Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.22 (2022), 217–219
ISSN 2280-9481

Media panottici e video-sorveglianza. Laura Cesaro, Geografie del controllo nella scena audiovisiva contemporanea, Roma, Bulzoni 2022

Rossella CataneseTuscia University (Italy)

Pubblicato: 2022-12-22

Gli studi contemporanei sui media, attraverso diversi indirizzi di ricerca e una polifonia di differenti approcci metodologici, tendono ad abbracciare in maniera sempre più consapevole una declinazione dedicata agli strumenti della comunicazione di massa anziché sulla prospettiva estetica. L’approccio prevalente, infatti, si focalizza sul rapporto tra l’evoluzione tecnologica e i processi sociali che essa genera nella contemporaneità, inclusi sistemi semiotici e supporti tecnologici che hanno dato espressione e influenzato le diverse forme di società che in essi si sono riconosciute.

È in questo paradigma che il libro di Laura Cesaro si propone di descrivere il fenomeno della videosorveglianza nel mondo degli audiovisivi contemporanei, attraverso un percorso estremamente ricco e una densa serie di casi analizzati.

Si tratta di un oggetto talmente ampio e complesso, talmente pervasivo e onnipresente, parte delle posture e delle abitudini della quotidianità delle società contemporanee, che il taglio dell’indagine ha la necessità di convogliare su plessi teorici condivisi e solidamente ancorati in aree di esplorazione ben distinte. Nel contesto socio-politico attuale, infatti, la questione la questione della sorveglianza ha ricavato una dimensione prioritaria, per le modalità in cui ha permeato gli usi e costumi della cittadinanza (in particolare nelle società occidentali), collocandosi al centro dei dibattiti internazionali. Non sfuggono a questa tensione sia la pratica della ricerca artistica, dalla videoarte alle installazioni, sia altre forme di narrazioni audiovisive, cinematografiche e seriali, che hanno raccolto le istanze legate alla memoria e alla cultura visuale della contemporaneità.

La delimitazione temporale posiziona l’oggetto delle ricerche negli ultimi ventun anni, successivamente all’11 settembre 2001, evento che ha determinato un evidente spartiacque nel modo in cui i governi di diversi paesi occidentali, in particolare quello statunitense, hanno gestito ciò che Michel Foucault definiva “patto di sicurezza” (Foucault, 2005: 88-89). Sebbene il focus della selezione sulla contemporaneità proposto dall’autrice rimandi agli ultimi vent’anni, nel volume si ravvisa una colta e sofisticata mappatura di una genealogia di teorie sul controllo, da Jeremy Bentham al citato Foucault, dalle teorie di Gilles Deleuze e Felix Guattari sul concetto di “dividuo” - individuo che, sebbene in movimento, non è libero nel suo agire per via di serrati schemi sociali costrittivi (Deleuze & Guattari, 2007) - fino alla lezione di Paul Virilio, il quale teorizza come i rapidi progressi della tecnologia nel settore della videosorveglianza rispecchino i paralleli investimenti nell’industria bellica, includendo la gestione delle immagini in movimento come parte integrante di questo schema, sia politico che industriale. Se la metafora della governamentalità algoritmica descrive una crisi della definizione degli individui (Deleuze 1999), secondo Virilio, addirittura la transizione dal feudalesimo al capitalismo non si deve tanto alla politica della produzione e della ricchezza, quanto alla meccanica della guerra; le sue previsioni sulla “logistica della percezione” (Virilio 2022) - nello specifico il controllo sulla dimensione mediatica della guerra e l’uso delle immagini e delle informazioni - erano state talmente accurate che durante la Guerra del Golfo è stato invitato a discutere le proprie idee con alcuni ufficiali dell’esercito francese. Il filosofo aveva anche previsto il dramma dell’11 settembre 2001, fin nei particolari, come il crollo del World Trade Center, nel saggio New York Délire. Il catastrofismo teorico di orwelliana memoria, nel prendere in esame l’ossessione voyeurista delle live cam e della telesorveglianza come attuazione del controllo politico, interpreta il potere dei nuovi media audiovisivi come forma di distruzione della soggettività individuale, paragonando dunque tale forza alle vere armi di distruzione di massa, che continuano ad imperversare nel mondo plasmato delle tecno-scienze, in cui la società si compiace di non riconoscere frontiere e limiti.

Le questioni che attraversano le tematiche legate ai rapporti fra individualità e corpi, fra spazi fisici e sociali sono presentate in maniera orizzontale e trasversale attraverso studi di caso numerosi e diversificati; la struttura che l’autrice sceglie di conferire alla ricerca presentata intende evocare una principale dicotomia. Due sezioni principali configurano la selezione di numerose opere e ricerche, in cui la prima include l’arte contemporanea, dove le immagini in movimento compaiono a corredo dei contesti della visualità espansa fra le installazioni e le opere time-based, e il documentario di sperimentazione e impegno, mentre la seconda parte comprende un’altra tipologia di forme di ampia diffusione e portata mainstream che emergono fra la cinematografia di fiction e le narrazioni della serialità.

Se già Vito Acconci e Dan Graham avevano costruito una forte identificazione artistica con il lavoro sul pedinamento e sulle esplorazioni del sé, le opere di Simon Denny, Anne Imhof, Shu Lea Cheang, Irene Fenara, Fei Jun e dei tanti altri nominati e analizzati in questo capitolo, decostruiscono il rapporto con la società algoritmica, con la sintesi delle individualità nello spazio e con la mediazione del sé attraverso le interfacce dell’esperienza tecnologica contemporanea.

La produzione documentaria, il suo uso dei materiali della sorveglianza come found footage ed espressione di un’archeologia del vedere, insieme traccia mnestica e archivio, pone anche altri orizzonti al ricco dibattito politico sulla videosorveglianza, in particolar modo con 87 ore (Costanza Quatriglio, 2015) sul caso di Francesco Mastrogiovanni - controparte alla ricerca di un’evidenza, una prova forense della violenza subita – e con il docufilm Erasing David (David Bond, 2010) sull’opacità dei sistemi di controllo. Cesaro analizza brillantemente anche il caso Snowden attraverso un’analisi della pratica documentaristica di Laura Poitras, ancora in chiave di esplicita denuncia politica.

Questa linea permane anche nell’analisi dei film di fiction delle grandi produzioni statunitensi, dalla ricezione estremamente ampia: da Syriana (Stephen Gaghan, 2005) a Zero Dark Thirty (Katherine Bigelow, 2012), da Skyfall (Sam Mendes, 2012) a The Circle (James Ponsoldt, 2017). Un altro capitolo descrive l’occhio sorvegliante nelle serie televisive, da Person of Interest (2011-2016) a Homeland (2011-2020), da Black Mirror (2011-in produzione) a The Handmaid's Tale (2017 – in produzione). L’epilogo, che ascrive la stessa questione all’emergenza pandemica (recentissima e coeva alla stesura del volume), ci ricorda l’attualità e la pervasività di questi discorsi e queste problematiche nell’orizzonte della nostra società, illustrandone aporie e impatto con grande precisione. Un lavoro puntuale e ricchissimo su un orizzonte culturale, politico ed estetico sempre più urgente della nostra disciplina.

Bibliografia

Deleuze, G. (1999). Poscritto sulle società di controllo, in Pourparler. Macerata: Quodlibet: 234-241.

Deleuze, Gilles, Guattari, Felix (2007). Mille Piani. Capitalismo e schizofrenia. Roma: Castelvecchi. Foucault, Michel (2005), Sicurezza, territorio, popolazione. Corso al Collège de France 1977-78. Milano: Feltrinelli.

Virilio, Paul (2002), Guerra e cinema. Logistica della percezione [1986]. Torino: Lindau.