1 Anatomia di due pupazzi
Il presidente dell’Ephemera Society Michael Twyman, dedicatosi lungo la sua carriera allo studio di una vasta gamma di materiali evanescenti e al quale si deve il completamento del volume Encyclopedia of Ephemera di Maurice Rickards (2000), sostiene in un suo intervento che “ogni oggetto racconta una storia, o perlomeno rivela informazioni specifiche su qualcosa” (2008: 25).
Nel sito internazionale di aste online Invaluable si trovano le immagini di due articoli inaspettati, messi in vendita da una galleria australiana specializzata in oggetti d’arte, tribali, antichità asiatiche e gioielli1: due giocattoli firmati da Vittorio Gassman. Che ragguagli possono fornire questi prodotti? Più precisamente, il mattatore e il toro ritratti (Fig. 1) sono di panno e alti una ventina di centimetri. L’animale siede sorridente; ha colore grigio con naso e piedi marroni. Gli occhietti in plastica sono vispi e le corna puntate in avanti. Incappellato da un copricapo nero con quattro batuffoli, il torero castano e dalle gote arrossate si erge in piedi anch’esso gioioso: il petto è in fuori, la spada dorata stretta in mano senza piglio di minaccia. Il vestiario è quello tradizionale del rito; la spalla sinistra è quindi coperta da un mantello rosso, dove è apposto un cartoncino argentato a forma di cuore e dove spicca la scritta: “con simpatia. Vittorio Gassman. Il Mattatore”.
Sin da una prima descrizione sommaria, si può intuire la connessione dei due bambolotti – che dal layout delle scatole apprendiamo essere prodotti dalla azienda torinese Lenci – con uno degli interpreti più noti del teatro, del cinema e della televisione nostrana. Viene inoltre richiamato il ruolo di conduttore e protagonista assoluto dell’attore nel “programma dell’anno” 1959 (Grasso 1992, 83-86) in onda nel Programma Nazionale, Il mattatore, diretto da Daniele D’Anza: uno “spettacolo misto” (tale viene definito dalla RAI per la sua unicità) articolato in dieci puntate tematiche che convogliano teatro, circo, cinema, sport, musica e letteratura attraverso il leitmotiv del torero. Il mattatore corrisponde poi anche al titolo di un successivo film diretto da Dino Risi (1960) e interpretato sempre da Vittorio Gassman, ossia una pellicola imperniata sulle vicissitudini di un istrionico truffatore che porta a termine, grazie ai suoi travestimenti, una sequela di imbrogli.
Al di là dei riferimenti appena esplicitati, che cos’altro raccontano questi due pupazzi? Possono fornire informazioni inedite e d’interesse per la storia del cinema? Essendo, ad esempio, questione di materiali complessi, connessi, oltre che all’industria dei giocattoli, anche a quella televisiva e cinematografica, danno modo di esaminare le modalità e dinamiche che portano questi settori a intrecciare la loro attività? Possono, per queste ragioni, concorrere anche all’incremento dei contributi che si interrogano sulle relazioni stabilite tra media differenti, recando una particolare (micro)testimonianza di un reticolo intermediale? Infine, i due prodotti ruotano, come si ha avuto modo di sottolineare, attorno all’immagine divistica di Gassman; si collocano verosimilmente tra i testi, immagini e discorsi che articolano la “polisemia strutturata” (Dyer 2003, 3) originatasi attorno all’attore: quale può essere di conseguenza il peso esercitato da un’effige di panno sullo statuto di Gassman-star? Questo saggio si propone di rispondere a simili domande. Per interrogarsi sul possibile valore di studio di Mattatore e Toro, si proverà, nello specifico, a esaminare questi oggetti in un’ottica industriale, a riflettere sul loro carattere intermediale nonché, in ultima istanza, a collocarli nel solco degli studi sul divismo.
2 Fenomeno Lenci
Le vicende produttive che portano alla creazione di Mattatore e Toro incominciano dalla Lenci, un’impresa italiana moderna, “di tendenza”, capace di coniugare arte e cultura popolare. L’azienda viene istituita nel 1919 da una benestante donna italo-viennese, Elena König Scavini e dal marito Enrico Scavini, un commerciante di stoffe. L’origine della denominazione proviene proprio da un gioco di parole basato sul diminutivo di Elena, che il padre chiamava durante l’infanzia “Helenchen”.
Per cercare di reagire alla depressione in cui era caduta a seguito dell’improvvisa morte della figlia, la fondatrice – appassionata costruttrice di bambole di stracci sin dalla giovinezza – ha nel dopoguerra l’idea di modellare un cappello di feltro per le proprie creazioni. Schiacciato e ammorbidito dal vapore sprigionato da una pentola, questo dà origine a una delle prime bambole in “pannolenci” che, brevettate dalla casa, costituiranno il fulcro della sua produzione: “un bel nasino, una piccolissima bocca e grandi occhi celesti… Il vestitino pure in feltro, a quadretti bianchi e rossi… Era una cosa nuova, morbida e calda” (cit. in Giorgi e Somalvico 2003: 16).2
Contraddistinta dall’acrostico “Ludus Est Nobis Constanter Industria” e grazie all’apporto di artisti (provengono per esempio dall’ambito del futurismo i modellatori delle teste delle bambole) la ditta conseguirà un enorme successo nel corso degli anni Venti, ampliando via via la propria produzione con abiti per infanti, accessori e ceramiche decorative nonché aprendosi al mercato americano ed europeo:
Si usava dire “Sei bella come una bambola Lenci”. Furono composte musiche e poesie […] e queste furono perfino utilizzate per decorare cartoline, giornalini, libri di scuola, enciclopedie e scatole. […] Le bambole venivano acquistate anche da musei all’estero e il Duce ne ordinava per donarle ai capi di paesi stranieri. La Regina Elena in persona si recò a visitare la fabbrica congratulandosi con gli Scavini (Giorgi e Somalvico 2003: 21).
La crisi del 1929 nonché la gestione economicamente poco attenta condurrà la Lenci, negli anni Trenta, sull’orlo del fallimento. A rilevare la società nel 1937 saranno il ragioniere Pilade Garella e il fratello Flavio, i quali la guideranno negli anni difficili della guerra. Nel 1942 farà il suo ingresso in azienda anche Beppe, figlio di Pilade: “partigiano combattente” particolarmente sensibile alle nuove tendenze.
Già negli anni precedenti, in realtà, la Lenci si dimostra permeabile alle mode in auge nell’ambito dell’industria culturale e in particolare del cinema. Per gli abiti, si prende talora spunto da libri di scenografi o di costumisti di teatro; i richiami sono inoltre spesso più puntuali. Nel 1926 viene per esempio avviata la produzione di un bambolotto con le sembianze di Rodolfo Valentino, ritirato dal commercio a seguito della morte dell’attore in quanto ritenuto oggetto “iellato”. Le “bambole da boudoir”, più segnatamente decorative, nascono negli stessi anni traendo ispirazione per il viso o gli atteggiamenti da ulteriori personaggi di film: Marlene Dietrich, Raquel Meller ecc. (Giorgi e Somalvico 2003: 93).
Tra le varie pionieristiche collaborazioni che interessano nel periodo successivo altri settori – la Lenci sigla per esempio un accordo con Raymond Peynet per creare piccole bambole riproducenti “Les Amoreux”, cura il merchandising per i giochi Olimpici Invernali del 1956 o produce “l’Agnesina” regalata con la raccolta punti della pasta Agnesi –, Beppe Garella porta quindi avanti anche simili connessioni. Nella metà degli anni Quaranta, l’industriale firma infatti un contratto con Walt Disney per la produzione di personaggi di ceramica, bambole ed animali in stoffa o costumi da carnevale ispirati alle pellicole di Topolino (Fantasia, 1946), Paperino e a lungometraggi come Pinocchio (1940) o Le avventure di Peter Pan (1953); Fig. 2. Degna di nota è poi la successiva acquisizione dei diritti di testimonial come Calimero e Topo Gigio negli anni Sessanta nonché, negli anni Settanta, di quelli (per giunta assai problematici) dell’uccello Scarpantibus.
3 Storia (industriale) di una corrida di panno
La documentazione che testimonia l’attuazione dell’ “operazione Mattatore”3 ossia primariamente una visita della fabbrica torinese compiuta da Gassman e dall’allora compagna Anna Maria Ferrero risale alla fine degli anni Cinquanta. Un servizio fotografico dedicato all’evento, tenutosi nell’aprile del 1959, mostra i due interpreti accompagnati dai Garella e visitare i vari reparti dell’azienda, familiarizzare con le dipendenti e soffermarsi ad ammirare i prodotti Disney o ispirati a Renato Rascel.4 Tra le mani di Gassman vi sono quindi ritratti anche un Mattatore e Toro nuovi di zecca, mostrati con soddisfazione a Ferrero e al fotoreporter (Fig. 3).5
Una missiva di Pilade Garella inviata all’attore negli stessi giorni fornisce maggiori dettagli sull’incursione della coppia: “spiacente di non aver potuto assistere alla trasmissione. Mio figlio Beppe mi ha però assicurato che essa è riuscita interessantissima e che anche la presentazione dei Mattatori ha avuto buon esito come speravamo”.6 Gassman sembra avere un ruolo di primordine nella creazione dei due oggetti ispirati al personaggio simbolo e cardine del programma televisivo. Ciò si può intuire anche dal fatto che la ditta rammenti, in un documento successivo, di avere “l’esclusiva della firma” dell’interprete e dai rendiconti inoltrati a Gassman, che prevedono il pagamento da parte dell’azienda di una percentuale sul fatturato al prezzo di fabbrica.7 Questa peculiare forma di royalty che consiste nel monetizzare il potere di marca di una star, sembra ricalcare una pratica statunitense (Gaines 1991: 157), gestita oltreoceano dai produttori e in Italia dalla star – invitando a prendere l’affermazione con cautela data l’assenza di studi specifici. L’iniziativa di merchandising autonoma è inoltre per più aspetti rassomigliante a quelle gestite dagli studios americani, responsabili, ad esempio, talora di scambiare le immagini dei divi e delle dive con forniture di oggetti di scena (Ivi: 172).
“Il mattatore” viene innanzitutto preventivamente depositato, nel marzo 1959, come marchio d’impresa per la fabbricazione di “Bambole, pupazzi in panni, ceramica, materia plastica ed altri materiali (classe 28)”: un brevetto che durerà fino al 1979.8 È prevista poi la collocazione dei due “feticci” all’interno del Mattatore televisivo secondo le politiche Lenci: “accordi scritti e condizioni”9 convenienti all’azienda e considerabili alla stregua di product placement. In uno degli sketch andati in onda nella puntata del 15 aprile, dedicata a una reinterpretazione parodica della sua carriera di attore, Gassman rammenta Cannes, furbizia e disordine: la sua prima (fittizia) prova nell’ambito della regia cinematografica che gli varrà l’ambito premio della “Grulla d’oro” come attore teatrale. Alla serata della premiazione, seduti ai tavoli del “casinò di Saint-Perdant”, cine-fotoreporter e alcuni esponenti dello star system tra cui Pietro “Microbi”, Sylva Koscina10 e Giorgia Moll. Prima di rispondere alle domande sui loro prossimi film e della consegna dei premi generale, le due attrici mostrano quindi due mattatori Lenci, in qualità di omaggio, simbolo e porta fortuna.
Saranno in seguito spediti all’attore anche ulteriori “fantocci”, tra cui due “giganti” per la trasmissione successiva: “Abbiamo pensato di preparare tutte e due le figure in luogo del solo ‘Mattatore’ appunto perché Ella possa avere più facile spunto nella trasmissione: poiché non ne produrremo altri di tali grandezze, gli stessi potranno considerarsi pezzi unici e bene figureranno nel Suo studio a Roma”.11
Comincia quindi nello stesso mese, ovvero a ridosso dalla gag, la distribuzione nei negozi.12 Mattatore è disponibile in due dimensioni, piccola e media, al prezzo all’ingrosso di lire 1800 – di lire 3100 al pubblico – e di lire 3700; Toro costa ai negozianti lire 1300 – con un costo definitivo di lire 2250 – e lire 2900 se di grandezza media. Si tratta di cifre considerevoli se si pensa, a titolo orientativo, che lo stipendio mensile di un lavoratore dell’industria varia tra le 40000 e le 90000 lire (Istituto centrale di statistica 1960: 139) non dissimili, tuttavia, da quelle riscontrabili nel campionario Disney.13
I due articoli vengono comunque venduti a un numero cospicuo di rivenditori Lenci in tutta Italia; come si può evincere dalla tabella recante i numeri di articoli distribuiti mensilmente (Fig. 5), vi è nel complesso una cospicua fornitura ad aprile – l’ultima puntata del programma viene trasmessa il giorno 22 dello stesso mese –, con duecentocinquanta-trecento portafortuna di piccolo formato (il più gettonato) e un centinaio di pupazzi medi. A maggio i dati sono però più che dimezzati. Risaliranno improvvisamente ad agosto (in particolare le bambole di ispirazione gassmaniana) per poi assestarsi nei mesi successivi.14
Mattatore | Toro | |||
---|---|---|---|---|
AR 31 | AR41 | AR32 | AR42 | |
Aprile | 252 | 110 | 297 | 110 |
Maggio | 125 | 23 | 116 | 24 |
Giugno | 57 | 21 | 87 | 19 |
Luglio | 75 | 22 | 93 | 19 |
Agosto | 211 | 48 | 60 | 14 |
Settembre | 98 | 15 | 136 | 28 |
Ottobre | 87 | 23 | 98 | 26 |
Novembre | 56 | 24 | 84 | 24 |
Dicembre | 81 | 15 | 87 | 30 |
La commercializzazione dei due articoli non sembra, come comunicato dalla Lenci a Gassman, conseguire esiti “spettacolari”:
nel nostro articolo non si può sperare di più, siamo riusciti a portare i due bei pupazzi nel miglior pubblico. […] Occorrerebbe però escogitare qualche mezzo per… rimuovere un po’ le acque, onde preparare le vendite natalizie: se, Ella dovrà venire a Torino, Le sarei grato se volesse serbarmi un po’ di tempo per un colloquio allo scopo di ragionarne di presenza.15
Tralasciando il risultato deludente e ripercorrendo dunque brevemente la trattativa delineata, sono senza dubbio tanti i punti oscuri e che riguardano per esempio la cessione alla ditta torinese del marchio, quest’ultimo impiegato di norma dalle major d’oltreoceano per rivendicare il controllo delle immagini degli attori sotto contratto. Di certo, tuttavia, vi è il fatto che Gassman riesca ad assicurarsi, con l’operazione Lenci, parte delle entrate ricavate dalla vendita dei due prodotti, favorisca e supervisioni la circolazione dell’immagine del Mattatore nella coscienza pubblica, trasmettendo “un messaggio di popolarità e riuscita commerciale” (si pensi a quanto si detto sull’azienda, storicamente capace di influenzare moda, cultura nazionale e internazionale) e, allo stesso tempo, rafforzando potenzialmente il proprio “monopolio personale” (Gaines 1991: 163). Lungi dal configurarsi come pura contabilità, anche i numeri riguardanti le vendite sono in tal senso significativi, essendo nell’insieme rapportabili a strategie concordate con l’attore e legate alle apparizioni gassmaniane, non solo in televisione ma anche nei diversi media, come si avrà modo di chiarire nel prossimo paragrafo.
4 Cotillon e tauromachie convergenti
La ricostruzione finora delineata dà probabilmente a presagire come Mattatore e Toro Lenci si collochino in un sistema ampio che non prevede esclusivamente l’avvicinamento orizzontale di industria televisiva e del giocattolo. La mediasfera del secondo dopoguerra assume, d’altra parte, un assetto mediale moderno, caratterizzato “da forme e diversi gradi di intermedialità” (Bertolotti 2019, 99).16 Nell’ambito della “multimedialità pre-elettronica” (Grasso 1992: 104) del Mattatore di D’Anza il “feticcio” viene collocato in un contesto meta-cinematografico incapsulato in uno sketch televisivo – si veda il succitato episodio, la parodia del premio la Grolla d’oro. La posizione liminare del pupazzo risulta inoltre sintomatica degli equilibri riscontrabili fuori dal programma. Il gioco si inserisce in un reticolo di media che comprende, oltre alla televisione, il teatro, il cinema e la musica: un intreccio reso coerente dallo stesso Vittorio Gassman (Bertolotti 2019: 108). I personaggi Lenci sembrano, in particolare, essere concepiti per garantire ulteriore continuità nel flusso intermediale; un articolo conservato e rimaneggiato dalla stessa Lenci è emblematico della programmaticità e dell’entità dei rapporti istituiti. La ditta attenziona infatti un servizio dedicato ai preparativi del Teatro popolare italiano: tentativo gassmaniano “di collocare l’arte teatrale su una scena viva, in dialogo con i nuovi media e con le nuove forme di espressione artistica” (Frattali 2012: 43),17 a cui l’azienda pensa in tutta evidenza di collegare lo smercio di Mattatori e Tori. Per scopi simili, all’interno del contributo viene inoltre sottolineato un passaggio dove si precisa come Gassman debba “tener fede ad un vecchio contratto per la realizzazione del film”18: Il mattatore diretto da Risi, apparentemente svincolato da quello televisivo ma in cui l’interprete si misura con varie trasformazioni.
Come anticipato, le forme espressive finora chiamate in causa dai materiali Lenci non esauriscono il quadro. Produttore del Mattatore televisivo è infatti Sergio Bernardini, imprenditore che dal 1955 gestisce “la chiesa” della musica italiana e internazionale: un prestigioso locale che nasce in Versilia, a Le Focette (sul lungomare di Marina di Pietrasanta) frequentato abitualmente da noti interpreti – Ornella Vanoni, Gino Paoli, Adriano Celentano, Mina ecc.–, da vari esponenti del parco divistico nonché da un pubblico di estrazione prevalentemente borghese.19 Una missiva del 23 giugno 1959 giunge in casa Lenci proprio da La Bussola. L’amministrazione del locale, su incarico di Bernardini, chiede informazioni per l’acquisto di alcune migliaia di “mattatori di formato piccolo” per delle feste a scadenza ravvicinata.20
Tra i vari scambi epistolari finalizzati a stabilire gli estremi della consegna, intercorrono alcuni fraintendimenti21 ma le trattative vanno comunque a buon fine. L’11 agosto vengono consegnati ai genitori e alla sorella di Bernardini 205 pezzi di Mattatori e Tori: acquisto, quest’ultimo, incentivato soprattutto dalla ditta, trattandosi di un “dono carico” nel caso di festival.22 In un trafiletto del Corriere d’informazione del 14 agosto 1959, sempre conservato presso l’archivio storico della ditta torinese, si può apprendere dunque come la sera prima a Le Focette si sia svolta una grande festa “tutta dedicata a Vittorio Gassman”. Le signore presenti vengono omaggiate con un “cotillon” del Mattatore, dono preannunciato da un annuncio pubblicitario:
Vittorio Gassman da buon mattatore non si è voluto tirare indietro nemmeno per festeggiare se stesso e, anzi, è stato addirittura l’animatore della serata. Per il pubblico che era andato ad applaudirlo […] ha riservato una primizia. Fra l’altro, infatti, ha cantato una canzone completamente sua. È intitolata ‘Amleto’ (Non è la solita canzone 1959).23
Al di là delle questioni relative agli introiti commerciali – poiché risulta innegabile il fatto che sia Lenci che Gassman ambiscano a ottenere il massimo rendimento da un fenomeno di vasta portata –, si può ipotizzare che Mattatore e Toro siano in parte confezionati per garantire, in linea con consuetudini di stampo popolare, un “imprinting”, un’immediata riconoscibilità a uno “spettacolo misto”, una “struttura a patchwork” che, fondandosi sullo sfruttamento di un epiteto personificato, sarà iterata in diversi mezzi espressivi anche sulla lunga durata: “Questa struttura […] richiama anche la fase più ‘generalista’ della commedia all’italiana, ma soprattutto il genere del film a episodi; in particolare ricordiamo I mostri di Dino Risi (1963) con i suoi venti frammenti mutuati in gran parte proprio dai pezzi di bravura del Mattatore” (Frattali 2022, 43). Tuttavia, ai passaggi in media differenti corrispondono, come nota Mariapia Comand, anche alcune “decisive metamorfosi” che stabilizzano l’immagine divistica di Gassman:
in una prima fase della carriera è prim’attore in teatro e nel contempo ‘cattivo’ al cinema; grazie a Monicelli poi […] comico in I soliti ignoti, mascherando la ieraticità del volto col trucco, la sonorità della voce tramite una goffa balbuzie. È un passo decisivo per far accettare questa trasmutazione – da antipatico a simpatico, da altero istrione a divo popolare –, che in teatro si era già compiuta con la pièce comica I tromboni (1956) di Federico Zardi, diretto da Luciano Salce. Per arrivare alla comicità nature di Il sorpasso è necessaria una svolta ulteriore, rappresentata dal programma televisivo Il mattatore (1959), che precede di pochi mesi il film omonimo, in cui Gassman propone una galleria pirotecnica di personaggi – il comiziante romagnolo, il commendatore obeso, il ciclista ottuso, il bullo di Trastevere, – che sembra anticipare I mostri. […] Eppure è proprio la televisione, l’arena plebea per eccellenza, che si rivelerà necessaria per eliminare quel tratto aristocratico dell’originario connotato divistico di Gassman, consentendogli di approdare a quella scioltezza recitativa “borghese” propria dei personaggi della commedia all’italiana (2010: 32-33).
5 Idoli di stoffa
Secondo Jacqueline Reich e Catherine O’Rawe “ogni genere di studio sulle star e sul divismo” richiede “una visita in archivio”: “non solo per vedere i film, ma anche per esplorare i numerosi materiali non-filmici che concorrono a creare la star” (2015: 56). In quest’ottica, ci si può allora provare a interrogare sul possibile ruolo di Mattatore e Toro nei processi di costruzione divistica. Un simile quesito meriterebbe, beninteso, una trattazione più estesa e che tenti ad esempio di considerare la rappresentazione dei due giocattoli nella pubblicità o in altri prodotti mediali (Keidl 2018); i dati finora raccolti consentono tuttavia di avanzare comunque alcune ipotesi.
Come si è anticipato, la tappa che va dalla fine degli anni Cinquanta ai primi del Sessanta è infatti da ritenersi una delle “zona più importanti” della carriera di Vittorio Gassman: “Il 1958, in particolare, rappresenta un anno spartiacque nel suo percorso artistico dove si verifica la”svolta fondamentale della sua vita cinematografica” (2012). Il concetto di “mattatore” introduce, cioè, “il cinico uomo comune che sarebbe apparso in molte commedie” (Reich e O’Rawe 2015: 95).24 Su una simile propagazione del personaggio può avere contribuito, quindi, anche la “messa in scena domestica”, un fattore, tra l’altro, non così anomalo se si considera l’esistenza, negli stessi anni, di un saggio-racconto sviluppato tra cronaca e fantasia da Marco Campini (Gassman su Marte, 1961). I giocattoli, infatti, “non sono mai stati semplicemente degli spinoff ‘secondari’ o casuali: hanno giocato un ruolo vitale nel, e quindi sono diventati una parte essenziale del, testo primario e del suo impareggiabile successo” (Gray cit, in Keidl 2018); “perfezionano e accentuano alcuni temi e significati dei film” (Ibidem). La manifattura gassmaniana Lenci ruota dichiaratamente attorno a un “tipo”,25 rende, in altre parole, palpabile il “formidabile attore che recita se stesso”26 e può conseguentemente essere ritenuta una sorta di condensazione concreta di quei “comportamenti e valori” (Reich e O’Rawe 2015: 42) che caratterizzeranno per sempre l’immagine divistica dell’attore. Pensando alla gamma di fabbricazioni Lenci (tra cui rientrano, si ricorda, gli oggetti ispirati ai lungometraggi Disney) e rispetto alla condanna di Gassmann a fare il “mattatore a vita”,27 le finalità che ruotano attorno alla nostalgia non vanno sottovalutate.28 Il caso gassmaniano non è inoltre isolato. Presso il fondo Lenci, si trova testimonianza di un ulteriore intervento manifatturiero legato a una figura attoriale capace di sfruttare i vari media per acquisire i favori del pubblico: Renato Rascel. Nel medesimo periodo, e a partire da accordi verosimilmente stretti con l’interprete, l’azienda produce (e deposita come marchio d’impresa)29 diversi pupazzi ispirati ai suoi lavori tra cui la bambola “Policarpo De Tappetti” (Fig. 6), basata sul personaggio protagonista del film Policarpo “ufficiale di scrittura” (Mario Soldati, 1959): un “lavoratore onesto” che vale a Rascel il David di Donatello come migliore attore e “si pone come modello per la lunga serie di figure di impiegati presenti nel cinema italiano, uomini inermi di fronte all’aggressività del mondo del lavoro” (Menarini 2004).
I rilievi di Reich e O’Rawe portano però a riflettere anche in un’altra direzione che prende piede a partire dal concetto di “mattatore”: questo rappresenta infatti per Gassman anche “un’opportunità per divulgare in modo accessibile – e ancora spettacolare – argomenti e spunti d’arte e costume” (2015: 96). In un volume che, tra l’altro, secondo Fabrizio Deriu l’interprete conosce bene (1999: 2), I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine di Roger Caillois viene proposto un numero di categorie atte a classificare l’infinita varietà di giochi esistenti. Tra questi, vi è anche il gioco che consiste “nel diventare noi stessi un personaggio illusorio e comportarci in conseguenza” (2010 [1958]: 48), una manifestazione che viene designata con il termine inglese di mimicry:
il bambino finge di essere un soldato, un moschettiere, un poliziotto, un pirata, un cow boy, un marziano. […] Ma i comportamenti che rientrano nella mimicry trascendono i limiti dell’infanzia e investono ampiamente la vita adulta. […] è evidente che la rappresentazione teatrale e l’interpretazione drammatica entrano a pieno diritto in questo gruppo (Ivi: 50).
Al pari di una “marionetta” dunque (74), Mattatore può essere inteso alla stregua di strumento della mimicry, un giocattolo che concorre a creare “forme di cultura” alle quali Caillois riconosce “un valore sia educativo che estetico” (Ivi: 109).
I rilievi del sociologo francese portano a considerare anche un aspetto aggiuntivo:
Le grandi manifestazioni sportive diventano occasioni privilegiate di mimicry se appena ci si convince che, in esse, il simulacro è trasferito dai protagonisti agli spettatori: non sono gli atleti che mimano, bensì il pubblico. Già l’identificazione con il campione costituisce di per sé una mimicry affine a quella per cui il lettore si riconosce nell’eroe del romanzo, lo spettatore nel protagonista del film. […] Le vedette […] sono i vincitori di una competizione più diffusa la cui posta è il favore popolare (Ivi: 51).
In altri termini, giungiamo alle dinamiche moriniane fondamentali del divismo30 nonché a intendere Mattatore Lenci in qualità di strumento potenzialmente in grado di favorire l’identificazione del pubblico. Nella metà degli anni Sessanta l’attrice britannica Margareth Lee – interprete di film comici e storici – commissiona la fabbricazione di statuette in plastica che riproducono la sua figura da inviare al posto delle cinecartoline agli ammiratori (Souvenirs di Margaret 1965: 2). Una simile interscambiabilità con l’oggetto di venerazione e di erotismo spettatoriale per eccellenza (Vitella 2016) non stupisce. Se si sposano i rilievi di Fulvia Gicca Palli materiali simili31 rappresentano infatti un’alternativa “fisica” a cui lo spettatore può potenzialmente unirsi con i “vincoli inestricabili della proiezione e dell’identificazione” (1990: 92-93):
il rapporto attore-pubblico non è soltanto, come si crede, di natura intellettuale. È un rapporto molto più complesso, che innesca fatalmente anche meccanismi di carattere fisico. La tensione e la successiva liberazione di cui parli sono qualcosa di analogo, in certo senso, al gonfiamento e allo sgonfiamento del palloncino, vescica, di cui parla Wilhelm Reich, proponendola come immagine empirica fondamentale della sua teoria dell’orgasmo (Gassman cit. in Deriu 1999: 21).
In merito, quindi, al portato della “dimensione di oggetto sessuale” (Gicca Palli 1990: 118) di un cotillon esclusivamente donato al pubblico femminile della Bussola è senz’altro significativo anche quanto scrive Campini nel suo racconto:
ciascuna delle ragazze di Suor Veronica tirava fuori di tasca, furtivamente, una foto, che subito riponeva. Per ritirarla fuori subito dopo. Quella sera, sedute su cinquanta lettini di educande, cinquanta boccucce posavano sussurranti bacini sulla foto di Gassman, una fotografia pubblicitaria con dedica a stampa, scattata mentre, vestito da Messo, anzi svestito da Messo, Gassman urla alla inorridita regina d’un esercito fatto a pezzi come una secchiata di gamberi da lesso. Le cinquanta vergini s’addormentarono. E sognarono il seminudo Gassman in pressione, bello come un omerico iddio, che modulava il più straziato dei canti: lo modulava a loro, a ciascuna di loro: poiché ciascuna sognava d’essere una regina in trono e d’ascoltare quel messaggero meraviglioso: impolverato, lacero, insanguinato, assetato: ma dalla pelle abbronzata, dai muscoli sviluppatissimi come un “Mister”, maschio come la taurinità: belluino come un gladiatore, genuino e ignudo e sanguigno come Tarzan: dagli atteggiamenti di un grande torero in corrida (1961, 66).
In ultima istanza, tuttavia, e tornando al pupazzo televisivo lasciato disamine tra i tavoli del casinò di Saint Perdant nonché all’interno del milieu cinematografico, si può allo stesso tempo avanzare l’idea che “il mattatore” Lenci assuma anche un ruolo di oggetto di scena rivelatore e programmatico della natura del processo in corso, del “cambiamento di registro” che lo porta “da attore tragico e drammatico” e dalla “ingessata e impacciata figura di cinico e cattivo ad attore cinematograficamente plasmabile, anche sull’impervio terreno del comico” (Frattali 2012: 36):
Credo che la cosa principale di un attore cinematografico sia il saper diventare oggetto, un oggetto vivente. Forse perché il cinema abitua a un certo rispetto dei ruoli, quest’idea è più tipica degli attori che vengono dal teatro. In cinema, non c’è dubbio, senza diventare del tutto atoni, bisogna però acquistare una certa passività. L’attore che vuol farsi vedere dalla macchina da presa finisce con lo scomparire (Ivi: 27).
6 E il cinema?
Rispetto a quanto finora delineato su Mattatore e Toro Lenci, proviamo dunque a tirare le fila del discorso e a fornire alcune risposte ai quesiti iniziali. Il carattere prismatico dei due oggetti Lenci, alla luce della disamina effettuata, dovrebbe risultare piuttosto palese. È forse opportuno, tuttavia, marcare maggiormente quanto i due pupazzi hanno permesso di illuminare sul cinema nonché riflettere sul loro eventuale valore di studio. In un’ottica industriale, si può dire, innanzitutto, che i due articoli diano modo di mettere a fuoco un tassello inedito delle pratiche svolte negli anni Sessanta tra film e contesto nostrano (Wickham 2010: 320). La documentazione Lenci non ha infatti solo dato prova della prolificità degli archivi d’impresa – raramente esplorati per le ricerche sviluppate in ambito Film Studies – ma ha anche dato modo di riflettere sulla brandizzazione del connotato divistico di uno dei futuri colonnelli del cinema italiano degli anni Sessanta. Gli indizi raccolti portano in particolare a constatare come Vittorio Gassman operi in maniera autonoma per concretizzare e commercializzare l’immagine di un concetto-leitmotiv legato a un programma televisivo, guadagnando un controllo sul “capitale” che potenzialmente aumenta il suo potere economico e lo pone in competizione con i produttori, non solo televisivi.
Come specificato sin dai flani che accompagnano l’uscita del film, Il mattatore, certo, “non ricalca la rubrica” (Le trasformazioni di Gassman 1959: 2) andata in onda nel Programma Nazionale e che si è visto essere all’origine ai due giocattoli investigati. La pellicola, e verosimilmente alcune commedie successive come I mostri (Dino Risi, 1963), sembrano ciononostante trovarsi coinvolti di riflesso in una forma remota di franchise transmediale, intessuto, in maniera decisamente pionieristica, con il concorso stesso di Vittorio Gassman. Si può conseguentemente essere dell’idea che i materiali analoghi a Mattatore e Toro fungano anche da “spie mediatiche”, indicativi di particolari tendenze e relazioni che interessano la mediasfera (Bainbridge 2010: 829). Indagati in profondità attraverso le carte d’archivio, i due pupazzi esaminati consentono infatti di guardare a un sistema complesso da una peculiare (micro) angolatura, di ampliarne il portato e di porre in luce equilibri inconsueti. Sotto un profilo più segnatamente transmediale, “la coerenza e la consistenza narrative, centrali in un approccio mondocentrico come quello di Jenkins” passano cioè nel caso Lenci “in secondo piano”: “la problematica centrale diventa quella della riconoscibilità del carattere e della sua identità, che deve essere preservata nonostante le caratteristiche del personaggio non siano univocamente definite nel passaggio da un testo all’altro e da un medium all’altro” (Bertetti 2019: 56). Corredando una struttura iterata nelle diverse forme espressive tra cui il cinema, Mattatore Lenci assicura un agevole discernimento di un protagonista la cui identità consiste fondamentalmente nella “pura rappresentazione” (Comand 2010: 9). Il caso non è per giunta isolato – si pensi agli altri colonnelli della commedia all’italiana e alle loro “esperienze professionali che attraversano diversi ambiti mediali” (Ivi: 32) e occorrerebbe interrogarsi anche sull’esistenza e sul valore di eventuali ulteriori prodotti ancillari legati a star del periodo.32
Infine, inquadrati in un’ottica divistica, gli articoli Lenci restituiscono una maggiore complessità ai processi che assicurano un successo longevo al “mattatore di professione”. Le diverse tipologie del torero, in particolare, si configurano nei termini di possibile strumento “di tipizzazione”, di indiretta divulgazione, di identificazione, di erotismo nonché di fantoccio programmatico e rivelatore.
Circa la distribuzione “nel miglior pubblico” – dato che la Lenci, ricorda opportunamente Vincenzo Capuano, è sin dagli anni Venti destinata “a interpretare il gusto raffinato della borghesia” (2020: 67) – qualsiasi conclusione sarebbe invece al momento affrettata. Eppure, un po’ come il busto di Gassman eretto a Bosco Burbanzòlo, la manifattura di un articolo elitario risulta, forse, in ultima istanza anche in grado di mettere tutti i sostenitori dell’interprete d’accordo. Nel romanzo di Campini, infatti, Donna Mafalda (una delle finzionali esponenti del “Gassman fan-club” cattolico contrapposto all’analogo gruppo istituito dai tifosi dell’attore di sinistra) rimane “scandalizzatissima” rispetto al Mattatore televisivo: un attore “sceso dalle altezze nivee e dorate della grande tragedia antica, fino alle bassezze della farsa più plebea, piazzesca, deteriore, infamante”, (Campini 1961, 87-88) ma pur sempre scortato da due pupazzi di feltro.
Bibliografia
Bainbridge, Jason (2010). “Fully Articulated: The Rise of the Action Figure and the Changing Face of ‘Children’s’ Entertainment”. Continuum: Journal of Media & Cultural Studies 24 (6): 829-842. https://doi.org/10.1080/10304312.2010.510592 (ultimo accesso: 18-07-24).
Bassignana, Pier Luigi e Luciana Manzo (2010) (a cura di). Bambole e non solo… Lenci: una storia torinese. Torino: Città di Torino-Archivio storico.
Bertetti, Paolo (2019). “Transmedia Storytelling: archeologia, mondi, personaggi” DigitCult. Scientific Journal on Digital Cultures 4(1): 47-58.
Bertolotti, Agnese (2019). “Gassman transmediale: Il Mattatore del miracolo tra teatro, cinema e tv”. Mediascapes journal 13: 99-109.
Brown, Brian “Box” (2023). L’effetto HE-MAN. Come I produttori americani di giocattoli ti vendono i ricordi della tua infanzia. Milano: Bao Publishing.
Caillois, Roger (2010 [1958]). I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine. Milano: Bompiani.
Campini, Marco (1961). Gassman su Marte. Treviso: Tipografia Longo e Zoppelli.
Capuano, Vincenzo (2020). Giocattologia. Storia e teoria critica del giocattolo e del giocare. Milano: Mursia.
Carpiceci, Stefania et al. (1999) (a cura di). Vittorio Gassman. Roma: Mostra internazionale del nuovo cinema.
Coleman, Dorothy S. (1977). Lenci Dolls: Fabulous Figures of Felt. Riverdale: Hobby House Press.
Colombo, Fausto. La cultura sottile. Media e industria culturale in Italia dall’Ottocento agli anni Novanta. Milano: Bompiani.
Comand, Mariapia (2010). Commedia all’italiana. Milano: Il Castoro.
Deriu, Fabrizio (1999). Vittorio Gassman. L’ultimo mattatore. Venezia: Marsilio.
Dyer, Richard (2003 [1979]. Star. Torino: Kaplan.
Frattali, Arianna (2012). “I ‘trasformismi’ di Gassman fino al Teatro Popolare Italiano. Analizzare un’esperienza teatrale fra scena e schermo”. In Ead, Testo e performance dal Settecento al Duemila. Esempi di scrittura critica sulla teatralità, 35-42. Milano: EDUCatt.
Frattali, Arianna (2017). “Rivisitare i classici in cinema-scope. Il Teatro Popolare Italiano di Vittorio Gassman”. Il castello di elsinore 75: 69-80.
Frattali, Arianna (2022). Vittorio Gassman attore multimediale. Imola: Cue Press.
Gaines, Jane M. (1991). Contested Culture. The Image, the Voice, and the Law, Chapel Hill: The University of North Carolina Press.
Gambetti, Giacomo (1982). Vittorio Gassman. Roma: Gremese.
Gargiulo, Maria Grazia (2008). I racconti della Lenci. Napoli: Fioranna.
Gassman, Vittorio (1982 [1981]). Un grande avvenire dietro le spalle. Milano: Longanesi.
Grasso, Aldo (1992). Storia della televisione italiana. Milano: Garzanti.
Gicca Palli, Fulvia (1990). La bambola. Storia di un simbolo dall’idolo al balocco. Firenze: Convivio-Nardini Editore.
Giorgi, Michela e Henrietta Somalvico (1999). Bambole. Conoscerle e collezionarle. I marchi e le valutazioni. Rimini: Idea Libri.
Giorgi, Michela e Henrietta Somalvico (2003). Le bambole Lenci. Le bambole di stoffa italiane. Santarcangelo di Romagna: Idea Libri.
Hastie, Amelie (2006). “The Miscellany of Film History”. Film History 2: 222-230.
Le bambole antiche 1998. Milano: Fratelli Melita Editori.
“In mostra ‘Divismo, Spettacolo e Cultura’ La Bussola di Bernardini si racconta” (2024). La Nazione 22 aprile.
Istituto centrale di statistica (1960). Annuario di statistiche del lavoro 1959. Roma: Stabilimento tipografico Fausto Failli.
Keidl, Philipp Dominik (2018). “Between Textuality and Materiality: Fandom and the Mediation of Action Figures”. Film Criticism 42 (2): https://quod.lib.umich.edu/f/fc/13761232.0042.207/--between-textuality-and-materiality-fandom-and-the-mediation?rgn=main;view=fulltext#N9 (ultimo accesso: 18-07-24).
Lazenby, Nancy (2007). Lenci: the History and the Dolls. Cumberland: Reverie Pub. Co.
“Le trasformazioni di Gassman” (1959). Cinespettacolo 11: 2.
McDonald, Paul (2020). Hollywood stardom: il commercio simbolico della fama nel cinema hollywoodiano. Imola: Cue Press.
Menarini, Roy (2004). “Rascel, Renato”. In Enciclopedia del Cinema. IV. Ci-Gh, 572-573. Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana.
Mosconi, Elena (2024). Ugo Tognazzi. Fenomenologia di un “mostro” della commedia all’italiana. Bologna: il Mulino.
Raine, Henry (2008). “From Her to Ephemerality: Fugitive Sources in Libraries, Archives, and Museums: The 48th Annual RBMS Preconference”. RBM. A Journal of Rare Books, Manuscripts, and Cultural Heritage 9 (1): 14-18.
Reich, Jacqueline e Catherine O’Rawe (2015). Divi. La mascolinità nel cinema italiano. Roma: Donizzelli editore.
Rickards, Maurice (2000). The Encyclopedia of Ephemera: a Guide to the Fragmentary Documents of Everyday Life for the Collector, Curator, and Historian. Routledge: New York.
Solomon, Jon (2008). “Fugitive Sources, Ben-Hur, and the Popular Art ‘Property’. RBM. A Journal of Rare Books, Manuscripts, and Cultural Heritage 9 (1): 67-78.
“Souvenirs di Margaret” (1965). ABC 23 maggio: 2.
Twyman, Michael (2008). “The Long-Term Significance of Printed Ephemera”. RBM. A Journal of Rare Books, Manuscripts, and Cultural Heritage 9 (1): 19-57.
Vitella, Federico (2016). “‘Mia carissima Alida’. Le lettere degli ammiratori nell’Italia mussoliniana”. Bianco&Nero 586: 96-114.
Wickham, Phil (2010). “Scrapbooks, Soap Dishes and Screen Dreams: Ephemera, Everyday Life and Cinema History”. New Review of Film and Television Studies 8 (3): 315-330.
https://www.invaluable.com/auction-lot/lenci-il-mattatore-felt-dolls-scarce-c-1959-comic-67-c-bd0447b846 (ultimo accesso: 15-07-24). Circa la raccolta di dati in siti di vendite e aste online si veda Solomon 2008. In quanto alla descrizione degli ephemera, si segnala inoltre che la FIAF ha recentemente rilasciato le linee guida per gestire la catalogazione dei film related materials, tra cui le bambole, cfr. https://fiaf.github.io/film-related-materials/objects/ (ultimo accesso: 19-07-24).↩︎
Per quanto concerne le peculiarità dei prodotti Lenci si vedano Coleman 1977, Le bambole antiche 1998, Giorgi e Somalvico 1999, Lazenby 2007, Gargiulo 2008, Bassignana e Manzo 2010 e La Lenci di Beppe Garella, http://www.avventuralenci.it/avventura_Lenci/LA_LENCI_DI_BEPPE_GARELLA.html (ultimo accesso: 15-07-24). In merito alla storia della bambola cfr. inoltre Gicca Palli 1990.↩︎
Per la ricostruzione del caso ci si baserà sui materiali consultati presso l’Archivio Storico Lenci (1920-2004) conservato dall’Archivio Storico della Città di Torino. Urge segnalare che i documenti riguardanti gli articoli d’interesse sono stati per la maggior parte rinvenuti tra la corrispondenza varia.↩︎
Torino, Archivio Storico della Città di Torino, Lenci Spa, D909. Si segnala che da qui in avanti per richiamarsi all’archivio si impiegherà l’abbreviazione “ASCT”.↩︎
Ibidem.↩︎
Ivi, lettera del 17 aprile 1959.↩︎
Il contratto siglato da Gassman si direbbe essere analogo a quello siglato da Angelo Laghi e Widmer Laghi per la fabbricazione, distribuzione e vendita della riproduzione di Scarpantibus. Cfr. Ivi, D397, convenzione del 20 marzo 1972. A titolo orientativo si specifica che il primo pagamento trimestrale versato all’attore ammonta a lire 166.926 per il periodo compreso tra aprile e giugno, cfr. Ivi, D592, lettera del 3 agosto 1959.↩︎
Ivi, D184, deposito marchio d’impresa “Il mattatore” (Verb. No. 3007 del 25 marzo 1959). Attualmente non si è trovato, presso il fondo, alcun documento di proroga.↩︎
Nel 1955 alla richiesta di un produttore privato che chiede l’autorizzazione a riprendere gli esemplari Lenci per un cortometraggio imperniato sul mondo delle bambole, la presidenza specifica invero un simile orientamento. Cfr. Ivi, raccomandata del 18 gennaio 1955.↩︎
Koscina rivestirà, tra l’altro, una posizione mediatica liminare anche un anno dopo, nel film di Luigi Zampa Il vigile (1960). Cfr. Bertolotti 2019: 102.↩︎
Ivi, D 909, 17 aprile 1959.↩︎
Le vendite ai negozi cominciano, stando al registro contabile, il 13 aprile. Cfr. Ivi, D393.↩︎
Cfr. Ivi, D751.↩︎
Ibidem. I negozi Lenci di Milano e Roma vendono tra aprile e giugno 59 Mattatori piccoli, 13 medi, 102 Tori piccoli e 21 medi. Tra luglio e settembre i dati diminuiscono della metà. Notevole è l’incremento tra ottobre e soprattutto dicembre (in particolare il numero di Tori portafortuna). Non si sono purtroppo individuati, presso l’Archivio Storico Lenci Spa, i registri contabili dell’anno successivo.↩︎
Ivi, D592, lettera del 3 agosto 1959.↩︎
Per un inquadramento generale dell’argomento si veda inoltre Colombo 1998.↩︎
In merito al TPI di Vittorio Gassman cfr. Frattali 2017.↩︎
Cfr. ASCT, Lenci Spa, D393, articolo Gassman con trenta attori prepara il teatro ambulante del 27 ottobre 1959.↩︎
Su Sergio Bernardini e la sua attività si veda in particolare il documentario La Bussola. Il collezionista di Stelle (Andrea Soldani, 2023). Si deve verosimilmente sempre a Gassman anche l’idea di ambientare presso il locale una sequenza del film La congiuntura (Ettore Scola, 1964). Cfr. In mostra “Divismo, Spettacolo e Cultura” La Bussola di Bernardini si racconta 2024.↩︎
ASCT, Lenci Spa, D592, lettera del 23 giugno 1959.↩︎
“Mi è stato riferito che se non avessimo potuto fornire noi, Vi sareste rivolti a Firenze. Probabilmente si tratta di un equivoco […] nessuno può produrre o smerciare tipi come i nostri o simili, da noi creati e depositati”, specifica il direttore delle vendite Lenci. Ciononostante, se a seguito di uno sconto – i costi saranno “al nettissimo” e verranno cioè ridotte le competenze spettanti a Gassman – si giunge a un accordo. Vengono preventivati i seguenti prezzi: lire 1523 per il mattatore piccolo, lire 3130 per quello grande; lire 1100 per il toro piccolo e lire 2454 per la versione di dimensioni maggiori. Cfr. Ivi, lettera dell’11 agosto 1959.↩︎
Ivi, 25 giugno 1959. Alla Bussola giungono 133 Mattatori piccoli, 41 grandi, 26 Tori piccoli e 5 Tori grandi, un quantitativo che tra l’altro risponde solo in parte alle richieste avanzate dal locale. La Lenci richiederà inoltre se il locale necessiti di ulteriore merce a seguito della “ottima riuscita della manifestazione”. Cfr. Ivi, D592, 19 agosto 1959.↩︎
Il ritaglio è conservato nell’Archivio Storico Lenci. Cfr. Ivi, D 909.↩︎
Su Vittorio Gassman, oltre a quanto finora menzionato, si vedano Gambetti 1982 e Carpiceci et al. 1999.↩︎
L’espressione è infatti impiegata per descrivere Mattatore e Toro nelle missive provenienti dalla Lenci. Cfr. ASCT, Lenci Spa, D592, 25 giugno 1959 e 18 agosto 1959.↩︎
Appellandosi al primo accostamento dell’epiteto “mattatore” alla recitazione di Gassman proposto dal critico Silvio D’Amico (cit. in Bertolotti 2019: 107).↩︎
Come profetizzato nell’ultima puntata della trasmissione.↩︎
Suggestivo è infatti il legame del concetto al licensing di Topolino proposta da Brian “Box” Brown. Secondo l’autore la Disney riesce nello specifico, tramite questi oggetti, a legare le esperienze emotive che costruiscono la nostra identità alle forme di intrattenimento: un’essenza dell’infanzia che viene trasmessa intergenerazionalmente (2023: 33-49).↩︎
Cfr. ASCT, Lenci Spa, D184, deposito marchio d’impresa “Policarpo” (Verb. No. 3066 del 7 aprile 1959) e “Policarpo De Tappetti” (Verb. No. 3082 del 11 aprile 1959).↩︎
In quanto alle teorizzazioni più celebri sul divismo si veda inoltre Dyer 2003; si veda inoltre sull’argomento anche il più recente lavoro di McDonald 2020.↩︎
“Rientra nella categoria della”bambola burattino e pupazzo” ossia delle “rappresentazioni realistiche della figura umana individualizzata dal volto e dell’espressione” un vasto numero di giocattoli antropomorfi: soldatini, cow-boy, indiani, robot, piccoli mostri, personaggi della fantascienza. Cfr. Gicca Palli 1990: 91.↩︎
In quanto al reticolo intermediale che interessa Ugo Tognazzi si rimanda per esempio a Mosconi 2024.↩︎