Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.24 (2023), 169–171
ISSN 2280-9481

Storie di robot, media e ambienti. Lorenzo Denicolai (a cura di), Robotmedium. Dispositivi, intelligenze, cinema, Meltemi, Milano 2022

Elio UgentiRoma Tre University (Italy)

Pubblicato: 2023-12-20

Troppo semplice – e ben poco proficuo nell’ottica di una riflessione pienamente scientifica – sarebbe interrogarsi sulla presenza delle tecnologie robotiche e sul ruolo assunto dalle varie forme di intelligenza artificiale nella nostra epoca storica (e nella nostra quotidianità) seguendo la logica binaria che si struttura lungo il canonico asse “apocalittici/integrati”. Ben più complesso e utile risulta, invece, cercare di strutturare delle riflessioni più sfumate intorno a tematiche notevolmente complesse, per guardare ad esse mediante l’intreccio di punti di vista eterogenei riconducibili ad aree di ricerca e posture metodologiche molteplici, col fine di cogliere le specifiche modalità in cui le tecnologie contemporanee operano nell’ambito delle relazioni che intrattengono con i soggetti umani e con l’ambiente.

Lungo questa seconda strada sceglie di muoversi Lorenzo Denicolai, curatore del volume Robotmedium. Dispositivi, intelligenze, cinema, che dissemina nell’ampio saggio introduttivo del libro alcune fondamentali domande di ricerca che vengono raccolte e approfondite nei nove successivi contributi a firma di studiosi e studiose che provengono da aree di ricerca differenti. Ciascuno di loro si avvale di specifici strumenti teorici per alimentare una polifonica – ma organica – riflessione che spazia dagli studi sul cinema, sulla televisione e sui media digitali fino all’estetica, alla filosofia dei media, alla sociologia e alle scienze della mente.

L’idea alla base del volume è quella di interpretare il robot come un co-agente che, in quanto tale, assume un ruolo attivo nella configurazione di forme esperienziali nell’ambito delle quali si fa mediatore tra il soggetto umano e il suo ambiente di riferimento. La tecnologia robotica compartecipa a una serie di processi che con sempre maggiore difficoltà possono essere collocati in maniera esclusiva nell’ambito della “realtà” o nell’ambito della “medialità”, stando a una condizione d’esistenza che appare sempre più postmediale (Eugeni, 2015) – caratterizzata cioè da un processo di costante de-individuazione dei dispositivi mediali, i quali tendono a fondersi e confondersi con il nostro corpo e con i nostri ambienti – e conseguentemente mediantropica (Denicolai, 2018), vale a dire caratterizzata da una sempre maggiore indiscernibilità del confine tra umano e mediale in termini di agency.

A partire da queste considerazioni generali che circoscrivono un preciso – per quanto ampio – terreno d’azione del volume da lui curato, Denicolai nel suo saggio mira a interpretare il robot come dispositivo, e lo fa recuperando la tripartizione proposta da Ruggero Eugeni (2021) volta a individuare tre diverse modalità operative del dispositivo in relazione all’uomo: il dispositivo tecnologico, il dispositivo situazionale e il dispositivo epistemico. Nel primo caso il robot assume la funzione di un device che (strumentalmente) supporta l’azione dell’uomo svolgendo per lui un compito nell’ambiente; nel secondo caso stabilisce con l’uomo una forma di interazione diretta che può coinvolgere, in taluni casi, anche forme di emotività; infine, il terzo caso, quello del robotmedium epistemico, ci pone di fronte a un processo di co-determinazione di agenti umani e tecnologici (Grusin, 2017), in un rapporto che possiamo definire di co-individuazione (Simondon, 2020): le parti in gioco (l’umano e il macchinico) si definiscono a partire dalla relazione (inter)attiva che stabiliscono nel processo di mediazione.

Appare evidente, dalla lettura degli articoli raccolti nel libro, come alcune tecnologie robotiche siano difficilmente ascrivibili in modo rigido a una sola di queste categorie, dal momento che forme di relazione differenti (e dunque differenti disposizioni) possono derivare dall’uso specifico che della tecnologia si fa in un determinato contesto/ambiente di riferimento.

È questo il motivo per cui la processualità mediale è tenuta in ampia considerazione in tutti i contributi, all’interno dei quali più che definire un’ontologia del robotmedium si cerca di comprendere il modo in cui questa entità è ed è stata capace di incidere sul piano culturale ed esperienziale.

Nei primi tre articoli a firma di Ruggero Eugeni, Francesco Parisi e Matthew Crippen ci si muove in un terreno interdisciplinare all’interno del quale entrano in relazione tra loro le teorie dei media, le scienze della mente e l’archeologia cognitiva con il fine di indagare come il rapporto tra uomo e tecnologie sia fondato su un processo di azione e retroazione: Eugeni risale addirittura alle origini dei media – in un arco temporale che va dai 400.000 ai 300.000 anni fa – rinvenendo una “pulsione robotica” nelle primissime forme di narrazione in cui era implicato il genere homo; Parisi e Crippen interrogano da punti di vista differenti le pratiche di machine learning e problematizzano – il primo – la necessità di un approccio teorico integrato tra funzionalismo e cibernetica, e – il secondo – alcuni limiti delle forme di intelligenza artificiale relativi, per esempio, al riconoscimento di precise emozioni umane tramite il rilevamento di espressioni facciali.

Verso un’indagine segnata da un approccio post-antropocentrico si indirizzano – pur nella differenza sostanziale dei casi di studio analizzati – gli articoli di Diego Cavallotti, Maria Teresa Soldani e Mario Tirino. Cavallotti adotta una prospettiva mediarcheologica per evidenziare come l’automazione di alcuni processi relativi alla ripresa mediante tecnologia video in epoca pre-digitale abbia ridefinito la relazione tra corpo, spazio e ambiente, generando forme di oggettivizzazione dell’uomo e di soggettivazione della macchina; Soldani, mediante il riferimento a un’ampia gamma di sperimentazioni di alcune artiste contemporanee, indaga le possibilità espressive del medium robotico nella configurazione di complesse relazioni uomo-macchina determinanti per la realizzazione di performance visuali, sonore e intermediali; Tirino propone uno stimolante parallelo tra la condizione dell’animale e quella del robot come forme di alterità subalterna rispetto all’umano per analizzare in seguito alcuni processi di mediazione robotica nel campo della zootecnica.

Giacomo Nencioni, Nicolas Bilchi e Anna Bisogno si soffermano invece sull’analisi di alcune forme di rappresentazione audiovisiva dei robot, spaziando dal cinema alla serialità e all’intrattenimento televisivo. Nencioni, in particolare, rintraccia in alcuni film e in alcune serie televisive il racconto di un desiderio mimetico nella relazione uomo-robot che parrebbe essere circolare se non per sino speculare tra le due entità in gioco; Bilchi indaga l’universo dei mecha per riflettere sui modi in cui si è tentato di narrativizzare l’uso delle tecnologie robotiche in ambito bellico nei manga e negli anime giapponesi; Bisogno, infine, riparte proprio dal contesto giapponese (in particolare da Ufo Robot Goldrake) per indagare la presenza di un immaginario robotico nella televisione italiana tra gli anni ottanta e novanta, estendendo la propria riflessione oltre il contesto dell’animazione per abbracciare la serialità americana e alcune trasmissioni nostrane come Portobello e I cervelloni.

Leggendo questo volume non ho potuto fare a meno di tornare più volte con la mente alle parole di Alfred Gell, che nel suo seminale libro sull’antropologia dell’arte scrive che “‘l’altro’ più prossimo in una relazione sociale non deve necessariamente essere un essere umano” e aggiunge anche che “l’agency sociale si può esercitare in rapporto a cose e può essere esercitata da cose” (Gell 2021, p. 27). Gell si riferisce, evidentemente, a una forma di relazionalità – unidirezionale o biunivoca – tra il soggetto umano e l’artefatto; ed è questa – in fondo– l’idea che con forza e precisione emerge da ciascuno dei saggi raccolti nel volume curato da Denicolai, all’interno dei quali la questione dell’agency umana/robotica è colta attraverso lo studio approfondito di casi che trovano nella loro eterogeneità un valore fondamentale per la comprensione dei processi posti sotto osservazione.

Bibliografia

Denicolai L. (2018). Mediantropi. Introduzione alla quotidianità dell’uomo tecnologico. Milano: Franco Angeli.

Eugeni R. (2015). La condizione postmediale. Media, linguaggi e narrazioni. Brescia: Editrice La Scuola.

Eugeni R. (2021). Capitale algoritmico. Cinque dispositivi postmediali (più uno). Brescia: Scholé.

Gell A. (2021). Arte e agency. Una teoria antropologica [1998]. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Grusin R. (2017). Radical mediation. Cinema, estetica e tecnologie digitali. Cosenza: Pellegrini.

Simondon G. (2020). L’individuazione. Alla luce delle nozioni di forma e d’informazione. Milano: Mimesis.