La tredicesima edizione del Sicilia Queer filmfest si è svolta a Palermo tra il 25 e il 31 Maggio 2023, ai Cantieri Culturali della Zisa. Eppure, non si cadrebbe in errore se si affermasse che il percorso del “festival senza etichette” sia cominciato ben prima. Già infatti dai primissimi giorni del Dicembre 2022 la squadra capitanata da Andrea Inzerillo, in collaborazione con il Filmmaker Festival di Milano, ha ospitato nel capoluogo siciliano Ruth Beckermann, celebre documentarista austriaca il cui cinema sposa alla perfezione l’idea del festival e la sua proposta. La frammentazione dei suoi individui, le parti che non si limitano a costituire, bensì a costruire il tutto dei lavori di Beckermann fanno quasi da anteprima (e anteprima, queer, lo è de facto) al trailer del Festival, diretto dall’eccentrico, geniale Mark Rappaport che, sulle note di Celentano, immerge il pubblico nell’atmosfera festivaliera. Ai nastri di partenza del SQ23 Passages, di Ira Sachs, quasi un film manifesto e prezioso identikit per una cerimonia di apertura come quella cui si è assistito. Un inizio così folgorante non può che riportare alla mente i tanti “passaggi”, appunto, che hanno costruito il percorso del festival, da Alessandro Comodin al duo Rezza-Mastrella, dall’immediato pre-festival con Maputo Nakuzandza di Ariadine Zampaulo, un “film-poema” che stende il tappeto a Bono/Burattini e la loro installazione musicale, Suono in un Tempo trasfigurato, fino a La Flor, il pachidermico capolavoro di Mariano Llinàs che, sebbene antecedente ai due eventi sopracitati, introduce l’ospite della sezione Presenze di questa edizione: Laura Citarella, a Palermo in compagnia del marito, Ezequiel Pierri, e della figlia Lucia, il di cui Ostende è la primissima visione del primo giorno. Il ruolo delle narrazioni, un senso di smarrimento, voglia di partecipazione seppur da lontano, in privato, mediante il solo sguardo: una réclame di libertà silenziosa, priva di ostentazioni, simile a quella del festival che vuole scardinare la gerarchia delle etichette mediante le sue nuove proposte culturali, quindi narrative. Scriveva Eleonora Santamaria lo scorso anno à propos dell’edizione 2022: “Cosa resta dopo che il vento lascia che tutto voli via?”. Il SQ non pretende di dare risposte, bensì “provoca” con Come le foglie al vento di Douglas Sirk, la cui retrospettiva tutta palermitana (poi ampliata su territorio nazionale, a seguito di Locarno) era già stata uno degli appuntamenti che anticipavano il festival. Dalla kermesse svizzera anche il vincitore del Pardo d’Oro, Regra 34 di Júlia Murat, sapientemente inserito non solo nel contesto dibattimentale del Sicilia Queer, ma anche nel variegato mondo del web e delle sue declinazioni. Declinazioni che, appena un giorno prima, erano state appannaggio di uno dei titoli più belli di questa edizione, Les garçons de province di Gaël Lépingle, vecchia conoscenza del festival, già a Palermo infatti nel 2019 con Seuls les pirates, esattamente come Carlos Conceição, non fisicamente ai Cantieri, il cui bellissimo Naçao Valente parimenti affronta “la provincia”, intesa in un più ampio senso coloniale, ove soldati portoghesi in Angola rimangono rinchiusi tra le mura di uno spazio incerto, in un tempo che è lontano dal 1974 – anno in cui i locali reclamano il proprio territorio e i portoghesi tornano in terra natia – che non concede opportunità, in cui la Storia si è fermata, al contrario dei personaggi del regista francese che quelle opportunità, in luoghi di provincia distanti dalle forze motrici dell’oggi, devono andarsele a prendere, sfuggendo all’imminente – e inevitabile – cristallizzazione del tempo.
Alle importanti visioni in sala si alternano le discussioni, ora su un palco ora su cornici più suggestive a ridosso del lungomare palermitano, su Diario rural di Citarella e Sirk, la cui tavola rotonda dedicatagli consente di intervenire su alcune delle più interessanti questioni circa il suo cinema, alla presenza di decisivi ospiti, tra cui Bernard Eisenschitz e Roman Hüben, regista di Douglas Sirk – Hope as in Despair. Numerosi gli eventi che conducono alla fine della programmazione, chiusa con Casa Susanna di Sébastien Lifschitz, inno alla libertà contro le imposizioni sociali – un po’ come il festival – che intanto ha ospitato artisti internazionali, mediometraggi in un concorso di lunghi come Ungentle, di Onyeka Igwe, squisito collage di una spy story che alterna il narrato di Ben Wishaw a immagini di luoghi inglesi che indagano gli spazi della sessualità di alcune spie britanniche nell’immediato secondo dopoguerra.
Se non bastasse, dopo il consueto tripudio d’amore e libertà, la cerimonia di chiusura e rispettive premiazioni regalano una sorpresa inaspettata: Aishiteru! di Koji Shiraishi è il vincitore di questa edizione, un momento di grande rottura rispetto alla canonicità dei premi festivalieri che ancora una volta consacra il Sicilia Queer a festival libero, privo di concatenazioni sovrastrutturali nonché di etichette forzate (e forzanti), a celebrazione del cinema tutto e in tutte le sue forme. Eppure, di nuovo, il festival non è solo cinema: tra i variegati ospiti internazionali, il concerto di Lucy Liyou ha offerto un’ulteriore di riprova di come il comitato organizzativo sia riuscito ad intercettare molteplici “non-etichette”, legate a più forme espressive che, come i luoghi dei cantieri (e più ampiamente della Palermo legata al Sicilia Queer), si parlano, comunicano con un pubblico che cresce insieme al Festival, diventa sempre più ricettivo rispetto alla sua proposta e segna, annualmente, un’importante tappa per l’evoluzione culturale del capoluogo siciliano, nonché la celebrazione di culture senza vincoli, capaci di mettersi in discussione e lavorare su un “atlante”, per dirla con il direttore Andrea Inzerillo, mai globale quanto lo è stato in questo 2023.
Il Sicilia Queer è forma, indipendentemente, dai molteplici contenuti.