Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.23 (2023), 99–107
ISSN 2280-9481

“Ma ti ricordi come ci scrivevamo a lungo, da costa a costa?”. Il cinema nelle lettere private di Lorenzo Pellizzari e Guido Fink tra anni Sessanta e Settanta

Marco ZilioliUniversity of Parma (Italy)

Marco Zilioli (PhD) is adjunct professor at the University of Parma. His research interests concern film production, postwar cinema and the popular and specialized magazines. On these topics he has written several essays for collective volumes or journals such as Cinergie - Il Cinema e le altre Arti, La valle dell’Eden and Cinema e Storia. He is also Journal Manager of Cinergie.

Ricevuto: 2023-02-22 – Pubblicato: 2023-07-20

“Ma ti ricordi come ci scrivevamo a lungo, da costa a costa?”: Cinema in the Private Letters of Lorenzo Pellizzari and Guido Fink between the 1960s and 1970s

Abstract

This essay is aimed at providing a first overview and analysis of Lorenzo Pellizzari’s network and personal relationships, unravelling several elements within Italian film criticism that have remained untapped thus far. Amongst the hundreds of private letters preserved by Pellizzari and which span across fifty years of activity, valuable details about the critic’s activity and his social networks emerge. In particular, the essay focuses on the correspondence between the Milanese critic and Guido Fink, which is particularly intense between the 1960s and 1970s. An intimate epistolary relationship was born and consolidated between the two critics. The study of this mail exchange allows to gain insights into the personal and professional spheres of the two critics, including their friendship, their work in film journals (e.g. Cinema Nuovo and Cinema & Cinema), and their evaluations of films recently released in U.S. and Italian theaters. Indeed, these are years in which Fink collaborates with several Italian journals, and also works as a lecturer at Princeton University and University of California – Los Angeles (UCLA). The essay analyses 1) the private correspondence preserved by Pellizzari and Fink; 2) film criticism in the Pellizzari-Fink correspondence; and 3) film evaluations. Through that, in addition to reconstructing a part of the history of Italian film criticism, the essay will unearth a form of “by letter” criticism that exists at the margin of journals’ editorial policies and is of critical relevance to film historiography.

Keyword: Film Critics; Guido Fink; Lorenzo Pellizzari; Archive; Correspondence.

Ringraziamenti

L’autore ringrazia Alessandra Calanchi, Daniela Fink, Enrico Fink e Andrea Pellizzari per aver reso possibile la ricerca e la pubblicazione dei materiali d’archivio citati in questo articolo.

1 Introduzione 1

Per molti anni i nomi dei critici cinematografici italiani sono stati legati a specifiche pubblicazioni, siano esse riviste, saggi in volume o lavori di carattere monografico. Esistono tuttavia una serie di materiali rimasti fino a oggi custoditi e dimenticati all’interno delle case dei più importanti e influenti critici della seconda metà del Novecento. Lettere, cartoline, fotografie, rappresentano solo una parte di oggetti che raccontano il mestiere del critico. Accanto alle testimonianze orali, negli ultimi anni si sono aggiunte numerose fonti cartacee che portano alla luce quella fitta rete sociale che a partire dal Dopoguerra coinvolge molti nomi del panorama critico italiano (cfr. Brunetta 1993: 374).2 Un esempio in tal senso è rappresentato dalle lettere private conservate da Lorenzo Pellizzari in oltre cinquant’anni di attività.

L’obiettivo del saggio è fornire un’analisi dei rapporti lavorativi e personali legati a Pellizzari portando alla luce alcuni aspetti inediti della critica cinematografica italiana. A titolo di esempio, in questo lavoro intendo soffermarmi sulla corrispondenza tra il critico milanese e Guido Fink, che risulta particolarmente intensa tra gli anni Sessanta e Settanta. Tra i due critici nasce e si consolida un fitto rapporto epistolare in cui, oltre all’amicizia e all’attività lavorativa in sedi editoriali comuni (Cinema Nuovo e Cinema & Cinema in particolare), si leggono giudizi su film da poco usciti nelle sale statunitensi e italiane. Si tratta infatti di anni in cui Fink collabora con diverse riviste italiane e svolge, inoltre, attività di docenza all’Università di Princeton e all’Università della California – Los Angeles (UCLA). Procederò dunque seguendo un principio cronologico, in modo da analizzare la corrispondenza privata conservata da Pellizzari; la critica cinematografica nel carteggio Pellizzari-Fink; i giudizi sui film. In questo modo, oltre a scrivere una storia ancora inedita, sarà possibile mettere in luce affinità e divergenze tra le recensioni ufficiali e quel tipo di critica “via lettera” che esula dalle politiche editoriali a cui gli storici del cinema sono soliti far riferimento.

2 Il cinema tra le lettere

Il materiale conservato da Pellizzari è composto da oltre mille lettere che, suddivise per autore, sono state scritte e ricevute in oltre cinquant’anni di attività, dal 1960 al 2014. All’interno del carteggio, una sezione minore è riservata a Cinema & Cinema, rivista a cui Pellizzari collabora sin dal primo numero, datato dicembre 1974, per poi diventarne Direttore Responsabile per dieci anni, dall’ottobre 1977 al dicembre 1987.3 Pellizzari ha quindi raccolto in un fascicolo, denominato “Corrispondenza, promotori e collaboratori. Proposte e polemiche”, materiale vario e relativo ai piani di lavoro per i numeri della rivista, ma anche ordini del giorno su riunioni e rapporti con case editrici. Infine, una terza sezione del materiale è composta da appunti, programmi di convegni, telegrammi e cartoline.

Sin da subito è necessario specificare che le lettere sono per lo più quelle ricevute da Pellizzari e solo in rari casi è presente una copia della lettera inviata. A questo si aggiungono l’assenza di scambi epistolari per mesi o anni, riferimenti a eventi o fatti accaduti al di fuori della corrispondenza, come telefonate o incontri, aspetti che quindi rendono piuttosto complesso ricostruire le vicende. Date queste premesse, una visione d’insieme del materiale consente di mettere in luce due aspetti.

Un primo elemento è rappresentato dai protagonisti degli scambi epistolari conservati da Pellizzari. Per rendere più semplice la ricerca ho suddiviso il materiale a seconda della categoria professionale a cui appartengono i mittenti. In questo modo emerge che parte delle lettere e di altra documentazione proviene da critici cinematografici tout court come Guido Aristarco, Ugo Casiraghi, Tullio Kezich, Morando Morandini, Glauco Viazzi, Goffredo Fofi, Giovanni Buttafava, Fernaldo Di Giammatteo, Adelio Ferrero, Guido Fink e Lino Micciché, e accademici quali Gian Piero Brunetta, Roberto Campari, Antonio Costa, Leonardo Quaresima e Franco La Polla. Una parte minore del materiale è invece rappresentata da lettere tra soggetti attivi nel cinema, ma in misura minore in quello della critica, come registi, attori e sceneggiatori. Alcuni esempi di nomi che si possono far rientrare in questa categoria sono Alessandro Blasetti, Paolo e Vittorio Taviani, Vittorio Gassman e Cesare Zavattini. Infine, sono presenti lettere di personalità legate in egual modo al cinema e alla politica in senso stretto. Un esempio, in quest’ultimo caso, è quello di Paolo Pillitteri, critico cinematografico, Presidente del Circolo Universitario Cinematografico Milanese (CUCMI) nei primi anni Sessanta, nonché esponente del Partito Socialista Italiano e Sindaco di Milano tra il 1986 e il 1992.

Un secondo aspetto che emerge più o meno costantemente nelle lettere è una sorta di schema che prevede anche alcuni aggiornamenti sugli ultimi film visti, nei quali vengono spesso lasciati brevi e incisivi giudizi. In questo caso la lettera si configura come un luogo protetto da attacchi esterni, motivo per il quale spesso troviamo commenti senza il filtro che una rivista o un libro potevano/dovevano imporre, ma soprattutto un luogo di scambio, di confronto. Come anticipato, una delle corrispondenze più significative e complete vede protagonisti Fink e Pellizzari.4

3 Al buio della sala

Il contatto con il cinema da parte dei critici solitamente avviene in età piuttosto precoce (cfr. Cascetta, Galignano, Osnaghi 1977: 97). Infatti, Pellizzari inizia l’attività di critico cinematografico a partire dagli anni Cinquanta, quando poco più che ventenne collabora a Cinema Nuovo, mentre quella di Fink prende il via a diciassette anni, prima sulle pagine dell’Unità e La Nuova Scintilla. Organo della Federazione ferrarese del Partito Comunista Italiano,5 poi anche su Cinema Nuovo. È proprio attraverso la collaborazione con la rivista diretta da Guido Aristarco che nasce una fitta corrispondenza tra i due critici, oggi conservata all’interno di poco meno di cento lettere. Al di là dell’interesse storico e archivistico, è importante evidenziare quanto questi scambi epistolari siano utili per i due giovani critici, configurandosi quale luogo di confronto ideologico: materiali ancor più preziosi se si considera la distanza geografica che separava i due. Se Pellizzari svolge la maggior parte della sua vita e attività lavorativa a Milano, Fink si muove costantemente tra Italia e Stati Uniti. Dopo alcune docenze ad Argenta, Ferrara e Padova, Fink lavora nel Dipartimento di lingue e letterature romanze dell’Università di Princeton. Oltre alle impressioni sul recente trasferimento,6 nelle lettere descrive spesso la programmazione nelle sale cinematografiche limitrofe. Nonostante fosse stato esortato dal suo professore di inglese a mettere da parte la passione per il cinema e dedicarsi alla letteratura (cfr. Calanchi 2015: 78; Ascari et al. 2016: 398), Fink è costantemente aggiornato su quanto viene proiettato sugli schermi. E in varie occasioni il gusto del critico non si allinea con le scelte degli esercenti o alle opinioni di alcuni colleghi americani. A questo proposito, in una lettera del 20 settembre 1961 si legge che negli Stati Uniti, “al cinema nessuno ci va, tranne i bambini […]. Via col vento in 15 cinema, La ragazza con la valigia in 10, La dolce vita, un successone, ecc. L’avventura è considerato un ‘capolavoro di tecnica fine a se stessa’ (sic) e ‘Rocco’ è esaltato dalla critica, ma il suo significato è ovunque distorto […]” (Fink 1961a). Allo stesso modo, il 28 gennaio 1963, quando Fink è da poco arrivato nella East Coast scrive:

[…] ti assicuro che c’è ben poco da scegliere. New York, a dire il vero era un’altra cosa: con un viaggio, riuscivo a vedere fra la mattina e il pomeriggio e la sera, almeno quattro o cinque film, ma buoni. Ricordo che una volta ho visto Uomini alla domenica di Ruttman, L’opera di tresoldi, La casa del Angel (tutto con un biglietto), L’école buissonière e La fanciulla Ditte: la sera ero ebbro ma soddisfatto (Fink 1963a).

Negli stessi anni, una visione più pessimistica è quella di Pellizzari, che in riferimento alle recenti uscite cinematografiche in Italia scrive di un “panorama squallido” (Pellizzari 1963a). In altri casi, si legge lo scontento del critico verso l’intero settore culturale rivelando una certa paura nel vedere incoscienza e superficialità nella Milano del miracolo economico: “Mi sento molto 1939. Il cinema va a catafascio: c’è un’aria di liquidazione, di commercializzazione assoluta. Le iniziative culturali in cui credevo mostrano la corda, quando non crollano del tutto” (Pellizzari 1963b).7 È probabilmente questa ricerca di nuovi titoli, il più possibile aderenti al proprio gusto personale, che spinge alla costante visione di nuove pellicole.

Oltre alle sale delle città dove risiedono i critici, un’occasione per vedere i film è rappresentata anche dai fugaci momenti di villeggiatura o, più frequentemente, dai Festival.8 Ad esempio, Fink durante il suo viaggio di nozze non rinuncia al cinema, raccontando a Pellizzari che, insieme alla moglie, ha visto alcuni film, includendo un breve giudizio su quanto visionato: “Alphaville (pessimo e retorico, per me), La vieille dame indigne (grazioso) […], King Kong (buono!), The Knock (così così, piacevole) e Il re delle mosche di Brook (Peter): niente male” (Fink 1965). Pellizzari, invece, almeno da quanto si legge nelle lettere, è una presenza fissa al Festival di Venezia. Questo aspetto si lega anche al suo ruolo di “scrivano particolare del Capo” (Pellizzari 1961), ovvero Aristarco. Tra i vari ruoli, il critico milanese ha infatti il compito di occuparsi delle schede dei film da pubblicare su Cinema Nuovo, nonché di raccogliere alcuni giudizi relativi ai migliori film dell’anno che, secondo i critici, siano meritevoli del Premio ‘Cinema Nuovo’ assegnato durante il Festival veneziano. Una classifica redatta da Fink sui migliori film proiettati in Italia nel 1961 indica La notte (Antonioni, 1961) al primo posto, Spartacus (Kubrick, 1960) al secondo, Sabato sera, domenica mattina (Saturday Night and Sunday Morning, Reisz, 1960) al terzo. In alternativa, Fink invita Pellizzari a inserire Diario di un ladro (Pickpocket, Bresson, 1959) al secondo posto, a seconda del suo gusto. (Fink 1962a). La classifica dei film preferiti di Fink usciti in Italia nell’anno seguente, il 1962, vede invece al primo posto L’eclisse (Antonioni, 1962), seguito da Lolita (Kubrick, 1962) e Come in uno specchio (Såsom i en spegel, Bergman, 1961). Anche in questo caso, Fink propone alternative: “Se per caso Lolita è escluso, per qualche ragione che mi sfugge dato che è uscito nel ’62 […] sostituisci con Vincitori e vinti, però al terzo posto, mentre Bergman passerebbe al secondo” (Fink 1963a).

Nonostante le lettere tra i due critici siano piuttosto frequenti nei primi anni Sessanta, i momenti di discussione vis à vis sono rari, anche se desiderati. Per esempio, Pellizzari invita Fink ad arrivare il prima possibile al Festival di Venezia del 1962, in modo che gli possa dire le sue impressioni relative ai film dei primi giorni anticipando inoltre: “Pare che saremo invasi da una marea pasoliniana e francocittiana: comare secca, mamma roma, eccetera” (Pellizzari 1962a). Tuttavia, si tratta di incontri rapidi, tanto che Pellizzari invita nuovamente Fink in Italia garantendogli ospitalità e sperando in lunghe discussioni a tema cinematografico:

Vedo parecchi film ma niente che mi entusiasmi enormemente. Potrei elencarteli con giudizi frettolosi quanto i nostri incontri, ma mi pare inutile. […] Il Gattopardo non mi è piaciuto, e traccia una strada pericolosissima (al livello del Visconti e anche più giù, a quello dei ciambellani). I fidanzati meno che meno, e così via. Insomma, il film che mi ha più convinto negli ultimi tempi […] è Billy Budd. Ma dimenticavo quel capolavoro di rigore e di lucidità atea che è Luci d’inverno. Ho detto “atea” nel senso di una religiosità soltanto umana. Il resto è silenzio. Ma forse sono esagerato e a voce ci intenderemo meglio. Faremo un bel bilancio comparato fra le due sponde (Pellizzari 1963c).

La delusione verso la maggior parte dei film visti, che sembra accomunare entrambi i critici, non è un aspetto da sottovalutare. Infatti, nei primi mesi del 1962 si fa strada l’idea di un soggetto cinematografico scritto a quattro mani. Seppur in parte ironico, Fink rivela a Pellizzari di pensare spesso a soggetti cinematografici e di volere realizzare un film che sia “una specie di ballata del 1943, che comincia all’indomani della liberazione, e finisce (male) il 18 aprile 1948” (Fink 1962d). L’ironia deriva dall’intenzione di voler lavorare con una solida base produttiva, per un film in cinemascope e un improbabile cast composto da attori quali Roberto Villa, Germana Paolieri, Mino Doro, tutti nomi noti delle commedie dei telefoni bianchi. Pellizzari, invece, mostra serietà nel voler completare la stesura di un soggetto dal titolo I ragazzi del luglio e proporlo alla seconda edizione (1962) della Mostra Internazionale del Cinema Libero di Porretta Terme (Pellizzari 1962b): “venti cartelle fitte fitte ognuna delle quali basta ad assicurarmi una querela per diffamazione e lesione delle autorità costituite, dei tutori dell’ordine, eccetera” (Pellizzari 1962c). Sebbene la scrittura di progetti cinematografici sia un’attività trascurabile e senza seguito o sviluppi ulteriori, ciò che emerge in queste lettere è la volontà dei critici di avvicinarsi al cinema da un lato per loro nuovo.9 In tal senso, è sufficiente ricordare che Pellizzari, nei primi anni Sessanta viene coinvolto nella realizzazione di almeno due documentari nell’ambito del CUCMI: Rapporto n. 1 sulla scuola italiana (Azzella, 1962) e Milano o cara: L'immigrazione meridionale mel Nord (Pillitteri, 1963) (cfr. Pellizzari 1999: 281; Manoukian 1968: 284).10 Al di là di queste esperienze minori, la critica rimane il principale campo in cui Pellizzari lavora, scrivendo i propri commenti su migliaia di film, in parte all’interno delle riviste, in parte nelle lettere scambiate con decine di colleghi e amici, tra cui Fink.

4 Tracce di critica cinematografica (e vita) privata

La prima lettera che Pellizzari ha conservato, tra quelle ricevute da Fink, riporta la data 3 aprile 1961. L’inchiostro blu, la scrittura frettolosa, disordinata, e il foglio intestato Plasma Physics Laboratory, rivela una certa confidenza tra i due critici. Il tono confidenziale di una corrispondenza avviata pochi mesi prima11 permette di ipotizzare un comune senso di appartenenza non solo a Cinema Nuovo, ma piuttosto a gusti cinematografici condivisi. Infatti, nella lettera, i giudizi sono ridotti a poche parole sufficienti a esprimere se il film sia da prendere in considerazione per una visione o da scartare: “Film visti: Redes di Strand (bello), The Magnificent Ambersons (ma sì!), La fanciulla Ditte (ah no), Varieté e Tol’able David (insomma, anzi), No Love for Johnnie e Light in the Piazza (nein) nonché A view from the Bridge (doppio no) […]” (Fink 1961b). E così anche in molte altre lettere. Il 6 marzo 1962 si legge che Paura e desiderio (Fear and Desire, Kubrick, 1963) è per Fink “mica tanto bello”, Nulla sul serio (Nothing Sacred, Wellman, 1937) “formidabile” (Fink 1962c); il 3 giugno 1962 Anime sporche è definito un film “insopportabile” (Fink 1962e); il 21 ottobre dello stesso anno, che Venere in pigiama (Boys’ Night Out, Gordon, 1962) è una “commediola sciocca ma passabile, sul tipo del Comencini di Mariti in città […]”, Il delitto della signora Allerson (I Thank a Fool, Stevens, 1962) “orribile film di tal Robert Stevens”, Le avventure di un giovane (Hemingway’s Adventures of a Young Man, Ritt, 1962) “orrido”, Una faccia piena di pugni (Requiem for a Heavyweight, Nelson, 1962) “sarebbe stato un capolavoro nel 1930, e oggi sembra molto naturalistico e in ritardo (buone comunque le interpretazioni di Quinn, Gleason, Julie Harris e persino di Mickey Rooney)”, La porta dell’inferno (Jigokumon, Kinugasa, 1953) “così così” (Fink 1962f).

In altri casi, oltre al giudizio, viene fatto riferimento al successo/insuccesso del film o alla ricezione dei film da parte del pubblico in sala. Nel primo caso ricordo Mondo cane (Jacopetti, Prosperi, Cavara, 1962), di cui Fink precisa essere “l’ultimo film italiano di grande successo” (Fink 1963b), mentre Le quattro giornate di Napoli (Loy, 1962) “va così così” (Fink 1963b). Nel secondo, si legge di una proiezione de La banda Casaroli (Vancini, 1962) a cui Fink assiste a Ferrara nel 1963 spiegando che il film “non è male, ma a Ferrara non si riusciva a vedere perché, in questa cittadella dell’intellighenzia, il pubblico urla quando sente l’accento bolognese” (Fink 1963c). Non mancano inoltre racconti esilaranti, come quello relativo a un incontro tra critica e pubblico in cui gli assessori del Partito Comunista Italiano del Comune di Ferrara consegnavano medaglie a tutti i collaboratori del film Amici miei (Monicelli, 1975) e in cui vari registi intendevano confrontarsi con il pubblico. Al proposito, Fink scrive che “[…] uno in maglietta ha chiesto al signor esimio regista concittadino Vancini perché non gli hanno ancora pagato il nolo della bicicletta per fare la comparsa in Amore amaro” (Fink [1976]). E la lettera prosegue spiegando che Giovanni Grazzini e Lino Micciché sgridavano il pubblico perché, nello scegliere tra i film migliori, votava Amici miei (Monicelli, 1975) e Qualcuno volò sul nido del cuculo (One Flew Over the Cuckoo’s Nest, Forman, 1975) piuttosto che Irene Irene (Del Monte, 1975) o Uno sparo in fabbrica (Laukus tehtaalla, Kivikoski, 1973) (Fink [1976]).

Passando in rassegna le lettere scritte da Pellizzari, anche in questo caso i giudizi sono per lo più ridotti a una manciata di caratteri. Ad esempio, in una lettera del 19 marzo 1962, Pellizzari giudica semplicemente con un pollice verso i film Leoni al sole (Caprioli, 1961), I nuovi angeli (Gregoretti, 1962) e Divorzio all’italiana (Germi, 1961) (Pellizzari 1962d); in una successiva, del 14 maggio, Anime sporche (Walk on the Wild Side, Dmytryk, 1962) e Vita privata (Vie Privée, Malle, 1961) vengono definiti “divertenti”, mentre Il conte di Montecristo (Le Comte de Monte-Cristo, Autant-Lara, 1961) è apprezzato perché “riesce a essere anticlericale anche davanti alle soglie del Paradiso” (Pellizzari 1962e). E ancora: il 2 gennaio 1963 Solo sotto le stelle (Lonely Are the Brave, Miller, 1962) è “niente male, anche se troppo confuso o troppo trasparente. Incassa bene ma nessun critico l’ha scoperto” (Pellizzari 1963b); Come in uno specchio “non mi convince molto”; il 14 marzo 1963 Il processo di Verona (Lizzani, 1963) “serio ma pericoloso”; 8 ½ (Fellini, 1963) “noioso e presuntuoso, troppo cattolico nonostante le apparenze”; Questa è la mia vita (Vivre sa vie, Godard, 1962) “meno indisponente del solito”; Lampi sul Messico (Thunder Over Mexico, Ėjzenštejn, 1933) nell’edizione critica curata da Francesco Savio “meraviglioso”; La bella di Lodi (Missiroli, 1963) “bozzettistico e fastidioso” (Pellizzari 1963d).

Rari sono i casi di giudizi meno didascalici, ad esclusione di quelli interni ai dettagliati resoconti dei soggiorni a Venezia in occasione del Festival cinematografico. È del 13 settembre 1962 una lettera che racconta che Cronaca familiare (Zurlini, 1962) non ha commosso Pellizzari, “forse perché di lacrime se ne spargevano troppe sullo schermo come in platea”, che L’odio esplode a Dallas (The Intruder, Corman, 1962) “non è del tutto disonesto ma ha un finale desolante e tende a volgere la responsabilità della mancata integrazione su un solo individuo stupratore di matrone e seduttore di ninfette”, o ancora che Il mare (Griffi, 1962) “è un film di un’oscenità repellente, degradante, indescrivibile” (Pellizzari 1962f). Ma è soprattutto Freaks (Browning, 1932) a colpire Pellizzari:

Ti dirò di Freaks, l’unico film della retrospettiva che ho potuto vedere. È piuttosto agghiacciante per i “mostri” esposti ampiamente e davvero ributtanti […]. L’impianto è tipicamente hollywoodiano, le scene anche di esterni sono tutte ricostruite in studio, illuminazione sepolcrale con ampio intervento di fenomeni atmosferici, recitazione esagitata. A parte gli appartenenti al circo (i mostri, Cleopatra, Ercole e altre due persone normali) nessun altro compare nella storia: si crea un mondo isolato, allucinante, descritto in vitro. Il modo di raccontare mira al sodo, nessuna scena inutile, nessun momento di riposo o di distrazione: mostri promettono e mostri avrete, più un po’ di lussuria e qualche dialogo opera del nostro soggettista di fiducia, quello intellettuale, che ha letto l’indice delle opere di Freud (Pellizzari 1962f).

Quanto riportato fino ad ora, seppur rappresenti una ridotta parte del materiale, è sufficiente a trarre alcune considerazioni riguardanti i criteri di selezione dei film e quelli di attribuzione del giudizio da parte di Fink e Pellizzari.

Nel primo caso, si nota che i critici, salvo rari casi, non attuano una vera e propria selezione dei film da vedere. L’obiettivo è piuttosto quello di essere presenti alle proiezioni del maggior numero di film possibili, sia per alimentare la propria passione sia per questioni legate al lavoro all’interno di Cinema Nuovo. Sono infatti frequenti le richieste di Pellizzari relative a schede di film da proporre sulla rivista di Aristarco. Come si legge in diverse lettere, la scelta appare libera da vincoli o imposizioni del Direttore della rivista. Per esempio, in una lettera del 21 settembre 1963, Fink spiega a Pellizzari di aver visto Il delitto Duprè (Les bonnes causes, Christian-Jaque, 1963), La grande fuga (The Great Escape, Sturges, 1963), Il processo (Le Procès, Welles, 1962) e Il buio oltre la siepe (To Kill a Mockingbird, Mulligan, 1962), chiedendo se siano film interessanti per le schede su Cinema Nuovo (Fink 1963d). Il 12 ottobre segue la risposta di Pellizzari: “Per il buio oltre la siepe, La grande fuga e Il delitto Duprè ci sembra non valga troppo la pena di perdere dello spazio prezioso: ma la nostra è solo un’impressione, vedi un po’ tu e facci sapere qualcosa” (Pellizzari 1963f). Nonostante questa libertà, Fink si trova spesso in imbarazzo a scrivere ad Aristarco, come si evince da alcune schede scritte e allegate in una lettera del 11 dicembre 1961, in cui precisa a Pellizzari: “le mando a te perché sono ancora in stato troppo lacunoso per essere presentate al Capo e necessitano di essere ritoccate da te per quanto riguarda i dati. Del resto tu sei ormai la connection per eccellenza […] fra me ed Aristarco” (Fink 1961c). Altro esempio è riportato in una lettera del 15 febbraio 1962, dove Fink chiede a Pellizzari se possa scrivere un pezzo su Cinema Nuovo relativo alla stagione di Broadway. E il critico precisa: “non mi attento a scrivere al Capo, con te ho più coraggio” (Fink 1962b).

Nel secondo caso, è interessante notare che l’assegnazione di un giudizio sia da attribuire principalmente al proprio gusto personale più che a una linea editoriale condivisa. Non mancano, in tal senso, alcuni episodi in cui è evidente lo scostamento del giudizio verso alcuni film da parte dei critici. Un esempio è il già citato Lolita, che viene considerato da Fink tra i migliori titoli del 1962, mentre Pellizzari, facendosi tra l’altro portavoce delle impressioni dei membri della redazione di Cinema Nuovo, gli scrive: “Lolita non è proprio piaciuto a nessuno, nemmeno ad Aristarco, che anzi lo detesta […]” (Pellizzari 1962f).

La maggior parte di quanto analizzato fino ad ora è stato scritto nella prima metà degli anni Sessanta, un periodo in cui la corrispondenza tra Fink e Pellizzari è, da un punto di vista quantitativo, molto intensa. Gli anni compresi tra il 1961 e il 1964 vengono infatti raccontati in quasi sessanta lettere in cui, oltre al cinema e al lavoro, si affrontano anche argomenti che riguardano da vicino i critici, dall’amicizia che li lega a questioni familiari o sentimentali. Negli anni successivi il numero di lettere che è stato conservato si riduce. In effetti, gli argomenti trattati sono strettamente lavorativi e alle lunghe descrizioni e riflessioni dei primi anni Sessanta si sostituiscono lettere più brevi, spesso telegrafiche. Questo non significa che tra Fink e Pellizzari il rapporto si sia incrinato, ma piuttosto che gli impegni personali e lavorativi, e forse anche i nuovi modi della comunicazione, abbiano in parte frenato quel confronto così necessario negli anni precedenti. Rivolgendosi proprio a quegli anni, nel 1980, si guarda con nostalgia: “Ma ti ricordi come ci scrivevamo a lungo, da costa a costa?” (Fink 1980).

5 Conclusioni

La corrispondenza analizzata consente di mettere in luce almeno tre elementi. Il primo riguarda i contenuti delle lettere. La struttura delle lettere tra Fink e Pellizzari sembra infatti prevedere uno schema di temi trattati: aggiornamenti sui film visti, questioni lavorative e dettagli sulla propria vita personale. Se osserviamo in senso diacronico lo svolgersi di questi temi, si nota una frattura tra la prima metà degli anni Sessanta e il periodo successivo. Nei primi anni, infatti, la struttura di cui ho fatto cenno viene quasi sempre rispettata, mente a partire dalla seconda metà dei Sessanta e per tutti i Settanta, lo spazio dedicato a film visti tende ad affievolirsi e ridursi da un punto di vista numerico. I motivi di tale tendenza li troviamo direttamente sui testi delle lettere, e riguardano cambiamenti nella sfera privata (matrimonio, nascita dei figli, ecc.) e i crescenti impegni lavorativi dei due critici. Un secondo elemento riguarda i giudizi sui film. In molti casi si tratta di brevi commenti che vengono scritti essenzialmente per due motivi: da un lato per aggiornare il destinatario della lettera su quanto visto ed eventualmente consigliare o meno la pellicola, dall’altro individuare alcuni titoli da recensire nelle riviste all’interno delle quali i critici lavorano. Questo elemento si lega a un terzo aspetto. Nonostante nei primi anni Sessanta Pellizzari ricoprisse un ruolo a diretto contatto con Aristarco e che Fink, negli stessi anni, avesse un intenso rapporto epistolare con Pellizzari, nel materiale analizzato non sono presenti elementi che mettano in luce divergenze tra la critica ufficiale e quella privata. Nelle lettere emerge tuttavia uno scambio di giudizi che da un lato assolve alla necessità di affermare la propria identità di critico e cinefilo, dall’altro di comunicare questa identità all’esterno, soprattutto nelle pagine della rivista diretta da Aristarco. È però da tener conto che nel corso degli anni, tra Pellizzari e “il Capo”, nasceranno alcuni dissidi che porteranno il critico milanese a lasciare la redazione di Cinema Nuovo. E lo stesso farà Fink, seguendo Pellizzari nell’avventura di Cinema & Cinema, prima come redattore, poi come Direttore tra il 1982 e il 1987.

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Fink, Guido (1962b). Lettera a Lorenzo Pellizzari, 15 febbraio.

Fink, Guido (1962c). Lettera a Lorenzo Pellizzari, 6 marzo.

Fink, Guido (1962d). Lettera a Lorenzo Pellizzari, 23 marzo.

Fink, Guido (1962e). Lettera a Lorenzo Pellizzari, 3 giugno.

Fink, Guido (1962f). Lettera a Lorenzo Pellizzari, 21 ottobre.

Fink, Guido (1963a). Lettera a Lorenzo Pellizzari, 28 gennaio.

Fink, Guido (1963b). Lettera a Lorenzo Pellizzari, 1° giugno.

Fink, Guido (1963c). Lettera a Lorenzo Pellizzari, 15 ottobre.

Fink, Guido (1963d). Lettera a Lorenzo Pellizzari, 21 settembre.

Fink, Guido (1965). Lettera a Lorenzo Pellizzari, 19 luglio.

Fink, Guido [1976]. Lettera a Lorenzo Pellizzari, s.d.

Fink, Guido (1980). Lettera a Lorenzo Pellizzari, 30 gennaio.

Guerra, Michele e Sara Martin (2019). “La cultura della lettera. La corrispondenza come forma e pratica di critica cinematografica.” Cinergie - Il Cinema e le altre Arti 15: 1-3. https://doi.org/10.6092/issn.2280-9481/9661.

Guerra, Michele, Jennifer Malvezzi, Andrea Mariani, Sara Martin, Paolo Noto e Giulio Tosi (2021). “Per una storia privata della critica cinematografica italiana.” The Italianist 2: 235-240. https://doi.org/10.1080/02614340.2021.1939516.

Malvezzi, Jennifer (2022). “La critica e la prima circolazione del New American Cinema in Italia. Nuove prospettive di lettura dalla corrispondenza privata.” In Fate of a format. Il passo ridotto nell’Italia del dopoguerra. A cura di Andrea Mariani, Simona Schneider, Mirco Santi e Paolo Simoni, 86-97. Milano-Udine: Mimesis.

Manoukian, Agopik (a cura di) (1968). La presenza sociale del PCI e della DC. Bologna: il Mulino.

Mariani, Andrea e Paolo Noto (2020). “Critica e potere nella cultura cinematografica italiana: processi e cicli di consolidamento.” In Culture del film. La critica cinematografica e la società italiana, a cura di Michele Guerra e Sara Martin, 21-44. Bologna: il Mulino.

Noto, Paolo (2019). “Quale ‘mestiere del critico’? Un’intrusione nella corrispondenza di Guido Aristarco.” Cinergie - Il Cinema e le altre Arti 15: 55-67. https://doi.org/10.6092/issn.2280-9481/9357.

Pellizzari, Lorenzo (1961). Lettera a Guido Fink, 9 novembre.

Pellizzari, Lorenzo (1962a). Lettera a Guido Fink, 5 agosto.

Pellizzari, Lorenzo (1962b). Lettera a Guido Fink, 14 maggio.

Pellizzari, Lorenzo (1962c). Lettera a Guido Fink, 2 giugno.

Pellizzari, Lorenzo (1962d). Lettera a Guido Fink, 19 marzo.

Pellizzari, Lorenzo (1962e). Lettera a Guido Fink, 14 maggio.

Pellizzari, Lorenzo (1962f). Lettera a Guido Fink, 13 settembre.

Pellizzari, Lorenzo (1963a). Lettera a Guido Fink, 17 gennaio.

Pellizzari, Lorenzo (1963b). Lettera a Guido Fink, 2 gennaio.

Pellizzari, Lorenzo (1963c). Lettera a Guido Fink, 8 giugno.

Pellizzari, Lorenzo (1963d). Lettera a Guido Fink, 14 marzo.

Pellizzari, Lorenzo (1963e). Lettera a Guido Fink, 13 settembre.

Pellizzari, Lorenzo (1963f). Lettera a Guido Fink, 12 ottobre.

Pellizzari, Lorenzo (1999). Critica alla critica. Contributi a una storia della critica cinematografica italiana. Roma: Bulzoni.

Pellizzari, Lorenzo (a cura di) (2014). Caro Duccio, dal tuo Jussik. Lettere sul cinema e altro di Glauco Viazzi a Corrado Terzi. Cesena: Ponte Vecchio.

Petrucci, Armando (2008). Scrivere lettere. Una storia plurimillenaria. Bari: Laterza.

Scarpelli, Nicola (a cura di) (2017). «Attraversiamo un momento nel quale scrivere non è facile». Pier Maria e Francesco Pasinetti, lettere scelte 1940-1942. Venezia: Edizioni Ca’ Foscari.


  1. Questo saggio si inserisce nell’ambito del Progetto di Rilevante Interesse Nazionale finanziato dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca PRIN 2017 “Per una storia privata della critica cinematografica italiana. Ruoli pubblici e relazioni private: l’istituzionalizzazione della critica cinematografica in Italia tra gli anni Trenta e Settanta” (P.I. Prof. Paolo Noto, codice 2017XB2Y7).↩︎

  2. Tra gli studi più recenti che prendono in esame la corrispondenza tra critici si vedano: Pellizzari 2014; Scarpelli 2017; Noto 2019; Dotto e Mariani 2021; Guerra et al. 2021. Sull’utilizzo delle fonti private e la “cultura della lettera”: Alessandrone Perona 1999; Petrucci 2008; Guerra e Martin 2019; Cavallotti, Lotti e Mariani 2021.↩︎

  3. La rivista nasce nel 1974 e cessa le pubblicazioni nel 1994. Durante la sua vita editoriale, caratterizzata da numeri monografici e quattro serie, sono direttori Adelio Ferrero (n. 1-n. 12), Lorenzo Pellizzari (n. 13-n. 29), Guido Fink (n. 30-n. 50), Antonio Costa, Giovanna Grignaffini e Leonardo Quaresima (n. 51-n. 68).↩︎

  4. Uno studio relativo ad alcune lettere tra i due critici è stato recentemente portato a termine. Jennifer Malvezzi ha ricostruito la circolazione e la prima ricezione critica, in Italia, dei film del New American Cinema Group (NACG) tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta, partendo proprio dalla corrispondenza privata tra Fink e Pellizzari. Cfr. Malvezzi 2022.↩︎

  5. La Fondazione Cineteca di Bologna conserva due album di ritagli stampa che raccolgono gli scritti di Fink sulle pagine dell’Unità e La Nuova Scintilla relativi agli anni 1952 e 1953. http://fondazione.cinetecadibologna.it/files/archivi/cartacei/fink/ppt%20documenti_bassa.pdf (ultimo accesso 02-02-2023).↩︎

  6. Un esempio è rappresentato dalle minuziose descrizioni di oggetti che sono presenti nel suo ufficio, come un temperamatite elettrico o la biblioteca dell’Università: “Abbiamo una biblioteca meravigliosa: 87 km di scaffali, tutto lo scibile umano, e senza nessuna formalità. […] Ti porti a casa i libri che vuoi senza dirlo a nessuno, oppure li leggi sul posto: sala di lettura non c’è, ma ci sono salottini, terrazze con poltrone e macchinette per caffè e coca-cola, parchi con amache e dondoli, dove puoi leggere in ascetica pace […].” (Fink 1961a).↩︎

  7. Il riferimento all’intero sistema culturale non è casuale. Una lettura d’insieme delle lettere mette in luce diversi interessi da parte dei critici, dal cinema alla letteratura, dal teatro alla musica.↩︎

  8. Su luoghi, reti ed eventi della critica, cfr. Mariani, Andrea e Paolo Noto (2020).↩︎

  9. I nomi dei critici attivi nella scrittura di soggetti o sceneggiature sono molti. Tra gli esempi principali ricordo: Ettore Maria Margadonna, Luigi Chiarini, Giuseppe Marotta, Umberto Barbaro, Domenico Meccoli, Giuseppe Berto, Guido Aristarco, Renzo Renzi e Tullio Kezich.↩︎

  10. La circolazione di questi documentari avviene soprattutto all’interno dei circuiti militanti. Nel caso del documentario di Azzella, presente all’interno del catalogo della Cineteca nazionale 1963, alcune informazioni rivelano una collocazione anche all’interno dei Circoli del cinema, Cineforum e circoli universitari del cinema (cfr. Manoukian 1968: 284). Segnalo che il secondo documentario, con voice over del critico milanese, è accessibile al seguente link https://www.cinetecamilano.it/film/2019 (ultimo accesso 01-02-2023).↩︎

  11. Pellizzari, in una lettera datata 8 giugno 1963, fa riferimento al fatto che conosce Fink da tre anni (cfr. Pellizzari 1963c).↩︎