Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.23 (2023), 171–173
ISSN 2280-9481

Serialità/Comunità. Utopia e ideologia nelle serie televisive contemporanee. Massimiliano Coviello, Comunità seriali. Mondi narrati ed esperienze mediali nelle serie televisive, Roma, Meltemi 2023

Federico PagelloUniversity of “G. d‘Annunzio” Chieti – Pescara (Italy)

Pubblicato: 2023-07-20

Come annunciato chiaramente dal suo titolo, il libro di Massimiliano Coviello mette a fuoco due aspetti cruciali della cultura mediale contemporanea, non soltanto in campo televisivo: da un lato, il ruolo centrale conquistato dalla serialità nell’immaginario collettivo degli ultimi anni; dall’altro, l’idea che questo fenomeno sia dovuto, fra le altre cose, alla capacità delle serie TV di dare espressione ad un desiderio (spesso frustrato) di comunità. È dall’intersezione tra queste due questioni che prende forma il volume, che si presenta come un contributo al dibattito sul significato, sulle potenzialità e, forse, sui limiti della serialità televisiva contemporanea da un punto di vista immediatamente politico. Il volume si interroga in particolare sulla rappresentazione della comunità in serie televisive che hanno catturano l’attenzione di milioni di spettatori negli Stati Uniti e in Europa, e che vengono spesso utilizzate da giornalisti, critici e commentatori di ogni genere (a volte addirittura dagli stessi politici) per cercare di interpretare il nostro presente. Quali immagini dei conflitti che lacerano la società occidentale contemporanea ci restituiscono queste narrazioni? Come ci aiutano a comprendere le contraddizioni che sembrano rendere impossibile la soluzione di questi dissidi? Come ci permettono (se ci permettono) di immaginare strategie per la costruzione di nuovi modelli sociali?

Per cercare di rispondere a questi difficili quesiti, Coviello affronta un ampio catalogo di serie televisive più o meno recenti – da Westworld a Utopia, da Lost ad House of Cards, da 24 a Babylon Berlin, da This Is Us a Anna – appartenenti a una molteplicità di generi e tipologie di prodotti diversi ma accomunate secondo l’autore dal tentativo di affrontare il problema del vivere in comune. Per Coviello, inoltre, le serie analizzate nel libro non dimostrano soltanto la volontà di tematizzare una stessa tematica, ma chiariscono come il dispositivo seriale contribuisca al successo del suo trattamento in queste narrazioni. Il libro indica ad esempio nella cosiddetta “complessità narrativa” (Mittell) una delle ragioni della capacità della recente serialità televisiva di generare un immaginario subito penetrato nella cultura contemporanea a vari livelli, sia dal lato della produzione (rinnovando profondamente il panorama mediale) che dal lato del consumo (innescando processi di trasformazione e partecipazione da parte del pubblico).

Il primo capitolo del volume è dedicato all’inquadramento teorico e metodologico dei suoi oggetti di studio. Innanzitutto, Coviello passa in rassegna gli approcci più influenti nel campo della serialità, in generale, e delle serie televisive contemporanee, in particolare. Il quadro complessivo del dibattito sulle narrazioni seriali nei media viene ricostruito attraverso una rapida ma efficace panoramica di concetti proposti da studiosi come McLuhan, Eco, Casetti, Bolter e Grusin, mentre uno spazio privilegiato per l’analisi della serialità televisiva recente è occupato dal lavoro di Henry Jenkins e, soprattutto, dal citato paradigma della “complessità narrativa” sviluppato da Jason Mittell. In questo modo, Coviello mette in luce da un lato il funzionamento culturale e politico delle industrie mediali, dando il giusto spazio alle strategie produttive, tecnologiche e commerciali che presiedono alla nascita degli oggetti analizzati nel libro. Dall’altro lato, questi richiami permettono evidenziare il ruolo delle audience, sottolineando la recente serialità televisiva abbia forse saputo valorizzarlo meglio di altri settori della cultura mediale contemporanea. Due rapide analisi di Westworld e Succession chiudono il capitolo, legando tale quadro analitico generale alla questione del racconto della comunità nelle serie televisive e mostrando immediatamente come queste serie si concentrino sulla rappresentazione di una rete di conflitti irrisolti, che sembrano caratterizzare la società occidentale attuale.

Proseguendo in questa direzione, l’autore dà spesso per acquisite l’analisi dei modi di produzione e di ricezione, concentrandosi soprattutto sulla questione della rappresentazione. A partire dal secondo capitolo, Comunità seriali esplicita inoltre un’altra premessa teorico-metodologica rimasta finora sullo sfondo: l’idea che molte recenti serie televisive siano riuscite a relazionarsi in modo efficace con specifici avvenimenti storici e dibattiti politici che hanno coinvolto (e sconvolto) le società occidentali negli ultimi due decenni. Il secondo capitolo è infatti dedicato alla rappresentazione degli effetti degli attentanti dell’11 settembre 2001 nella serialità televisiva americana e non solo (in serie come Lost, The Looming Towers, Homeland, Station Eleven), mentre il terzo capitolo si occupa di come la pandemia sia stata rappresentata in serie televisive statunitensi ed europee (p.e. in Social Distance, This Is Us, Anna). Il quarto e ultimo capitolo si concentra invece su uno specifico genere – il crime – frequentemente utilizzato negli ultimi anni dalle serie televisive europee (p.e. Criminal, Black Earth Rising, Babylon Berlin) come lente di osservazione per la messa in scena dei conflitti sociali, culturali e politici che agitano il Vecchio Continente. Nei tre casi, l’analisi delle serie selezionate mostra come l’elaborazione del tema della comunità – dalle minacce interne ed esterne alla sua sicurezza ai conflitti che generano i diversi possibili modi di organizzare la vita in comune – influisca tanto sulla forma quanto sui contenuti di queste narrazioni.

Questi tre capitoli chiariscono inoltre le premesse filosofico-politiche del volume. Da un lato, appare ricorrente il riferimento alle riflessioni di Michel Foucault, Jacques Derrida e Roberto Esposito intorno ai concetti di biopolitica e, il particolare, di “paradigma immunitario”. Per Coviello tale prospettiva aiuta a comprendere come le serie televisive analizzate descrivano una situazione di crisi della comunità, apparentemente spinta verso nuove forme di solidarietà dalla minaccia di un pericolo esterno, ma in realtà quasi sempre incapace di riconoscersi in quanto vera comunità. Dall’altro lato, appare fondamentale il riferimento all’idea di eterotopia proposta da Michel Foucault, che viene discusso nel libro una volta sola (a proposito della serie di Niccolò Ammaniti Anna, Sky 2021) ma sembra in grado di chiarire in modo compiuto l’approccio di Coviello al proprio oggetto di studio: “le eterotopie sono utopie realizzate: spazi di condensazione delle contraddizioni, in essi i luoghi di un sistema culturale si trovano rappresentati e allo stesso sospesi, neutralizzati o sovvertiti. Luoghi di evasione, come la sala cinematografica e il teatro, ma anche di contenzione e di sorveglianza, come il manicomio e la prigione: le eteropie di Foucault hanno una funzione essenziale per la struttura sociale in cui si collocano poiché in esse vengono convogliate aporie, contraddizioni e paradossi che, se liberati, minerebbero le fondamenta della società stessa” (p. 109). Evidentemente, per Coviello la serialità televisiva può essere concepita nello stesso modo, ovvero come un terreno in cui la comunità può pensare le proprie condizioni di (im)possibilità all’interno del sistema sociale corrente, prendendo atto di quello che ne ostacola lo sviluppo democratico ma anche immaginando nuove forme di vita collettiva.

Questa matrice foucaultiana – sempre attenta a privilegiare la dimensione affermativa dei discorsi sociali – assieme all’influenza degli approcci di studiosi della cultura pop come Grusin, Jenkins e Mittell spiegano l’enfasi posta dal libro soprattutto sull’aspetto “progressista” delle serie televisive contemporanee, individuato alla loro capacità di dare espressione al desiderio di nuove forme utopiche di comunità (p.e. in Station Eleven), così come il significativo rilievo assegnato dal volume alle pratiche di partecipazione da parte del pubblico, dal cosiddetto fandom investigativo alle comunità online, fino alla dimensione del consumo transmediale. Se si volesse muovere un’osservazione a questo approccio, si potrebbe suggerire che questa prospettiva rischia forse di limitare un po’ la dimensione critica che la riflessione sulle serie televisive potrebbe permettersi di elaborare circa il ruolo ideologico ricoperto dalle narrazioni seriali. In effetti, lo stesso concetto di eterotopia così come lo descrive Coviello insiste sul fatto che questi spazi sono anche dispositivi per il contenimento della dimensione politica della comunità, uno strumento per il suo assoggettamento a forme di controllo e di manipolazione, in primo luogo attraverso la regolazione del tempo del vivere in comune. E, infatti, cosa sono le serie televisive (e le piattaforme attraverso cui le guardiamo) se non innanzitutto dei dispositivi per catturare il pubblico in una macchina che occupa e disciplina in modo invasivo il tempo individuale e collettivo? La presentazione di alternative alla frammentazione della società occidentale contemporanea in queste serie non è – molto spesso consapevolmente – una illusoria espressione della (mancanza di) democrazia nel mondo reale? In quale misura, insomma, è necessario sottolineare, accanto alla loro dimensione utopica, anche la dimensione ideologica di queste narrazioni, a volte piuttosto esplicita, e che si manifesta innanzitutto nel modo cui produttori, spettatori e i critici liberal statunitensi utilizzano la legittimazione culturale della cosiddetta complex television per (rap)presentarsi come la parte più avanzata della società americana?

E, in effetti, il libro di Coviello mette a volte in luce anche questi aspetti, per esempio nelle pagine dedicate a serie come Succession o House of Cards, nelle quali l’autore identifica una descrizione disincantata – se non apertamente cinica – delle istituzioni e delle forme di vita negli Stati Uniti e nell’Europa di oggi. Anche questo modo, Comunità seriali dimostra come le serie televisive contemporanee, e il libro stesso, mettano in luce tanto gli aspetti progressivi quanto le contraddizioni di una produzione narrativa attualmente centrale nella cultura mediale contemporanea.