Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.27 (2025), 201–203
ISSN 2280-9481

Corpi divi, corpi sociali. Federico Vitella, Maggiorate. Divismo e celebrità nella nuova Italia, Marsilio, Venezia 2024

Dorothea BuratoCa’ Foscari University of Venice (Italy)

Pubblicato: 2025-07-30

Coniata sul cantiere produttivo del film Altri tempi di Alessandro Blasetti (1953) in riferimento a Gina Lollobrigida, l’espressione “maggiorata” uscì ben presto dal suo contesto di origine per farsi categoria discorsiva e culturale e divenire, prima ancora che un indicatore somatico, la principale occorrenza del divismo femminile della giovane Repubblica italiana. Nel suo recente lavoro Maggiorate. Divismo e celebrità nella nuova Italia, Federico Vitella – professore ordinario dell’Università di Messina ed esperto del rapporto tra cinema e storia, con particolare attenzione all’economia dei media, alle politiche culturali delle istituzioni e ai fenomeni divistici degli anni centrali del Novecento – ci conduce con acume e profondità analitica in un viaggio attraverso una delle stagioni più felici e paradigmatiche dell’industria cinematografica italiana.

Codificata e poi moltiplicata dall’immaginario mediatico, la figura della maggiorata è non soltanto oggetto di una brillante indagine, ma si trasforma – nelle pagine del libro – in un potente osservatorio sulla società italiana degli anni Cinquanta. Interrogando con grande meticolosità documenti di produzione, contratti, riviste di diversa natura (dai rotocalchi alla trade press), materiali riconducibili alla sfera dell’effimero e alla cultura degli ammiratori, e analizzando i film delle maggiorate come repertorio di forme originali, l’autore restituisce a queste dive lo statuto di “agenti di storia”, capaci cioè di orientare pratiche produttive, discorsive e visive in un contesto mediatico in trasformazione. Fonti di estremo interesse che, sebbene non estranee alla comunità scientifica, raramente sono state messe a sistema nello studio del divismo.

La riflessione di Vitella prende avvio da una constatazione intuitiva in apparenza, ma quanto mai rivelatrice: a cavallo tra XX e XXI secolo, le maggiorate hanno continuato a occupare lo spazio pubblico e la mediasfera attraverso performance tardive, testimonianze biografiche, fiction commemorative, premi e riconoscimenti. Queste presenze postume – da Lollobrigida madre in La romana (G. Patroni Griffi, 1988) alla Madame Rosa della Loren di La vita davanti a sé (M. Ponti, 2020) – possono essere lette come manifestazioni di una “cultura del ricordo” che riattiva il passato nel presente, inscrivendo queste attrici all’interno di una memoria collettiva in cui il divismo si prolunga ben oltre la stagione del suo massimo fulgore. Le maggiorate, insomma, non solo furono icone del loro tempo, ma continuano ad essere figure liminari, capaci di unire la nostalgia privata e la celebrazione pubblica, il culto popolare e l’omaggio istituzionale.

L’autore sceglie di focalizzare la sua indagine su quattro figure emblematiche: Silvana Pampanini, Silvana Mangano, Gina Lollobrigida e Sophia Loren. A queste, però, si affiancano anche volti meno noti o oggi dimenticati, nella consapevolezza che il fenomeno fu insieme pluralizzato e strategicamente serializzato, frutto di precise operazioni industriali e di una costante negoziazione tra immagine e desiderio. Il divismo delle maggiorate non è qui trattato come semplice fenomeno di costume, ma come fatto sociale totale, capace di modificare le pratiche produttive, dell’industria cinematografica, di ridefinire le forme della rappresentazione filmica e, grazie alla complicità interessata degli altri comparti del panorama culturale, di mobilitare su larga scala aspirazioni e fantasie collettive.

Vitella adotta una periodizzazione convenzionale ma mirata (1949-1958), che coincide con la ricostruzione postbellica e il progressivo decollo del miracolo economico: un passaggio cruciale per la storia italiana e per quella del cinema. Il corpo maggiorato diventa in questo contesto oggetto e agente di trasformazione, costruzione culturale più che dato naturale, effetto di reale più che rappresentazione del reale. Come sottolinea l’autore, l’industria cinematografica mise sistematicamente in atto una “maggiorazione” del corpo femminile, selezionando, vestendo, incorniciando e promuovendo attrici che incarnavano un ideale di femminilità fertile e disponibile, e che raccoglievano l’adesione degli italiani garantendo “da Messina a Varese, da Cagliari a Firenze, l’unità sentimentale della Nazione”. In questa prospettiva, l’adozione della categoria di diva-film — distinta dal diva film del periodo del muto — consente a Vitella di reinterpretale la figura della maggiorata non solo come star individuale, ma come vettore di logiche produttive e spettacolari condivise. Il diva-film, così inteso, permette di rintracciare nel corpo maggiorato una forma di ipervisibilità strutturale, che travalica la biografia delle singole interpreti per rivelare il potenziale poietico dello statuto divistico nel cinema popolare italiano del dopoguerra.

L’impianto metodologico del volume si colloca all’intersezione tra Star e Celebrity Studies, Visual Culture, New Cinema History e storia dei consumi. Grazie a un approccio interdisciplinare e fortemente intermediale, capace di mettere in relazione cinema, stampa, pubblicità, fan culture e oggetti d’uso quotidiano (cartoline, figurine, fotoromanzi, ecc.), la ricerca restituisce appieno la pervasività del fenomeno nel tessuto della vita materiale e affettiva degli italiani. Particolarmente significativo è l’utilizzo delle fonti archivistiche e dei materiali effimeri, trattati non come marginalia ma come documenti cruciali per comprendere la genealogia della celebrità nel contesto italiano. La struttura del volume, articolata in cinque capitoli concentrici — l’impatto del divismo sulla cultura della produzione; il film come repertorio di forme originali; le strategie narrative di spettacolarizzazione del corpo; la produzione discorsiva veicolata dalla stampa popolare; l’attivismo delle maggiorate come persone pubbliche — e arricchita da un consistente apparato iconografico, consente di cogliere sia le coordinate strutturali e la stratificazione del sistema, sia le singolarità biografiche delle attrici. Ogni livello dell’analisi contribuisce infatti a rafforzare la tesi di fondo: il divismo non è solo un effetto della macchina dello spettacolo, ma una modalità storica della visibilità e della soggettività, una forma culturale che, nel caso delle maggiorate, ha saputo ridefinire il rapporto tra erotismo, femminilità e nazione.

Edito da Marsilio, il volume Maggiorate. Divismo e celebrità nella nuova Italia è non solo un contributo prezioso per lo studio della storia del cinema italiano, ma una lettura nuova e illuminante del divismo femminile e del ruolo che esso ha svolto nella trasformazione della società repubblicana, come agente capace di influenzare pratiche produttive, modelli di rappresentazione, discorsi di genere e forme della partecipazione collettiva.