturali dell’audiovisivo.

Con profonda consapevolezza, dunque, Media audiovisivi e politica culturale. Cinema, televisione e piattaforme digitali non avanza “possibili soluzioni o proposte concrete di riforma legislativa” (2024: 146), bensì si offre come strumento attraverso cui ravvivare il dibattito accademico su tali argomenti, auspicando una sua maggior integrazione nei relativi discorsi pubblici e reintroducendo valori fondamentali per le politiche culturali, quali l’etica e l’estetica.

References

Casetti, Francesco (2015). La Galassia Lumière. Sette parole chiave per il cinema che viene. Milano: Bompiani.

Hobsbawm, Eric J. (2016). Il secolo breve. 1914-1991. Milano: BUR Rizzoli.


  1. Hobsbawm, Eric J. (2016). Il secolo breve. 1914-1991. Milano: BUR Rizzoli.↩︎

  2. Casetti, Francesco (2015). La Galassia Lumière. Sette parole chiave per il cinema che viene. Milano: Bompiani.↩︎