Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.25 (2024), 155–171
ISSN 2280-9481

Feriae Matricularum di Elio Del Piano. Dalle Vitae Goliardorum alla memoria istituzionale dell’Università

Michela ButtuUniversity of Cagliari (Italy)

Michela Buttu graduated in Art History at the University of Cagliari with a thesis on Contemporary Art History and specialized as Archivist at the School of Archivistics, Paleography and Diplomatics of the State Archives of Cagliari. She is currently a PhD student of the course in History, Cultural Heritage and International Studies at the University of Cagliari, with a project pertaining to the scientific disciplinary field L-Art/06, which examines the practices of access, enhancement and curatorial reuse of non-theatrical and non-broadcast heritage, with reference to the video-film materials relating to the audiovisual memory of the same University. She is a member of the editorial board of “Medea. Journal of Intercultural Studies”.

Ricevuto: 2023-08-03 – Versione revisionata: 2024-05-02 – Accettato: 2024-05-06 – Pubblicato: 2024-08-01

Feriae Matricularum of Elio Del Piano: from the Vitae Goliardorum to the Institutional Memory of the University

Abstract

The article starts from the assumption that the valorisation practices implemented by archives and film libraries through putting amateur films online represent a privileged means of accessing the past. On the other hand, the awareness that such practices do not simply end with online accessibility invites us to pursue similar valorisation paths, arguing for the need to interrogate and revitalise amateur documents so that they are not lost in the accumulation of content on the web. Through the analysis of the film Feriae Matricularum made by cineamateur Elio Del Piano in the early 1950s, the article explores the new historical-memorial orientations that such materials can take on when reactivating the potential of the memory-archive of which they are part. More precisely, thanks to the comparison with other archival documentation, the case study allows us to reconstruct a precise ideology of university student life and, at the same time, to demonstrate how even amateur materials can be taken on as sources to delineate institutional memory, specifically of the University of Cagliari.

Keyword: Goliardia; Elio Del Piano; Instituional Memory; Cineamateur; University of Cagliari.

1 Introduzione

Sono ormai diversi anni che la Società Umanitaria – Cineteca Sarda di Cagliari porta avanti il progetto La tua memoria è la nostra storia, finalizzato al recupero, alla conservazione e alla valorizzazione dei materiali audiovisivi amatoriali relativi al territorio regionale sardo1. Grazie a questa campagna regionale di raccolta delle pellicole filmiche private, ad oggi la Cineteca ha costruito un patrimonio di circa diecimila materiali amatoriali che coprono un arco cronologico cha va dagli anni Venti alla prima metà degli anni Ottanta. Nel 2017 tale patrimonio, assieme a quelli conservati in altri archivi audiovisivi dislocati nell’intero territorio nazionale, è stato sottoposto a un progetto di censimento, ricerca e documentazione, promosso dall’Istituto Centrale per gli Archivi (ICAR). Il progetto, curato dall’archivista Karianne Fiorini, ha previsto nell’ordine: la realizzazione di una scheda descrittiva relativa a ciascun archivio; la selezione di un gruppo di materiali tra quelli già riversati in formato digitale, nonché la stesura delle schede inerenti ai rispettivi fondi e soggetti produttori; l’edizione video che ripercorre la storia personale che emerge dai film selezionati, mediante l’aggiunta di cartelli esplicativi e didascalie. I risultati di questo lavoro sono oggi consultabili nella sezione Storie di famiglia all’interno del portale Antenati, realizzato dalla Direzione generale Archivi e reso fruibile online nel dicembre 20112. In tale sezione troviamo il link alla pagina di presentazione della Società Umanitaria – Cineteca Sarda3, che, a sua volta, consente di accedere alle singole pagine dedicate a ciascuno dei quattro fondi censiti. In esse è possibile, sia consultare le informazioni relative ai diversi cineamatori e ai materiali contenuti nei rispettivi fondi, sia visionare i film nell’edizione video multimediale realizzata attraverso il software Klynt. Tra i fondi accessibili sulla piattaforma si trova anche quello del cineamatore Elio Del Piano, al quale appartiene il film, anch’esso fruibile sul portale, che sarà oggetto di analisi nel presente contributo. Il film è Feriae Matricularum4, realizzato nei primi anni Cinquanta da Del Piano (Cagliari 1931-2010) che all’epoca era studente della facoltà di Medicina all’Università di Cagliari. Con questo documentario, girato in formato 8mm, senza sonoro e della durata di trenta minuti, il cineamatore ha voluto immortalare la festa delle matricole organizzata dal gruppo dei Goliardi dell’Ateneo cagliaritano nell’anno accademico 1953-54.

Da una parte, il progetto intrapreso a livello regionale dalla Cineteca Sarda si inserisce nel clima di crescente interesse manifestato, a partire dalla seconda metà del Novecento, da archivi pubblici e istituzioni culturali verso il recupero delle produzioni amatoriali. Dall’altra, la pubblicazione in rete di alcuni tra i fondi acquisiti mediante questa campagna di raccolta nell’Isola rinvia alle attuali pratiche di valorizzazione che hanno individuato nel web “uno strumento prezioso di diffusione” (Dagna 2021: 250). Entrambi questi aspetti sono in realtà perfettamente correlati, nella misura in cui la valorizzazione dei materiali amatoriali sul web deriva dal riconoscimento del valore storico e culturale delle immagini in movimento. Ciò ha avuto inizio con l’approvazione, nel 1980, del report, Recommendation for the Safeguarding and Preservation of Moving Images, da parte della Conferenza Generale dell’UNESCO (Motrescu-Mayes e Aasman 2019). Tale documento ha prodotto una nuova valutazione delle immagini in movimento, in quanto “fundamental means of recording the unfolding of events and, as such, constitute important and often unique testimonies, of a new dimension, to the history, way of life and culture of peoples” (Motrescu-Mayes e Aasman 2019: 252)5. Di conseguenza, anche i film amatoriali hanno iniziato a ottenere una certa attenzione da parte dei diversi archivi locali e regionali (Motrescu-Mayes e Aasman 2019), divenendo una fonte di immagini inedite adatte a ricostruire la storia dei vari territori di appartenenza (Simoni e Torri 2011)6. L’attenzione manifestata dagli archivi verso le pellicole amatoriali è stata attribuita all’emergere, nel corso della seconda metà del Novecento, di un nuovo paradigma archivistico capace di riflettere la società “in all its pluralism, diversity, and contingent nature” (Aasman 2014: 247). Inoltre, un simile paradigma è stato influenzato dall’affermarsi della new social history che, attraverso la nozione di history from below, ha spostato il dibattito al di là della storiografia tradizionale, accogliendo nel campo delle fonti storiche anche i film amatoriali (Zimmermann 2008). E, ancora, in questi primi vent’anni degli anni Duemila, è cresciuta la consapevolezza rispetto al valore memoriale e storico dei filmati amatoriali. Da ciò è derivato il proliferare di progetti che, come nel caso della Cineteca Sarda, hanno previsto non soltanto il recupero e la conservazione, ma anche la valorizzazione delle pellicole amatoriali7.

Il trasferimento in archivio si configura come un processo di istituzionalizzazione attraverso il quale i film amatoriali entrano a far parte della memoria-archivio (Assmann 2002 [1999]), acquisendo il valore di documenti storici destinati ad essere studiati, letti e interrogati. In altri termini, l’ingresso in archivio non rappresenta la fine del ciclo di vita dei materiali audiovisivi, bensì un nuovo inizio incentivato dall’evoluzione dei paradigmi di accesso (Prelinger 2009). Rispetto a tale mutamento, il termine digitalizzazione ha assunto un ruolo chiave, non soltanto dal punto di vista della conservazione8, ma soprattutto nella misura in cui esso “evoca la restituzione democratica del patrimonio cinematografico al popolo (che in questo genere di ragionamenti è di solito assimilato a coloro che hanno libero accesso al web)” (Dagna 2021: 244). I film amatoriali si trovano così ad affrontare una rilocazione continua che va dalla dimensione domestica della casa a quella pubblica dell’archivio (Nicholson 2009), per raggiungere, infine, la sfera globale del web.

Ma cosa accade nel momento in cui tali film, nella nuova veste di documenti storici, vengono condivisi dagli archivi sul web? Quale “new beginning” (Prelinger 2009: 274) attende i materiali amatoriali una volta rilocati nella nuova ‘casa web’? Sembra opportuno chiedersi, infatti, se la pratica della valorizzazione si esaurisca nella ‘condivisione’ e nell’accessibilità in rete dei materiali conservati in archivio o in una qualsiasi altra istituzione deputata alla conservazione della memoria. Non bisogna dimenticare che progetti di piattaforme online, come quello che vede coinvolta la Cineteca Sarda, vanno ricondotti all’ambito del connective turn (Hoskins 2017). Questa svolta connettiva dà luogo alla connective memory che enfatizza il processo e la rapidità rispetto alla condivisione e al recupero delle informazioni e della conoscenza. La memoria connettiva agisce all’interno di un frame temporale scandito da un presente continuo, in cui il passato resta sempre a portata di mano (Hoskins 2017). Tuttavia, la svolta connettiva si contraddistingue, al contempo, per l’improvvisa sovrabbondanza e accessibilità dei contenuti, che sconfina nella cultura dell’accumulo o della post-scarcity (Hoskins 2011). Come fare, insomma, per evitare che le pratiche di valorizzazione dei film amatoriali intraprese dagli archivi si perdano nell’attuale sovrabbondanza dei contenuti in rete?

Il presente contributo si propone di proseguire nel percorso di valorizzazione avviato dal portale Antenati, servendosi di questo “strumento privilegiato di accesso al passato” (Vitali 2007: 110) per indagare la valenza storico-documentale del film Feriae Matricularum di Del Piano. Se la valorizzazione non si esaurisce nell’accesso ai materiali audiovisivi, è allora necessario riattivare i frammenti di memoria-archivio condivisi sul web, partecipando, ad esempio, alla costruzione di altre forme di memoria. In particolare, si intende dimostrare come questa tipologia di testimonianze private, prodotte ‘dal basso’, cioè al di fuori dei canali ufficiali, possano partecipare alla riscrittura della memoria istituzionale dell’Università di Cagliari. L’origine di un simile proposito risiede nell’esigenza di restituire un’immagine composita della vita in università, capace di riflettere la complessità sociale che contraddistingue tale istituzione. Più precisamente, si intende dimostrare come le immagini veicolate dalle produzioni amatoriali permettano di ricostruire la vita in Ateneo e, conseguentemente, la sua storia secondo una prospettiva di visione plurale. Quest’ultima si differenzia dalla prospettiva istituzionale abbracciata dai canali ufficiali di produzione che danno luogo esclusivamente a un’immagine univoca e celebrativa dell’università.

All’analisi del testo filmico, condotta secondo un approccio di tipo semiotico, seguirà la verifica del suo potenziale storico-documentale. L’utilizzo di una metodologia di indagine che tenga conto dei presupposti dell’esistenza stessa del film, ossia delle ragioni, delle modalità di produzione e della sua trasmissione nel tempo, servirà a ricostruire il contesto storico e il gruppo sociale di appartenenza del cineamatore. Tale metodologia prevede l’impiego di testimonianze audiovisive e orali, nonché la comparazione con altre differenti tipologie di documenti d’archivio prodotte nell’ambito delle attività promosse dal gruppo dei Goliardi. Si osserverà così il processo evolutivo compiuto da Feriae Matricularum che da espressione di una memoria personale si trasforma in fonte storica, nel momento in cui, come qualsiasi altro documento d’archivio, viene interrogato. In quanto fonte, il film di Del Piano consente di inserire l’evento documentato nel quadro di una maggiore affermazione degli studenti all’interno dello spazio pubblico universitario. In questa prospettiva, Feriae Matricularum partecipa alla riscrittura della storia dell’università secondo il punto di vista dei partecipanti. La sua inclusione nella composizione della memoria istituzionale universitaria servirà perciò a sottolineare la rilevanza dei materiali amatoriali nel rappresentare un’altra tipologia di fonti che vanno ad affiancarsi a quelle ufficiali. Ciò consentirà di dimostrare quanto i percorsi di valorizzazione promossi sul web dagli archivi possano essere riattivati mediante lo studio e il riuso dei materiali, dando origine, in questo modo, alla produzione di nuovo valore.

2 Vite da goliardi: Feriae Matricularum di Elio Del Piano

Fig. 1.

Il volto in primo piano di una ragazza che sorride, parla con il cineamatore e strizza l’occhio alla cinepresa. È il soggetto della prima inquadratura che compare dopo la chiusura in dissolvenza dei titoli di testa nel film di Elio Del Piano, nei quali è segnalata inoltre la collaborazione di Antonello Vodret e Nanni Puddu. Come nei migliori insegnamenti trasmessi da Roland Barthes, il punctum, che richiama la nostra attenzione, risiede nell’eccentrico cappello indossato dalla ragazza. Questo si caratterizza per una lunga visiera dalla forma acuminata ed è agghindato con medaglie, spille e pendagli di vario genere. All’inquadratura iniziale segue l’ingresso, sempre in dissolvenza, del titolo del film, Feriae Matricularum, con l’indicazione dell’anno accademico, 1953-1954. Il titolo si chiude e inizia una nuova sequenza in cui riappare la stessa tipologia di cappello; questa volta, però, è presente in diverse versioni, ossia con meno o più ornamenti, e ad indossarlo sono in tanti, unicamente ragazzi, che popolano la Piazza Yenne nel centro della città di Cagliari. C’è chi si allontana in sella a un motorino, chi si riunisce in gruppo a conversare. Eppure, l’attenzione ritorna continuamente su quel particolare copricapo ora indossato da più persone. In realtà, è la stessa macchina da presa a guidare il nostro sguardo. Anche nelle scene di gruppo si rileva la predilezione per un’inquadratura a mezza figura anziché un campo totale, per terminare con il primissimo piano di un ragazzo ripreso di profilo. Quest’ultimo tradisce, tuttavia, un ruolo marginale, poiché lo sguardo è comunque attratto dalla centralità del cappello. La prima sequenza si interrompe e subentra un altro cartello in cui si legge che il film è stato “girato con cineprese SUPER C[H]RISTEN”9.

Da questa breve sequenza iniziale emerge immediatamente un intento preciso da parte del cineamatore che, in fase di montaggio, ha voluto sottolineare la forte carica segnica posseduta dal cappello goliardico. Esso svolge la funzione di elemento chiave nella sezione introduttiva del film, per l’identificazione del gruppo sociale rappresentato e la contestualizzazione dell’evento documentato. Da un punto di vista semiologico, il cappello goliardico è stato impiegato da Umberto Eco (2016: sez. A cap. 4) per chiarire il rapporto, ossia le “nozze tra forme retoriche e motivazioni ideologiche” che si verificano “nel campo dei segni visivi”10. “Indubbiamente”, spiega Eco, “il cappello goliardico denota ‘studente universitario’ (vi si aggiunge poi il lessico specifico dei colori che denotano le varie facoltà), ma un tempo connotava anche ‘spensieratezza’, ‘età-beata’, ‘giovinezza’ e tante altre cose dovutamente codificate nell’immaginario collettivo” (Eco 2016: sez. A cap. 4). Ad un certo punto però la compagine degli studenti ha subito una profonda scissione tra coloro che si dichiaravano impegnati politicamente e quelli che, al contrario, consideravano il “periodo universitario come una parentesi beata” (Eco 2016: sez. A cap. 4)11. In un simile contesto di grandi cambiamenti, il cappello goliardico è divenuto il segno connotativo di quest’ultimo modo di intendere la vita universitaria, riconducibile esclusivamente alla tradizione goliardica.

A tal riguardo, in una video-testimonianza realizzata da Del Piano negli anni Novanta, vediamo il cineamatore affermare che la Goliardia fu sinonimo di vita libera e spensierata e, ancora: “nei nostri magnifici anni Cinquanta, essa ha significato umanità […] amore per la patria, per la libertà, per la scienza, per il libero pensiero” 12. Questo documento audiovisivo si sviluppa come un racconto in prima persona dell’antica tradizione goliardica, in cui Del Piano offre una serie di informazioni fondamentali sul suo Feriae Matricularum. Inoltre, il film viene riprodotto integralmente nella parte finale dello stesso video. La testimonianza audiovisiva lasciata dal cineamatore conferma il suo interesse e la sua affettuosa partecipazione verso gli oggetti appartenenti alla tradizione goliardica. Dopo un breve inquadramento storico sulla Goliardia, il racconto di Del Piano si concentra sulla descrizione del proprio cappello, il cosiddetto ‘goliardino’ o feluca goliardica, esposto in casa alla stregua di un prezioso cimelio13. Successivamente, si passa alla descrizione di un altro oggetto caratteristico della tradizione goliardica, il celebre papiro che veniva consegnato alle matricole. Anch’esso compare tra gli oggetti conservati in casa con grande cura dal cineamatore. Si evince così la rilevanza attribuita alla feluca e al papiro in quanto segni visivi di una particolare ideologia della vita universitaria, capaci di connotare in modo significativo l’evento tradizionalmente goliardico della festa delle matricole.

La ricostruzione filmica di tale evento prende corpo all’interno di Feriae Matricularum al termine dell’uscita in dissolvenza del cartello sulle cineprese menzionato sopra. Il film, da questo momento, riflette la struttura del diario filmato, in cui le sequenze, attraverso il montaggio e l’aggiunta degli intertitoli esplicativi, “vengono messe in una prospettiva temporale, quella del tempo passato, ripreso e celebrato” (Cati 2009: 185)14. Grazie alla sua composizione diaristica, il film permette di ricostruire quel che accadde nell’arco delle tre giornate, dall’11 al 13 dicembre del 1953, dedicate alla grande manifestazione goliardica. Nel corso di tali giornate, la compagine degli studenti, che vide una grande partecipazione femminile, si riversò nei principali luoghi della città, indossando la tradizionale feluca.

Feriae Matricularum si sviluppa secondo una successione temporale che consente allo spettatore di seguire le varie fasi del rituale: dalla lettura del proclama da parte di un araldo in Piazza Martiri agli scherzi irriverenti nei confronti delle matricole, costrette dagli studenti anziani ad esibirsi, con tanto di pantaloni calati, davanti al Palazzo delle Scienze; dal momento solenne della consegna dei papiri, che le matricole ricevevano soltanto dopo aver pagato pegno, fino alla sfilata dei carri, con l’accompagnamento musicale della Banda dei Goliardi, lungo largo Carlo Felice e via Roma. In via Roma i goliardi si dilettarono persino a interpretare il ruolo di vigili urbani e, attraverso il blocco del traffico, coinvolsero gli automobilisti e la cittadinanza nel proprio cerimoniale scherzoso, estorcendo ai primi “le lirette indispensabili per cenette e pizzate” (Macis 1992: n.n.).

Fig. 2. La consegna dei papiri

Tuttavia, nella festa delle matricole di quell’anno, l’episodio più significativo fu il rapimento del Pontefice Turritano dell’associazione goliardica che faceva capo all’Università di Sassari. Mandrone I15, al secolo Antonio Vincetelli, studente della facoltà di Medicina dell’Ateneo sassarese, fu vittima di un ‘agguato’ pacifico tesogli da un gruppo di goliardi cagliaritani che si erano recati da Cagliari a Sassari per compiere il glorioso misfatto. Tra questi anche Antonio Vodret (Cagliari 1929-Sassari 2023) che aveva conseguito da poco la laurea a Cagliari, e lavorava nell’Ateneo sassarese in qualità di Assistente per l’insegnamento di Chimica Agraria, nel cui ambiente aveva avuto modo di fare la conoscenza di Vincetelli. Fu dunque lo stesso Vodret a ricoprire il ruolo di principale intermediario per portare a termine il rapimento di Mandrone I, trasportando a bordo della sua Giardinetta i colleghi rapitori, nonché compagni di goliardia cagliaritani. Vodret si occupò inoltre di realizzare le riprese del viaggio compiuto assieme a suoi compagni da un capo all’altro dell’Isola: da Cagliari a Sassari e viceversa. Le sue riprese riguardano esclusivamente l’episodio del rapimento di Mandrone I, e furono da lui consegnate all’amico Elio Del Piano che, nella fase di montaggio, le inserì nel filmato16.

È interessante osservare, a tal proposito, come la struttura narrativa del film, nei cambi di luogo da Cagliari a Sassari e viceversa, sia scandita da precise coordinate spazio-temporali grazie all’inserimento degli intertitoli. Le riprese del viaggio da Cagliari a Sassari sono anticipate dalla comparsa di un cartello che recita: “nello stesso tempo sulla strada per Sassari…”. In questo modo, lo spettatore viene informato del fatto che, mentre a Cagliari le sventurate matricole continuavano a subire qualsiasi genere di burla17, c’era chi, sulla strada per Sassari, era impegnato in una spedizione che avrebbe acquisito un posto di rilievo negli annali della storia della Goliardia sarda. La sequenza del viaggio ha inizio con l’ispezione tecnica generale della Giardinetta da parte dei ragazzi. Essa prosegue poi con l’inquadratura dell’automobile al momento della partenza e termina con una serie di riprese della strada e del paesaggio girate da Vodret dall’interno dell’auto in movimento. Lo stacco tra questa sequenza e quella successiva, ambientata nuovamente a Cagliari, non è contrassegnato da un nuovo cartello, bensì dalla ricomparsa della giovane goliarda protagonista della primissima inquadratura all’inizio del film, che compie il gesto di levarsi il cappello18.

Dopo la scena delle partite di calcio giocate nel campo sportivo di via Pola a Cagliari, un nuovo intertitolo ci informa del successo della spedizione sassarese: “…ed ora essi tornano con il prigioniero Mandrone I”.

Fig. 3.

Il racconto filmico si focalizza, a questo punto, sul viaggio di ritorno a Cagliari dei goliardi trionfanti in compagnia del loro prigioniero. Nella medesima sezione si osservano, tra l’altro, i volti di Del Piano e di Vodret che si scambiano di posto dietro la cinepresa – a segnalare la volontà precisa di iscrivere la propria immagine e quella dell’amico all’interno del film in quanto partecipanti all’evento.

Fig. 4. Elio Del Piano
Fig. 5. Antonio Vodret

Un altro momento significativo del film è rappresentato dalla corsa dei carretti in viale Fra Ignazio da Laconi. Qui si ravvisa un indizio visivo che testimonia l’organizzazione dell’evento da parte della Libera Associazione Universitaria di Cagliari (LAUC). In un fotogramma, è possibile individuare, infatti, uno dei suoi rappresentanti che ostenta un ruolo di rilievo da sopra un palco, con addosso una casacca sulla quale è stampata la sigla dell’associazione.

Fig. 6. Il rappresentante della LAUC nella sequenza della corsa dei carretti

La parte finale del film è dedicata alla grande sfilata dei carri che furono allestiti dalle varie facoltà. Essa si svolse lungo le vie principali del centro di Cagliari: corso Vittorio Emanuele, Piazza Yenne, largo Carlo Felice e via Roma (Macis 1992). Alle riprese frontali dei carri e della folla festante, effettuate dal basso, vediamo alternarsi quelle realizzate dall’alto. Queste testimoniano, non soltanto la vivace e densa partecipazione degli studenti e degli abitanti all’evento, ma anche l’ingresso trionfante nel centro cittadino del tanto ambito prigioniero Mandrone I.

Fig. 7. La folla festante nella via Roma
Fig. 8. Il prigioniero Mandrone I

Egli fu il vero “protagonista di quelle ore, destinate a vincere l’oblio del tempo” (Macis 1992: n.n.). Con addosso una veste che sembrava ricordare una tunica sacrificale, il Pontefice Massimo Turritano partecipò alla sfilata collaborando alla messinscena, mentre, con le mani legate da una corda unita a un carro, fingeva di subire le punizioni dei suoi implacabili rapitori. In una via Roma gremita di gente, la sfilata terminò con il discorso del Pontefice Massimo dei goliardi cagliaritani, Nino Chessa, che finalmente restituì la libertà a Mandrone I.

Nella sequenza conclusiva del film viene mostrato il tradizionale gran ballo organizzato nei locali della Fiera Campionaria in viale Diaz, a cui in quell’anno parteciparono anche Mandrone I e i suoi compagni sassaresi che, nel frattempo, si erano recati a Cagliari per liberarlo (Macis 1992). La sequenza del ballo si caratterizza per un gioco di inquadrature mosse e ondeggianti. Qui si assiste a un’alternanza tra le immagini degli studenti festanti e le riprese di alcune bottiglie di bevande alcoliche che si svuotano rapidamente davanti alla cinepresa, evocando così il clima di euforia e di esultanza che contrassegnò la serata.

Fig. 9. La bottiglia semivuota

L’analisi svolta fino ad ora consente di cogliere in questo ricco diario filmico, interamente realizzato in soggettiva, la messa in forma di uno sguardo cineamatoriale “che muove dall’interno” del gruppo di appartenenza e “dissolve ogni distanza fra l’oggetto e l’autore” (Salvatici 2006: 206). L’obiettivo che ha guidato, fin dalla fase delle riprese, Del Piano e, per una minima parte, Vodret è stato quello di documentare un rituale significativo per il proprio gruppo di appartenenza. Al contempo, è possibile cogliere il proposito di immortalare un episodio unico e irripetibile nella storia della Goliardia sarda, come il rapimento di Mandrone I. Nella fase del montaggio, l’esigenza di tenere vivo il ricordo di quei ‘magnifici anni Cinquanta’ ha poi portato Elio Del Piano alla costruzione di un documento filmico che conduce lo spettatore all’interno di una specifica ideologia di vita universitaria. Va sottolineata infatti la ricchezza degli indizi visivi presenti al suo interno, che consentono di cogliere il clima universitario dell’epoca, evidenziando così la valenza storico-documentale del film. Per far questo è però necessario sviluppare un’interpretazione critica del documento filmico che, oltre alla video-testimonianza lasciata da Del Piano, prenda in considerazione altri materiali d’archivio prodotti, in particolare, dal gruppo dei goliardi cagliaritani: (pubblicazioni, giornali, opuscoli, eccetera). Torna qui utile la metodologia dello ‘smontaggio’ del documento-monumento già teorizzata da Jacques Le Goff, per il quale “è importante non isolare i documenti dall’insieme dei monumenti di cui fanno parte” (Le Goff 1986: 455).

In questa prospettiva, Feriae Matricularum non si configura esclusivamente come il resoconto di una festa che rappresentava la celebrazione del carnevale in chiave goliardica. Perciò non è solamente il racconto filmico di un rituale codificato, nel quale confluivano attività come la beffa irriverente nei confronti delle matricole e la consegna dei papiri. Il filmato costituisce in misura ancora maggiore un’importante testimonianza visiva del ritorno in Italia “alla vita democratica negli atenei” (Quagliariello 1987: 57), con il risveglio delle vecchie tradizioni studentesche ostacolate durante il Ventennio Fascista. Più precisamente, negli anni Cinquanta, a livello nazionale si verificò il consolidamento della rappresentanza studentesca all’interno degli Atenei, con “un lento ma costante incremento degli elementi politici e sindacali all’interno delle organizzazioni universitarie” (Mansi 2017: 2). D’altra parte, le stesse organizzazioni studentesche si impegnarono per riportare in auge le antiche tradizioni goliardiche. Nel caso dell’Università di Cagliari, si assistette, sia alla progressiva affermazione dell’associazionismo studentesco, specialmente della Libera Associazione Universitaria di Cagliari (LAUC), sia al potenziamento dell’Organismo Rappresentativo Universitario Cagliaritano (ORUC). Quest’ultimo era il risultato, a livello locale, della struttura organizzativa che la comunità degli studenti italiani aveva assunto nella fase della rinascita postbellica. Fu dunque tale sistema organizzativo nazionale a permettere la creazione, all’interno dei singoli Atenei, degli Organismi Rappresentativi Studenteschi (ORS)19 che venivano eletti da tutti gli iscritti. E furono proprio la LAUC e l’ORUC20 ad organizzare la festa delle matricole dell’anno accademico 1953-54, documentata nel film di Elio Del Piano. In un opuscolo pubblicato nel 195221, i rappresentanti della LAUC affermavano di aver attinto, fin dalla fondazione dell’Associazione, “dall’esperienza di alcuni anziani che portavano a noi il ricordo della nostra Patria così come era stata prima del ventennio di negazione dei valori dello spirito e della goliardia” (Libera Associazione Universitaria di Cagliari 1952: n.n.). Ne consegue che gli organizzatori della festa delle matricole, documentata in Feriae Matricularum, furono spinti dalla volontà di ristabilire i rituali fortemente radicati nella comunità studentesca, prima di venire osteggiati dal fascismo. Essi diedero vita a una vera e propria invasione delle strade e delle piazze della città di Cagliari. “La festa della ‘matricola’ odierna”, si legge infatti nel Numero unico della festa delle matricole del 1953-54 edito dalla LAUC, “diventa festa comune, piace, interessa, viene seguita dalla cittadinanza, apprezzata da tutti”22. Un simile spirito di coinvolgimento emerge in maniera puntuale all’interno del film, a dimostrazione della capacità degli organizzatori di mobilitare la massa degli studenti e, allo stesso tempo, di catturare l’opinione pubblica (Macis 1992: n.n.).

L’organizzazione della festa delle matricole va esaminata pertanto nel quadro di una maggiore e vivace affermazione degli studenti all’interno dello spazio pubblico universitario. È possibile altresì rintracciare l’origine di una simile conquista nelle attività intraprese da organismi rappresentativi e associazioni studentesche, talvolta, costituitesi ancor prima della fine del secondo conflitto mondiale. Nel 1952 gli stessi presidenti della LAUC dichiaravano con soddisfazione:

Nove anni orsono quando l’Italia riprendeva a stento, tra le rovine morali e materiali causate dalla guerra la sua vita democratica, un gruppo di universitari dell’Ateneo cagliaritano riusciva a creare tra tante difficoltà un’Associazione Universitaria: unione di giovani democratici dalle idee politiche le più diverse, stretti solo dal desiderio comune di educarsi in democrazia e libertà, e con le opere dimostrare che la gioventù poteva dire ancora una sua parola e dare il suo contributo alla ricostruzione della patria (Libera Associazione Universitaria di Cagliari 1952: n.n.).

E, ancora, l’editoriale pubblicato nel Numero Unico per la festa delle matricole, documentata nel film di Del Piano, consente di cogliere pienamente i cambiamenti avvenuti in quegli anni all’interno del tessuto universitario. Nel corso degli anni Cinquanta, nello specifico, in una Sardegna nella fase della ‘ricostruzione’, si verificò un aumento delle immatricolazioni a Cagliari, con l’arrivo di studenti fuori sede provenienti da varie zone dell’Isola (Brizzi et al. 2007, Bullita 2005, Scroccu 2020). Come è riportato nell’editoriale: “Un tempo le matricole eran poche […] All’inizio del secolo una percentuale altissima di coloro che s’iscrivevano all’Università era costituita […] dai figli dei ricchi. […] Ora gli universitari sono molti, le parti si sono invertite e la percentuale più alta è data dai figli del popolo”23. L’aumento degli iscritti e la maggiore differenziazione sociale tra coloro che frequentavano l’università comportarono una più alta richiesta dei diritti concernenti l’assistenza universitaria, per esempio, relativamente all’edificazione della Casa dello Studente (Libera Associazione Universitaria di Cagliari 1952: 6). Anche a Cagliari, come nel resto d’Italia, la vita pubblica degli studenti si divideva tra l’impegno nell’ambito dell’associazionismo studentesco e la spensierata tradizione goliardica a cui era legata l’organizzazione della festa delle matricole.

“La festa delle matricole si ripete ed è uguale, nello spirito almeno, a tutte quelle che l’hanno preceduta. Sono diversi gli uomini ma il valore dell’avvenimento resta immutato”: così, di fronte a un’università in costante trasformazione, gli studenti facevano appello al tradizionale spirito goliardico per “carpire un giorno all’eterno divenire delle cose”24. “Questi sono i tempi delle matricole dell’anno 1953. Un giorno questa data sarà un ricordo”25. E così è stato. Feriae Matricularum si configura come una testimonianza del passato prodotta al di fuori dei canali ufficiali universitari. Essa fa parte di un sistema di documenti/monumenti che diventano fonti storiche nel momento in cui vengono “interrogati, letti e interpretati” (Vitali 2007: 111). In quanto fonte storica, Feriae Matricularum non rappresenta soltanto una traccia memoriale relativa al gruppo dei Goliardi, bensì può essere impiegata nel processo di ricomposizione della memoria istituzionale dell’università.

3 Dalla memoria-archivio alla memoria istituzionale dell’Università

Il trasferimento dalla dimensione domestica della casa a quella pubblica dell’archivio comporta una rilocazione delle immagini e, conseguentemente, delle memorie private (Nicholson 2009). Queste, non soltanto vengono poste in condizioni adeguate di conservazione, ma si aprono anche a nuove letture e interpretazioni che attribuiscono, di volta in volta, una nuova identità ai filmati amatoriali. Il passaggio nel contesto dell’archivio corrisponde a un processo di istituzionalizzazione26 dei materiali filmici amatoriali che raggiungono così lo status di documenti dal valore storico e culturale. Tale processo implica l’ingresso dei documenti filmici amatoriali all’interno di una forma di “memoria-registrazione” in cui essi “si sedimentano e vengono trasmessi nel corso del tempo” (Vitali 2007: 107). Questa memoria-registrazione non è altro che la memoria-archivio, ossia “una sorta di memoria delle memorie che include tutto quanto abbia già perduto una relazione vitale con il presente”. La memoria-archivio si differenzia dalla memoria funzionale che, in quanto memoria vivente, ha tra le sue peculiarità: “l’essere inerente al gruppo, la selettività, l’eticità e l’orientamento verso il futuro” (Assmann 2002 [1999]: 149). Inoltre, la memoria-archivio è legata al concetto di archivio inteso come “memoria istituzionalizzata […] della società”, come custode di “una memoria culturale, dal nome altisonante di ‘eredità culturale’, preservata […] da archivisti preposti alla sua tutela” (Assmann 2002 [1999]: 383-384).

La nuova vita in archivio ha luogo nel contesto di una forma istituzionalizzata di memoria che permette alle produzioni amatoriali di abbandonare l’originaria condizione di marginalità. Da memorie personali, dunque da oggetti facenti parte di una storia marginale, esse divengono tasselli di una memoria culturale collettiva, da studiare, conservare e salvaguardare. Ma l’archivio rappresenta al contempo una sorta di “intermediary storage” (Assmann 2010: 103), al confine tra l’oblio e il ricordo, in cui la conoscenza conservata è inerte, ossia potenzialmente disponibile in quanto necessita di essere interrogata. Da ciò deriva il dovere degli archivi di far uscire i documenti dai depositi (Vitali 2007), aggiornando i tradizionali paradigmi d’accesso degli archivi alle possibilità di condivisione concesse dall’uso della rete.

La condivisione online comporta un’ulteriore rilocazione dei materiali amatoriali nel contesto della nuova ‘casa web’, che, di conseguenza, divengono accessibili ad un pubblico globale. Queste operazioni di messa online dei film amatoriali da parte degli archivi non nascono semplicemente dall’urgenza di trasferire dei frammenti di memoria-archivio in un nuovo contesto. In esse si può leggere piuttosto l’intento precipuo di accrescere le opportunità di interrogare una memoria “in potenza” che necessita, di volta in volta, di essere riattivata. Tuttavia, dietro un simile proposito di valorizzazione, spesso si nasconde il rischio di andare semplicemente a incrementare il volume dei contenuti sul web. In altre parole, questa maggiore spinta all’accessibilità si configura come uno dei risultati della cultura della post-scarsità. Una cultura che è propria dell’epoca contemporanea, segnata da una tensione profonda tra la grande quantità di contenuti resi disponibili online e la capacità sempre minore da parte di chiunque di riuscire a consumarli e a dargli un senso (Hoskins 2011).

‘Dare un senso’ ai contenuti significa, ad esempio, valorizzare la rilocazione sul web dei film amatoriali, come quello di Del Piano, impiegandoli nella riconfigurazione di altre forme di memoria. Tale azione di valorizzazione prende avvio dall’analisi sviluppata nelle pagine precedenti, mediante la quale il documento filmico amatoriale è stato interpretato in qualità di fonte storica. Feriae Matricularum abbandona così l’originaria dimensione privata, manifestando un legame profondo tra la memoria personale del cineamatore e quella del gruppo studentesco dei Goliardi; al contempo, il film si fa testimone della relazione tra queste due tipologie di memoria e quella istituzionale dell’università.

Quest’ultima forma di memoria si differenzia da quella istituzionalizzata, in quanto deriva da un modo di intendere l’archivio come il fondo documentario, ossia il risultato dell’attività professionale di una data istituzione (Ricoeur 1988 [1985]: 178-179). La definizione di memoria istituzionale è stata impiegata specialmente nell’ambito degli industrial films per descrivere la documentazione archivistica prodotta da una qualsiasi organizzazione industriale (Hediger e Vonderau 2009). È stato rilevato, infatti, come anche la fotografia e il cinema abbiano partecipato nel corso della storia alla costruzione di tale memoria, assumendo fin da principio la funzione di “technology of celebration” (Hediger e Vonderau 2009: 40). Una simile funzione rinvia esplicitamente a quella di technique de fête che Pierre Bourdieu iscriveva originariamente alla fotografia – anche per i suoi usi privati. Come nell’ambito delle produzioni filmiche familiari, anche in quello aziendale, i film sono stati dunque utilizzati principalmente per documentare gli eventi più importanti e le celebrazioni “in the ‘life’ of a company” (Hediger e Vonderau 2009: 40). Il risultato di questo modo di intendere e utilizzare il mezzo cinematografico ha trovato espressione in una tipologia di film che denota chiaramente un’unica e particolare prospettiva di visione, ossia quella istituzionale.

Proiettato nel contesto universitario, un simile ragionamento fa venire subito in mente i filmati che documentano momenti cerimoniali, tra i quali: le inaugurazioni degli anni accademici, i discorsi dei Rettori, i convegni, le aperture di nuove strutture scientifiche, ecc. Alla loro origine ci sarebbe di fatto un punto di vista univoco, corporativo o istituzionale, dal quale dipende un modo di intendere l’università come: “un luogo chiuso, protetto dai suoi limiti, all’interno dei quali delle persone, si sarebbe tentati di dire del personale, si abbandonano a comportamenti ritualizzati […] che confortano simbolicamente il profilo dell’Istituzione, gestita come un microcosmo che dispone di sue regole e di un suo linguaggio” (Macherey 2021: 25). Ma è davvero questa la chiave di interpretazione giusta per delineare la memoria istituzionale universitaria? In realtà, l’università rappresenta un’organizzazione complessa dalla composizione sociale diversificata. Lo stesso termine ‘istituzione’ può nascondere alcune insidie delineando, ad esempio, il profilo di “un’organizzazione chiusa, bloccata e sigillata”, che “tende a eludere qualsiasi lavoro di messa in discussione degli equilibri eretti e ‘sacralizzati’” (Capolupo e Miglietta 2012: 42). Tali equilibri trovano conferma, per esempio, nelle modalità ufficiali di rappresentazione audiovisiva promosse dall’università. In esse è evidente l’intento di celebrare il consolidamento e la longevità di un’immagine precisa dell’istituzione universitaria, da tramandare a futura memoria. Da questo punto di vista, sembrerebbe che tutto quanto sia stato prodotto al di fuori dei canali ufficiali rischi di mettere in discussione una tale immagine consolidata e, si potrebbe aggiungere, convenzionale dell’università. Tuttavia, è importante puntualizzare che l’università si connota come “un’istituzione sui generis” (Morzenti Pellegrini 2014: 32). Si tratta effettivamente di un’istituzione sociale, tra le più antiche, che si caratterizza per una composizione profondamente diversificata. Inoltre, essa è stata oggetto di importanti mutamenti che trovano, per esempio, testimonianza all’interno del film di Del Piano, oltreché nei documenti d’archivio legati al gruppo dei Goliardi. Di conseguenza, la memoria istituzionale non può non riflettere la complessità sociale che contraddistingue da sempre l’università.

Posto in questi termini, lo studio di Feriae Matricularum e, più in generale, dei film amatoriali offre la possibilità di riscrivere la memoria istituzionale universitaria secondo un punto di vista plurale e diversificato. Ciò deriva dall’esigenza di proporre un’alternativa all’attitudine celebrativa propria delle produzioni istituzionali che restituiscono un’immagine univoca dell’università, contrariamente alla sua complessità organizzativa e sociale. Per completare il ragionamento, torna utile anche qui far riferimento a quanto rilevano Hediger e Vonderau rispetto alla memoria delle produzioni filmiche industriali. Essi scrivono infatti:

As the example of the company outing film shows, institutional memory has its official and unofficial, or private, layers. Along with company-produced photographs and films, corporate archives quite often contain private films in Super-8 and other formats. Many of these films are intimate records of the company owner’s family life, but others were made by employees and later given to the archives. Among other things, these films are an important source for studies in social history (Hediger e Vonderau 2009: 41).

L’intento perseguito in questa sede consiste dunque in una ricomposizione della memoria istituzionale che si contraddistingue per i suoi strati sia ufficiali sia non-ufficiali, in cui, accanto alle ‘produzioni dell’università’, compaiono quelle ‘sull’università’27. In altri termini, accanto all’immagine celebrativa e convenzionale trasmessa dalle prime, vanno poste quelle molteplici e complesse che pertengono alla seconda tipologia di produzioni di cui fanno parte i film amatoriali. Questi restituiscono una testimonianza filmica o audiovisiva dei vari momenti, compresi quelli conflittuali, vissuti in università. Pertanto, soltanto se indagati e interrogati, i materiali amatoriali permettono di riconfigurare la memoria istituzionale secondo il punto di vista, sempre differente, di coloro che hanno partecipato attivamente a scrivere la storia dell’università. La ricostruzione di tale memoria istituzionale si inserisce così all’interno di un più ampio “riesame delle questioni di identità, cultura, storia, politica e memoria dal punto di vista delle immagini realizzate al di fuori dei canali dominanti di rappresentazione” (Zimmermann 2008: 20, trad. mia). Tuttavia, questo non rappresenta un pretesto per sovrapporre all’immagine ufficiale dell’università, prodotta secondo una prospettiva istituzionale, quella più complessa e variegata trasmessa dai materiali amatoriali. Al contrario, è più che altro un’esortazione a ripensare la memoria istituzionale, prendendo avvio dall’incontro tra questi differenti modi di documentare la vita in università e, di conseguenza, la sua storia.

4 Conclusioni

Per essere assunti come fonti i documenti non ammettono sguardi ingenui (Vitali 2007). Seguendo questa sollecitazione, abbiamo cercato di riattivare uno tra i tanti frammenti di memoria-archivio fruibili online. L’intento è stato quello di proseguire nel percorso di valorizzazione dei documenti filmici amatoriali che gli archivi sempre più spesso intraprendono sul web, come dimostra la presenza all’interno del portale Antenati di alcuni fondi conservati in Cineteca Sarda. Da una parte, attraverso l’analisi visuale e l’interpretazione critica del documento filmico è stato messo in luce il valore di Feriae Matricularum in quanto fonte storica. A questo proposito, l’indagine ha previsto il confronto con altri materiali d’archivio e testimonianze di vario tipo, tra cui l’intervista fatta ad Antonio Vodret e il video, contenente il racconto sulla Goliardia, realizzato dallo stesso Del Piano. Il resto della documentazione cartacea impiegata è invece direttamente riconducibile al gruppo dei goliardi cagliaritani. In tal modo, è stato possibile, non soltanto ricostruire con esattezza l’evento rappresentato all’interno del film, ma soprattutto osservarlo in relazione a un preciso contesto storico e sociale e, potremmo aggiungere, territoriale.

Come altri Atenei italiani, anche l’Università di Cagliari, nella prima metà degli anni Cinquanta, veniva travolta dall’entusiasmo degli studenti, pronti a far sentire la propria voce tra rivendicazioni della tradizione goliardica e impegno negli organismi rappresentativi universitari. I cambiamenti sociali avvenuti in seno alla compagine degli studenti, con l’ingresso dei cosiddetti ‘figli del popolo’, comportò un aumento delle richieste da parte degli organismi rappresentativi per l’ottenimento di maggiori diritti. L’impegno dimostrato dagli studenti avrebbe portato negli anni successivi a importanti conquiste, come ad esempio l’edificazione nel 1956 della Casa dello Studente situata in via Trentino. Questa accolse i primi studenti a partire dal 1963, dopo che nel corso degli anni Cinquanta c’era stato un incremento delle iscrizioni all’università. Tale crescita avrebbe visto inoltre un aumento considerevole in seguito all’attuazione, nel 1962, del Piano di Rinascita della Sardegna che incise profondamente sullo sviluppo dell’Ateneo cagliaritano (Scroccu 2020).

Feriae Matricularum si configura perciò come una testimonianza del passato prodotta dal basso, che, se riattivata, contribuisce a delineare la memoria istituzionale dell’università secondo una prospettiva composita. Vale a dire in base al punto di vista di coloro che hanno partecipato dall’interno a scrivere la storia dell’università, non soltanto nell’ambito dei canali ufficiali. Le immagini complesse e multiformi derivanti dai film amatoriali vanno dunque ad affiancarsi a quella univoca trasmessa dalle produzioni ufficiali ‘dell’università’. Prende corpo così una memoria istituzionale rivista a partire dalle testimonianze filmiche e audiovisive ‘sull’università’ lasciate in eredità da coloro che, talvolta inconsapevolmente, hanno dato vita a documenti storici di notevole interesse.

Da ciò emerge l’urgenza di riattivare e interrogare i tanti documenti prodotti dal basso che fanno parte dell’immensa memoria-archivio. A nostro parere, non basta soltanto che i documenti filmici amatoriali escano letteralmente dai ‘depositi’, rischiando così di andare a incrementare la quantità illimitata di contenuti sul web. È necessario piuttosto portare avanti i percorsi di valorizzazione dei materiali amatoriali intrapresi dagli archivi e sfruttare gli strumenti di accesso offerti dalla rete, al fine di produrre nuovo valore. In che modo? Attraverso il reinserimento di tali documenti filmici nel circuito della produzione di altre forme di memoria o del riesame di quelle già esistenti, procedendo nell’ottica del riuso e della costruzione di nuovi significati. Così facendo, il passato, che la svolta connettiva rende sempre di più a portata di mano, viene rivisto sotto una luce sempre nuova, nonché secondo un modello collaborativo, polivocale e multiprospettico. Un modello, questo, che consente di riscrivere le diverse memorie, tra le quali quella istituzionale dell’Università di Cagliari. “To be continued…” (Simoni 2015: 27).

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  1. Va precisato che la Società Umanitaria della Sardegna si articola a livello regionale in tre Centri di Servizi Culturali con sede a Cagliari, Carbonia e Alghero. La Cineteca Sarda, fondata nel 1966, fa parte del Centro della Società Umanitaria di Cagliari. Nel suo archivio si trovano perciò i materiali audiovisivi raccolti grazie al progetto La tua memoria è la nostra storia, alla cui origine risiede infatti l’intento di costruire “l’archivio della memoria privata e familiare dei sardi”. Per maggiori informazioni si rinvia ai link che seguono: http://www.lacinetecasarda.it/cinemadifamiglia/index.php (ultimo accesso 19-07-23); https://www.umanitaria.it/cagliari-chi-siamo/cagliari-cineteca-sarda (ultimo accesso 19-07-23); https://www.umanitaria.it/cagliari-chi-siamo (ultimo accesso 19-07-23); https://www.umanitaria.it/cagliari-chi-siamo/cagliari-archivio (ultimo accesso 19-07-23).↩︎

  2. Nel 2020 il Portale è stato sottoposto a una reingegnerizzazione funzionale e grafica condotta sempre dalla Direzione generale Archivi: https://antenati.cultura.gov.it/il-portale/storia-del-progetto/ (ultimo accesso 19-07-23).↩︎

  3. Per consultare la pagina dedicata alla Società Umanitaria – Cineteca Sarda si rinvia al seguente link: https://antenati.cultura.gov.it/storie-famiglia/societa-umanitaria-cineteca-sarda/ (ultimo accesso: 19-07-23).↩︎

  4. Per la fruizione online il film è stato suddiviso in tre parti che possono essere visionate nella pagina dedicata a Elio Del Piano. In essa sono contenute inoltre le informazioni concernenti la biografia del cineamatore e il relativo fondo filmico: https://antenati.cultura.gov.it/storie/elio-del-piano-tra-documentario-e-finzione/#Introduzione (ultimo accesso: 19-07-23).↩︎

  5. Si veda il report citato dalle due studiose, consultabile al link seguente: https://www.unesco.org/en/legal-affairs/recommendation-safeguarding-and-preservation-moving-images (ultimo accesso 19-07-23).↩︎

  6. A tal proposito, i due studiosi, circoscrivendo la propria analisi al contesto europeo, spiegano come la Cinémathèque de Bretagne, fondata nel 1986, sia stata “tra le prime a percorrere questo approccio visivo alla storia del territorio, dei luoghi e del paesaggio”. (Simoni e Torri 2011: 265).↩︎

  7. Si pensi, ad esempio, alla creazione della piattaforma Memoryscapes da parte dell’Associazione Home Movies di Bologna, che nel 2002 ha fondato l’Archivio Nazionale del Film di Famiglia. In particolare, nella home page del sito si legge: “Memoryscapes è la prima piattaforma dedicata alla riscoperta del patrimonio privato italiano in formato ridotto. Uno sguardo inedito sulle memorie di famiglia del secolo scorso e più di 3.000 brevi filmati per narrare un’unica storia: la nostra”. Cfr. https://www.memoryscapes.it/ (ultimo accesso 23-02-24).↩︎

  8. Per quanto riguarda il dibattito sulle problematiche legate ai costi della digitalizzazione, alla conservazione dei supporti audiovisivi digitali o delle copie filmiche digitalizzate si rinvia a: (Dagna 2021), all’interno dello stesso contributo è citato, inoltre, il saggio di Rossella Catanese (Catanese 2014).↩︎

  9. Si tratta di un errore di trascrizione del nome del modello della cinepresa.↩︎

  10. Nel quadro teorico tracciato dallo studioso per ideologia si intende “l’universo del sapere del destinatario e del gruppo a cui appartiene, i suoi sistemi di attese psicologiche, i suoi atteggiamenti mentali, la sua esperienza acquisita, i suoi principi morali (diremmo la sua ‘cultura’, nel senso antropologico del termine, se della cultura così intesa non facessero parte anche i sistemi retorici)” (Eco 2016: sez. A cap. 4).↩︎

  11. Già nel periodo fascista “la bohème goliardica divenne un avversario esplicito, un male da estirpare” all’interno delle Università italiane da parte del Regime; tale tentativo di sradicare i costumi tradizionali della vita studentesca fu perseguito, in particolare, attraverso l’organizzazione nazionale dei Guf (Gruppi Universitari Fascisti) che, tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta, assunsero un assetto definitivo (Quagliariello 1987: 60). Tuttavia, fu soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta che la Goliardia divenne ufficialmente sinonimo di disimpegno politico portando ad un vero e proprio scontro all’interno delle organizzazioni studentesche (Mansi 2017: 3).↩︎

  12. Si tratta di un documento audiovisivo di grande rilevanza, che è entrato in possesso di chi scrive nel corso delle ricerche della documentazione archivistica da impiegare per l’analisi del film. Il video è stato proiettato nel 2014, assieme al film Feriae Matricularum, in occasione di una rassegna cinematografica dedicata a Elio Del Piano, organizzata dal Cineclub FEDIC di Cagliari, di cui il cineamatore, insieme ad Antonello Vodret, fu tra i soci fondatori nel 1953. Si veda a questo proposito: https://www.cineclub-fedic-cagliari.com/storia (ultimo accesso: 19-07-23). Desidero ringraziare Pio Bruno, presidente del Cineclub FEDIC di Cagliari, per la disponibilità dimostrata nel reperimento, sia di questa video-testimonianza, sia di altra documentazione cartacea e fotografica relativa al film.↩︎

  13. La feluca presentava un colore diverso a seconda della facoltà di appartenenza del goliardo, quella posseduta da Del Piano, per esempio, era rossa e indicava la facoltà di Medicina. Per le informazioni sui differenti colori del cappello goliardico si rinvia a Alvigini 2022: 53. Per indossare il goliardino venivano seguite regole ben precise: quello delle matricole era spoglio; quello degli studenti del secondo anno (I fagioli) poteva essere adornato con spille purché non fossero pendenti; gli studenti del terzo anno (Le colonne), i più scatenati nella caccia alle matricole, potevano arricchire il proprio cappello con quanti oggetti desideravano; infine, quello dei laureandi si distingueva per l’applicazione di una fresa dorata sul lato destro. (Alvigini 2022: 53). Il goliardino posseduto da Elio Del Piano si caratterizzava per la presenza di numerose spille e ciondoli.↩︎

  14. Utilizziamo la definizione di diario filmato o diary film nell’accezione che Alice Cati elabora a partire dalle categorie individuate da David E. James (1992), in riferimento alle opere di Jonas Mekas (Cati 2009: 98 e 184-185). Per quanto concerne l’aspetto tecnico, è opportuno accennare soltanto brevemente alla metodologia di lavoro utilizzata da Elio Del Piano, che sembra accomunare ogni sua produzione filmica; perlomeno, ci riferiamo ai lavori conservati nell’archivio della Cineteca Sarda, che sono tutti in formato 8mm e rappresentano il risultato di un processo di assemblaggio e di montaggio compiuti con una moviola e una giuntatrice 8mm. Questi lavori coprono un arco temporale che va dagli anni '40 agli anni '70. Del Piano acquistò la prima cinepresa nel 1949 e, da quel momento, iniziò a realizzare i suoi film amatoriali con i quali ha documentato i momenti della sua vita privata e quotidiana, specie quelli trascorsi con gli amici. Al contempo, egli ha ripreso anche manifestazioni di varia natura, talvolta legate alle tradizioni popolari e religiose della Sardegna. In altre occasioni si cimentò, invece, nella realizzazione di film di finzione, con il coinvolgimento di amici e affetti stretti in qualità di attori. Per ulteriori informazioni si veda: https://antenati.cultura.gov.it/storie/elio-del-piano-tra-documentario-e-finzione/#Introduzione (ultimo accesso: 19-07-23).↩︎

  15. La traduzione in italiano del termine della lingua sarda mandrone corrisponde a: pigro.↩︎

  16. Ne consegue l’indicazione del nome di Vodret nei titoli di testa del film. In un’intervista concessa a chi scrive, in data 29-06-2022, il Prof. Antonio Vodret ha precisato che la sua collaborazione al film si limitò alla realizzazione delle riprese concernenti la spedizione a Sassari per il rapimento di Mandrone I. In seguito, il materiale filmato fu da lui consegnato a Del Piano per il montaggio finale. L’informazione relativa alla sua collaborazione è confermata anche all’interno del saggio di Attilio Macis (1992). Ricordiamo, infine, che nei titoli di testa del film, tra i collaboratori compare anche il nome di Nanni Puddu, sul quale, tuttavia, non è stato possibile reperire alcuna informazione. In realtà, quest’ultimo non viene menzionato nel video-racconto di Del Piano, né nell’articolo di Attilio Macis. Inoltre, una sua eventuale collaborazione al filmato non ha trovato conferma nell’intervista fatta a Vodret.↩︎

  17. Tali attività riguardarono esclusivamente i ragazzi e non le ragazze che parteciparono, comunque, attivamente all’evento.↩︎

  18. L’utilizzo di tale immagine che funge da intervallo tra due sequenze diverse rappresenta un espediente tecnico che ricorre più volte all’interno del film.↩︎

  19. I rappresentanti dei singoli O.R.S. “andarono a comporre l’Unione nazionale universitaria rappresentativa italiana (Unuri), fondata nel dicembre 1948 a Perugia” (Mansi 2017: 2).↩︎

  20. Sulla base della documentazione d’archivio cartacea raccolta fino ad oggi, non ci sono materiali che attestano l’anno esatto dell’istituzione dell’ORUC. Presumibilmente la sua nascita si colloca in un arco di tempo compreso tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta. A questo periodo risale infatti l’attestazione delle attività dell’ORUC sia nell’opuscolo della LAUC del 1952, sia nel numero unico per la festa delle matricole pubblicato nello stesso anno: Il Mandrillo. Numero unico per la festa delle matricole (1952), Cagliari, 11 dicembre 1952. S.l.: s.n. Inoltre, sempre all’interno del libretto della LAUC sono contenute altre informazioni importanti circa la presenza di diversi membri della LAUC all’interno dell’ORUC in qualità di rappresentanti (Libera Associazione Universitaria di Cagliari 1952: 8).↩︎

  21. Si tratta di un libretto che rendicontava le attività svolte dall’Associazione a partire dall’anno della sua fondazione – il 1944 – fino al 1952.↩︎

  22. Il Marpione. Numero unico per la festa delle matricole (1953-1954), Cagliari, anno 1953-54. S.l.: s.n.↩︎

  23. Il Marpione. Numero unico per la festa delle matricole (1953-1954), cit.↩︎

  24. Ibid.↩︎

  25. Ibid.↩︎

  26. Ci riferiamo a quanto afferma Paul Ricoeur sul carattere istituzionale degli archivi intesi come istituzioni il cui compito specifico è quello di produrre, ricevere e conservare i documenti stessi, si veda: (Ricoeur 1988 [1985]: 179).↩︎

  27. Si è cercato di applicare al contesto dell’istituzione universitaria il ragionamento sviluppato da Roger Odin in merito all’evoluzione delle pratiche di registrazione memoriale, relative alla sfera di produzione video-filmica familiare. Odin nota come ad un certo punto tale pratica abbia acquisito una connotazione testimoniale, con il passaggio degli home video da una condizione di “video di famiglia” a quella di “video sulla famiglia” con l’inclusione nelle riprese di qualsiasi momento vissuto in famiglia, comprese le situazioni conflittuali. (Odin 2018).↩︎