1 Barberismo
Tra i neologismi dell’anno 2024 l’enciclopedia online Treccani ha inserito la parola “barberismo”, intesa come “l’appassionato apprezzamento da parte di migliaia di persone per le conferenze o lezioni tenute dallo storico e scrittore Alessandro Barbero nell’ambito di vari contesti e format”.1 La circostanza è solo l’ultima in ordine di tempo tra le tante che hanno concorso a circoscrivere il “fenomeno” Alessandro Barbero. Accademico votato alla divulgazione scientifica rivolta al grande pubblico, Barbero è stato definito uno “storico influencer” per la sua capacità di raggiungere ampie platee di appassionati, rendendo coinvolgente una materia, la storia, non sempre appetibile per i non addetti ai lavori. Le ragioni del successo vanno ricercate certamente nelle qualità di divulgatore del professore, ma un ruolo centrale nell’affermazione del fenomeno è svolto dagli appassionati che lo seguono. Scopo di questo articolo è analizzare le caratteristiche del caso Barbero, con particolare riferimento alla funzione del pubblico quale attore determinante nella costruzione della fama del professore. Sullo sfondo vi è la profonda trasformazione nel panorama mediale del fruitore, teorizzata già nel 1980 da Alvin Toffler nella figura del “prosumer” (Toffler 1980), ovvero il consumatore che fruisce i prodotti e al contempo li genera, ed esplicitata, come si dirà meglio più avanti, nelle più recenti teorie sul “productive fandom” (Lamerichs 2018) e sul “digital fandom” (Booth 2016).
Una prima considerazione che emerge dall’analisi del successo di Alessandro Barbero è relativa alla sua capacità di proporre una nuova immagine dello storico nello scenario mediale e, al contempo, di ridefinire l’idea stessa di divulgazione storica. Negli ultimi decenni si è assistito ad una marginalizzazione della storia sul piano ufficiale, ravvisabile tra l’altro nella riduzione delle ore dedicate a questa materia a scuola, ma anche nella scarsa presenza di storici di professione nel dibattito pubblico e nei media (ad eccezione, ovviamente di programmi e canali tematici, che tuttavia rappresentano una parte minima dell’offerta di broadcasting). Si riscontra, d’altro canto, una difficoltà degli storici di professione a parlare al di fuori dei confini delle università. Su un altro piano e in apparente controtendenza, la storia continua ad appassionare il grande pubblico, come dimostrano il successo di alcuni film e di serie televisive a tema o sfondo storico, di podcast e canali YouTube tematici, di romanzi storici. Il fenomeno Barbero si colloca al crocevia di queste due opposte tendenze, poiché lo studioso, pur provenendo dall’accademia, è stato in grado di intercettare e fidelizzare un pubblico ampio attraverso una forma di racconto della storia appassionante.
Professore ordinario di Storia medievale all’Università del Piemonte Orientale, Barbero ha affiancato alla professione accademica un’ampia attività di divulgazione scientifica. Dalla partecipazione a festival e conferenze in giro per l’Italia, alla comparsa in programmi televisivi, a partire da Superquark nel 2007 fino al recente Barbero risponde su La7. Ma non solo: a riprova del suo costante sguardo rivolto al grande pubblico, il professore ha accostato alle sue pubblicazioni scientifiche una corposa produzione saggistica e narrativa a tema storico. In rifiuto di ogni specialismo accademico, inoltre, dalla storia medievale è passato ad occuparsi di storia moderna e contemporanea, con qualche incursione anche nella storia antica. Si potrebbe dire quindi che Barbero è sceso dalla cattedra, in senso non solo metaforico ma anche letterale, quando recentemente ha deciso di andare in pensione e lasciare per sempre l’insegnamento universitario.
Barbero piace al pubblico per alcune caratteristiche del suo modo di fare divulgazione che definiscono la sua unicità. Il professore trasmette un’entusiastica passione per le materie di cui parla. Lontano dagli schemi di una comunicazione ingessata, quando racconta le sue storie, sembra recitare: gesticola, modula il tono della voce e il ritmo del discorso, varia la mimica facciale. Insomma, la sua è una vera e propria performance che mira a coinvolgere anche emotivamente lo spettatore. Sul piano dei contenuti, il professore associa a una semplificazione delle vicende narrate la capacità di renderle più appetibili grazie ad un linguaggio accessibile e ad una narrazione piacevole, che a un elenco di date e fatti sostituisce la descrizione di aneddoti, curiosità e microstorie in grado di traghettare più facilmente lo spettatore sui sentieri della macrostoria. L’abilità di rendere viva e accattivante per il pubblico la storia è, in altre parole, agganciata all’attenzione data all’elemento umano del racconto, in linea con l’approccio della Scuola delle Annales, di cui il professore si professa uno strenuo seguace. Inoltre, Barbero fa spesso riferimento alle fonti, che cita testualmente; in questo modo non solo racconta, ma mostra come si fa la storia, svelando il processo di interpretazione delle fonti e il metodo storico. Infine, il professore riesce a rendere palpitante il passato narrato agganciandolo al presente e ad alcune delle questioni del dibattito pubblico contemporaneo. Alessandro Barbero, in tal senso, incarna perfettamente il ruolo dello storico in quanto mediatore: la storia, infatti, a differenza di altre discipline, si costruisce solo attraverso la mediazione dello storico, che interpreta il passato e lo restituisce attraverso la narrazione al pubblico. Nel lavoro dello storico, in altre parole, il come è incisivo e sostanziale tanto quanto, o forse più, del cosa viene narrato.
3 TikTok
TikTok ha accolto fin dall’inizio la comunità fandom del professore, che sembra aver individuato nella piattaforma di origine cinese la dimensione più adatta per rapportarsi con creatività al proprio “idolo”. Come osserva Angela Maiello, rispetto a un semplice blog, a Instagram o a Facebook, la forza di questa piattaforma sta nel fatto che può contare su una “modalità di interazione incarnata” (Maiello 2021: 41), che consentirebbe all’utente di non percepire alcuna forma di mediazione nella sua relazione con il social e con i contenuti da esso restituiti. In breve, con TikTok, qualsiasi “soglia (o segno della rappresentazione) sarebbe superata” (Maiello 2021: 45). Il contatto “diretto” con i contenuti audiovisivi consentirebbe a questi ultimi di penetrare più facilmente nella nostra percezione quotidiana e, allo stesso tempo, mancando il filtro del profilo, di diventare materiale da rielaborare e (ri)condividere più facilmente.
I due gruppi di fan più attivi9 sono gli onnipresenti I vassalli di Barbero, forse la comunità maggiormente dinamica, e Alessandro Barbero fan club. I profili hanno rispettivamente, a oggi, dicembre 2024, 144.000 followers l’uno e 25.000 l’altro. Come è evidente, il nome del gruppo trainante, I vassalli, si ispira alla specializzazione del professore. La scelta va ben oltre il mero omaggio. Qui, il termine “vassalli” è usato in senso ironico: coloro che seguono il profilo sanno che non troveranno una glorificazione dello storico, ma, al contrario, una perfetta interpretazione del suo stile, a tratti dissacrante. In questa direzione, anche in altri spazi di TikTok (historyniko, CoseNonCose, storialaterza) spopolano video in cui Barbero spiega o fornisce opinioni sui più svariati argomenti. In ogni caso, per corposità e qualità dei contenuti, le due realtà principali sono quelle maggiormente indicative di come il fenomeno fandom connesso allo studioso torinese si imponga sulla piattaforma cinese.
I vassalli di Barbero e Alessandro Barbero fan club sono emblematici del tipo di immagine che del professore circola in rete. Ma ciò è evidente anche nei trend di ricerca. Da una ricognizione degli interessi degli utenti, al dicembre 2024, TikTok indica specifiche ricerche di tendenza: “barbero parodia”; “barbero meme”; “barbero arrabbiato”; “barbero decontestualizzato”. Sembrerebbe, allora, che lo storico non sia percepito come il divulgatore scientifico “classico”: come già osservato in questa sede (supra, par. 1), Barbero sarebbe sì seguito anche per i contenuti, ma l’“affezione” della comunità fandom a lui connessa sarebbe edificata non tanto su che cosa dice, ma soprattutto sul come lo dice. D’altronde, il “come” distingue anche la “carnevalesca sfilata di tipi diversi” (Marino e Surace 2023: XX) presenti sul social. Le performance dei tiktoker, solitamente della durata di meno di un minuto, si differenziano l’una dall’altra per forme specifiche di esibizione. Sono centinaia, ad esempio, i neo o pseudo visagisti che danno lezioni di maquillage, ma, a ben vedere, pur nella ricorrenza di certi tratti, ciascuno è diverso e presenta caratteristiche specifiche. In generale, l’originalità attraversa la maggior parte dei contenuti “culturali” che possiamo trovare su TikTok. In una sintesi dell’ottobre 2023, pubblicata sulla sua “News Room”, allo stesso social si riconosce il merito di aver dato ai discorsi sull’arte e sulla letteratura una certa centralità e di aver contribuito a diffondere “un nuovo concetto di cultura”,10 basato su una spiccata originalità. I contenuti culturali legati alla figura del professore sono interamente scelti dai suoi fan, poiché nessuno degli interventi è autorizzato da Barbero. Conferenze, lezioni, interviste fatte in giro per l’Italia sono state tagliate, estrapolate, manipolate a uso e consumo della comunità. Nello specifico, nel caso di TikTok gli interventi diventano frammentati, piccole apparizioni che rispettano la tipologia del formato della piattaforma.
L’incontro tra Barbero e TikTok può essere considerato un esempio più che calzante degli ultimissimi esiti di quello che Jenkins aveva predetto nel 2007, quando riconosceva ai consumatori di questa tipologia di prodotti un ruolo sempre più attivo, sottolineando la capacità crescente degli utenti di creare nuovi contesti per mezzo di un riuso creativo di quelli esistenti. Jenkins parla di un “potere culturale”, in crescita nel momento in cui i fan mettono in comune contenuti all’interno di uno spazio ampio e, aggiungiamo noi, accessibile (Jenkins 2007: 48). La condivisione estesa e immediata diffonde nuove forme della conoscenza, influenzando, con il corposo contributo di TikTok “la cultura popolare quotidiana” (Boffone 2022: 3). Come già affermato, nell’insieme dei contents analizzati, per Barbero la varietà più ricorrente di video è quella in cui parti di conferenze o interviste vengono tagliate, estrapolate dal loro contesto e inserite in altri contenuti, molto spesso caratterizzati da accenti comici. Le sue conferenze, in breve, diventano componenti di un esteso archivio di performance, parte di “un enorme deposito di narrazioni, personaggi, mondi, immagini, grafica e suoni da cui [gli utenti, N.d.A.] possono estrarre la materia prima necessaria per le loro creazioni, le loro alternative o personalizzazioni” (De Kosnik 2016: 4). È la “Read/Write culture”, fondata sul remix, alla quale Lawrence Lessig riconosce un forte potere creativo, non in competizione con la cultura “matrice” dalla quale nasce (Lessig 2008: 56). Nell’universo dei social, la RW culture, che ha nel suo bagaglio gli strumenti di un linguaggio fortemente espressivo – in particolare, come osserva Mariagrazia Fanchi, sulla scia di un’analisi di Paolo Peverini: mash-up, remix, montaggio, inappropriate soundtrack (Fanchi 2014: 75) – dà a interi gruppi, forse a intere generazioni, la possibilità di parola (Lessig 2008: 56). I contenuti prodotti possono collocarsi in un orizzonte tendenzialmente ludico, senza però trascurare il fatto che, seppur riferiti al racconto di qualche episodio storico, sembrano commentare, anche in maniera spiccatamente critica, i più recenti eventi politici.
4 Barbero: performer per caso
Ma perché proprio Alessandro Barbero? Cosa lo differenzia da altri divulgatori che spiccano sui social? Senza dubbio, la mimica facciale e la ritmica adottata nell’uso della voce, tratti che lo contraddistinguono, hanno contribuito in maniera decisa al successo dell’immagine dello studioso. Siffatte caratteristiche hanno facilitato il “riuso” dei suoi discorsi in un senso chiaramente ironico, facendone persino il nucleo di meme virali. Assieme ad esse, la cadenza teatrale e la gestualità espressiva definiscono il professore come il soggetto adatto alla creazione dei prodotti della sua comunità fandom. Le performance di Barbero, smembrate e ricomposte, accompagnate dai suoi modi di dire, dai suoi tic, dalle sue posture si adattano perfettamente agli obiettivi della sua comunità fandom, focalizzati sulla dimensione ironica dei contenuti creati a partire dalle conferenze. Il corpo dello storico occupa lo schermo come qualsiasi altro tiktoker, che si impone per le sue “prestazioni mimiche, fatte di espressioni del volto, gesti e tono di voce” (Maiello 2022: 18).
La centralità del processo di ricreazione non indica che non sia attraente ciò che lo studioso dice, ma, come già detto, senza dubbio, per i suoi fan sono altrettanto importanti le modalità. La combinazione di questi due elementi consente alla comunità di riadattare stralci delle conferenze in nuovi discorsi, spesso connessi a specifici eventi. È il caso di “Pranzo di Natale”, un contenuto di meno di un minuto pubblicato nel dicembre 2024 sul canale I vassalli di Barbero.11 In piedi su un palcoscenico, Barbero parla degli stereotipi che accompagnano la visione che il Sud Italia ha del Nord o, viceversa, delle convinzioni che i settentrionali hanno sui meridionali. Al centro del video campeggiano due didascalie in successione: per la prima parte “Quando lo zio del sud prende parola al cenone di Natale”; per la seconda “Quando lo zio del nord prende la parola al cenone di Natale”. In origine il discorso riflette sui preconcetti socio-antropologici che costellano l’immaginario italiano, ma ciò che innesca l’esplosione comica è lo scontro tra l’enfasi con cui Barbero racconta i cliché, intensificando il tono della voce quando elenca le caratteristiche che formano gli stereotipi, e il contesto – natalizio, familiare – dove questo discorso si immagina collocato. Il contenuto entra a far parte di quell’universo di video, frasi, immagini, meme che nell’ultimo periodo dell’anno costellano il Web, ironizzando sui contrasti e sui disagi spesso frutto di tali periodiche riunioni parentali. Dalla stessa conferenza, il profilo Whitehumor combina un altro passo sulla schiavitù con la didascalia “Il mio capo”, attivando un corto circuito dai risvolti comici. Come sempre, le espressioni facciali caricate e la gestualità del professore moltiplicano l’effetto di enfasi sul discorso. In tal senso, la figura di Barbero sembra prestarsi appieno a quella disposizione alla performatività che attraversa l’ambiente mediale, più specificamente quello dei social e, ancora più marcatamente, dei social connessi alle comunità fandom. Il tratto che caratterizza l’appropriazione e la manipolazione della figura di Barbero è, senza dubbio, ludico. Tuttavia, nonostante la dimensione di gioco, talvolta i contenuti esprimono una precisa critica a fatti e scelte politiche del momento. In Scuola e lavoro, lavoro e scuola, attraverso le parole del loro “idolo”, che riflette su uno scritto di Gaetano Salvemini, I vassalli di Barbero fanno emergere quanto, negli ultimi anni, le condizioni della scuola italiana siano cambiate a causa di una concezione più pragmatica dello studio, tutta orientata all’utilitarismo, ben lontano dall’originaria idea di impegno scolastico come percorso di pura crescita intellettuale. Gli esempi di riuso delle conferenze barberiane sono innumerevoli; ciascuna “apparizione” pubblica del docente è considerata una forma di spettacolo/performance (Abercrombie e Longhurst 1998) da manipolare per costruire altre performance. Nondimeno, seppur strettamente connesso alla comunità, ciascun contenuto rivela qualcosa sul singolo creator, poiché “l’essere membro di una audience è profondamente connesso alla costruzione della persona” (Abercrombie e Longhurst 1998: 37). Quest’ultimo processo è alquanto complesso e probabilmente oscilla tra la necessaria accettazione delle regole condivise dal gruppo in cui ci si riconosce e la resistenza a esse in nome di un’interpretazione personale dell’universo che circonda il fenomeno (Abercrombie e Longhurst 1998). Su tutto domina un intento giocoso, poco celebrativo, tratto che differenzia la comunità fandom di Barbero da tante altre. Tuttavia, all’interno di questa disposizione ludica emergono direzioni precise, si definiscono significati che non hanno a che fare soltanto con il passatempo. In senso più ampio, il fenomeno Barbero, uno dei tanti esempi di trasformazione della figura del divulgatore scientifico, ci costringe ad interrogarci sui confini e sui caratteri che il sapere, in questo caso storico, offre al pubblico dei media. Se pensiamo al padre dei divulgatori scientifici in Italia, Piero Angela, al modo sobrio ed elegante con cui si presentava in televisione, e lo raffrontiamo con i meme comici di Barbero o con l’eccentrico tiktoker “professor Schettino” di La fisica che mi piace, capiamo che qualcosa deve essere accaduto nelle modalità di diffusione delle forme di conoscenza.
Che Alessandro Barbero abbia proposto una nuova immagine del divulgatore storico è una circostanza indiscutibile. Che il suo rappresenti un nuovo modello, ripetibile, di divulgazione della storia è meno certo. Il successo del professore, infatti, come abbiamo provato a raccontare in queste pagine, è il frutto dell’incontro unico di due condizioni non replicabili. Da una parte, la sua performatività originale, che scaturisce da particolari qualità personali del professore e che, come abbiamo visto, si presta perfettamente alla diffusione sui social vecchi e nuovi. D’altra parte, il ruolo dei fan, che con la loro produttività testuale, potenziata dai contesti digitali, hanno letteralmente costruito l’immagine e il successo mediale di Barbero. In altre parole, il professore ha sì creato un nuovo modo di fare divulgazione storica e una nuova rappresentazione dello storico di professione, ma si tratta di un modo e di una rappresentazione del tutto personali e non necessariamente ripetibili da altri, perché basati sulle sue particolari capacità e sul non prevedibile ruolo dei fan. La sinergia di Barbero e dei suoi “vassalli”, pertanto, più che aver creato un nuovo modello di divulgazione storica, ci indica una delle direzioni in cui stanno andando la divulgazione scientifica e, più in generale, i modi in cui oggi si diffonde la conoscenza. Gli esiti di questi processi non sono prevedibili, ma interrogarci sulle conseguenze possibili appare necessario.
Bibliografia
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Peverini, Paolo (2010). “La manipolazione filmica come consumo creativo. Soggetti, pratiche, testi.” In Open Cinema. Scenari di visione cinematografica negli anni ’10, a cura di Emiliana De Blasio e Paolo Peverini, 17–71. Roma: Frames.
Surace, Bruno e Gabriele Marino (2023) (a cura di). TikTok. Capire le dinamiche della comunicazione ipersocial. Milano: Hoepli.
Tibaldini, Marco (2019). “YouTube e la divulgazione storica. Analisi sulla comunicazione storica multimediale.” In Il presente e le sue storie, come insegnare una nuova storia generale a scuola, a cura di Ernesto Perillo, 268 e ss. Padova: Mnamon.
Toffler, Alan (1980). The Third Wave. New York: Bantam Books.
Valseriati, Enrico (2022). “Clio in cuffia. Sapere storico, podcast e sfide della divulgazione”. Itinerari di ricerca storica, 2(1): 93–95.
La definizione completa, che è una citazione di un articolo di Andrea Minuz, pubblicato sul Foglio.it il 20 maggio 2024, è consultabile al link https://www.treccani.it/vocabolario/neo-barberismo_(Neologismi) (ultimo accesso 7-01-2025).↩︎
L’indagine è stata condotta nel giugno del 2024, pertanto i risultati di ricerca in Rete si riferiscono a quella data. La raccolta dei dati ha un carattere sia quantitativo sia qualitativo. Nel dettaglio, per YouTube, Facebook e Instagram sono stati presi in esame tutti i canali YouTube monotematici, le pagine e i gruppi Facebook, i profili e gli hashtag Instagram dedicati ad Alessandro Barbero. L’analisi qualitativa è stata condotta su alcuni casi specifici ritenuti più significativi ai fini della ricerca. Per i podcast, invece, l’analisi non ha un carattere esaustivo ed è stato seguito un criterio qualitativo, poiché è stata presa in considerazione la sola piattaforma Spotify, dove è presente uno dei più noti e longevi podcast dedicati a Barbero, ovvero Il podcast di Alessandro Barbero, curato da Fabrizio Mele.↩︎
https://www.youtube.com/@vassallidibarbero (ultimo accesso 13-01-2025).↩︎
https://www.youtube.com/@alessandrobarberohistory (ultimo accesso 13-01-2025).↩︎
https://www.youtube.com/@alessandrobarberoconsottof9266 (ultimo accesso 13-01-2025).↩︎
https://www.youtube.com/@Mastoz (ultimo accesso 13-01-2025).↩︎
Per un’analisi dettagliata si rimanda a Tibaldini (2019: 268 e ss.).↩︎
Tra le pagine Facebook dedicate allo storico con più follower vi è, infatti, Alessandro Barbero noi ti siamo vassalli, che conta 55.555 iscritti (ultimo accesso 17-01-2025).↩︎
L’indagine si riferisce a dati del dicembre 2024 ed è di tipo qualitativo e campionario, non pretende, dunque, di essere esaustiva. La scelta dei prodotti analizzati tiene conto dei casi ritenuti più significativi nella restituzione dell’intreccio di immagini e significati che emergono dai discorsi che fioriscono attorno al rapporto tra la figura di Barbero e la sua comunità fandom.↩︎
https://newsroom.tiktok.com/it-it/oltre-19-milioni-di-persone-utilizzano-mensilmente-tiktok-in-italia (ultimo accesso 26-01-2025).↩︎
https://vm.tiktok.com/ZNewC3PFg/ (ultimo accesso 26-01-2025).↩︎