Parthenope, nell’omonimo film di Paolo Sorrentino (2024), in cui paesaggio, tradizione e cultura storica napoletana si trasfigurano nella figura di una giovane aspirante antropologa, sembra condurre una ricerca affine, e al contempo complementare, a quella svolta da Lucia Di Girolamo in Visioni a Sud. La narrazione audiovisiva della Campania: sguardi turistici e idee di sostenibilità. La varietà umana del capoluogo campano indagata da Parthenope potrebbe infatti porsi, in chiave metacinematografica, in parallelo alla ricognizione proposta dalla studiosa sull’immaginario della regione, stabilendo risonanze che spesso accomunano percorsi di ricerca contigui.
Recuperando l’idea, già presente in Benjamin e Lacis (1924), di Napoli – e, per estensione, dell’intera regione – come territorio connaturalmente poroso, che ama farsi guardare e penetrare sinestesicamente, il volume propone una ricognizione della cultura visuale campana. Tale cultura, costantemente ricalibrata secondo modelli come il catalogo d’immagini e il palinsesto, ha potuto costruirsi nel tempo grazie a una “pluri-sedimentata enciclopedia iconografica” (p. 75) dei luoghi, conferendo loro un’idea turistica ormai inconfondibile. Similmente a quanto proposto dal film di Sorrentino, Di Girolamo conduce tale indagine assumendo, assecondando e, poi, restituendo un’immagine polifonica del territorio campano. Considerando la narrazione che struttura quest’ultimo come un ecosistema mediale, funzionalmente alla disamina l’autrice attinge da un eterogeneo corpus teorico e metodologico che, inserendosi coerentemente nel campo degli studi sulla cultura visuale, oscilla anche tra i campi del film-induced tourism e dello spatial turn, dagli strumenti della sociologia dei media a quelli dell’antropologia, della geocritica e dell’ecocritica. All’interno delle suddette coordinate teoriche, se da un lato il testo riconosce acutamente nella serialità televisiva uno tra i più impattanti generatori di immaginari della contemporaneità, proponendo così accanto ad alcune opere cinematografiche diversi casi studio televisivi che nell’ultimo decennio hanno plasmato l’immagine della regione; dall’altro, spesso genera ulteriore ampiezza di riflessione mediante affascinanti suggestioni atte a ricondurre le tendenze sottolineate alle proprie radici storiche.
Prendendo le mosse da un primo capitolo che definisce un’impostazione teorica ampia e multidisciplinare, capace di sostenere la complessità dell’indagine, il volume si articola, a partire dalla seconda parte, in quattro capitoli che accompagnano progressivamente il lettore all’interno dei labirinti socioculturali del capoluogo campano. Dapprima, infatti, il margine, “luogo di trasformazione” (p. 41) che congiunge centro e periferia (non solo il rapporto tra Napoli e le province, ma anche quello ancor più liminale con la periferia urbana), si rileva “campo di tensioni” (Ibidem) fluido in cui possono coesistere, (con)fondendosi, passato e presente, come in Capri-Revolution (2018) di Mario Martone, dove speranza e disfatta si alternano, oppure — in una prospettiva che tende maggiormente verso la seconda — in quelle forme disarmoniche che emergono, ad esempio, dal rispecchiamento tra gli abusi edilizi di Castel Volturno e le gemelle siamesi protagoniste di Indivisibili (2016) di Edoardo De Angelis. Di qui, non abbandonando completamente la dicotomica relazione tra capoluogo e territori limitrofi, nei seguenti due capitoli Di Girolamo struttura una sistematica ricognizione degli spazi che, nella socializzazione esibita principalmente nelle narrazioni seriali, configurano i nuovi immaginari partenopei. Così, l’identità, dalla memoria di icone quali il Vesuvio, il groviglio di vicoli e i mestieri popolari incarnati porosamente (p. 78) dalla tradizione del presepe, si rinnova con i luoghi inediti della serialità televisiva come il Caffè Gambrinus protagonista de I Bastardi di Pizzofalcone (2017 - 2023) e sfondo per diverse altre opere. Rilevando una costruzione anaforica delle suddette retoriche, la ricerca si sposta inseguito su quegli spazi che, invece, costituiscono le quotidiane cornici della socializzazione: la casa, il vicolo, persino la prigione di Mare Fuori (2020 - in corso) sono i luoghi dove si registrano tensioni – che riverberano quelle più generali di Napoli – tra antichità e innovazione, preservazione delle tradizioni e sovvertimento delle stesse.
Infine, il quinto capitolo penetra nella coesione di una comunità che, trovando ancora la propria linfa vitale nel rapporto con la natura (e, in particolare, con il mare materno), nelle relazioni famigliari e nelle innervanti tradizioni culinarie e linguistiche, si pone inevitabilmente al centro di nuove questioni sulla “sostenibilità e sulle sue connessioni con l’impegno civile” (p. 6).
Nel complesso, il volume si distingue per una ricchezza d’indagine multiprospettica, forse solo parzialmente meno approfondita nell’approccio al cineturismo, ambito in cui si rileva una carenza di dati statistici. Tale ricchezza si dispiega attraverso una narrazione densa ed evocativa, nella quale emerge con chiarezza come, in un immaginario complesso e stratificato come quello campano, la cultura visuale si costruisca simultaneamente su due piani: da un lato, attraverso la ricorsività delle immagini che, sedimentandosi nel tempo, consolidano alcune retoriche entro i “riduttori di complessità” (Signorelli 2002, p. 17) rappresentati dagli stereotipi; dall’altro, in maniera complementare, mediante la capacità dell’identità locale di rinnovarsi e declinarsi in forme originali, grazie alle diverse variazioni discorsive che il contesto culturale e mediale consente. Nell’impossibilità di realizzare un affresco esauriente e definitivo di un variopinto territorio partenopeo caratterizzato dall’“inafferrabilità” (p. 123), in Visioni a Sud. La narrazione audiovisiva della Campania: sguardi turistici e idee di sostenibilità, dunque, emerge una significativa convergenza tra la vita sociale della comunità, la cultura visuale del territorio e la narrazione mediale che, ridefinendosi reciprocamente, alimentano continuamente un magmatico immaginario turistico. Questo, perfettamente monitorato nei suoi più recenti aggiornamenti da Lucia Di Girolamo, continuerà a suggerire nuovi studi che proprio dal volume dell’autrice potranno prendere le mosse.