Quella tra cinema e turismo è una relazione multiforme e sfaccettata tra due sistemi in superficie distinti, ma in fondo porosi. Entrambi, infatti, maneggiano tanto la materia del reale quanto quella dell’immaginario: il film trasforma l’immagine geograficamente reale di un luogo, un territorio, un paesaggio, o uno scorcio, in un campo di tensioni poetiche e narrative; la meta turistica, dal canto suo, materializza i territori dell’immaginario del visitatore rendendoli accessibili.
La loro relazione allora non riguarda unicamente la mera coincidenza tra location cinematografica e destinazione turistica; piuttosto delinea un fenomeno elaborato, in cui i piani simbolici e le esigenze realizzative e produttive del set filmico si intrecciano con le capacità degli enti turistici di costruire un’identità visiva dei luoghi, sfruttando e riorganizzando la presenza del cinema nel proprio territorio. Ed è all’interno di questo quadro articolato, in cui gli aspetti della produzione cinematografica passano sotto le lenti di diversi approcci (geografia, economia, sociologia dei consumi, legislazione, ecc.) che si posiziona lo studio di Andrea Lolli. Partendo dalla nozione di “cineturismo”, Lolli avvia un’indagine puntuale e approfondita del sistema produttivo legato alle location, delle strategie relative alla promozione territoriale del set e del ruolo di mediazione delle Film Commission, comparando alcune buone pratiche internazionali (Harry Potter, Il signore degli anelli, ecc.) con diversi casi di studio italiani (Montalbano, La passione di Cristo, Elisa di Rivombrosa, ecc.); tracciando dunque un quadro generale e altresì nazionale del fenomeno.
Il volume è suddiviso in tre parti: Cineturismo, Film Commission e Public Funding (quest’ultima scaricabile in versione digitale dal sito dell’editore). Nella prima parte si prova a offrire una ricognizione generale del cineturismo delineandone i contorni storico-teorici. A partire dal rilevamento dei primi studi di settore e le prime definizioni mai perfettamente esaustive (come quella di film-induced tourism), l’analisi setaccia le pertinenze del cineturismo con il più ampio snodo tra cinema e territorio richiamando la visual culture e i quadri interpretativi dello spatial turn.
Alla base del cineturismo emerge la possibilità di offrire ai luoghi, intesi come aggregatori di emozioni, una configurazione identitaria plasmata sull’elaborazione simbolica tipicamente cinematografica: “il cinema può essere considerato sia come documento storico-geografico, in grado, quindi, di fotografare e rappresentare luoghi, ambienti e momenti, sia un vero e proprio elemento di azione geografica, ovverosia capace di modificare le percezioni e le concezioni di un territorio agli occhi sia degli spettatori sia degli abitanti” (p. 41). Successivamente, seguendo la prospettiva topografica di Giuliana Bruno del cinema come attrazione geografica, l’analisi di Lolli si incentra su un reticolo di passaggi – dalla location alla destination; dall’icononauta al cineturista – che pongono alcune delle categorie tradizionali della fruizione cinematografica in contiguità con quelle dell’esperienza turistica.
Una volta tracciati i punti cardinali della teoria del cineturismo, l’analisi procede scomponendo gli assetti più propriamente economici del fenomeno. L’idea che ogni paese, regione, spazio geografico, abbia un proprio mercato iconografico conduce dunque alla disanima delle principali strategie di promozione dell’immagine e dell’identità del territorio incentrate sul cinema. Uno degli aspetti centrali di tale prospettiva è sicuramente quello relativo agli strumenti impiegati dal cineturismo. Movie Map, Movie App e Movie Tour illustrano le tecniche e le tecnologie per orientare il turista verso i luoghi dove sono stati ambientati i film e strutturano solidamente la relazione tra produzione cinematografica e marketing turistico. Mappe, app e tour si presentano come dei meccanismi di traduzione sistematica del cinema in attrazione turistica, offrendo allo spettatore viaggi, percorsi, tragitti per prolungare l’esperienza filmica al di là dello schermo e geolocalizzare lo spazio dell’immaginario – non a caso, molte Movie Map sviluppate da enti turistici vengono organizzate su dei percorsi tematici legati agli universi diegetici di un film o una serie tv. Mappe e tour sono strumenti che depositano e archiviano il cinema su un territorio, mappandone i set e, come nel caso dell’App Movie, estraendo testi e paratesti di un film in chiave multimediale e interattiva.
La seconda parte del libro affronta il contributo delle Film Commission alla realizzazione materiale di film, serie tv, e più in generale di testi audiovisivi, trasformando “un’operazione culturale e/o commerciale in un volano economico” (p. 108). L’analisi si rivolge pertanto alla ricostruzione della storia delle Film Commission e al loro statuto legislativo, giuridico ed economico, mettendo sempre su un piano di comparazione le esperienze e le pratiche rodate di altre nazioni (la Spagna) con la promettente realtà italiana, in cui spiccano i casi della Puglia, del Piemonte, del Lazio, della Calabria. Qui l’analisi procede in maniera assai schematica, affrontando le Film Commission di ogni singola regione, raccontando la loro storia, il modus operandi e le operazioni di maggior successo (Montalbano per la Sicilia, Basilicata coast to coast per la Basilicata, Don Matteo per l’Umbria, e via dicendo).
Infine, la terza parte – consultabile online sul sito dell’editore – si rivolge ad aspetti più specificatamente legislativi, illustrando la distribuzione dei fondi pubblici a livello europeo, nazionale e regionale.
Senza ombra di dubbio l’analisi di Lolli restituisce una minuziosa fisionomia del cineturismo soprattutto da una prospettiva geografica ed economica. Il fenomeno viene inquadrato tanto nelle sue promesse – la possibilità di aprire nuovi segmenti di mercato e specifiche tipologie di professionalità – quanto nelle sue criticità e incertezze di sistema. Sebbene, la centralità dell’aspetto economico tenda a sfibrare l’aspetto creativo del cinema, quasi a porlo su uno sfondo lontano, Lolli tuttavia conduce il lettore a ragionare su come gli aspetti materiali, che legano la logistica del set, l’aspetto realizzativo del film e le ricadute economiche sul territorio, arrivino anche a orientare l’immaginario dello spettatore.
Quello che emerge dalla approfondita ricognizione di questo studio è un panorama italiano caratterizzato da una fase di interessante intraprendenza e di assestamento di idee e prassi. Tuttavia, grattando con un po’ di insistenza la superficie delle buone intenzioni, si ha l’impressione di incorrere verso una certa standardizzazione dei prodotti: ovvero, di vedere casi ritenuti indicativi di una virtuosa integrazione tra cinema e turismo – come Basilicata coast to coast che come ricorda Lolli appare più conveniente di uno spot pubblicitario autocelebrativo – farsi sempre più sistema. Tali operazioni, se non congeniate e pianificate brillantemente, rischiano di ridurre il cinema a un prodotto da cartolina, in cui la messa in scena del territorio con i suoi paesaggi, luoghi, ecc. assume il sapore posticcio di un contenuto brandizzato, composto da inquadrature e dialoghi preconfezionati.
Al di là della grande quantità di dati, nozioni, aspetti economici e legislativi messi a disposizione per il lettore, ma anche per il location manager, il professionista del turismo e l’amministratore locale, lo studio di Lolli offre anche alcune coordinate per avviare un confronto sistematico, verrebbe da dire “coast to coast”, proprio tra il cinema e il cinema delle attrazioni turistiche.