Con il cultural turn, la geografia si è dedicata sempre di più ad ambiti marginali per la disciplina, ampliando in chiave interdisciplinare il proprio orizzonte epistemico; significativi i debiti nei confronti dei media e dei film studies, i quali, nel frattempo, sulla scorta dello spatial turn, hanno dedicato diversi focus alle logiche spaziali e territoriali nel cinema e nei media, osservandole da molteplici punti di vista. Nell’epistemologia contemporanea, la geografia in particolare si connota come un dispositivo intermediale capace di intercettare i differenti processi (ri)configurativi attivi biunivocamente negli universi finzionali e mediali, nonché nel mondo reale: i prodotti culturali (mediali e intermediali) narrativo-finzionali diventano così un inedito campo d’azione anche per il geografo, che vi si può approcciare con i suoi “ferri del mestiere” per disvelare i livelli entro cui agisce il processo primario che caratterizza l’agire dell’uomo sulla terra (campo di pertinenza geo-grafico): la territorializzazione.
Un fondamentale punto di incontro tra discipline geografiche e media studies è rappresentato dal recente volume di Marcello Tanca, Geografia della fiction: opera, film, canzone, fumetto, che si configura come intermediale già dal titolo, con il riferimento a quattro prodotti culturali che tra loro condividono sia un potenziale “geografico” che l’incrocio di linguaggi e di sistemi espressivi differenti. La scelta del medium è fondamentale nella riflessione di Tanca, poiché, come sottolinea nell’introduzione, ogni mediazione richiede una prospettiva differente a seconda della specifica messa in atto dei processi: la messa in scena, nel caso dell’opera e del cinema, la messa in discorso nel fumetto, e la messa in canto nella canzone. L’impianto teorico intessuto dal geografo tuttavia non si focalizza sulla dimensione formale e fenomenica dei media, ma sul carattere relazionale e referenziale della fiction, presupponendo una “sostanziale continuità” tra i “processi di territorializzazione che hanno luogo sulla superficie della Terra […] e quelli che hanno luogo nelle opere finzionali” (p. 20). Ogni prodotto realizza infatti, prima della messa in discorso, in canto e in scena, una mise en place che passa attraverso una mediazione che condiziona la geografizzazione degli spazi e l’enunciazione dei processi di territorializzazione.
Questo volume può interessare un film o media scholar per più ragioni. Innanzitutto, Tanca si smarca con forza dalla dipendenza verbo-letteraria che ha condizionato per molto tempo le prospettive intermediali dei film studies, riflettendo su come un’opera di finzione si presupponga sempre su un piano referenziale; per riempire questo vuoto teorico, elabora quattro pragmatiche di lettura incentrate biunivocamente su due traiettorie: spazio-territorio; avere un referente-essere un referente. Percorrendo la prima (spazio/avere un referente), il mediologo interessato a questioni geografiche viene invitato a considerare i prodotti finzionali come documenti testimoniali di una realtà geografica esistente, valutando prima di tutto il grado di verosimiglianza dei luoghi finzionali (osservando la cosalità, ossia la natura fenomenica delle cose), poi, in un secondo momento, il loro grado di esattezza topografica, cercando di mapparne e cartografarne la strutturazione dello spazio rispetto al mondo reale. Con la seconda (territorio/avere un referente), interpellando le specifiche mediali e linguistiche di ciascun medium, lo studioso può scovare il senso della rappresentazione finzionale in relazione ai referenti reali: nel cinema studiando i movimenti di macchina, le inquadrature e il framing; nella canzone l’andamento musicale, la relazione tra parole e note, la narrazione, la performance, etc. Con la terza (spazio/essere un referente), partendo dalle modalità tecniche con cui gli spazi finzionali si configurano e vengono organizzati nel mondo finzionale, il mediologo può scovare gli schemi e gli stilemi spaziali ricorrenti nella diegesi, arrivando perfino a mappare le sue internal map (con una carticità che può essere analitica o sintetica). Infine, con la quarta pragmatica (territorio/essere un referente), lo studioso considera il territorio finzionale come un referente stesso, indagandovi i processi di simbolica attivi, non dissimili da quelli presenti nei territori reali.
È nella quarta pragmatica che la teoria di Tanca mostra maggiormente la sua forza mediologica, poiché i territori finzionali vengono considerati alla stregua di quelli reali; le opere di finzione si configurano così come il frutto di una doppia mediazione: una prima è quella della territorializzazione reale (messa a fuoco dal dispositivo della geo-grafia), che i soggetti esperiscono durante il loro soggiorno sulla Terra, poiché ogni approccio a un territorio è il risultato di un processo (inter)attivo da parte di un soggetto, e non si presenta mai come un atto asettico e svincolato da un contesto (anche territoriale); la seconda mediazione è quella della fiction, che da un lato media sempre qualcosa che già esiste, raccontando le territorializzazioni reali, e dall’altro plasma essa stessa una territorializzazione nuova e interna, che può influenzare, grazie al potere dei media (soprattutto audiovisivi), nuove forme di territorialità che si sedimentano nell’immaginario influenzando l’agire umano. Le mediazioni finzionali hanno dunque un significato territoriale duplice: da un lato le immagini e le mediazioni del territorio restituiscono il “suo profilo oggettuale”, e dall’altro mostrano “come questo è percepito dagli attori locali” (p. 34), rievocando così il carattere già duale del dispositivo cinematografico, e anche la centralità della figura dell’autore (al contempo mezzo ed espressione della territorialità mediata). I media per Tanca sono infatti macchine simulanti che rafforzano la natura “doppiamente mediata” (p. 122) della geografia della fiction: la prima mediazione è la territorializzazione stessa, processo simbolico che trasforma gli spazi in territori attraverso le configurazioni della territorialità; la seconda è quella effettuata dai media, dai dispositivi o dagli oggetti mediali e intermediali – le macchine simulanti –, e rappresenta la messa in forma delle espressioni della territorializzazione attraverso specifici formati e linguaggi.
Aldilà dei singoli casi-studio analizzati nella seconda parte del volume (tra cui, per quanto concerne il cinema, la produzione di Wes Anderson), il volume di Tanca rappresenta una fondamentale summa dell’incrocio tra riflessioni geografiche e mediali, proponendo una teoria fortemente geografica che può aiutare gli studiosi di cinema e media ad orientarsi nell’articolata decodifica delle logiche territoriali attive negli universi finzionali dei prodotti mediali, superando l’orizzonte meramente spaziale dello spatial turn, e stimolando una prospettiva di analisi ancora più realmente geo-grafica.