Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.28 (2025), 171–186
ISSN 2280-9481

“It’s Some Revisionist Horseshit From a Fading Director”. Significati transgender e cultura popolare: il caso Matrix

Claudio BisoniUniversity of Bologna (Italy)

Claudio Bisoni is Professor of Studies of Gender in the Media, and Italian Film History at the University of Bologna. His research focuses on the relationship between criticism, aesthetics, and modes of reception, as well as on North American and Italian cinema of the 1960s and ’70s. His publications include: Gli anni affollati. La cultura cinematografica italiana (1970-1979) (Carocci, 2009); Cinema, sorrisi e canzoni. Il cinema musicale italiano degli anni Sessanta (Rubettino, 2020). His essays and articles have appeared in numerous national and international edited volumes and journals, including La valle dell’EdenCinergieBianco e neroCinéma & CieFata MorganaComunicazioni sociali and The Italianist.

Ricevuto: 2025-03-03 – Versione revisionata: 2025-03-19 – Accettato: 2025-04-25 – Pubblicato: 2025-12-22

“It’s Some Revisionist Horseshit From a Fading Director”. Transgender Meanings and Popular Culture: The Case of The Matrix

Abstract

This essay analyzes the online debate on the transgender interpretation of The Matrix (The Matrix, 1999; The Matrix Reloaded, 2003; The Matrix Revolutions, 2003) as it has been proposed by Netflix on its channels on X/Twitter and Youtube. The second paragraph presents the main content published by the platform and how it is derived from previous sources (books, sites, articles by transgender activists). The third paragraph analyzes the arguments contained in the comments by Youtube and X/Twitter users in response to the transgender interpretation of the Matrix. A perspective is offered in which the clash between those in favor and those against this transgender interpretation is joined by a typology of viewers inclined to discuss what value popular culture has for them and how to interpret/evaluate it. In the fourth section, the entire debate is interpreted considering one specific aspect: the need to reformulate the ideas of political-strategic value of popular culture and cultural hegemony. The conclusions return to the relationship between identity and pluralist interpretations/uses of the Matrix and pop products in general. In conclusion, it is argued that in terms of cultural policy the pluralist approach should be preferred to the reductionist approach.

L’articolo analizza il dibattito on line sull’interpretazione in chiave transgender di Matrix (The Matrix, 1999, Lana e Lilly Wachowski; The Matrix Reloaded, 2003; The Matrix Revolutions, 2003), così come è stata proposta da Netflix sui suoi canali su X/Twitter e Youtube. Il secondo paragrafo presenta i contenuti principali pubblicati dalla piattaforma e il modo in cui vengono ricavati da fonti precedenti (libri, siti, articoli di militanti transgender). Il terzo paragrafo analizza gli argomenti contenuti nei commenti dagli utenti di Youtube e X/Twitter in risposta alla lettura in chiave transgender di Matrix. Viene offerta una prospettiva in cui allo scontro tra favorevoli e contrari si affianca una tipologia di spettatori propensi a discutere del valore che ha per loro la cultura popolare e come interpretarla/valutarla. Nel quarto paragrafo l’intero dibattito viene interpretato alla luce di un aspetto specifico: la necessità di riformulare le idee di valore politico-strategico della cultura popolare e di egemonia culturale. Le conclusioni tornano sul rapporto tra interpretazioni/usi identitari e interpretazioni/usi pluralisti di Matrix in particolare e dei prodotti pop in generale. Infine viene difesa l’idea che in termini di politica culturale l’approccio pluralista sia preferibile.

Keyword: The Matrix; Transgender Interpretation; Social Media; Popular Culture; Identity Politics.

1 Introduzione

Quando nel 2011 Henry Jenkins inserisce un capitolo su Matrix (Lana e Lilly Wachowski, The Matrix, 1999; The Matrix Reloaded, 2003; The Matrix Revolutions, 2003) in Cultura convergente è già nella condizione di notare come l’ecosistema della trilogia sia composto in modo rilevante dalla produzione discorsivo-creativa delle audience, le cui tracce distribuite on/off line alimentano un archivio immenso, sfuggente, ingestibile da singoli studiosi (Jenkins 2011). I tre capitoli della trilogia sono diventati ben presto emblemi di un’interazione feconda tra produzione di contenuti per il cinema, videogioco ed esperienze di fruizione on line (Whissel 2014). E in quanto tali vengono ancora giudicati capaci di indicare “una transizione, vissuta in prima persona, non solo tra ‘paradigmi’ diversi del sistema cinematografico (nei suoi aspetti industriali, culturali, sociali), ma anche, e forse soprattutto, tra ‘paradigmi’ diversi nei film e media studies” (Re 2019). Ma Matrix è così ricco di esche ermeneutiche da essere diventato già dai primi anni Duemila un terreno privilegiato per diverse scorribande interpretative.1 Non stupisce che a questa massa critica di recente si sia aggiunta, a buon diritto, un’interpretazione in prospettiva transgender.

Negli ultimi anni il mondo transgender – un mondo che ha sfruttato piattaforme come Facebook e X/Twitter per avanzare istanze di rivendicazione politica (Raun 2016, Dame-Griff 2023) – è emerso dal silenzio conquistando i media. In ciò che segue considero il dibattito intorno ai possibili significati transgender di Matrix studiando tre ambiti in cui è stato prodotto uno sforzo per leggere il film in questa chiave. Il primo è composto da una serie di tweet inaugurata sul profilo Twitter/X ufficiale Netflix Tudum il 6 agosto del 2020. Il secondo è un’intervista dello stesso mese, comparsa sul canale YouTube di Netflix, a Lilly Wachowski. Il terzo è l’insieme molto variegato dei commenti degli utenti che, sia su X/Twitter sia su YouTube, hanno reagito ai tweet e all’intervista.2 Il prossimo paragrafo è dedicato a ricostruire in termini di attribuzione retroattiva di significati la proposta da parte di Netflix di rileggere Matrix attraverso una lente transgender. Il terzo paragrafo, il più consistente, presenta una schematizzazione delle migliaia di reazioni prodotte dagli utenti di YouTube e X/Twitter. Propongo una prospettiva in cui allo scontro tra favorevoli e contrari alla lettura trans-oriented si affianca una tipologia di spettatori propensi a discutere del valore che ha per loro la cultura popolare e come interpretarla/valutarla. Nel quarto paragrafo riconsidero l’intero dibattito su Matrix in relazione a un aspetto specifico: la necessità di riformulare le idee di egemonia culturale e di valore politico-strategico della cultura popolare. In questo caso insisto sulla necessità di abbandonare i residui di una concezione redentiva della fruizione dei prodotti pop in cui sarebbe possibile isolare chiaramente da una parte il potere egemonico dei grandi player mediali e dall’altro il lavoro contro-culturale delle audience. Le conclusioni offrono un breve ritorno sul rapporto tra interpretazioni/usi identitari e interpretazioni/usi pluralisti di Matrix in particolare e dei prodotti pop in generale. Difendo qui l’idea che in termini di politica culturale l’approccio pluralista sia preferibile.

2 Matrix trans-revisited: i tweet di Netflix

Quando nell’agosto 2020 Netflix pubblica una serie di tweet sul profilo @NetflixFilm (oggi @NetflixTudum), negli stessi giorni, su un analogo canale YouTube (oggi Still Watching Netflix), compare un’intervista a Lilly Wachowski.3 Entrambe le pubblicazioni sono un tipico prodotto della recente fase di disclosure della cultura transgender nelle società occidentali. Le interpretazioni in prospettiva trans del franchise erano iniziate a circolare on line già dai primi anni Duemila, all’inizio soprattutto sotto forma di gossip sulla transizione (all’epoca non confermata) di Lana Wachowski avvenuta nel 2006 (Shantyman 2006). Ma proliferano dopo il 2012, quando Lana, compiuto il coming out (2008), ne riparla in pubblico in occasione del ritiro del Visibility Award attribuito dal HRC: Human Rights Campaign. Di lì a poco si apre una nuova fase la cui data di inizio viene indicata per convenzione nel 2014, l’anno del tipping point dell’identità trans nei media (Steinmetz 2014). Due anni dopo anche Lilly annuncia la propria transizione di genere. Nel 2018 esce una monografia scritta da Cáel M. Keegan, il primo libro scientifico dedicato al cinema delle sorelle Wachowski: si tratta del passo più autorevole in ambito accademico verso una canonizzazione della rilettura della trilogia in chiave trans (Keegan 2018). Si giunge così al 2020 quando, oltre a prendere il via l’operazione Matrix di Netflix, sul medesimo canale viene distribuito Disclosure (Disclosure: Trans Lives on Screen, Feder 2020), un documentario che celebra l’orgoglio e la presa di coscienza della comunità transgender in seno al mondo dello show business nord-americano.

In termini generali i tweet di Netflix sostengono l’ipotesi di Matrix come allegoria trans concentrandosi sulla lettura tematica del plot del primo film e di alcune sue proprietà. I tweet contengono rimandi all’intervista di Lilly comparsa on line poco prima. Inoltre, citano estratti da pubblicazioni di studiose e/o militanti transgender come Long Chu, Catelyn Willow, Eleanor Lockhart, Cáel M. Keegan. È possibile sintetizzare gli elementi salienti utilizzati per effettuare il mapping interpretativo dei significati trans sul testo nel modo seguente.4

Facendo riferimento alle parole di Lilly, viene stabilita un’analogia generale tra la vita di Neo, il suo desiderio di trasformazione esistenziale e la condizione di chi si trova a vivere l’esperienza della transizione di genere. Da qui derivano corrispondenze più localizzate: Thomas Anderson sceglie Neo per secondo nome ma Mr. Smith lo chiama sempre con il suo nome anagrafico, richiamando l’uso del dead name per le persone trans e/o non binary. La condizione di Neo può essere definita disforica, vale a dire coincidente con un senso di inadeguatezza – “a splinter in your mind”, riassume Morpheus – prodotto dalla sensazione di essere “fuori posto” rispetto alla società: qualcosa di analogo all’esperienza di chi è costretto a socializzare mediante un genere non allineato con la propria gender identity. La Matrice stessa può essere intesa come il mondo iper-normato dal binarismo e gli agenti di polizia come l’incarnazione della transfobia. Un concetto che viene richiamato è quello di egg. Nell’intervista a Lilly presente in Disclosure la regista ricorda “the burbling undercurrent of rage that I felt not being able to be who I was”, una situazione emotiva ancora una volta simile a quella di Neo. Situazione a sua volta analoga alle sperimentazioni di genere tentate da utenti transgender ma ancora inconsapevoli di esserlo (definiti nella comunità trans proprio con il termine egg), che nei primi anni di internet si loggavano in chat room assumendo identità di uomini o di donne e sperimentando un confort maggiore nei ruoli messi in scena on line rispetto a quelli ricoperti nelle rispettive esistenze offline. La stessa pillola rossa può essere una metafora della terapia ormonale, in quanto negli anni Novanta la prescrizione di estrogeni avveniva tramite una pillola dal colore simile a quella presente nel film. A tutto ciò si aggiungono due dettagli a supporto dell’allegoria trans: una delle prime frasi a comparire sullo schermo di un computer nel film è una stringa che contiene la parola “trans” (“Call trans opt: received…”), mentre nel finale la camera zooma nel mezzo della scritta “System Failure” (quando si sente la voce di Neo pronunciare la frase “You’re afraid of us. You’re afraid of change”), di fatto quindi immergendosi tra le lettere “M” ed “F”, quasi a perlustrare uno spazio tra e oltre il binarismo di genere.

Solo in tre tweet Netflix va oltre l’analisi tematica delle potenzialità trans di Matrix, verso i modi in cui “gli innovativi effetti speciali offrono una rappresentazione visiva dell’esperienza trans”.5 Sono i tweet in cui viene esplicitamente citata la monografia di Cáel M. Keegan. Infine, altri tweet vengono dedicati a contestare chi giudica revisionista e opportunista il riconoscimento da parte di Lilly della presenza dei temi trans nella trilogia. L’anonimo estensore del tweet di Netflix chiede provocatoriamente: “chi siete voi per dire non solo a un creatore ma anche a una persona trans cosa fosse o non fosse presente nella sua mente mentre realizzava il proprio film?”.6 Al momento non è mio interesse entrare nel merito degli argomenti presentati da Netflix. Vorrei solo sottolineare quanto l’intento del thread nel complesso sia chiaro. La titolazione del video dell’intervista a Lilly (Why The Matrix Is a Trans Story According to Lilly Wachowski) e la retorica validante l’interpretazione trans della trilogia raccontano il tentativo da parte di un OTT globale di supportare le interpretazioni trans di un prodotto audiovisivo popolare fuori dall’ambito sempre meno ristretto delle subculture transgender on line. L’istituzione che ci parla sta dicendo che i significati transgender di Matrix sono sempre stati lì, anche se solo ora possiamo apprezzarli nella loro chiarezza: “the symbolism is easy to find”,7 vale a dire che l’allegoria non è il prodotto di una lettura spericolata o subculturale ma la conseguenza di un semplice riconoscimento della natura “super trans”8 dell’opera.

3 Comunità online

L’operazione Netflix/Matrix ha attivato l’attenzione di utenti e fan in tutto il mondo. La trilogia interessa diverse comunità di fruitori, talvolta distribuite su posizioni opposte dello spettro politico: Alt-right, manosphere, la così detta “alpha male, anti-LGBTQIA+ red-pill-sphere” da un lato; militanti LGBTQIA+ e “woke culture” dall’altro. Ecco, quindi, che i conflitti sono emersi fin dal primo momento. Su X/Twitter il dibattito è divampato soprattutto nei primi tempi per poi ridimensionarsi lentamente. Su Youtube – grazie all’alto tasso di discoverability dei contenuti – le discussioni hanno avuto una maggiore persistenza, dimostrando quanto la trilogia mantenga fino a oggi un posto d’elezione nella cultura popolare.9 Un primo aspetto da segnalare è quasi scontato: esistono due sotto-comunità di partecipanti al dibattito in cui chi interviene mostra poco interesse per l’interpretazione trans di Matrix in quanto tale. Certi utenti addirittura dichiarano di non apprezzare la trilogia. Vogliono però dire la loro su ciò di cui la trilogia permette di parlare: il ruolo delle gender politics nel nostro presente.

3.1 Pro e contro la cultura transgender

Un primo gruppo di spettatori è interessato soprattutto a formulare giudizi sprezzanti verso il mondo transgender:

Sometimes a film is just a film, and the “deep themes and symbolism” are just imagined by the end user and superimposed. On what is simply… exactly what it looks like. Also Egg is a groomer term not a trans community thing please don’t normalize child abuse.10

Il commento proviene dalla discussione generata dal subthread di Netflix sul concetto di egg. Dunque, Matrix fa da spunto per una critica alla cultura egg, che viene descritta come un insieme di azioni atte a convincere persone non trans, soprattutto ragazzi minorenni, del fatto che in realtà lo sono.11 L’egg culture quindi è presentata, con intento diffamatorio, come una pratica manipolativa prossima all’abuso sui minori (l’accusa di grooming, inteso come insieme di pratiche atte ad attirare a sé minorenni on line secondo modalità sostanzialmente pedofile, è tipica dei discorsi transfobici e anti-LGBTQIA+). Altri utenti esprimono pareri anti-woke, apertamente reazionari o religiosi, comunque offensivi per le persone transgender. Accanto agli insulti sull’aspetto fisico o sulla voce di Lilly Wachowski si può leggere:

You’re just trying to change the current perspective on it to fit the new Hollywood woke/leftist gender dysphoric agenda that got you two weirdos all kinds of ‘awards’ and praise. Total BS. Depraved Hollywood strikes again.

A posizioni come questa si contrappongono i commenti che difendono i valori delle comunità LGBTQIA+. L’intento è proprio quello di rispondere punto a punto agli avversari politici. Un solo esempio:

I LOVE the triggering of the so called, “Alpha Male Red Pilled,” bros ironically being triggered about their “muh nostalgia can’t have Trans themes!” LOL I can’t think of a more manly reaction than grown men freaking out because two Transwomen made a cool movie that spoke deeply to other Transwomen and Transmen! Modern masculinity is soooo fragile!

In questa sezione del dibattito la lettura in chiave trans di Matrix ricade in una tendenza ben nota a chi studia i rapporti tra social media e opinione pubblica: la polarizzazione delle opinioni. Difficile negare che la rete funzioni in questo caso come un ricettacolo di aggressività sociale, come agente di divisione dell’opinione pubblica, secondo quanto sostenuto dagli osservatori della piattaformatizzazione algoritmica della comunicazione in cui filter bubbles ed echo chambers favoriscono la radicalizzazione dei giudizi e l’esasperazione degli approcci emotivi ai problemi (Boccia Artieri 2022: 48–60). Tuttavia, resta di qualche interesse il fatto che i nemici della cultura transgender abbiano usato Matrix e la transizione di genere delle sorelle Wachowski come punto d’appoggio per una contestazione politico-culturale che si appropria dal basso dell’immaginario del film.

3.2 Pro e contro trans-Matrix

Intorno al merito vero e proprio della lettura transgender di Matrix, si possono isolare nuovamente il fronte dei favorevoli e il fronte dei contrari. Come nel caso precedente, troviamo una minoranza di interventi a favore della lettura transgender della trilogia (circa il 30%), il che può sia indicare la persistenza di un atteggiamento ostile alle identità transgender nella società occidentale sia una resistenza della cultura popolare ad essere piegata alle esigenze identitarie di piccole comunità sia, a mio avviso in modo appropriato, un misto delle due cose.

Tra i favorevoli alla lettura transgender di Matrix molti interventi esprimono l’entusiasmo di persone coinvolte direttamente nel mondo transgender o nelle comunità non-binary:

This is so beautiful omg, the movie as an experience has completely changed for me since learning of their transition and finding my own nonbinary-ness… I will forever consider The Matrix as one of the best movies ever made.

What’s awesome is that I was a little trans egg (I knew I was trans but was no where near out or ready to transition) in 1999 when I saw this movie for the first time. It spoke to me on some level I couldn’t understand at the time.

Il campo degli utenti ostili all’interpretazione trans-oriented è più consistente (circa il 70% dei commenti totali). Gli argomenti utilizzati sono vari. Innanzitutto, ci sono i commenti che accusano genericamente l’operazione di rilettura di non essere convincente per cause esterne al riscontro testuale:

It’s some revisionist horseshit from a fading director.

What a load of total and utter bollocks. I know they’re trying to make the movies ‘relevant’ to build interest for Matrix 4 but this is laughable.12

L’intento dietro a simili reazioni è quello di celebrare un processo alle intenzioni. La lettura trans è giudicata inconsistente a causa dei riprovevoli scopi che la guidano. Le supposte cattive intenzioni possono essere diverse: la decadenza artistica di una delle registe, il conformismo culturale, il desiderio malevolo di dare scandalo, ecc. Va notato però come nel secondo commento (e la cosa vale per molti altri) si esprima una posizione inclusiva nei confronti della cultura transgender. Il rifiuto della lettura trans non può essere connesso in linea di principio con un atteggiamento transfobico: si danno casi in cui la lettura trans viene rifiutata proprio per difendere la comunità transgender (per esempio, quando si accusa Netflix di rainbow washing).

La sottocategoria più ampia di commenti sfavorevoli riguarda il merito dell’analisi del film. Ciò che fa problema è proprio la possibilità di dare un’interpretazione coerente trans-oriented di Matrix. In particolare, i commenti sfruttano due argomenti: l’insufficienza quantitativa di coerenza tematica (non ci sono abbastanza prove che il film abbia per tema l’identità transgender) e l’insufficiente specificità tematica (le prove testuali non sono abbastanza qualificate come tipicamente transgender per esemplificare qualcosa di esclusivo o privilegiato riguardo a tale condizione).

Tra i primi, basta un solo esempio:

It’s not a trans allegory. There’s not enough evidence for it to be an allegory. […] Trying to play as a revisionist over 20 years later to fit the modern day narrative is a betrayal of the fans that found something beautiful for themselves to see in the movies […] It HAS to be a consistent thing through the story (at the very least, the three movies) for it to be an allegory.

Tra i secondi:

I am pretty sure all movies are about transition though. It’s called a character arc. And in the real world many of them were bald and not wearing a wig and lips stick.

I never knew that the evolution of a character was in fact a “transformation” to a different gender. So… Spiderman is trans? Cyborg is Trans?13

I due argomenti di insufficienza quantitativa e insufficiente specificità tematica ricorrono talvolta in forma congiunta. In questi casi alcuni tratti del film (relativi soprattutto all’azione/evoluzione dei personaggi) considerati da Netflix metafore pertinenti della condizione transgender vengono invece giudicati sia scarsamente rilevanti sul piano quantitativo sia scarsamente indicativi di transness sul piano qualitativo. In altri termini, in questi commenti gli utenti, attraverso un linguaggio non specialistico, stanno affermando che un’interpretazione trans-oriented di Matrix non dovrebbe ricorrere a isotopie troppo generiche, il che equivale a dire che stanno discutendo sulla nozione stessa di coerenza testuale e sulla validità del criterio di economia isotopica (Eco 1979; Eco 1990).

3.3 Un terzo fronte: riduzionisti e pluralisti a confronto

Il dibattito on line su Matrix non si limita a ospitare la contrapposizione tra pro e contro la causa trans (in generale o in relazione alla trilogia). Accoglie anche posizioni disassate rispetto a questa polarizzazione. Esiste un grande terzo player in campo: il sub-set di coloro che usano il disaccordo sui significati della trilogia per esprimere pareri sul funzionamento della cultura di massa e dell’arte popolare in quanto tali. Quindi, accanto agli utenti che usano la trilogia riportandola ai propri interessi pro/contro il dibattito sulle gender politics si collocano voci interessate a discutere su quanto i prodotti dell’intrattenimento popolare possano o debbano essere più o meno aperti a molteplici interpretazioni. Questi utenti discutono di interpretazione per il bene dell’interpretazione. E lo fanno posizionandosi più o meno in prossimità di due profili ideali contrapposti. Chiamerò i primi riduzionisti interpretativi e i secondi pluralisti interpretativi. Se incrociamo queste due fazioni con la variabile pro/contro la lettura di Matrix in chiave trans otteniamo quattro profili di intervento: riduzionisti pro-lettura trans, riduzionisti anti-lettura trans, pluralisti pro-lettura trans, pluralisti anti-lettura trans. Consideriamoli più nel dettaglio.

3.3.1 Riduzionisti pro-lettura trans-oriented di Matrix

Il riduzionismo pro-lettura trans raccoglie i commenti di chi difende l’operazione di prioritizzazione dei significati transgender compiuta da Netflix. Questi commentatori non solo pensano che la rilettura trans di Matrix sia legittima ma anche che sia un’idea capace di offrire una nuova gerarchia di priorità nell’interpretazione dell’intera trilogia. Nella nuova gerarchia i significati trans vengono spostati dall’esterno o dalla periferia del continente dei significati possibili del film al suo centro. La cosa da sottolineare è che il principale strumento retorico con cui si organizza la difesa della centralità dei significati trans in Matrix è l’“autorevolezza” dell’autore, rappresentata in questo caso dalle parole di Lilly. Ecco due commenti che sottolineano la forza delle parole della regista come fonte privilegiata dei significati:

The hubris of the guy who thinks he understands the movie better than the directors. narcissist, much?

My guy, you literally hear the words from the creator of the movie and think you have a higher understanding of the movie then them, they literally directed the movie, they know what the movie is about.

Il richiamo alle affermazioni della regista conferisce un carattere quasi letterale alla presenza di significati transgender nel film. Ci troviamo così nella situazione particolare in cui un argomento politicamente progressista (in supporto a una lettura trans-oriented) si basa su una nozione abbastanza controversa come l’intenzione dell’autore. Tornerò su questo punto nel paragrafo Matrix e le politiche dell’interpretazione.

3.3.2 Riduzionisti anti-lettura trans-oriented di Matrix

Proprio la contestazione del valore delle parole di Lilly pronunciate nell’intervista presente su Youtube è l’argomento principale adottato dai riduzionisti anti-lettura trans. Ecco il fatto più rilevante: il contrasto tra riduzionisti pro/contro viene giocato nella maggior parte dei casi intorno alla nozione d’autore. I commentatori si impegnano in discussioni che trascrivono in un linguaggio non specialistico un problema ben noto nel campo della teoria dell’interpretazione: la questione dell’intentio auctoris come istanza di controllo sui significati dei testi (Eco 1990). È possibile vedere negli argomenti dei riduzionisti anti-lettura trans una rivisitazione del tema della morte dell’autore. Alcuni commentatori, del resto, nominano esplicitamente questa nozione teorica. Come colui che per esprimere il proprio disaccordo rispetto alle parole di Lilly scrive: “This is why death of the author concept exists”. Un altro utente dichiara:

The movie speaks for itself. But please, show me where in the movie it’s about transexuals. What if the creator said the movie was about making ice cream? Would you believe them then?

Mentre quest’ultima affermazione potrebbe essere sottoscritta da un allievo (transfobico?) di Umberto Eco, la maggior parte dei commenti mostra come l’idea della morte dell’autore possa essere brutalmente letteralizzata e usata senza neppure la necessità di citarla:

The directors which say after 2 decades that it was intended to be about their fetish, after getting mentally ill and addicted to online porn? Well I would believe a random anonymous then these two brothers.

The Wachowski Brothers wrote The Matrix Trilogy and as per the trans community rules, once transitioned the previous identity is dead. So… The Wachowski Sisters have NO right to comment on The Matrix”.14

Questi commentatori pensano sul serio che le sorelle Wachowski non possano essere considerate individui autorevoli a qualsiasi titolo per parlare di alcunché e in particolar modo di un film che hanno girato quando erano, secondo questa prospettiva, altre persone. I commenti su Lana e Lilly vengono utilizzati per celebrare una sorta di rito funebre della funzione-autore: le sorelle non sono chi credono di essere; sono state manipolate mentalmente dal loro desiderio di transizione (equivalente all’assunzione di una pillola blu che genera credenze impossibili circa l’identità di genere), hanno cercato di cambiare identità (in questa “logica”, cosa considerata in sé un segnale di malattia), hanno perso la sanità mentale. Questi argomenti vanno considerati anti-autoriali perché nel momento in cui colpiscono transfobicamente Lilly come donna trans intendono distruggere anche la sua possibilità di assumere su di sé l’autorità dell’autore con le relative funzioni simboliche.

Un sotto-filone degli argomenti anti-autoriali riguarda l’adesione di molti commentatori a una leggenda del web secondo cui il soggetto originale di Matrix sarebbe nato da un furto perpetrato ai danni di una donna di colore, Sophia Stewart. Costei ha sostenuto in un libro e sul web (dove si definisce “La Madre di Matrix”) che sia le sorelle Wachowski sia James Cameron hanno violato il diritto d’autore di un suo trattamento cinematografico per elaborare i soggetti originali di Matrix nel 1999 e di Terminator (The Terminator, 1984) nel 1984. Stewart ha affermato di aver vinto una causa da duecento milioni di dollari per truffa. La notizia è filtrata fino a un iReport della CNN poi corretto ma intanto diventato virale sul web. Ed è rimasto tale benché si tratti di una fake news (la causa è stata archiviata nel 2005).15 Stewart ha più volte ripetuto che il suo trattamento aveva per tema la vocazione religiosa di persone di colore. Ciò ha dato slancio alle teorie complottistiche del furto in un mix non sempre lucido con le ipotesi interpretative sul film in chiave religiosa e di orgoglio black. Come dice un commentatore: “This is a movie about BLACK people. You stole it!!!!”. Da segnalare il fatto che gli utenti disposti a credere alla versione-Stewart della genesi di Matrix si appellano alla donna come unica fonte d’autorità legittimata a parlare del film, descrivendo il presunto furto intellettuale in chiave di ingiustizia razziale, in quanto il film, come dice un utente, non sarebbe altro che “a biblical/Torah inspired story. Written before you went mental dude”.

3.3.3 Pluralisti pro-lettura trans-oriented di Matrix

I pluralisti pro-trans sono quantitativamente meno rilevanti dei sottogruppi precedenti e in genere manifestano entusiasmo per la lettura trans-oriented di Matrix proprio perché capace di moltiplicare i significati del film. Ecco il primo esempio:

The ammount of layers in The Matrix is amazing. It says as many things as the audience is willing to hear and pay attention closely. It’s so rich.”

Il secondo invece:

the reason art is amazing is because it isn’t set in stone. a film could mean different things to every person. some enjoy the action of a film like The Matrix. some appreciate the philosophy. it’s amazing to see new takes and interpretations of old works. THIS IS WHAT ART IS FOR.16

Altri commentatori riescono a conciliare tre elementi spesso in conflitto fra loro: il riconoscimento di differenti temi, l’autorità (limitata) dell’autore (il cui parere va tenuto in considerazione) e un’idea generale dell’interpretazione che consenta di distinguere l’intentio auctoris dalla realtà testuale:

While I agree that movies can be interpreted in various ways, I think its important to differenciate an interpretation of a film from Authorial intent and what the creator of the film claims their creation is about. Its most likely true that The Matrix wasn’t intended to be a “trans” work of fiction, but if the creator of the movie has talked about the trans elements of the film and reaffirmed them, I think its fair to say that the film has trans themes on level. Also, I think it’s a bit reductive to claim that The Matrix as a movie has no meaning, when it has pretty clear themes reflected in real life. The movie is, at the minimum, a commentary on the harshness and banality of the modern world, the reason so many people in the Manosphere have gravitated to the film in the first place, and the films also have subtext about how we have enslaved humanity to the technology that powers our lives.

In generale, nelle reazioni dei pluralisti si riscontra il principio-guida seguente: il piacere della cultura popolare deriva soprattutto dall’apertura dei significati. È infatti l’apertura dell’opera che consente a ogni spettatore di reperire dei significati privilegiati senza che ciò comporti una riduzione della stessa possibilità di reperimento di altri significati per altri spettatori. Il compiacimento o l’approvazione di fronte agli elementi transgender di Matrix, più che rispecchiare un piacere identitario, rispecchia un piacere comunitario reso possibile dall’arte popolare in senso lato (di cui Matrix sarebbe solo uno dei possibili esempi significativi).

3.3.4 Pluralisti anti-lettura trans-oriented di Matrix

I pluralisti anti-lettura trans-oriented utilizzano argomenti simili a quelli dei pluralisti pro giungendo a conclusioni opposte: visto che l’arte popolare è per definizione aperta a differenti letture, non è legittimo imporre agli spettatori, in modalità top-down, significati prioritari:

It’s demeaning to The Matrix to make it ‘’just a trans allegory’’. It’s also a view on Plato’s cave, a view of lies the corporation sells to the masses, it’s about Christian morals, about yes, if you are going to be the sheep inside the matrix or wake up and realize what’s happening. It’s also just art, and science fiction, and a action packed thriller. I personally hate this revelation they made.

Didn’t really feel like the intent was to be a trans allegory, but I see no problem with it being thought of that way. The problem I do see is that Lilly decided that her fans were wrong to use The Matrix in contexts that supported Trump. To limit the contexts of your story’s morals is to limit its effect on the world; The Matrix is so good BECAUSE it can be used in seemingly infinite contexts.

Un problema di affermazioni di questo tipo è che presuppongono qualcosa che invece andrebbe dimostrato: il fatto che Netflix e Lilly Wachowski tentino di imporre i significati transgender come prioritari, vincolanti o addirittura esclusivi. Mentre al limite suggeriscono che sono da sempre presenti nel testo (il che non esclude che ve ne siano altri altrettanto o più importanti). Tuttavia, persiste qui la convinzione che limitare le interpretazioni limiti gli usi possibili dei prodotti popolari e con ciò l’impatto sociale dei prodotti culturali.

La difesa del pluralismo dei significati si accompagna a un tema correlato:

I always felt like The Matrix was about braking free in general. Not Trans not left not right. But breaking free from ALL of those imprisoning ideas like, brainwashing, sexuality, politics, corporate control and of course unjust laws (rules) past present and future which are the most oppressive to all humanity.

Qui il pluralismo interpretativo viene sorretto da un’ipotesi di universalismo dei contenuti. Matrix non viene difeso solo in quanto opera polisemica ma anche in quanto narrazione che riguarda esperienze in cui tutti gli esseri umani possono riconoscersi. È la genericità dei temi trattati a offrire la garanzia che il prodotto sia popolare. Ed è questa stessa genericità a escludere che l’appropriazione identitaria in chiave transgender possa essere desiderabile.

A ciò va aggiunto un ulteriore elemento. In alcuni commenti di pluralisti anti-lettura trans ricorre un vero e proprio rancore di fronte alla (presunta) imposizione dei significati transgender, come se la cosa partisse dal desiderio di “chiudere la bocca” a qualcuno. Questi utenti manifestano un disagio sospetto: come se Matrix, una volta “contaminato” da significati transgender, potesse perdere il suo potere di generare piaceri per loro. Uno di essi si esprime chiaramente a riguardo: “So sad to see this, I can no longer enjoy this movie or support anything about it”. La contraddizione è evidente: da un lato si difendono l’idea di Matrix come film pluri-codificato, il ruolo degli utenti nella creazione dei significati, il valore di temi universali e inclusivi, dall’altro si promuove uno scenario poco plausibile – e per nulla pluralista – in cui certe ipotesi interpretative avrebbero il potere di fare “andare a male” l’intera esperienza di fruizione. Come è possibile che un film fino a poco prima molto amato diventi improvvisamente inservibile perché qualcuno afferma che ha dei significati transgender?

4 Matrix e le politiche dell’interpretazione

L’insieme dei discorsi scandagliato nel paragrafo Comunità online presenta degli elementi che meritano di essere ripresi per una riflessione più generale sul funzionamento dei prodotti della cultura popolare nei media contemporanei. In particolare, il dibattito su Matrix consente di dire qualcosa sui rapporti tra cultura popolare e antagonismo politico.

Nell’ambito della teoria critica i mass media sono stati a lungo degli osservati speciali perché considerati un significativo agente di ostacolo all’emancipazione sociale. Semplificando un po’ le cose, si può dire che gli studi culturali – nati anche in reazione al pessimismo di stampo francofortese verso la cultura di massa – hanno quasi sempre collocato il potere emancipativo del popolare sul versante del consumo. Non solo la cultura popolare nell’epoca dei mass media novecenteschi coincideva con i modi in cui le persone prive d’accesso ai mezzi di produzione culturale “facevano cose” con i contenuti dei media, ma questa attività veniva idealizzata come oppositiva, in diversi gradi, alle strategie ideologiche di codifica dei messaggi governate dalle élite produttive. Forse il più noto modello di idealizzazione è la teoria del consumo resistente di John Fiske, il quale sapeva benissimo che il rapporto del popolo con le strutture di dominio non si crea sempre nel segno dell’opposizione ma anche in quello dell’evasione, così come già Stuart Hall, nel suo celebre encoding/deconding model (prima e seconda versione), aveva previsto diversi regimi di decodifica (Hall 2006). Fiske però riteneva che nella fruizione dei testi popolari fosse comunque attivo un processo di elusione/negazione dei valori dominanti (Fiske 1989). Da tempo gli allievi più autorevoli di Fiske, come Henry Jenkins, ammettono che non c’è una connessione necessaria tra l’uso dei prodotti della cultura di massa e l’antagonismo politico-culturale (Jenkins 2011): i textual poachers possono fiorire indifferentemente intorno ad agende progressiste o conservatrici. Lo stesso vale per le culture di fandom. Tuttavia, in ambito accademico ancora oggi l’analisi culturale, soprattutto quando entrano in gioco le gender politics, orbita intorno all’idea che fare/consumare cultura conti veramente quando si attivano processi di contestazione dei valori dominanti da parte dei dominati. Non a caso, la teoria queer ha lavorato spesso su oggetti pop, quasi sempre a condizione che essi risultassero utili all’agenda politica degli studiosi che li analizzavano.17

L’idea della cultura popolare come un sito di resistenza sopravvive nei pensatori che, talvolta richiamandosi ad Antonio Gramsci, magnificano il potere contro-egemonico della cultura di massa solo a determinate condizioni. Per esempio, Cornel West ha lavorato sul pop sia in termini speculativi sia in termini performativi. I suoi libri più militanti sono punteggiati da riflessioni su prodotti della cultura di massa come film e musica hip-hop (West 1993; 2004; 2009). Egli ha promosso il lavoro di alcuni musicisti hip-hop e ha realizzato cd musicali. West, inoltre, recita in Matrix Reloaded, in Matrix Revolutions e ha a lungo parlato della trilogia (si pensi al commento contenuto negli extra dei dieci DVD del cofanetto Ultimate Matrix Collection). Non è possibile considerare ora il complesso rapporto di West con la cultura di massa e con Matrix in particolare (Filippini 2011). Però ascoltando West sulla cultura popolare si ha l’impressione che egli ne riconosca il potenziale politico solo qualora i suoi prodotti siano stati purificati dalle caratteristiche che lo disturbano. Per esempio, per quanto riguarda la musica pop, il ragionamento potrebbe essere riassunto così: l’hip-hop è estremamente popolare, ha consentito agli stili di vita della cultura black di uscire dai ghetti e di conquistare le maggioranze bianche scalando i media mainstream, influenzando i giovani in termini di moda, percezione del corpo e comportamento, quindi è ricco di potenzialità politiche, purtroppo spesso esprime contenuti a dir poco controversi: misoginia, omofobia, machismo, materialismo consumista ecc. Dunque, bisogna promuovere quelle forme di hip-hop in cui l’aggressività è indirizzata verso buone cause (emancipazione delle minoranze razziali e di classe). Così la musica tornerà a essere uno straordinario strumento di lotta per cambiare le categorie del pensiero comune.

Il dibattito su Matrix ci mostra che non è quasi mai possibile agire in modo così lineare. E per una serie di buone ragioni. In primo luogo, il caso dei significati transgender di Matrix mostra che spesso non abbiamo la situazione standard in cui da un lato troviamo un polo produttore dei messaggi, ispirato da un’agenda normativa e/o conservatrice, e dall’altro un polo di consumo che cerca di “aprire” i messaggi rinegoziando o scardinando i valori previsti in fase di encoding. Non troviamo neppure, come vorrebbe Fiske, un prodotto intorno al quale si articolano chiaramente forze di chiusura/dominio da un lato e forze di apertura/popolarità/resistenza dall’altro. Nel nostro caso, al contrario, troviamo un player globale (Netflix) che sposa un’agenda LGBTQIA+ inclusiva pubblicando dei paratesti di “glossa” a un successo cinematografico. Questo decoding retroattivo top-down viene accolto, in modalità grassroots, in modo conflittuale, spesso mobilitando valori conservatori. Con il risultato che si ha una sorta di lettura istituzionale “resistente” (perché strizza l’occhio ai valori anti-normativi dei pubblici LGBTQIA+) calata dall’alto su un pubblico che a sua volta attiva, bottom-up, una “resistenza alla lettura resistente” e alla pedagogia queer istituzionale di Netflix.

In secondo luogo, il campo istituzionale della produzione e il campo grassroots del consumo sono a loro volta disomogenei al proprio interno. La retorica dispiegata nei tweet di Netflix suggerisce che l’istituzione mediale sia schierata in modo compatto a favore del progressismo identitario “woke”. Ma gli argomenti presentati nei vari sub-thread evidenziano come l’industria si trovi a dover mediare tra esigenze contraddittorie in relazione alle aspettative dell’audience. Da un lato, la piattaforma decide di sposare l’agenda transgender, dunque promuove la leggibilità retroattiva di certi significati a detrimento di altri: Matrix deve iniziare a essere significativo per il contro-pubblico transgender; deve parlare di questo contro-pubblico, a questo contro-pubblico. Dall’altro lato, Netflix è costretta a ragionare in una logica globalizzata di mercato. Vuole evitare che sezioni consistenti di spettatori si sentano escluse da “ciò che conta” nella trilogia. Tenta di limitare quanto poi è successo: i commenti degli utenti furiosi che promettono di cancellare l’iscrizione a Netflix, responsabile, a loro parere, della rilettura eretica di un film di culto. Proprio per ridurre al minimo simili reazioni il network affianca alla retorica identitaria una retorica dell’ambiguità del prodotto popolare ben nota a studiosi acuti come Fiske: la rilevanza di un prodotto per un alto numero di consumatori nasce dal conflitto. Proprio perché le condizioni sociali degli spettatori sono varie, disperse e divergenti, il testo popolare deve lavorare in una certa misura contro le proprie stesse differenze o incoerenze interne per trovare un terreno comune al fine di massimizzare il consumo. E così, nei tweet di Netflix, Matrix diventa un po’ un film allegorico della condizione transgender, un po’ qualcosa d’altro; in parte deve risultare ricco di elementi letterali che svelano contenuti trans, in parte un’esperienza audiovisiva stratificata, dove livelli di significato si possono aggiungere ad altri livelli di significato senza che nessuno di essi cancelli gli altri. Insomma, l’ideologia identitaria che punta ad estrarre valore (economico, simbolico, reputazionale) dal virtue signaling deve trovare un equilibrio con l’ideologia dell’ambiguità industriale del prodotto popolare, che punta a promuovere un’immagine di Matrix come film capace di parlare virtualmente a tutti.

Per quanto riguarda il polo degli utenti, in un certo senso è vero che il campo è diviso tra una fazione progressista pro-agenda trans e una conservatrice, spesso religiosa, anti-agenda trans. Ma quando un militante transgender difende l’idea della pillola rossa come metafora della terapia ormonale e contemporaneamente uno spettatore della manosphere pensa che a essere nella Matrice, sotto gli effetti della pillola blu, sia il soggetto transgender stesso, il vero scontro ideologico avviene solo in seconda istanza lungo l’asse pro/anti-trans, progressismo/conservatorismo. In prima istanza il conflitto avviene intorno a qualcosa d’altro. Per il militante transgender la norma è il mondo del binarismo di genere, rispetto al quale descrive sé stesso come marginale, escluso, fuori-norma. Per il redpillato la norma è Netflix, il progressismo hollywoodiano che ha sposato l’agenda femminista, queer e transgender, un insieme di valori rispetto ai quali il redpillato descrive sé stesso come altrettanto fuori-norma. Nella fase storica in cui la sfera pubblica non è più definita da uno spazio asimmetrico, nel quale la posizione di chi domina e la posizione di chi è dominato sono relativamente stabili, la stessa definizione/attribuzione di “cultura dominante” è contesa, negoziata, oggetto di continue interpretazioni contrastanti. In breve, il conflitto avviene primariamente intorno al concetto stesso di egemonia.

Su un livello più micro, persino le frizioni tra riduzionisti pro-trans e riduzionisti anti-trans intorno allo statuto dell’autore e al potere delle sorelle Wachowski di confermare o meno la lettura transgender è difficile da leggere secondo le consuete categorie politiche. Il conflitto mostra che sul versante della difesa dell’autorialità come funzione “bloccante” la catena dei significati e validante l’intentio auctoris si dispongono gli utenti favorevoli alla lettura retroattiva transgender. Costoro quindi sposano un’agenda politicamente progressista ma occupano una posizione culturalmente conservatrice (la difesa dell’autore/autrice come, diciamo così, master/mistress del significato). Mentre sul versante di chi contesta l’autorità delle sorelle Wachowski si trovano gli utenti che negano valore all’attribuzione di significati transgender a Matrix. Costoro occupano una posizione anti-autoritaria (verso le registe come padrone del significato del film e verso Netflix) e teoricamente progressista (nella teoria francese la morte dell’autore è un concetto pensato in opposizione alle istituzioni tradizionali che governavano la comunicazione letteraria). Ma lo fanno spesso nel nome di istanze anti-gender politicamente retrograde.

Ecco perché usare la cultura popolare per i propri scopi politici dopo averla purificata dalle scorie in contrasto con tali scopi forse non è sempre una buona idea (e neppure un’idea molto progressista). Quelle scorie definiscono la popolarità della cultura popolare. I film come Matrix piacciono alle moltitudini in ragione di moltitudini di motivi differenti. L’audience research ha superato modelli redentivi come quello del consumo resistente proprio per cercare di restituire la varietà di queste ragioni, vale a dire la varietà dei modi in cui i consumatori convertono in risorse di vita le proposte mediali (Fanchi 2002). L’incursione nel campo discorsivo dei conflitti generati dalle letture retroattive di Matrix in chiave trans aspira solo ad aggiungere che i processi di conversione in risorse di vita avvengono in prossimità variabile di due grandi tendenze rappresentate da quelli che ho chiamato gli utenti riduzionisti da un lato e gli utenti pluralisti dall’altro. Sono due modi per avvicinarsi alla cultura popolare che i social media attestano, riproducono e fanno proliferare ogni giorno.

Come ho detto, ci sono utenti inclini a pubblicare un tipo di commento che ha colpito la mia attenzione. Questi spettatori mostrano di essere stati “feriti” sul piano personale dall’ipotesi di Matrix come film transgender. Le loro reazioni sono varianti intorno a un enunciato-base del tipo “Mi avete rovinato per sempre il film”. Si tratta con tutta evidenza di una reazione insensata. Non si vede come un’ipotesi interpretativa possa rovinare il mio modo di vedere un film e ciò che quel film ha rappresentato per me. I significati sprigionati o fatti sprigionare dai prodotti culturali non funzionano come beni capaci di applicare una sorta di rivalità ed escludibilità al consumo di significati concomitanti. Non può essere vero in alcun senso che, se interpreto Matrix generando/privilegiando significati transgender sto obbligando qualcun altro ad accedere a quei significati, né che sto impedendogli l’accesso a quegli stessi significati o a significati di qualsiasi altro tipo. Il modo più immediato di leggere l’intolleranza di chi si sente defraudato di qualcosa di fronte all’ipotesi di Matrix come oggetto trans è la transfobia. Ma molti commenti non esprimono alcun giudizio nel merito della questione trans: è lecito sospettare che gli utenti avrebbero reagito nello stesso modo di fronte a qualsiasi altra ipotesi di significato diversa dalla loro credenza. A mio avviso ciò indica che ci sono consumatori che, con diverse sfumature, usano i prodotti culturali in modo identitario, spinti dal desiderio che il testo-oggetto dica qualcosa di chiaro parlando preferibilmente a loro e in loro nome. Ci sono invece consumatori che mostrano quanto si sia diffuso anche fuori dall’accademia quel “pluralismo liberale” (l’idea che i film siano sempre leggibili da molteplici prospettive) individuato da Bordwell come un tratto da lungo tempo tipico dei film studies (Bordwell 1991). I pluralisti traggono piacere dall’apertura del range dei significati dei testi e pensano che la pretesa da parte di un testo (o del suo autore) di affermare qualcosa di univoco lo sminuisca come oggetto culturale. Si tratta evidentemente di due grandi tendenze con un’ampia serie di posizioni intermedie. Ogni fronte può guardare l’altro con sospetto e ciascuno avrebbe valide ragioni per farlo. Ma le due tendenze mostrano di poter convivere in una negoziazione tra guerriglia e pace. In definitiva, “Si tratta della distinzione tra il sapere in anticipo ciò che si vuole ottenere da una persona, una cosa oppure un testo, e lo sperare che questa persona, cosa o testo ci aiutino a desiderare qualcosa di diverso, a cambiare i nostri scopi, e così la nostra vita” (Rorty 1995: 130).

5 Conclusioni

Spero di aver mostrato che una culture war incentrata sui possibili significati di un film molto popolare può raccontare qualcosa di più ampia portata. La sfera pubblica e i processi di formazione delle opinioni sono stati ridefiniti in modo profondo dalla comparsa dei social media (Bruns and Highfield 2015: 56–73). La parcellizzazione delle funzioni di agenda setting e l’emergere di nuovi intermediari informali modellano uno scenario in cui diverse comunità e contro-pubblici entrano in relazione tra loro, sullo sfondo di cambiamenti tecnologici, istituzionali e culturali tracciabili, rapidi, difficili da leggere.

Non ho difficoltà ad ammettere che sono attratto maggiormente dai pluralisti, e da quanto scrivono, che dai riduzionisti. Ma so che non va commesso l’errore di considerare il pluralismo interpretativo meno ideologico del riduzionismo identitario. Secondo l’universalista è preferibile leggere Matrix come esperienza di visione utile a due scopi alternativi l’uno all’altro: 1) o per generare significati “settoriali”, in grado di soddisfare differenziatamente diversi interessi (religiosi, filosofici, di identità di genere ecc.); 2) o per generare significati abbastanza generali da interessare (quasi) tutti indifferenziatamente, in quanto il film non ha bisogno di essere una metafora della condizione trans o del risveglio religioso, perché propone una rappresentazione dell’alienazione umana abbastanza ampia da assorbire e richiamare entrambe le condizioni (assieme a molte altre). La proposta universalista ovviamente va incontro a una serie di problemi. Alcuni sono tipici delle interpretazioni tematiche troppo generiche, che volendosi richiamare all’esperienza di tutti finiscono per servire all’esperienza di nessuno. Altri hanno a che fare con i sospetti dalla teoria queer verso gli argomenti universalisti: l’universalismo potrebbe rivelarsi una trappola ideologica costruita per far sì che i soggetti subalterni continuino a non trovare parole e rappresentazioni a difesa dei loro interessi. Detto ciò, consapevole dei problemi che l’universalismo e il pluralismo interpretativo si portano dietro, proprio il caso di Matrix mi rafforza nell’idea che il pluralismo interpretativo sia preferibile al riduzionismo identitario.18 Per almeno due ragioni.

La prima è semplice: il pluralismo è adatto a descrivere le principali proprietà dei prodotti popolari, film come Matrix inclusi. Il cinema popolare ha spesso proprio le caratteristiche che i pluralisti desiderano trovare nel cinema popolare: è esemplificato da film che, soprattutto quando diventano successi transnazionali, sono veicoli inadatti per messaggi univoci, vengono costruiti a livello industriale per alimentare un tipo di ambiguità capace di consentire differenti decodifiche, molteplici “punti di contatto”, varie forme di accesso o allineamento emotivo/cognitivo/ideologico.19 I testi della cultura popolare si presentano in forme semplici, ma sono stratificati, accoglienti verso la lotta per i significati che li riguardano, talvolta incoerenti, o comunque lo diventano quando vedono soddisfatta la loro predisposizione ad andare incontro agli interessi o ai desideri di moltitudini disomogenee di spettatori (Fiske 1989; Altman 2004). La cosa appare ancor più valida per il franchise di Matrix, le cui diramazioni narrative sviluppate in prospettiva transmediale – stando a Jenkins – incoraggiano i consumatori alla “comprensione additiva”, a credere che il valore dell’esperienza di fruizione stia proprio nel processo di ricerca di significati indipendenti dalle intenzioni delle autrici.

La seconda ragione è che passando in rassegna gli argomenti degli utenti pluralisti presenti nel dibattito su Matrix non capisco in cosa potrebbero danneggiare politicamente qualcuno o intralciare qualsivoglia causa identitaria. Di solito, in politica, la discussione è sottoposta alla ragione pubblica in previsione di un momento deliberativo: si discute pubblicamente quando si compiono scelte foriere di conseguenze consistenti sulla vita delle persone. Mentre mi è chiaro perché un atteggiamento pluralista/relativista possa apparire problematico quando sono in gioco, per esempio, diritti civili o politici, visto che a un certo punto bisogna scegliere se essere pro o contro certi diritti, non mi è altrettanto chiaro per quale motivo il dovere di scegliere per certi significati e non altri dovrebbe essere preferibile nel dibattito culturale intorno a un film: su questo piano un’eventuale accusa di inefficacia politica delle posizioni pluraliste non sembrerebbe pertinente. Fermo restando che è sempre possibile, e talvolta auspicabile, preferire certe interpretazioni ad altre, in linea di principio trovo che nel dibattito su Matrix i commenti portati a privilegiare un’idea del film come testo popolare aperto esprimano una forma utile di universalismo. Non vedo rischio di mistificazione o impostura né come il pluralismo interpretativo possa tradire gli interessi legittimi di ciascuna delle parti in causa.

Quando Cornel West propone di purificare la cultura popolare dalle idee per lui controverse e di usarla come arma di lotta politica, sta in realtà dicendo che al fine della lotta politica la cultura popolare andrebbe resa meno popolare. Gli studiosi queer che prediligo, come Alexander Doty e Richard Dyer, hanno invece affermato quanto sia importante non perdere posizioni sul terreno del popolare in quanto tale e rivendicare la queerness intesa come cultura fatta di opere, oggetti, testi che parlano al maggior numero di persone possibile proprio perché – questo è almeno il mio sospetto – mobilitano contenuti e linguaggi capaci di disturbare gli intellettuali come West. Insomma, esiste un valore nel fatto che il lavoro politico dell’interpretazione della cultura si compia su oggetti comuni e condivisi su larga scala.

Nel dibattito su Matrix il pluralismo universalista svolge il compito di un terzo polo, una sorta di cuscinetto che si inframmette tra i due sottoinsiemi dei pro e dei contro la lettura transgender, avanzando l’ipotesi, semplice ma essenziale, del prodotto culturale popolare come qualcosa in grado di interessare potenzialmente tutti. Fra commenti sgradevoli, colpi bassi e polarizzazioni ideologiche, persiste la sensazione che una comunità venga mantenuta in vita da persone molto diverse tra loro, che decidono di confrontarsi su ciò che le unisce: l’interesse a commentare un film più o meno amato. È un confronto in cui convergenze e divergenze si mescolano; in cui gli sprazzi di follia vengono costretti a misurarsi con la ragionevolezza e la ragionevolezza con gli attacchi a cui viene sottoposta ma anche con la noiosa pedanteria (tipica del liberalismo) che talvolta la accompagna; in cui l’interpretazione si trasforma in una pratica politica che fa entrare in relazione soggetti diversi e il consumo dei prodotti popolari dischiude un terreno sul quale diventano contingentemente possibili confronti tra vocabolari altrimenti inconciliabili.

Bibliografia

Altman, Rick (2004 [1999]). Film/Genere. Milano: Vita & Pensiero.

Blazer, Alex E. (2007). “The Matrix Trilogy and the Revolutionary Drive through the Desert of the Real.” Literature/Film Quarterly 35(4): 265–273.

Boccia Artieri, Giovanni (2022). “Piattaformizzazione dell’opinione pubblica: la questione algoritmica.” In Lezioni sull’opinione pubblica. Nuove tendenze nelle scienze sociali, a cura di Laura Gherardi, 48–60. Milano: Meltemi.

Bonfatti, Francesco (2021). The Matrix e l’identità di genere. Analisi di un fenomeno di rilettura. Tesi di laurea triennale Dams. Bologna: Università di Bologna.

Bordwell, David (1991). Making Meaning. Inference and Rhetoric in the Interpretation of Cinema. Cambridge: Harvard University Press.

Bruns, Alex and Tim Highfield (2015). “Is Habermas on Twitter? Social media and the public Sphere.” In The Routledge Companion to Social Media and Politics, edited by Axel Bruns et al., 56–73. New York: Routledge. https://doi.org/10.4324/9781315716299-5

Cappuccio, Massimiliano Lorenzo (2004) (a cura di). Dentro la matrice. Filosofia, scienza e spiritualità in Matrix. Milano: Albo Versorio.

Clover, Joshua (2004). The Matrix. London: British Film Institute. https://doi.org/10.5040/9781838713164

Constable, Catherine (2009). Adapting Philosophy: Jean Baudrillard and the Matrix Trilogy. Manchester: Manchester University Press. https://doi.org/10.1515/9780773594821-022

Dame-Griff, Avery (2023). The Two Revolutions. A History of the Transgender Internet. New York: New York University Press. https://doi.org/10.18574/nyu/9781479818341.001.0001

Diocaretz, Myriam and Stefan Herbrechter (2006) (edited by). The Matrix in Theory. Amsterdam: Rodopi.

Eco, Umberto (1979). Lector in fabula: la cooperazione interpretativa nei testi narrativi. Milano: Bompiani.

Eco, Umberto (1990). I limiti dell’interpretazione. Milano: Bompiani.

Fanchi, Mariagrazia (2002). Identità mediatiche. Televisione e cinema nelle storie di vita di due generazioni di spettatori. Milano: Franco Angeli.

Filippini, Michele (2011). Gramsci globale. Guida pratica alle interpretazioni di Gramsci nel mondo. Bologna: Odoya.

Fiske, John (1989). Reading the Popular. London-New York: Routledge.

Geller, Theresa L. (2004). “Queerying Hollywood’s Tough Chick: The Subversions of Sex, Race, and Nation in The Long Kiss Goodnight and The Matrix.” Frontiers: A Journal of Women Studies 25(3): 8–34. https://doi.org/10.1353/fro.2004.0062

Halberstam, Jack (2021 [2012]). Gaga feminism. Sesso, genere e la fine della norma. Sesto San Giovanni: Asterisco.

Halberstam, Jack (2022 [2011]). L’arte queer del fallimento. Roma: Minimum fax.

Hall, Stuart (2006). Politiche del quotidiano. Culture, identità e senso comune. Milano: il Saggiatore.

Haslam, Jason (2015). Gender, Race, and American Science Fiction: Reflections on Fantastic Identities. London: Routledge. https://doi.org/10.4324/9781315738611

Hobson, Janell (2012). Body as Evidence: Mediating Race, Globalizing Gender. Albany: SUNY Press. https://doi.org/10.1353/book19030

Jenkins, Henry (2007). Cultura convergente. Milano: Apogeo.

Jenkins, Henry (2011). “Why Fiske Still Matters.” In Fiske, John. Introduction to Communication Studies. XII–XXXVIII. Routledge, London-New York: Routledge.

Irwin, William (2002) (edited by). The Matrix and Philosophy: Welcome to the Desert of the Real. Chicago: Open Court.

Keegan, Cáel M. (2018). Lana and Lilly Wachowski. Urbana-Chicago-Springfield: University of Illinois Press. https://doi.org/10.5622/illinois/9780252042126.001.0001

King, Richard C. and David J. Leonard (2006). “Racing the Matrix: Variations on White Supremacy in Responses to the Film Trilogy.” Cultural Studies \(↔\) Critical Methodologies 6(3): 354–69. https://doi.org/10.1177/1532708606288638

McDowell, John C. (2014). The Politics of Big Fantasy: Ideologies of Star Wars, The Matrix, and Avengers. Jefferson, NC: McFarland.

Mounk, Yascha (2024). La trappola identitaria. Una storia di potere e idee del nostro tempo. Milano: Feltrinelli.

Lisa Nakamura, Lisa (2003). “Race in the Construct, or the Construction of Race: New Media and Old Identities in The Matrix.” In Domain Errors! Cyberfeminist Practices, edited by Maria Fernandez, Faith Wilding e Michelle M. Wright, 63–78. New York: Autonomedia.

Nama, Adilifu (2008). Black Space: Imagining Race in Science Fiction Film. Austin: University of Texas Press.

Nishime, LeiLani (2008). “The Matrix Trilogy, Keanu Reeves, and Multiraciality at the End of Time”. In Mixed Race Hollywood, edited by Mary Beltrán and Camilla Fojas, 290–312. New York: New York University Press. https://doi.org/10.18574/nyu/9781479830039.003.0016

Pescatore, Guglielmo (2006) (a cura di). Matrix. Uno studio di caso. Bologna: Hybris.

Raun, Tobias (2016). Out Online Trans Self-Representation and Community Building on Youtube. London-New York: Routledge.

Re, Valentina (2019). “That Time We Entered the Matrix. Matrix: 1999-2019.” Fata Morgana Web. https://www.fatamorganaweb.it/matrix-1999-2019/.

Rorty, Richard (1995). “Il progresso del pragmatista.” In Eco, Umberto. Interpretazione e sovrainterpretazione, 109–132. Milano: Bompiani.

Shantyman (2006). “The Mystery of Larry Wachowski.” Neogaf. https://www.neogaf.com/threads/the-mystery-of-larry-wachowski.81049/.

Steinmetz, Katy (2014). “The Transgender Tipping Point.” Time. https://time.com/135480/transgender-tipping-point/.

Yeffeth, Glenn (2003) (edited by). Taking the Red Pill: Science, Philosophy and Religion in The Matrix. Dallas: Bembella Books.

West, Cornel (1993). Race Matters. Boston: Beacon Press.

West, Cornel (2004). Democracy Matters. Winning the Fight Against Imperialism. New York: The Penguin.

West, Cornel (2009). Brother West. Living and Loving Out Loud: a Memoir. New York: SmileyBooks.

Whissel, Kristen (2014). Spectacular Digital Effects: CGI and Contemporary Cinema. Durham, NC: Duke University Press. https://doi.org/10.1515/9780822377146

Žižek, Slavoj (2002). Welcome to the Desert of the Real: Five Essays on September and Related Dates. London: Verso. https://doi.org/10.1215/9780822385059-013


  1. In chiave mediale, cfr. Pescatore 2006; in chiave filosofica, cfr. Constable (2009); in chiave religiosa, cfr. Yeffeth (2003); in chiave politologica, cfr. Žižek (2002); McDowell (2014); Blazer (2007: 265-73). In chiave razziale, cfr. Haslam (2015); Hobson (2012); Nama (2008); Geller (2004: 8-34); King and Leonard (2006: 354-69); Nakamura (2003: 63-78); Nishime (2008: 290-312). Più in generale cfr. Clover (2004). Per i volumi collettivi cfr. Irwin (2002); Cappuccio (2004); Diocaretz e Herbrechter (2006).↩︎

  2. Il corpus è costituito dall’interezza dei 4078 commenti distribuiti nei vari sub-thread di Netflix su X/Twitter e i 3673 commenti presenti nella pagina YouTube dell’intervista a Lilly Wachowski (gli indirizzi sono riportati alla nota seguente). Tutte le pagine dei commenti sono state consultate l’ultima volta nel febbraio del 2025. Il numero definitivo dei commenti è fissato al 20 febbraio 2025. Ringrazio Francesco Bonfatti per avermi segnalato e aver studiato per primo il dibattito on line sui significati transgender di Matrix. Gli devo l’idea originaria di questo articolo che parte proprio dalla sua tesi di Laurea centrata sui tweet di Netflix (Bonfatti 2022).↩︎

  3. Netflix Tudum (2020). “For years, fans of THE MATRIX have discussed the film through a trans lens.” X, 6 agosto 2020. https://x.com/NetflixTudum/status/1291439319245234177?mx=2 (ultimo accesso febbraio 2025); Still watching Netflix (2020). “Why The Matrix is a Trans Story According to Lily Wachowski | Netflix.” YouTube, 4 agosto 2020. https://www.youtube.com/watch?v=adXm2sDzGkQ (ultimo accesso febbraio 2025).↩︎

  4. Per il concetto di mapping nell’attribuzione dei significati durante il processo interpretativo, cfr. Bordwell (1991).↩︎

  5. Netflix Tudum (2020). “Here’s the real galaxy brain moment: the trans themes of THE MATRIX.” X, 6 agosto 2020. https://x.com/NetflixTudum/status/1291443666779639808 (ultimo accesso febbraio 2025).↩︎

  6. Netflix Tudum (2020). “Some have rushed to call Lilly’s recent acknowledgment of the trans themes in THE MATRIX ‘revisionist’ or ‘retconning’.” X, 6 agosto 2020. https://x.com/NetflixTudum/status/1291444329093804033 (ultimo accesso febbraio 2025).↩︎

  7. Netflix Tudum (2020). “While the Wachowski sisters weren’t publicly out as trans while making the films.” X, 6 agosto 2020. https://x.com/NetflixTudum/status/1291444126668296192 (ultimo accesso febbraio 2025).↩︎

  8. Netflix Tudum (2020). “So how is THE MATRIX super trans?.” X, 6 agosto 2020. https://x.com/NetflixTudum/status/1291441149324877824 (ultimo accesso febbraio 2025).↩︎

  9. Tutte le citazioni dei commenti degli utenti provengono dalle due fonti citate. Prima fonte: la sezione dei commenti dell’intervista pubblicata su YouTube. Per ogni commento da questa fonte non verrà ripetuto il rimando all’unica pagina web che li raccoglie tutti, che è Still watching Netflix (2020). “Why The Matrix is a Trans Story According to Lily Wachowski | Netflix.” YouTube, 4 agosto 2020. https://www.youtube.com/watch?v=adXm2sDzGkQ (ultimo accesso febbraio 2025). Seconda fonte: Netflix Tudum (2020). “For years, fans of THE MATRIX have discussed the film through a trans lens.” X, 6 agosto 2020. https://x.com/NetflixTudum/status/1291439319245234177?mx=2 (ultimo accesso febbraio 2025). I commenti dalle sottosezioni di questa pagina X/Twitter di Netflix si distinguono da quelli presenti su YouTube perché disponendo di un indirizzo web ad hoc sono tutti accompagnati da una nota. Errori di digitazione e scelte grafiche sono riportati così come presenti nel testo originale.↩︎

  10. UFO @zephyr_infinity (2020). “Sometimes a film is just a film, and the ‘deep themes and symbolism’ are just imagined by the end user and superimposed.” X, 9 agosto 2020. https://x.com/search?q=%22Egg%20is%20a%20groomer%20term%22%20(from%3Azephyr_infinity)&src=typed_query&f=live (ultimo accesso febbraio 2025).↩︎

  11. Il concetto di cultura egg ha origine online e una genealogia tutt’altro che chiara. Il termine egg, comunque, pur essendo recepito in modo controverso all’interno delle stesse comunità transgender e gender non conforming, indica l’insieme di comportamenti, valori, esperienze condivise da soggetti accomunati dalla condizione di non aver preso ancora coscienza della propria identità di genere. cfr. Bauer, Evelyn (2024). “Cracking The History of The Trans ‘Egg’. Slang for a trans person who has yet to come into themselves, the exact origins of ‘egg’ are a mystery.Them. https://www.them.us/story/cracking-the-history-of-the-trans-egg (ultimo accesso febbraio 2025).↩︎

  12. Ruth O’Hare (2020). “What a load of total and utter bollocks.” X, 9 agosto 2020. https://x.com/firebird2110/status/1292429544679497729 (ultimo accesso febbraio 2025).↩︎

  13. https://x.com/search?q=%22I%20never%20knew%20that%20the%20evolution%20of%20a%20character%20was%20in%20fact%20a%20%22transformation%22%20to%20a%20different%20gender.%20So...%20Spiderman%20is%20trans%3F%20Cyborg%20is%20Trans%3F%22%20(from%3Anoneya3087)&src=typed_query&f=live. Pubblicato su X.com, ma non più accessibile online da febbraio 2025.↩︎

  14. Pubblicato su X.com, ma non più accessibile online da febbraio 2025, chiave di ricerca:

    “The Wachowski Brothers wrote The Matrix Trilogy and as per the trans community rules, once transitioned the previous identity is dead. So…..The Wachowski Sisters have NO right to comment on The Matrix.” (from:Radical_Lasagna)↩︎

  15. Gray, Madison (2013). “Inside The Billion Dollar Matrix Lawsuit, One of the Internet’s Most Pervasive Legends.” TIME, 22 November 2013. https://newsfeed.time.com/2013/11/22/inside-the-billion-dollar-matrix-lawsuit-one-of-the-internets-most-pervasive-hoaxes/ (ultimo accesso febbraio 2025). https://x.com/search?q=%22THIS%20IS%20WHAT%20ART%20IS%20FOR%22%20(from%3AMcBaws21)&src=typed_query&f=live, pubblicato su X.com, ma non più accessibile online da febbraio 2025.↩︎

  16. In data successiva al febbraio 2025 questo commento risulta cancellato dall’utente. Oltre al testo integrale del commento, le uniche informazioni sopravvissute nel file di appunti di chi scrive riguardano il nick dell’autore e la data di pubblicazione: @McBaws21, Aug 6, 2020.↩︎

  17. Trovo che rientrino in questa tendenza generale sia i lavori di Keegan citati sia (soprattutto) l’utilizzo dei numerosi riferimenti alla cultura pop negli scritti di uno dei principali teorici che hanno lavorato sul rapporto tra soggettività transgender e cultura di massa, vale a dire Jack Halberstam (Halberstam 2021, 2022).↩︎

  18. Sono anche consapevole del fatto che non ho considerato, come sarebbe necessario, le differenze e le continuità tra universalismo e pluralismo. In questa sede mi devo limitare alla constatazione che nei discorsi on line analizzati la difesa di interpretazioni tese a evidenziare i significati/valori universali di Matrix ricorre spesso assieme all’elogio di un atteggiamento pluralista nei confronti dell’interpretazione stessa dei prodotti della cultura popolare. Sui rapporti tra pluralismo, spinte universalistiche e tradizione liberale, cfr. Mounk (2024).↩︎

  19. Sul concetto di “punto di contatto”, cfr. Jenkins (2007).↩︎