Poor Things, il film di Yorgos Lanthimos vincitore del Leone d’oro all’80a Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, è un racconto gotico. È la storia di uno scienziato, il dottor God(win) Baxter, che inserisce il cervello di un feto nel corpo della madre, morta suicida nella prima sequenza del film. La creatura, Bella, cresce veloce, fino al momento in cui la scoperta della sessualità sconvolge la sua vita mettendola in moto, spingendola a conoscere il mondo. A rendere ricca questa trama contribuiscono numerose citazioni dalla storia del cinema e della letteratura: Metropolis (Fritz Lang, 1927), Occhi senza volto (Georges Franju, 1960), Elephant Man (David Lynch, 1980), la scena dell’educazione sessuale di Monty Python – Il senso della vita (Terry Jones, 1983), fino al più recente Nymphomaniac (Lars Von Trier, 2013). Yorgos Lanthimos si porta inoltre dietro tutto il suo cinema, dall’amore per gli spazi chiusi (Dogtooth, 2009) all’interesse per il tema della distopia (The Lobster, 2015). Ma ovviamente l’idea dell’impianto di un cervello nel cranio di un cadavere si inserisce nella stessa galleria degli orrori, morte e aborti da cui è nato Frankenstein. Poor Things è anche un tributo al milieu socio-culturale della Gran Bretagna della prima metà dell’Ottocento, un contesto di forte prossimità tra scienza e letteratura, dove alle orecchie di Mary Shelley giungeva l’eco degli esperimenti sui cadaveri ad opera di Giovanni Aldini, nipote di Luigi Galvani (si veda Susan Tyler Hitchcock, Frankenstein: A Cultural History, W. W. Norton & Company, New York, 2007).
Ad essere brutto e spaventoso, in Poor Things, non è la creatura ma il suo inventore. Baxter (interpretato da William Defoe) è uno scienziato vittima del padre e del suo scientismo, intrappolato in un corpo rattoppato che gli impedisce di attingere a diversi piaceri della vita (il cibo, il sesso). Come conferma il dr. Baxter, all’interno del genere gotico la ricerca (scientifica) sui corpi si svolge spesso o sempre in contesti domestici, non professionali e non accademici. Lo scienziato deve nascondersi perché la società e le istituzioni non vedono di buon occhio le ricerche che conduce. Per poter lavorare seriamente ai suoi esperimenti deve allontanarsi dal mondo. Ma è proprio nel momento in cui diventa invisibile (magari, come mostra H.G. Wells, rendendo invisibili anche gli uomini) che la scienza diventa incontrollabile, quindi veramente pericolosa. Se il mad doc è brutto, la creatura è invece bellissima. Frankenstein si specchia in un laghetto e si vede mostro; Bella Baxter (Emma Stone) no. Bella è una creatura che intraprende un percorso di iniziazione e riesce a scoprire il proprio corpo, a riconoscerlo. È questa formazione a consentire a una figlia nata dal corpo di un cadavere (il cui cervello abita il corpo di un cadavere) di raggiungere la grazia e la vita.
All’elemento scientifico, in Poor Things, si agganciano temi legati alla sfera della sessualità e dell’erotismo. Bella, oltre che (nomen omen) bella, vedendo se stessa come un corpo bisognoso di sesso scappa dal puritanesimo vittoriano e dalla repressione sessuale: quella di Bella è una letterale fuga dallo spazio domestico (e dalla città natale: Glasgow), che la porta ad affrontare imprevisti e passioni spostandosi in diversi luoghi del mondo (Londra, Alessandria, Lisbona, Parigi…). I passaggi obbligati della letteratura libertina sono rispettati. Il romanzo di Alasdair Gray da cui il film è tratto mima persino, per molte pagine, la forma epistolare prediletta da autori quali Sade o Laclos. La storia di Bella diventa un’avventura di viaggio, libertinaggio e ninfomania, che include l’incontro con degli istruttori (filosofi nel boudoir), fino alla doverosa, quasi convenzionale scena ambientata all’interno di un bordello. Il film non descrive dunque una vicenda masochistica à la Justine (come accadeva ad esempio in Nymphomaniac), ma un personaggio à la Juliette capace di provare godimento all’interno di ogni scenario possibile, o quantomeno di adattarsi ad esso. Il “furious jumping” (così Bella definisce l’attività sessuale) ha a che fare dunque con un percorso di liberazione e soggettivazione, ma anche con la rivendicazione di ingenuità e naturalezza. È tutto naturale, il sesso, i corpi, il piacere. Bella svolge la sua retorica procedendo per sfiancamento, prosciugando e umiliando i corpi maschili che via via le si affiancano. Ciò che “manca” a Bella rispetto al modello sadiano è la crudeltà: l’innocenza di Bella (il suo cervello è pur sempre quello di una bambina) la porta subito ad abbracciare ideali di miglioramento sociale, in linea con il pensiero del socialismo utopico.
Il personaggio viene dunque costruito su un pastiche di riferimenti, su una fusione di individui, su una discrasia tra corpo (che ha i desideri di un’adulta) e cervello (che pensa come una bambina). Questa dissociazione non si tuttavia rivela tale, visto che permette alla protagonista di guadagnare la forza di respingere e rivelare le ipocrisie sociali e di portare avanti delle istanze progressiste sia per quanto riguarda la sfera politica (umanitarismo), sia personale (liberazione sessuale), sia nell’incontro tra la prima e la seconda (femminismo).
Il gotico ha in effetti a che vedere anche con gli ibridi, con la potenza di fondere istanze inconciliabili e di creare corpi – animali fantastici, chimere, biologie possibili e impossibili, nuovi appartenenti al rango dei viventi. L’appartamento e il giardino di Baxter sono un’isola del dottor Moreau dove si incontrano oche che camminano a quattro zampe, anatre-capra e galline-cane. Le creature di Godwin Baxter sono animali che ripugnano e attraggono, disturbano e incuriosiscono, mettendo in discussione l’(immaginario) umano. Il disegno, l’aspetto visivo di questo bestiario richiama un altro tema contemporaneo con cui il gotico entra in risonanza, ovvero le AI-generated images, le visioni ibride tra umano e non-umano prodotte dall’intelligenza artificiale. Il gotico di Poor Things è computer-generato, finto, cyber-punk. Il mondo, la scenografia in cui Bella si muove è iper-mediata, irrealistica. Poor Things è anche un film sulle immagini-inganno, corporee o non corporee (città, paesaggi), che le macchine, tramite i processi di deep learning, hanno imparato così in fretta e così bene a realizzare.
Va aggiunta in conclusione una nota sull’attrice. Attraverso il proprio corpo, Emma Stone si riappropria della soggettività (femminile) del personaggio, che fino a quel punto, prima di incarnarsi nell’interprete, era di concezione puramente maschile: Lanthimos adotta il libro di Alasdair Gray, un romanzo che ha la forma del manoscritto ritrovato, e il manoscritto ritrovato è quello di un marito, Archibald McCandles. Si accumula sin qui una catena di sole voci maschili. Quando si arriva a Stone la trasmissione maschile viene interrotta. Tale riappropriazione è già presente nell’epilogo del romanzo, quando Bella Baxter prende la parola per far sorgere nel lettore il dubbio che tutto quanto letto in precedenza sia una narrazione inaffidabile (“Una lettera di Victoria McCandles M.D. al suo più vecchio discendente ancora in vita nel 1974 per correggere quelli che lei sostiene siano errori in EPISODI DI GIOVENTÙ di un FUNZIONARIO SCOZZESE DI SALUTE PUBBLICA opera del suo defunto marito Archibald McCandles n. 1857 – m. 1911”). Quello che nel testo scritto il personaggio di Bella Baxter fa a parole, nel film viene agito dal volto e dalla pelle di Emma Stone, in un processo di sottrazione del corpo alla gestione e alla repressione dei maschi (per sempre vittoriani), che diventa poi anche un processo di sottrazione del corpo del personaggio alla regia o al controllo di un narratore o di un cineasta. Il personaggio di Bella diventa di Emma Stone, conquistato con la forza e il tasso di verità del proprio corpo. La donna disperata che si getta da un ponte a inizio film trova nuova vita riscoprendo se stessa come corpo e come cervello.