Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.23 (2023), 175–177
ISSN 2280-9481

La natura mediale della moda. Adriano D’Aloia, Marco Pedroni (a cura di), I media e la moda. Dal cinema ai social network, Carocci, Roma 2022

Sofia PanzaUniversity of Parma (Italy)

Pubblicato: 2023-07-20

La moda sta avendo sempre di più un ruolo incisivo e fondamentale all’interno dei media, sia nei mezzi di comunicazione tradizionali sia per quelli in espansione e online. Quello che il volume I media e la moda. Dal cinema ai social network tenta di fare è sottolinearne quanto la moda si stia riappropriando di uno spazio attivo, in cui si rende, in primis, visibile e manifesta, ma anche quanto si ponga come costruttrice di immaginari, esperienze, visioni e modelli socio-culturali.

Adriano D’Aloia e Marco Pedroni curano una pubblicazione che racchiude saggi di teorici e studiosi provenienti da percorsi di ricerca e analisi differenti tra di loro. Il fil rouge è la necessità di incominciare a considerare, in ambito sia accademico che di ordine quotidiano ed abituale, la moda in quanto medium; dunque in grado di rivendicare una posizione autonoma, con la forza di essere oggetto di rappresentazioni ma anche produttrice di significati e discorsi autonomi.

Nei vari capitoli si trattano le tendenze, gli stili e le forme espressive come un fenomeno sociale, capace di delineare modelli estetici e culturali in un determinato luogo e tempo, nondimeno dare vita a elementi di coesione e riconoscibilità, oltre ad inserirsi con un ruolo dinamico all’interno dei mercati.

Due sono le famiglie che mettono in connessione la moda ed i media, e che possono emergere nei trattati dei singoli autori.

La moda dei media, macro-categoria costruttrice di percorsi volti all’esplorazione dell’interiorità dei soggetti ed oggetti, tramite la caratterizzazione del vestiario e dei costumi. La progressione narrativa, l’evoluzione personale e l’identità individuale o sociale si manifestano grazie alla scelta di capi e abiti indossati. Il primo livello, per quanto possa sembrare una riflessione reiterata, accompagna storie e personaggi, aiutando l’identificazione dell’individuo in contesti, gruppi o introspezioni, con una visione che vede nella strutturazione un rapporto di influenza attiva di svariati fattori.

Casi studio di prodotti culturali ed audiovisivi danno origine a riflessioni ad ampio spettro. Il riferimento a serie tv complesse e di qualità, come Sex Education (Netflix 2019 - in corso) o Pose (FX, 2018-2021), diventa l’espediente per analizzare, con prospettiva sociologica e mediale, il rapporto che vige tra la definizione identitaria, i significati culturali legati agli stili vestiari, e l’espansione narrativa che guida le forme paratestuali estetiche verso una collocazione sociale, aprendo a simboli di status, di carattere e di personalità, in forma talvolta stereotipica, come il protagonista Otis (Sex Education), o con sovversione di canoni, seguendo l’esempio di Blanca (Pose).

Gli stilemi si ergono, inoltre, a discorso politico, impronta che non manca di essere analizzata sotto vari punti di vista. Che sia di rappresentanza, di definizione di singoli soggetti ma anche di interi gruppi marginali, se non di classi, le forme di resistenza e posizione vengono veicolate anche tramite gli aspetti del fashion. L’amplificazione dei significati grazie alla moda diventa sia incidente nella qualità del prodotto, valorizzandolo, sia forma di trasmissione valoriale.

In un’altra direzione spinge l’idea di media della moda, in cui si sviluppa un intreccio di istanze culturali ed economiche in grado, negli anni, di creare modelli normativi e immaginari condivisi, fino a veri e propri habitus ed attori sociali emergenti. Dalle sfilate ai magazine, dalla figura dell’influencer alla brand reputation, si avverte preponderante un approccio di appropriazione di linguaggi e dispositivi da parte della moda, che crea i suoi stessi media. La moda è un prodotto simbolico, con codici e simboli che convergono nell’esperienza quotidiana dell’individuo, ma è matura e pronta abbastanza per rendersi sempre più produttrice. Con vari spunti, dal riferimento al blog The Blonde Salad di Chiara Ferragni, fashion blogger italiana per eccellenza, e che ha un legame esplicito e congruente con il concetto di moda, alla citazione di Chimamanda Ngozi Adichie e il suo libro We Should All Be Feminist trasformato in t-shirt da Maria Grazia Chiuri, gli autori indagano quanto il valore e l’attenzione non è più solo verso all’oggetto di consumo, bensì si posa sulle relazioni ed interazioni che il soggetto ha con quell’oggetto, legittimando l’esistenza di una coproduzione di significati.

Esempi ancor più espliciti della categoria concernono il sistema delle tecnologie indossabili, quindi una serie di oggetti elettronici che diventano parte integrante degli outfit quotidiani dei soggetti, o le tecnologie immersive utilizzate dai fashion brand. Tutto ciò è pregno di coinvolgimento, partecipazione ed esperienza del soggetto, con cui vige una comunicazione condivisa.

Questi rapporti, divisi per sezioni, elementi e focus dettagliati, devono essere letti ed analizzati grazie a un concetto trasversale di mediatizzazione e di ambiente, come direbbe Ruggero Eugeni, “postmediale”.

La moda, ergendosi a media, modifica la soggettività, mescola la vita concreta a quella online, condiziona e viene condizionata, citando il paradigma di co-influenza di Judith Butler, abitudini, gusti, conoscenze, modi di pensare e azioni, percezioni e pregiudizi. In uno scenario attuale in cui la moda-medium risulta inavvertibile, pervasiva ed ubiqua, il condizionamento attuato sui processi umani potrebbe passare sottotraccia. D’Aloia e Pedroni citano chiaramente Bourdieu ed il suo concetto di habitus. In ogni ambito di interesse, emerge come le abilità comunicative della moda siano estese nel tempo e nello spazio, quanto ci sia mescolanza di attività, formati, valutazioni e routine che interessano e ibridano più istanze, soggetti ed istituzioni.

Il volume si pone sottilmente come un monito. Il primo paragrafo allerta il lettore, lo induce ad abbandonare l’idea di moda e media in quanto oggetti superficiali, leggeri e socialmente ininfluenti.

L’immaginario contemporaneo si costruisce e viene costruito dalla moda mediatizzata, e l’augurio è di creare sempre più riflessioni che eludano “l’insostenibile leggerezza dell’essere di moda” (come annuncia il titolo del primo paragrafo della pubblicazione).