Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.26 (2024), 1–5
ISSN 2280-9481

Cinephemera. Materiali effimeri per lo studio del cinema italiano tra gli anni Trenta e Sessanta

Mariapia ComandUniversity of Udine (Italy)

Sara MartinUniversity of Parma (Italy)

Federico VitellaUniversity of Messina (Italy)

Ricevuto: 2024-12-05 – Pubblicato: 2024-12-19

Cinephemera. Ephemeral Materials for the Study of Italian Cinema between the 1930s and 1960s

Ringraziamenti

Questo Speciale è l’esito delle ricerche condotte nell’ambito della ricerca PRIN 2022 “Cinephemera. Materiali effimeri per lo studio del cinema italiano tra gli anni Trenta e gli anni Settanta” (P.I.: Mariapia Comand, CUP: G53D23005900006).

Si dice cartastraccia per definire qualcosa di scarso o nessun valore; questo numero di Cinergie scommette sul contrario, vale a dire sul fatto che le carte che spesso finiscono cestinate o dimenticate, possono assumere una notevole importanza per la ricerca. Da questa convinzione nasce il filone degli ephemera studies e il progetto PRIN 2022 “Cinephemera. Materiali effimeri per lo studio del cinema italiano”, di cui questo numero monografico di Cinergie. Il cinema e le altre arti rappresenta uno degli esiti.

Un primo fuoco di interesse verso gli ephemera si accende negli anni Settanta per impulso di Maurice Rickards, fondatore dell’Ephemera Society: l’esperienza da una parte evidenzia la difficoltà di catalogare i materiali “effimeri” sul piano archivistico e biblioteconomico, dall’altra ne sottolinea la rilevanza quali fonti per gli studi sociali, culturali ed economici. È in questa fase che viene prodotta la definizione ormai classica degli ephemera come “documenti frammentari e transitori della vita di ogni giorno” (Rickards 1977, 7), denominazione che viene via via associata a manoscritti (come diari, agende o scrapbbok), stampe “non editoriali” (biglietti, volantini, cartoline) e pubblicitarie (advertising ephemera), fino a includere anche le forme non cartacee della più vasta cultura materiale (oggetti commemorativi). Da subito emergono alcune questioni spinose, come l’eterogeneità dei documenti effimeri, il loro essere compresi nella dimensione della durata e nella relazione con lo spazio del quotidiano, la criticità del reperimento, l’eterogeneità dei corpora, lo status archivistico degli ephemera come difficult materials (Young 2003, 17).

Un secondo fuoco di attenzione intorno alla nozione di “ephemera” si è avuto nell’ambito dei Media Studies, osservando la proliferazione di forme caduche del panorama mediale contemporaneo; in questo caso di “ephemeral” e “short-shelf life media” (Pesce e Noto 2016, 3; Grainge 2011, 9) si è parlato per comprendere una vasta gamma di artefatti accomunati dalla loro precarietà nel tempo e dalla transitorietà nello spazio. Nel traghettare la riflessione dai materiali cartacei a quelli del contesto digitale, tale letteratura ha rinnovato il concetto di effemeralità non solo in senso tecnologico, ma come elemento connaturato alle pratiche di produzione e consumo in rete (Cubitt, Pastergiadis e McQuire 2008). Gli studi sugli ephemera contemporanei hanno in particolare preso in considerazione i materiali che accompagnano la circolazione e la promozione di prodotti audiovisivi e quelli “spontanei”, riconducibili al produsage e alle pratiche amatoriali (Aasman e Montrescu-Mayes 2019). Tale riconfigurazione della categoria di ephemera può dialogare con la più longeva tradizione di studi sulla paratestualità mediale (Gray 2010) frequentata dagli storici del cinema che a vario titolo si sono occupati di stampa popolare, pubblicità, cartellonistica e altre manifestazioni “a margine” del film (De Berti 2000). L’adozione di un approccio testuale e la propensione a qualificarli come “testi vicari” rispetto a quello audiovisivo, ha portato però in secondo piano l’importanza delle forme effimere rispetto alla ricezione del film all’interno di contesti sociali e alla loro appartenenza alle pratiche che li producono.

A evidenziare questa lacuna è un filone parallelo di riflessione sugli ephemera, riconducibile alla New Film History e alla New Cinema History: nel primo ambito la categoria dell’effimero è stata considerata alla stregua di un filone di interesse archivistico, comprensivo di materiali non-theatrical che spesso affluiscono al complesso degli orphan films, delineando una “miscellanea della storia del cinema” (Hastie 2006) dalla quale affiorano ipotesi di itinerari storiografici alternativi (Druick e Cammaer 2014). Da par loro gli esponenti della New Cinema History hanno insistito invece sull’importanza di collezionabili di produzione industriali e manufatti spontanei come elementi mediatori dell’esperienza spettatoriale e fonti per la storia sociale del moviegoing (Wickham 2010; Moore 2016).

Un primo tentativo di applicare al contesto italiano queste sollecitazioni piegandole all’analisi storica e di gender e formalizzando esplicitamente e programmaticamente il riferimento agli ephemera studies, si è avuto con lo studio circoscritto alle produzioni delle fan italiane – album di ritagli, diari, ecc. – degli anni Trenta (Comand Mariani 2019a), e con una prima riflessione su questi documenti in direzione teorica e analitica (Comand Mariani 2019b); tuttavia lo speciale dimostra il potenziale ancora pieno di questo filone di studi in molteplici sensi.

Innanzitutto, su un piano teorico e metodologico; è sufficiente scorrere i saggi che seguono, individuando in ciascuno i quadri teorici e analitici convocati, per farsi un’idea della ricchezza epistemologica dei cinephemera studies. Se più o meno tutti si riconoscono sotto l’ampio ombrello della New Cinema History (che guarda all’esperienza spettatoriale nelle sue numerose declinazioni, Biltereyst et al. 2011), ogni contributo si riferisce poi a propri ulteriori frame analitici, arricchendo così l’orizzonte euristico complessivo: dagli studi sulla cultura materiale, che inquadrano gli ephemera come oggetti della socialità quotidiana, ai fandom e gender studies, funzionali alla ricostruzione delle dinamiche di consumo e ai modi della soggettività di genere; dal life–writing, che vede nelle storie di vita fonti utili sia dal punto di vista dell’analisi delle forme sia della documentazione del passato (Ben Amos e Ben Amos 2020), alla microstoria vera e propria quale indagine sulla piccola scala, sulla dimensione della comunità quando non sulla biografia del singolo; dai cultural e production studies, miranti a illuminare i processi e le dinamiche culturali, simboliche e produttive del medium cinematografico, alle scienze documentarie (archivistica, documentazione e biblioteconomia) preposte alla loro sistemazione concettuale, conservazione e distribuzione.

A riprova dell’interesse per gli ephemera, e degli interessi che gli ephemera possono soddisfare, vanno sottolineate, ed è il secondo aspetto che vogliamo qui segnalare, le numerose direttrici di indagine che i saggi dischiudono. Se in alcuni casi infatti essi perlustrano la quotidianità del pubblico cinematografico, mentre le effimere testimonianze di cultura vissuta (Wickham 2010) ricostruiscono spaccati sociali e culturali – così i contributi di Vitella sulla fanmail di Gina Lollobrigida, e di Busetta sul diario di un’adolescente romana tra gli anni Cinquanta e Sessanta –, in altri sono messi al centro oggetti e collezionabili di fattura industriale, come nel saggio di Mariapia Comand su un album di figurine di cinema per promuovere beni di consumo o in quello di Martina Zanco sul pupazzo Lenci raffigurante Vittorio Gassman; oppure ancora è possibile, grazie agli ephemera, approfondire la genesi dell’esperienza creativa a artistica attraverso lo studio di caso proposto da Sara Martin e Stefania Babboni sulle cartoline del pittore, illustratore e cartellonista Anselmo Ballester.

In terzo luogo, dalla lettura di questo speciale ci sembra di poter dire che emerga in modo netto un variegato panorama di corpora archivistici e collezioni documentarie: dal Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC) dell’Università di Parma all’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano; dalla collezione privata Moras al fondo Domenico Meccoli della biblioteca Chiarini del Centro Sperimentale di Cinematografia; dal fondo Lenci dell’Archivio storico della città di Torino al fondo Direzione Generale Pubblica Sicurezza dell’Archivio Centrale dello Stato; dall’archivio d’impresa della società Barilla a quello di Lavazza. Riteniamo un risultato non secondario lo scavo documentale mosso dalla ricerca Cinephemera, che è stato appunto capace di far affiorare una considerevole quantità di fonti, archivi e risorse. Tra l’altro, la cartografia degli ephemera, cioè la mappatura di archivi e fonti effimeri, è un altro obiettivo primario al quale stanno specificamente lavorando gli atenei coinvolti nel progetto PRIN, e cioè l’Università di Udine (capofila), insieme a quelle di Parma e Messina, con i rispettivi gruppi di ricerca. La pubblicazione in volume di una collegiale “Enciclopedia dei cinephemera” organizzata per voci ne sarà il frutto più maturo, nello spirito dei pionieristici lavori di raccolta di Maurice Rickards (2000).

Riguardo quest’ultimo aspetto, la lettura di Lucia Antonelli sui “cinephemera” in prospettiva biblioteconomica rappresenta un irrinunciabile starting point del PRIN, sin dalla sua prima fase progettuale. Proprio perché oggetti dalla collocazione “ambigua” e “precaria”, gli ephemera sono considerati materiali documentari “di confine” (De Pasquale 2023: 31), qualificandosi specificatamente alla luce delle difficoltà di categorizzazione, organizzazione e definizione (Young 2003: 12). In questo senso, il progetto Cinepehemera sta condividendo un percorso di riflessione con alcune istituzioni archivistiche coinvolte in qualità di partner della ricerca (in primis ANAI, Associazione Nazionale Archivistica Italiana), nella convinzione che esista un rapporto diretto tra il disconoscimento del valore culturale e scientifico degli ephemera e la disfunzionalità della gestione patrimoniale.

C’è una felice ambiguità alla base di questo progetto: gli ephemera sono insieme un fine e un mezzo; attirano l’attenzione della ricerca su di loro ma al contempo la ricerca non si ferma certo a loro. Piuttosto, si vuole dare un contributo innovativo alla ricostruzione della storia del cinema italiano tra gli anni Trenta e Sessanta. in questo lasso di tempo vengono infatti attraversate diverse tappe della modernizzazione dell’industria culturale, da quella prebellica sotto l’egida fascista, passando dal primo dopoguerra fino al “periodo euforico” della fase di accesso ai consumi (Manzoli 2012, 24). Sulla scorta delle considerazioni di Gundle e Forgacs (2007) si opta per un arco cronologico che aggiri distinzioni troppo nette tra epoca totalitaria e repubblicana, privilegiando come denominatore comune la centralità del medium cinematografico rispetto ai sistemi dei media e dei consumi (Scarpellini 2008, 175-182).

Un primo elemento che ci ha permesso di definire tale centralità è quello appunto relativo ai consumi cinematografici, in fase crescente dal 1936; la frequentazione delle sale continuerà a rappresentare per tutto l’arco cronologico in questione circa la metà della spesa pro-capite dedicata agli spettacoli e agli intrattenimenti (Fanchi e Mosconi 2002).

In questo periodo i settori dell’editoria minore e del giocattolo sono i principali produttori di oggettistica “collezionabile”: gli anni compresi tra i Trenta e i Sessanta vedono la proliferazione di trade cards, errinofili, calendari e figurine (Lanzillotta 2017). Tra le due guerre si consolida la produzione di printed collectibles al servizio di campagne pubblicitarie o concorsi promozionali per conto di ditte di tabacco, cosmetica e alimentare-dolciario (Tortora 2007). L’ampia quantità di oggetti che evocano i volti e le immagini del grande schermo può essere eletta a sintomo di complesse e inesplorate dinamiche industriali imperniate sullo sfruttamento del capitale simbolico dell’immaginario cinematografico da parte di molteplici settori produttivi.

Se ci spostiamo nella prospettiva della ricezione, osserveremo anche da questa angolazione un significativo addensarsi di discorsi sul fandom cinematografico a partire dalla metà degli anni Trenta (Vitella 2015, 2016). Le corrispondenze epistolari fra i “fanatici” e le star anticipano una pratica destinata a diffondersi ulteriormente nel dopoguerra e in modo più deciso tra gli anni Cinquanta e Sessanta (Buckley 2017).

Superata ormai la scadenza formale del primo dei due anni complessivi di attività PRIN22, abbiamo pensato che la pubblicazione di un corpus strutturato di saggi, su un periodico centrale nella letteratura accademica di settore, potesse essere il modo migliore non solo per dar conto dello stato di avanzamento della ricerca, ma anche per consegnare una compiuta forma argomentativa alle evidenze riscontrate nelle tre sedi accademiche, e già parzialmente discusse in occasioni convegnistiche, seminariali e laboratoriali. Rimandiamo invece al sito ufficiale del progetto “Cinephemera. Materiali effimeri per lo studio del cinema italiano” per tutte le informazioni aggiornate relative alla composizione delle unità, al resto dei lavori in corso di espletamento, alla disseminazione della ricerca (https://www.cinephemera.it).

Bibliografia

Aasman, Susan and Montrescu-Mayes, Annamaria (2019). Amateur Media and Participatory Cultures: Film, Video, and Digital Media. New York-Londra: Routledge.

Ben-Amos, Batsheva and Dan Ben-Amos (2020). The Diary: The Epic of Everyday Life, Bloomington: Indiana University Press.

Buckley, Réka (2017). “Italian Female Stars and Their Fans in the 1950s and 1960s”. In A Companion to Italian Cinema edited by Burke Frank, 157-178. Chichester: Wiley Blackwell.

Comand, Mariapia e Mariani, Andrea (2019). Ephemera. Scrapbooks, fan mail e diari delle spettatrici nell’Italia del regime. Venezia: Marsilio.

Comand Mariapia e Mariani Andrea (2019). Effemeridi del film: Episodi di storia materiale del cinema italiano. Milano: Meltemi.

Cubitt, Sean, Papastergiadis, Nikos and McQuire, Scott (2008). “Transient Media.” In Public, 37: 76-85.

De Berti, Raffaele (2000). Dallo schermo alla carta. Romanzi, fotoromanzi, rotocalchi cinematografici: il film e i suoi paratesti. Milano: Vita e Pensiero.

De Pasquale, Andrea (2023). “Archivi e biblioteche: due destini che si uniscono.” In Gli archivi delle biblio- teche: esperienze e questioni, a cura di Concetta Damiani, Loretta De Franceschi, Pierluigi Feliciati, 23-40. Macerata: Eum.

Druick Zoe, Cammaer, Gerda (2014). Cinephemera: Archives, Ephemeral Cinema and New Screen Histories in Canada. Montreal-London: Kingston-MQUP.

Fanchi, Mariagrazia e Mosconi, Elena (2002). Spettatori, forme di consumo e pubblici del cinema in Italia. 1930-1960. Roma-Venezia: Marsilio.

Forgacs, David and Gundle, Stephen (2007). Cultura di massa e società italiana: 1936-1954. Bologna: Il Mulino.

Gray, Jonathan (2010). Show Sold Separately: Promos, Spoilers. And Other Media Paratexts. New York-London: New York University Press.

Hastie, Amelie (2006). “The Miscellany of Film History.” In Film History 18, 2: 222-230.

Lanzilotta, Giacomo (2017). L’arte in tasca. Calendarietti, réclame e grafica. 1920-1940. Modena: Franco Cosimo Panini.

Manzoli, Giacomo (2012). Da Ercole a Fantozzi: cinema popolare e società italiana dal boom economico alla neotelevisione (1958-1976). Roma: Carocci.

Moore, Paul S. (2016). “Ephemera as Medium: The Afterlife of Lost Films”. In Moving Image 16, 1: 134-139.

Scarpellini, Emanuela (2008). L’Italia dei consumi: dalla Belle Epoque al nuovo millennio. Bari-Roma: Laterza.

Tortora, M. (2006). “Modi di transitare: dai fotoalbum cinematografici agli screen captures.” In Il racconto del film. La novellizzazione dal catalogo al trailer, a cura di Alice Autelitano, Valentina Re, 293-299. Udine: Forum.

Young, Timothy G. (2003). “Evidence: Toward a library definition of ephemera.” In RBM 4, 1: 11-26.

Noto, Paolo e Pesce, Sara (2017). The Politics of Ephemeral Media. Permanence and Obsolescence in Paratexts. London: Routledge.

Rickards, Maurice (1977). This is Ephemera: Collecting Printed Throwaways. Brattleboro: Grossamer Press.

Rickards, Maurice (2000). The encyclopedia of ephemera: a guide to the fragmentary documents of everyday life for the collector, curator, and historian. Routledge: New York.

Vitella, Federico (2015). “Forbice, album e carta da lettere. Hollywood come fan magazine.” Fata Morgana, 27: 51-64.

Wickham, Phill (2010). “Scrapbooks, Soap Dishes and Screen Dreams: Ephemera, Everyday Life and Cinema History.” In New Review of Film and Television Studies 8, 3: 315-330.