Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.21 (2022), 7–19
ISSN 2280-9481

“Distanti ma uniti”. La ridefinizione di attori, attrici e celebrità nello scenario televisivo pandemico italiano

Luca AntoniazziUniversity of Bologna (Italy)

Luca Antoniazzi is a post-doctoral fellow at the Department of the Arts of Università di Bologna. He holds an MA in Cultural Economics (Venice) and a PhD in Media and Communication (Leeds). He currently works on the project “F-ACTOR. Forms of Contemporary Media Professional Acting (2000-2020)” (PRIN 2017). He has been involved in a number of national and international research projects on a wide range of media-related topics. His work has been published in Italian and international peer-reviewed journals. Prior to his academic career, he had internships at the Haghefilm Foundation (Amsterdam), ARRI Archiving Department (Munich) and the Royal Belgian Film Archive (Brussels).

Luca BarraUniversity of Bologna (Italy)

Luca Barra is Associate Professor at the Department of the Arts of Università di Bologna, where he teaches Television and Digital Media, Contemporary TV Series, and TV Production Cultures, and leads the MA in Information, Cultures and Organization of Media (INCOM). His research mainly focuses on television production and distribution cultures, the international circulation of media products (and their national mediations), comedy and humor genres, and the evolution of the contemporary media system. On these topics he wrote four books, and published peer-reviewed articles and book chapters. He is the principal investigator of the project “ATLAs. Atlante delle televisioni locali” (PRIN 2020) and local unit leader of “F-ACTOR. Forms of Contemporary Media Professional Acting (2000-2020)” (PRIN 2017).

Ricevuto: 2022-05-01 – Accettato: 2022-05-31 – Pubblicato: 2022-07-14

“Distant Yet United”: The Redefinition of Actors, Actresses and Celebrities in the Italian Pandemic Television Scenario

Abstract

This paper investigates the television presence of Italian actors and actresses in the recent pandemic emergency. It draws on a wide range of published, online and video materials concerning both performers’ public discourse and television shows. Dealing with the relationship between actors and television, the article mainly focuses on three mutually influential processes that took place first in the lockdown and then in the months that followed. On one side, many peculiarities of television celebrity have characterized the public presence of actors and actresses of various artistic backgrounds. On another side, television space changed due to health and safety regulations, with studio audiences disappearing and then reappearing, making room for professionals and different forms of actorship. On yet another side, actors and actresses have redefined their relationship with the audience in public communication ads to raise awareness and provide information about the pandemic. At a time when domestic audiovisual consumption increases, not only does TV confirm its industrial and cultural role, but it also becomes a space of attraction for many celebrities and for other more marginal actors. The pandemic period is thus also a time of experimentation, in which multiple forms of actorship come into play on the small screen and partly redefine their characteristic features and the overall system of Italian celebrity.

Keyword: Television; Pandemic; Television Acting; Television Celebrity; Italian Actors and Actresses.

1 La pandemia e l’impatto sulla televisione1

L’impatto che la pandemia ha avuto sulle industrie culturali è stato ampio e profondo, e porterà con ogni probabilità a strascichi di medio e lungo periodo (Pogorel e Preta 2020, Cabrera Blázquez et al. 2020, Vlassis 2021). Se le sale e i set cinematografici sono stati colpiti in modo indubbiamente negativo a livello sia internazionale sia italiano (Barra e Noto 2020, Cucco 2021), l’impatto sulla televisione è stato di natura ambivalente. Da una parte, i lockdown e le altre forme di riduzione della mobilità hanno aumentato la domanda di contenuto audiovisivo domestico, legato sia all’informazione, sia all’intrattenimento e alla fiction, favorendo quindi insieme le piattaforme on demand e i canali lineari. Dall’altra, però, la pandemia ha creato notevoli problemi logistici e industriali, bloccando o rallentando gli introiti pubblicitari e causando in molti casi l’aumento dei costi e delle difficoltà in fase di produzione esecutiva di fiction e serie televisive. Tali difficoltà sono state riconosciute dai governi europei, che hanno prontamente messo in piedi iniziative di aiuto e sostegno all’industria audiovisiva, televisione compresa (Banks e O’Connor 2021).

Alcuni studiosi hanno sottolineato l’impatto negativo della pandemia di Covid-19 in relazione alla configurazione geopolitica delle industrie culturali europee (Vlassis 2021), ma gli aspetti più dolorosi e problematici sono sicuramente quelli legati ai lavoratori della cultura e ai cosiddetti below-the-liners (Banks 2020, Eikhof 2020), compresi gli attori e le attrici di media o minore riconoscibilità. Come ha scritto Francesca Sobande (2020), la crisi ha acuito le disuguaglianze, e in alcuni casi le ingiustizie, nel settore culturale. Lo slogan che ha imperversato sui media internazionali, “we’re all in this together”, per esempio, secondo la studiosa si articola su “five words that can conveniently cloak the reality that […], even if ‘we’re’ all impacted by this crisis, ‘we’ not all experiencing it in the same way” (1035). La situazione emergenziale ha colpito tutti ma, in base alle condizioni pregresse, ciò è avvenuto in modi e forme spesso molto differenti.

Alcuni attori e attrici affermati sono stati impegnati, soprattutto nei primi mesi dell’emergenza, in meritevoli campagne di sensibilizzazione, invitando le persone a restare a casa o raccogliendo fondi per chi era in difficoltà, usando i social network per coinvolgere direttamente o indirettamente i loro fan e servendosi del loro capitale sociale e della loro notorietà per apparire in televisione e sulla stampa. In tutto il mondo, come già emerge dai primi dati di ricerca, le celebrità hanno infatti contribuito a comunicare l’emergenza in modo spesso più incisivo rispetto alle autorità scientifiche o politiche, e nel complesso della celebrity culture gli attori e le attrici hanno giocato un ruolo importante (Mututwa e Matsilele 2020). L’annuncio della convalescenza di Tom Hanks, per fare un solo esempio di portata globale, ha avuto un forte impatto emotivo sui fan come sul grande pubblico, contribuendo a far aumentare l’attenzione, la preoccupazione e la consapevolezza verso i rischi e le insidie della pandemia (Cohen 2020). E casi analoghi di “malati famosi” hanno avuto luogo in praticamente ogni contesto nazionale, Italia compresa.

In un certo senso, alcuni attori e attrici affermati hanno paradossalmente beneficiato delle opportunità che la situazione pandemica ha offerto, talvolta anche in modo discutibile (Coley 2020). Come già accennato, in tutto il mondo il consumo televisivo è infatti aumentato nei mesi di lockdown. La crescita dei consumi ha coinvolto sia le piattaforme audiovisive on demand e le relative pratiche di binge-watching (Dixit et al. 2020, Marketing Charts 2021), sia la classica diffusione lineare (Ellis 2021). Una situazione simile è avvenuta pure nel contesto italiano (AA.VV. 2020, Barra 2020, Sala e Scaglioni 2020, Boccia Artieri e Farci 2021). La tv e i social media hanno occupato una parte abbondante dell’inedito tempo libero di ampie fasce di popolazione rinchiusa in casa, creando uno spazio di condivisione dell’esperienza e aiutando a costruire o rafforzare comunità immaginate di spettatori, pur distanti. Così, le figure attoriali e le personalità più attive nella televisione italiana hanno conquistato un posto centrale della vita quotidiana di un’ampia fetta di popolazione.

Come ha notato John Ellis (2021), alla base di questo aumento dei consumi durante il lockdown ci sarebbe stata la necessità di “creation of [new] routines, the desire for consolatory entertainment and the need for connection. Broadcast ordinary TV fulfils all of these” (393). Certo, come anche altri (Hermes e Hill 2020) riconoscono, tali processi di significazione e catalizzazione di socialità mediata erano già caratteristici della fruizione televisiva prima della pandemia, ma nella crisi e nel confinamento hanno assunto caratteristiche peculiari e, per certi versi, del tutto inedite, che hanno inevitabilmente coinvolto, in modalità differenti, anche gli attori e le attrici italiani.

Nel quadro complessivo qui schematicamente tracciato, questo articolo intende affrontare alcune traiettorie dell’impatto che la pandemia ha avuto, nel contesto televisivo e para-televisivo italiano, sul significato e sul valore dell’attorialità, largamente intesa. La prima parte di questo contributo intende così concentrarsi su certe tendenze che hanno ridefinito, nei mesi del lockdown, i caratteri assunti da attori e attrici italiani, ampiamente influenzati, come si proverà a dimostrare, dalla diffusione di alcuni tra i classici tratti della celebrità televisiva, ora espansa a inglobare anche altri tipi di figure prima distinte. Un secondo filone di indagine affronta invece le conseguenze prima dell’emergenza e poi della lenta ripresa sulle figure di un’attorialità televisiva più nascosta e laterale, fatta di comparse e figuranti, in qualche modo dati per scontati e messi in questione. Infine, la terza direttrice del lavoro analizza la presenza di attrici e attori, televisivi in senso proprio o più largo, coinvolti insieme ad altre tipologie di celebrità nella comunicazione istituzionale, pensata principalmente per il piccolo schermo. Attraverso questa mappatura parziale, tramite esempi legati a singoli programmi e specifiche figure, il saggio vuole pertanto mettere in evidenza i modi – ora eccezionali e temporanei, ora invece più persistenti – che hanno ridefinito, allargato e modellato in chiavi inedite la celebrità e l’attorialità televisiva italiana.

2 Celebrità televisiva, attori e attrici italiani nella crisi

L’attorialità e la celebrità televisiva sono state in larga parte trascurate nella ricerca italiana e internazionale, se si escludono alcune figure di conduttori (per es., Eco 1963) e le personalità di vario genere della reality tv (Bennett 2010). Eppure, come Cantrell e Hogg (2018: 1) hanno sottolineato recentemente, l’attorialità è centrale “as being significant conceptual and critical interest and crucial to the ways in which we understand television storytelling”. In Regno Unito, in anni recenti, alcuni importanti lavori (Hewett 2015, Cantrell e Hogg 2017) pongono l’accento sulla necessità di comprendere l’attorialità televisiva affrontandone non soltanto gli aspetti estetici, performativi o testuali, ma aggiungendovi anche un’analisi dei contesti produttivi e commerciali e delle specificità del lavoro culturale. Ricerche sistemiche sull’attorialità nei suoi molteplici aspetti, compresi quelli televisivi, sono in corso anche in Italia (Barra 2015, Barra e Pitassio 2021), concentrando l’attenzione sulle questioni produttive, lavorative e formative come sulla costruzione della riconoscibilità pubblica: di particolare interesse è la ricerca di Catherine O’Rawe (2021), che tramite il caso di studio di Alessandro Borghi ha indagato il modo in cui attori e attrici sono apparsi sui social, durante il lockdown, nel tentativo di autocostruzione identitaria, con uno sforzo (poi supportato da un’ampia gamma di intermediari) di promozione e self-promotion transmediale. Il caso di Borghi, però, non è isolato.

Tra i modi in cui l’emergenza pandemica ha costretto a cambiare il ruolo dell’attore e il suo legame con il pubblico, la ridefinizione almeno parziale della sua identità in un contesto eccezionale è un aspetto di grande interesse. Molti attori e attrici italiani affermati hanno goduto, in particolar modo nei mesi del primo lockdown, di un qualche grado di visibilità sui mezzi di comunicazione di massa, a partire da quella televisione che mai come in quei giorni ha tenuto fede al suo ruolo di “finestra sul mondo”. Molti attori e attrici sono stati invitati in studio come ospiti di talk show o hanno partecipato ai programmi in collegamento da casa. Tante clip sono poi rimbalzate e circolate su web e social, in alcuni casi a opera degli stessi attori e attrici tramite i loro profili personali su Facebook, Instagram o Twitter.

Accanto ad alcuni conduttori televisivi assenti dai loro studi, collegati a distanza o sostituiti in seguito al contagio e ai sintomi della malattia, anche alcuni attori e attrici italiani hanno annunciato dagli schermi di aver contratto il Covid-19, e si sono esposti pubblicamente in modo significativo. Tre professionisti, in particolare, non a caso figure la cui lunga carriera cinematografica si è ampiamente intrecciata con partecipazioni nella fiction e ampie presenze televisive, hanno occupato uno spazio specifico e importante, mettendo in gioco i canoni della loro celebrità: Christian De Sica, Giuliana De Sio e Pasquale Petrolo (detto Lillo). La mappatura delle loro apparizioni durante il lockdown sui canali della tv generalista, poi disponibili nelle library on demand, così come delle foto e commenti apparsi sui loro social media ufficiali e della disseminazione della notizia sui siti web di alcune importanti testate giornalistiche, quotidiane e periodiche, ha consentito di individuare alcuni tratti comuni, pur nella specificità dei singoli casi.

In termini generali, è emerso che nel lockdown, mentre teatri e cinema erano stati chiusi, tanti attori di estrazione molteplice hanno cercato di acquisire visibilità o di offrire la loro immagine al pubblico adottando forme di celebrità proprie del modello televisivo, contraddistinte quindi da tratti di ordinarietà, autenticità e intimità (Bennett e Holmes 2010). Come anche altri hanno sostenuto, “[if] domesticity and ordinariness are hallmarks of the television star […], a pandemic makes us all television stars” (Leppert 2020: 497). Molti attori italiani, e in particolare i tre esempi già indicati, hanno in larga misura abbracciato e sfruttato alcune delle leve su cui si fonda la celebrità televisiva.

L’ordinarietà è sottolineata soprattutto esponendo gli spazi domestici e, volontariamente o meno, riproducendo sui media pratiche divenute quotidiane nella pandemia (come le videochiamate, con i relativi problemi tecnici e la bassa qualità audio o video). La partecipazione di Christian De Sica alla trasmissione di Raiuno Domenica In il 19 aprile 2020 è un caso eloquente.2 Intervistato dalla conduttrice Mara Venier, De Sica appare in videochiamata collegato mediante un’applicazione simile a Skype o Zoom, strumenti entrati in poche settimane nel mainstream della quotidianità pandemica e della comunicazione tv. Problemi tecnici, commenti fuorionda e qualche imprecazione (“ma che casino!”, esclama De Sica nella parte finale dell’intervista), creano un rapporto diretto con la quotidianità vissuta da molti nel lockdown. Lo sfondo, non opacizzato, mostra uno scenario domestico con mensole bianche, libri e qualche suppellettile in alto a sfiorare il soffitto. Alla fine del blocco appare anche l’attrice Isabella Rossellini, che manda gli auguri a tutti dagli Stati Uniti, confinata nel suo spazio domestico (all’aperto), e inseguita dalle sue galline in cerca di cibo.

Uno sfondo e una retorica simile sono utilizzati anche nella partecipazione a Che tempo che fa (in quella stagione, su Raidue), con De Sica che appare insieme al cognato Carlo Verdone.3 A sottolineare il contesto familiare e domestico, il conduttore Fabio Fazio lo introduce così: “molte persone vorrebbero andare a vedere cose o mostre che avevano messo in conto di vedere, che invece sono state chiuse o rimandate, allora portiamo noi [di Che tempo che fa] a casa delle persone quello che possiamo. Questa sera devo dire grazie di cuore a… mi verrebbe da dire, due amici…”. I due attori appaiono sullo schermo, con un collegamento certamente più curato, preparato e strutturato di una videochiamata ma sempre in un contesto squisitamente casalingo: “Siamo sul divano del salotto di Sordi”, chiosa Verdone. Certo una casa elegante, quella di Sordi, ma lo sfondo non è lontano da un’abitazione di classe media: un ambiente familiare, domestico, e rassicurante. La stessa domesticità e ordinarietà è in risalto nella foto impiegata da Giuliana De Sio su Facebook il 24 marzo 2020 per aggiornare i fan sulle condizioni di salute dopo aver contratto il Covid.4 Apparirà poi il 19 luglio 2020 nel programma Insonnia su Raitre, per parlare appunto di disturbi del sonno in convalescenza, e sarà ospite di Seconda linea su Raidue l’8 ottobre dello stesso anno, questa volta incarnando però la sua più tradizionale immagine pubblica di attrice e donna di carattere e personalità. Anche Lillo Petrolo decide di parlare della sua convalescenza da Covid, apparendo prima su Instagram e poi nel programma Storie italiane il 26 novembre 2020, sottolineando visivamente la centralità dell’ambiente domestico.5 Lo spazio casalingo era del resto stato messo in risalto anche qualche mese prima da un articolo su Elle, dall’emblematico titolo “Gli attori al tempo del Covid. A casa di Lillo Petrolo”.6

Il solo ritrovare le star attoriali in ambienti domestici, o in altri simili contesti di “significazione paradigmatica” (Allen 1985: 69-75), non è però sufficiente per poter (ri)stabilire un rapporto coinvolgente con il pubblico, e può essere talvolta persino rischioso. Tali ambienti e presenze rischierebbero infatti di sembrare inautentiche, costruite, attaccaticce, se gli attori non sottolineassero poi una forte cesura estetica e simbolica nel loro modo di comunicare con gli spettatori. In sostanza, l’autenticità è veicolata tramite la rottura visiva ed estetica rispetto al modo in cui queste figure appaiono di solito sullo schermo. “No, ora non stiamo recitando”, questo è il messaggio che conferisce valore ed efficacia comunicativa al contesto ordinario e domestico che nel lockdown ha spesso incorniciato la presenza mediale di attori e attrici italiani già affermati. De Sica, tra i volti più noti del cinepanettone e protagonista di eccentriche performance nel varietà italiano, appare così a Mara Venier con una lunga barba incolta e con abiti casual. Giuliana De Sio si mostra senza trucco e provata dalla malattia (la didascalia su Facebook è “buongiorno da uno straccio di donna”). In più occasioni anche Lillo si presenta in video in modo molto simile a quello dell’attrice. I loro toni, ed è ancor più evidente nei due attori comici, sono lontani da esplicite velleità performative.

Questa estetica del realismo consente di costruire quella relazione on/off screen, tra pubblico e privato (messo in scena), che contraddistingue l’autenticità secondo il modello della celebrità televisiva. Il divismo cinematografico, dalla natura differente, si fonda su una sorta di on/off screen paradox, sulla ricerca da parte delle audience del contrasto tra identità performativa e reale: l’attenzione del pubblico, in questi casi, riguarda la reale personalità dell’attore o dell’attrice al di fuori della performance, in luoghi nascosti della vita privata o nella vita professionale prima del successo. La vita “reale” delle star è lontana, irraggiungibile, e la ricostruzione di tali realtà è “paradossalmente” cercata dai fan su altri media (Dyer 1986). Al contrario della celebrità cinematografica, la presenza degli attori e delle attrici qui descritti sfrutta invece alcuni tratti del modello televisivo, in cui “[t]elevision viewers were encouraged to believe that they could actually locate the true personality of a television performer somewhere within his or her performance” (Murray, in Bennett e Holmes 2010: 69). In quelle apparizioni su Teams, Skype o Zoom, così come in tanti post e foto Instagram, si tenta di costruire quindi un’immagine scevra di qualsiasi spettacolarizzazione e di esporre la realtà della loro vita; in altre parole, tali presenze sfruttano l’impatto emotivo sui pubblici attraverso l’esposizione “[of the] reality of the inner-self” (Dyer 1986: 15) di attori e attrici.

Inevitabilmente, allora, questi processi di esposizione si intridono di intimità comunicativa. Ciò si manifesta in modo molto chiaro nelle interviste, in cui spesso si toccano i temi del ricovero, dell’isolamento, dei rapporti con i familiari durante la convalescenza e della paura di un epilogo triste. Anche De Sica, che appare a Domenica In in videochiamata prima di contrarre il Covid, nella parte finale dell’intervista e dopo il cameo di Isabella Rossellini, si lascia andare a calorosi saluti alla famiglia con Massimo Boldi, che invia messaggi in diretta sia alla presentatrice sia allo stesso De Sica. L’attore conclude dicendo “mi mancano tutti gli amici. Mi manca Claudio, Francesco, Riccardo… Venite a cena a casa appena finisce sto strazio”.7 Anche Lillo racconterà dettagli personali della sua convalescenza sia su Instagram al suo ritorno a casa dall’ospedale, sia durante la precedentemente citata apparizione a Storie italiane. Quindi, oltre a creare un’estetica della realtà funzionale all’accentuazione dell’autenticità, come scrive Jo Littler, “[d]isplacing the organic celebrity from its natural habitat became a way to foreground their emotional responses […] (and ‘real’ behaviour) it is a way to generate interest in ‘other sides’ of their characters, to present us with new ways of getting intimate with them” (2004: 14). La comunicazione diretta della vita privata al pubblico, come la connessione intima tra lo spettatore da una parte e gli attori e attrici dall’altra, diventano centrali in tempo di pandemia e lockdown. L’intimità, insieme a ordinarietà e autenticità, consente pertanto di accumulare, o per lo meno di non disperdere, il capitale relazionale e simbolico di attori e attrici durante i mesi di inattività, e allo stesso tempo di sperimentare nuovi formati e differenti strategie comunicative da poter potenzialmente utilizzare anche dopo l’emergenza.

3 Attori e attrici nello svuotamento e ripopolamento dello spazio televisivo

Nei mesi dell’emergenza e del lockdown la presenza televisiva di attori e attrici italiani è cresciuta e si è diffusa, in un racconto privato che reinterpreta il legame con il pubblico più o meno appassionato, e contamina le figure attoriali e divistiche con i linguaggi e modalità della televisione di intrattenimento e infotainment. Questo ha modificato in misura maggiore o minore i tratti della presenza pubblica che da sempre caratterizzano le personalità televisive (Bennett 2010, Ortoleva 2000). Tali dinamiche si collocano anche all’interno di un contesto espressivo mutato. A cambiare, infatti, in tutto il mondo e in Italia (AA.VV. 2020), sono i modi e le forme di una produzione televisiva che rimane accesa ma deve far fronte ai vincoli e alle regole imposte dalle misure di contenimento della pandemia. E questo, tra le altre cose, finisce per avere un impatto importante anche su altri generi di un’attorialità televisiva intesa in senso più ampio, a comprendere oltre ai profili apicali anche le “seconde file” dalla popolarità minore o quei figuranti e comparse, presenti in video e pagati per quello, che abitualmente popolano i generi tv cosiddetti unscripted (Barra 2021): la crisi pandemica, nelle varie fasi di evoluzione, ha modificato i testi televisivi e allo stesso tempo, necessariamente, influenzato equilibri professionali e percorsi di carriera (McDonald 2021).

Nei primi mesi del 2020, le avvisaglie dell’incipiente pandemia da coronavirus sono arrivate in primis dai telegiornali, e in generale dal sistema informativo; al tempo stesso, una più netta percezione della rilevanza e gravità di una situazione incerta (e che l’Italia, nel contesto occidentale, sperimentava per prima) si è avuta grazie ad alcuni cambi improvvisi e significativi che hanno modificato le procedure e le consuetudini della produzione televisiva corrente. In particolare, la sera del 23 febbraio i programmi in diretta dagli studi di Milano, in Lombardia, vanno in onda senza pubblico in studio: Che tempo che fa su Raidue, Live Non è la d’Urso su Canale 5 e Le Iene su Italia 1 si adeguano alle disposizioni regionali di prevenzione dal contagio e lasciano vuoti le poltrone e gli spalti abitualmente occupati da gente comune e da figuranti di bell’aspetto; nei giorni successivi, la modalità si estende prima alle altre reti e programmi, e poi a tutte le produzioni sul territorio nazionale, con l’allargarsi della diffusione del virus e delle misure di contenimento.

In tutta questa prima fase, precedente e poi parallela al lockdown, l’immagine dei grandi teatri di posa televisivi deserti o quasi, delle sedie vuote, del silenzio che si contrappone al consueto rumore bianco diventa uno dei tanti simboli della pandemia, a rispecchiare in piccolo le strade e i centri cittadini deserti; e l’assenza di un elemento della grammatica televisiva dato spesso per scontato mette in evidenza, per contrasto, la funzione performativa del pubblico in studio, a ricoprire molteplici funzioni (il feedback per i conduttori e i performer in scena, il simulacro di un pubblico a casa altrimenti disperso, l’applauso che nasconde le piccole sbavature della diretta e sostituisce i tempi vuoti) trasparenti e necessarie. Non è una sorpresa perciò che “dopo lo smarrimento iniziale, molte produzioni televisive siano corse ai ripari, servendosi di qualche ‘surrogato del surrogato del pubblico’ per sopperire alla sua mancanza e rispondere alla necessità di ritmo, reazione e contatto” (Barra 2020: 450), con escamotage di vario genere: la laugh track, le risate registrate in sottofondo tipiche della sitcom americana; l’audience richiamata e messa in scena sugli schermi, collegata da casa o ricostruita con registrazioni ed elaborazioni grafiche; o ancora soluzioni più creative, come le sagome di cartone di personaggi famosi della politica e dello spettacolo impiegati dal talk show comico e di attualità Propaganda Live su La7, o più avanti i palloncini colorati che ricoprono in una sera del Festival di Sanremo 2021 le seggiole della platea vuota del Teatro Ariston.

Per quanto riguarda l’attorialità televisiva italiana, la situazione ha portato a una doppia conseguenza. Da un lato, lo svuotamento degli studi è stato uno dei fattori a rendere necessario un ampliamento del numero e della varietà di personalità invitate come ospiti, collegati a distanza dalle loro abitazioni con un’estetica della videochiamata Skype e Zoom che diventa rinnovato simulacro del pubblico (Boccia Artieri & Farci 2021) oppure più di rado dentro agli studi, con distanziamento sociale, mancanza di saluti e adozione delle mascherine costantemente sottolineati ed enfatizzati. Lo spazio vuoto è riempito di volti più o meno noti, compresi gli attori e le attrici il cui lavoro si è sospeso e fermato, con una moltiplicazione della “presenza mediata” che, infrangendo le regole classiche del fare televisione, e spesso riducendo la qualità formale dello spettacolo, contribuisce però a costruire un senso di urgenza, un’impressione di autenticità, un’illusione di vicinanza e condivisione. Dall’altro lato, poi, la scomparsa del pubblico dagli studi televisivi ha significato anche l’eliminazione di un ruolo attoriale, certamente “debole” ma significativo, come quello dei figuranti, selezionati, gestiti e pagati come parte integrante dello show televisivo e importante per la sua riuscita, o delle comparse “parlanti”, che fanno da portavoce (come previsto da copione) alle istanze presupposte nel pubblico a casa. In molti programmi tv queste figure, non identificate come attori ma tali a tutti gli effetti, possono diventare figure familiari, dai ruoli definiti, facilmente riconoscibili dagli spettatori e spettatrici delle trasmissioni, personalità televisive (nel senso dato da Bennett 2010) che costruiscono l’impressione e l’illusione di vicinanza e autenticità.

Con l’emergenza pandemica, nella sua prima fase, con il pubblico “reale” fatto di appassionati e curiosi sparisce dagli studi televisivi anche quello professionale dei figuranti, composto spesso da aspiranti attori ai loro primi passi, da studenti delle scuole di recitazione, da professionisti che completano (e talvolta sostengono) con questi compiti “funzionali” le parti più artistiche e creative, meno redditizie, del lavoro attoriale: oltre ai set fermi e teatri chiusi, insomma, un altro tassello importante nell’economia dell’attorialità di seconda e di terza fila viene a mancare. A parziale compensazione, infine, il palcoscenico tv è diventato uno spazio riappropriato dai professionisti below-the-line – assistenti di studio, cameramen, redattori e autori – i soli ammessi nei centri di produzione, che hanno ricoperto talvolta funzioni quasi-attoriali, rendendo il backstage e i suoi addetti ai lavori esplicitamente parte dello spettacolo mandato in onda.

In questa veloce rassegna di quanto avvenuto nei programmi della televisione italiana dal febbraio 2020 in avanti, si può individuare una seconda fase, prima timida e poi sempre più decisa, che comincia nel giugno dello stesso anno, con la fine del lockdown, e prosegue (con qualche arresto e ripensamento) nei mesi e nell’anno seguenti. Appena è possibile a norma di legge, grazie anche a opportune pressioni, i set e gli studi riaprono parzialmente, con l’adozione di rigidi protocolli di sicurezza: allo svuotamento improvviso segue quindi un lento, incerto ripopolamento, accompagnato peraltro da polemiche legate allo statuto del pubblico in studio, ritenuto parte dello show e funzione professionale o invece orpello marginale e ancora evitabile, accesesi soprattutto in occasione del Sanremo 2021. L’industria televisiva ha cercato di reintegrare il pubblico appena possibile, soprattutto in quei programmi dove la reazione di una platea numerosa, in rappresentanza dell’audience distante, è cruciale. Un talk show come il Maurizio Costanzo Show o un varietà basato sui sentimenti come C’è posta per te hanno reintegrato subito un pubblico “vero”, pur ridotto in numero, con mascherina e separato da pannelli di plexiglass. Più di frequente, si è fatto ricorso a una platea di attori-figuranti, non più nascosta come in precedenza ma rivendicata adesso per porsi al riparo da potenziali contestazioni: è il caso, per esempio, di X Factor su Sky, che giunta alla sua quattordicesima edizione, nell’autunno 2020, per i live invita dei performer professionisti, attori e attrici che “interpretano” la folla, distanziata, che assiste alle esibizioni musicali. Questa attorialità minore, insomma, scomparsa nella prima fase pandemica, con il passare dei mesi diventa comodo escamotage per ottenere comunque il pubblico in studio per i programmi, ripopolando lentamente e con attenzione i teatri di posa, in un perdurante contesto di concerti e spettacoli teatrali bloccati.

Una strada ulteriore percorsa in questo periodo dalla tv italiana, poi, è stata aprire gli studi ad altre forme di attorialità e celebrità di solito assenti dal piccolo schermo. Se la fase iniziale della pandemia accoglie la maggiore disponibilità di attori e attrici a mettersi in gioco in televisione e al tempo stesso offre spazi svuotati da riempire, di corpi e di contenuti, nei mesi successivi emergono esperimenti di contaminazione che portano all’inclusione di attori teatrali e cinematografici in alcuni spazi televisivi, con il doppio ruolo intercambiabile di interpreti e di pubblico. È il caso, tra gli altri, di Ricomincio da Raitre, quattro serate tra dicembre 2020 e gennaio 2021 in cui, nel secondo lockdown e con i teatri nuovamente chiusi, la terza rete del servizio pubblico offre una ribalta televisiva ai vari generi teatrali, dagli spettacoli più popolari ai lavori di ricerca: in scalette che tengono conto del pubblico “largo” della tv mainstream, si esibiscono sia figure di maggiore riconoscibilità (Alessio Boni, Giulio Scarpati, Massimo Lopez e Tullio Solenghi, Elena Sofia Ricci, Lella Costa, Lino Guanciale, Angela Finocchiaro, e molti altri), sia performer meno abituati al piccolo schermo (per limitarsi a pochi esempi, Emma Dante, Davide Enia, Sonia Bergamasco, Glauco Mauri e Roberto Sturno); a fare da pubblico alle esibizioni, coerentemente, sono gli allievi della scuola di recitazione del Teatro Sistina. Tra gli esiti “televisivi” della pandemia, quindi, compare anche un allargamento dei confini dell’attorialità tipica del mezzo, una permeabilità ad altre istanze e altre professionalità, in una dimensione certamente emergenziale ma capace di lasciare qualche traccia più persistente.

In generale, il periodo del lockdown e della lenta ripresa ha messo in evidenza, sul campo di gioco della televisione italiana soprattutto generalista, una molteplice negoziazione tra differenti tipi e livelli di celebrità, con il piccolo schermo che ha accolto in forma inedita altre figure attoriali – provenienti da cinema e teatro, di nicchia o di avanguardia, principali o più laterali – e le attrici e gli attori che si sono serviti di tali spazi sia di visibilità sia di lavoro, trovando nella televisione un terreno comune, condiviso. Da un lato, è stata una situazione eccezionale, temporanea, nell’attesa del ristabilirsi di circuiti differenti; dall’altro, però, l’accoglienza di attori e attrici negli studi tv come figuranti e performer, come ospiti e pubblici, è anche il riconoscimento, dalle conseguenze con ogni probabilità durevoli, del ruolo crescente della televisione in un sistema industriale della celebrità italiana ancora in progress.

4 Attori e attrici nella sensibilizzazione del pubblico televisivo

Accanto alle necessità di dialogo con il pubblico, che passano anche dai salotti televisivi, portando gli attori e le attrici a dare un’immagine di sé almeno in parte differente, e accanto alla scomparsa e poi alla necessità di introdurre figure attoriali e para-attoriali negli studi televisivi svuotati per l’emergenza, nei mesi del lockdown e nei due anni successivi, si può indicare una terza direttrice di rilievo: l’iper-visibilità di alcuni attori e attrici, di vario genere, nella comunicazione istituzionale legata alla pandemia, passata anche e soprattutto dalla televisione. Si tratta di un settore specifico della pubblicità, che unisce ai linguaggi tipici degli spot commerciali una finalità collettiva più grande e una committenza pubblica, o comunque svincolata dalle sole logiche economiche (Lannon 2009, Bernocchi e Sobrero 2011). Fin dalle prime settimane di emergenza, la tv italiana ha avuto una punteggiatura dei palinsesti costante di campagne “a fin di bene”, dedicate sia all’informazione e sensibilizzazione sulla malattia, sui rischi, sulla prevenzione possibile, sia poi agli strumenti di salute pubblica con cui si è deciso di affrontarla. La necessità delle istituzioni di aprire un dialogo con la generalità dei cittadini italiani, con un pubblico larghissimo e trasversale, ha portato a riservare buona parte dello sforzo comunicativo alla televisione, ancora una volta al centro di un sistema poi disseminato su altri media (giornali, affissioni, radio, spazi digitali). E in questo quadro, in modo coerente, l’attorialità ancora una volta si riconfigura e si mette in gioco, per così dire “si sporca le mani” e si rende disponibile al pubblico servizio, sfruttando quelle stesse chiavi di ordinarietà, autenticità e intimità già individuate come tipiche delle personalità televisive e come cruciali aggiunte alle figure pubbliche di attrici e attori all’interno del contesto pandemico.

Il Governo Italiano, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute e altri organi, dai primi momenti di emergenza, sono stati sempre impegnati nell’attività di comunicazione e sensibilizzazione, legata all’evoluzione del quadro complessivo e delle strategie adottate. Tra le leve principali, si può indicare l’ampia presenza nelle trasmissioni televisive di figure politiche e istituzionali, che compiono (almeno in parte) un simile processo di avvicinamento al pubblico e di “televisivizzazione” della loro comunicazione – si pensi all’allora presidente del consiglio Giuseppe Conte, ospitato nei contesti informali dei talk show di prima serata, in dialogo con Fabio Fazio, Barbara d’Urso e Massimo Giletti, accogliendone i vari registri; si aggiungono poi la ripetizione continua dei messaggi di base da parte dei conduttori dei programmi più importanti, anche di intrattenimento, sul piccolo schermo e negli spazi digitali, o la messa in onda quotidiana della conferenza stampa della protezione civile, a dettare il ritmo di una vita associata che perdeva i punti di riferimento. A tutto questo si è sommata un’attività capillare di informazione tramite spot tv, pillole da trenta secondi ad alta ripetibilità collocabili in tanti diversi spazi della programmazione quotidiana (e, sia pure con un’efficacia differente e con forme rimodulate, negli spazi online): l’analisi del corpus completo di tali messaggi, disponibili sui siti governativi,8 non solo offre un’utile testimonianza di un’attività emergenziale sempre in fieri, con cambi di focalizzazione e ripensamenti di strategia, ma costituisce pure un altro terreno su cui indagare il coinvolgimento degli attori e attrici italiani in pandemia e l’evoluzione della loro figura televisiva.

Il primo spot, nel febbraio 2020, è indicativo dei primi passi, molto timidi, per prevenire e rallentare il contagio, e ha come protagonista il conduttore tv e divulgatore scientifico Michele Mirabella, a lungo alla guida del programma medico Elisir, che sottolinea l’importanza di lavarsi le mani con cura. Segue poco dopo un secondo spot, con il presentatore più noto, Amadeus, fresco reduce da un Festival di Sanremo di grande successo, che racconta le “semplicissime regole” di prevenzione e rimanda al sito del ministero per altre informazioni; lo slogan è “Aiutiamoci l’un con l’altro, insieme ce la facciamo”. La scelta di personaggi puramente televisivi e la volontà di rivolgersi al pubblico maturo segnano la strategia comunicativa della primissima fase, poi sostituita, con l’avvicinarsi del lockdown e le settimane di chiusura, dagli inviti a restare a casa, con hashtag #iorestoacasa e #distantimauniti. All’esigenza di massima adeguatezza per il pubblico generalista si affiancano allora quelle di allargare l’efficacia della comunicazione istituzionale sull’audience più giovane e di dare l’impressione di uno sforzo comune, collettivo, variegato, che riguarda tutti. Si coinvolgono prima alcune figure sportive, del calcio e di altri sport, e poi cantanti, musicisti, artisti e attori. Il ricorso ai testimonial è solo una delle traiettorie di un racconto istituzionale molteplice, e spesso confuso – appaiono anche spot interamente illustrati con i modelli dell’infografica, collage di immagini ad alto impatto con le città e i monumenti deserti, e poi messaggi “verticali” dedicati alla scuola a distanza o alle pensioni che si possono ottenere senza recarsi in un ufficio postale – ma tra le strategie impiegate è certamente tra le più efficaci e memorabili.

Un primo esempio è una pubblicità-progresso dedicata al sostegno alle donne vittime di violenza, tema divenuto urgente nel contesto delle restrizioni alla mobilità dovute alla pandemia di coronavirus.9 Insieme ad alcuni cantanti, compaiono qui alcune attrici e attori, spesso caratterizzati da una larga familiarità e carriera almeno in parte televisiva: Vittoria Puccini, popolare protagonista di numerose fiction; Paola Cortellesi, comica e conduttrice tv prima di diventare una delle poche vere star del cinema italiano; Anna Foglietta, nota in tv per La mafia uccide solo d’estate; e Marco D’Amore, protagonista di Gomorra. La serie su Sky. Il messaggio adotta le retoriche più classiche e “automatiche” della comunicazione sociale, con il forte sottofondo musicale, l’enfasi emotiva, gli inviti accorati; al tempo stesso, questo collage di frammenti video registrati davanti a pareti spoglie e a una domesticità occultata soltanto in parte, con lo sguardo in camera dei soggetti, riconduce all’estetica della videochiamata e di Zoom, a una dimensione produttiva artigianale, alla condizione comune di confinamento in casa che caratterizza anche i personaggi famosi che pure si mettono a disposizione, al servizio della buona causa. Ci sono imprecisioni, differenze di luce, inquadratura e fotografia, ma si sorvola su questi aspetti, che testimoniano la condizione difficile di realizzazione dello spot e allo stesso tempo finiscono per sottolinearne l’urgenza. La celebrità è lontana dal piedistallo, si mostra in condizioni non ottimali, quotidiane, autentiche, condivise con gli spettatori (al netto delle inevitabili differenze di status); la sua immagine e presenza si inserisce in un discorso collettivo, in un flusso live di altre immagini e presenze televisive e digitali, all’interno del quale il confine tra messaggio istituzionale, volontariato e self branding si perde e si confonde.

Nelle fasi seguenti della pandemia, il ricorso agli attori e attrici prosegue, nel contesto di un’uscita dal lockdown che prevede però un insieme di regole da rispettare, e a cui avvicinare lo spettatore. Tre spot, in particolare, evidenziano il cambio di passo. Nel primo, Lino Banfi, attore popolare anche grazie alla seconda parte di carriera sviluppatasi con alcune fiction televisive di successo, a partire da Un medico in famiglia, assume di nuovo un ruolo simile a quello del saggio e bonario nonno Libero per spiegare nel dettaglio come si indossa una mascherina; permane l’estetica minimal tipica dei collegamenti a distanza, ma si aggiunge la doppia inquadratura, frontale e laterale, a testimoniare il maggiore sforzo produttivo, sia pure in condizioni ancora peculiari.10 Banfi si presenta come persona e richiama i suoi personaggi (“Afferreto? Chiero?”), mettendo in gioco i sentimenti (“Io ci ho messo la faccia e il cuore, adesso la mascherina mettiamocela tutti”). In un altro spot, Enrico Brignano, comico e attore (ancora di Un medico in famiglia, tra le altre produzioni), per conto del Ministero dell’Ambiente e della Guardia costiera, sottolinea l’importanza del corretto smaltimento di mascherine e guanti per non inquinare; la resa è un poco più complessa, con location esterna, sul molo di un piccolo porto, ma restano l’estetica del basso costo e lo sguardo in macchina d’invito di prammatica.11 Brignano ricorre alla consueta cadenza romanesca, farcita di espressioni latine che non sa completare, come da personaggio. Un terzo spot assimilabile è poi quello che vede protagonista Flavio Insinna, conduttore ma anche attore in fiction popolari come Don Matteo, che racconta alla nipote l’importanza dell’app Immuni per il tracking dei contagi: “Mi raccomando, scarica anche tu l’app Immuni”, perché “Più siamo e meglio stiamo”.12 In tutti questi casi, l’attore si mette in gioco con il suo volto e il suo corpo, con i tratti distintivi della sua figura pubblica, con l’allusione ai suoi personaggi più noti al pubblico televisivo; il testimonial è calato nel contesto domestico e quotidiano, in un caso persino familiare (nella messa in scena), ma sfrutta la situazione sospesa tra realtà e finzione, tra persona e personaggio, attivando singoli tratti dei due poli e ricorrendo (contemporaneamente) ad aspetti stereotipati quali i regionalismi e a marche di autenticità sincera.

Dal gennaio 2021, la progressiva apertura al pubblico delle vaccinazioni anti-Covid richiede un rinnovato sforzo di comunicazione pubblica. La prima scelta è affidare a Giuseppe Tornatore la regia di tre spot, “La stanza degli abbracci”13: gli attori e le attrici non sono noti e riconoscibili, ma interpretano persone comuni che si incontrano e parlano tra grandi teli di plastica, con riferimenti allusivi ai dubbi, alle polemiche e ai discorsi negazionisti che circondano i vaccini. Cambiati sia il governo sia la gestione dell’emergenza e della campagna vaccinale, dopo una falsa partenza, nel settembre 2021 si preferisce ritornare ai testimonial, con un primo blocco di spot, accompagnati da una musica originale di Giuliano Sangiorgi, in cui l’invito a vaccinarsi arriva da sportivi (Federica Pellegrini, Roberto Mancini, Marcell Jacobs), conduttori (Mara Venier, Paolo Bonolis), musicisti (J-Ax), medici, persone comuni e da attori e attrici, ancora una volta di notorietà e di carriera anche televisiva (Francesco Pannofino, già protagonista di Boris e di altre fiction, e Ambra Angiolini, che prima del cinema ha esordito a Non è la Rai).14 Le parole dei protagonisti, ad alta intensità emotiva, si alternano a immagini di abbracci e incontri; i famosi e la gente qualunque sono (apparentemente) sullo stesso piano, indicati nei sottopancia solo con il nome e la professione; e a dare enfasi alla ripartenza si esce dal contesto domestico ma tutti sono ripresi nei loro contesti professionali. Sulla scia, con l’accompagnamento di “Logico” di Cesare Cremonini, un secondo ciclo di spot qualche mese dopo coinvolge figure conosciute come Alberto Angela, Tania Cagnotto, Giacomo Poretti, Alessandro Gassman, e ancora medici e persone comuni.15 Così come Venier e Bonolis si trovavano negli studi tv delle loro trasmissioni, e Pannofino in sala di doppiaggio, Poretti offre la testimonianza da un teatro, con le poltrone ancora vuote, ma pronto a riaprire dopo la pausa forzata.

Pur seguendo le incerte, contraddittorie direzioni di una committenza molteplice, e di una risposta all’emergenza che assume differenti intensità, complessivamente si può verificare: come negli spot televisivi e nella comunicazione istituzionale della pandemia il ricorso agli attori e alle attrici è stato importante per quantità e qualità e ha avuto un carattere continuativo, inserendosi in un più ampio coinvolgimento di testimonial di vario genere; come le figure cercate e coinvolte siano rappresentative di un’attorialità in qualche misura popolare, trasversale, non esente da prove televisive nella fiction generalista, da partecipazioni nei programmi di intrattenimento, da fasi di carriera centrate sul piccolo schermo; e come anche in questo caso i contesti di impiego del volto e del corpo celebre, le modalità di dialogo e di invito allo spettatore e gli effetti ottenuti dagli spot rispecchino sì alcuni tratti di celebrità pregressa ma la rideclinino sempre in una forma ancor più “televisiva”, ordinaria, quotidiana, intima, autentica (come effetti di senso).

5 Conclusioni

Guardando complessivamente ai mesi del lockdown e ai due anni di un’emergenza pandemica che ha attraversato molte fasi differenti, la relazione tra la televisione e l’attorialità italiane si è modificata in profondità, in un processo di allargamento, moltiplicazione e popolarizzazione. La crescente disinvoltura di attori e attrici che hanno condiviso il loro privato nei salotti televisivi, a distanza e poi in presenza, compresi gli aggiornamenti sul loro stato di salute, la messa in evidenza della rilevanza di una presenza diffusa di figuranti e altri professionisti nel funzionamento corretto della macchina spettacolare televisiva e l’apertura di questi spazi prima svuotati ad addetti ai lavori e creatività differenti, e ancora l’impiego (e la contaminazione) di volti e corpi attoriali popolari nella comunicazione istituzionale sulla pandemia, sono solo alcuni dei percorsi possibili in un panorama magmatico e ribollente. Alcuni fenomeni hanno avuto effetti puntuali, legati all’emergenza, mentre altri potranno mantenere forse una rilevanza più duratura.

Come emerge nell’analisi, sebbene i social media siano sempre più importanti nel sistema dei media contemporaneo, la televisione resta un nucleo centrale non solo in termini industriali (come altri hanno già dimostrato, Freedman 2015), ma anche per la costruzione di un racconto e una socialità mediati, condivisi, sincronizzati. Tali modalità di comunicazione sono compatibili con quelle dei social media, in particolar modo per la natura intima della loro comunicazione, ma più che essere “tipicamente digitale” questa (illusione di) incontro diretto con il pubblico è abituale nel piccolo schermo fin dalla sua origine, e ne conferma il ruolo centrale nella presentazione di una narrazione reale e realistica a un pubblico ampio e trasversale, che si completa poi con il racconto più specifico e targettizzato dei social media.

Complessivamente, ed è forse questo il cambiamento più importante avvenuto nel corso della pandemia, anche in un Paese come l’Italia, dove (almeno nelle intenzioni) certe distinzioni e gerarchie tra ambiti e tipologie di attorialità differenti sembravano più solide, l’emergenza ha portato da una parte alla costruzione più convinta e accelerata di un sistema integrato della celebrità, in cui ogni medium contribuisce al percorso complessivo, non ancora del tutto industriale ma avviato a poterlo diventare; e dall’altro alla caratterizzazione di tale sistema, nella sua interezza, tradizionale e digitale insieme, con le chiavi di una celebrità tipicamente televisiva, tramite effetti di prossimità, consuetudine e autenticità. Lo slogan dei primi spot istituzionali, “distanti ma uniti”, diventa così una buona metafora dell’evoluzione dell’attorialità italiana, che al netto delle sue molte differenze e distanze si ritrova accumunata e unita nello spazio sempre centrale della televisione.

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  1. Il saggio è stato sviluppato e discusso congiuntamente. Le sezioni 1 e 2 sono state redatte da Luca Antoniazzi, mentre le sezioni 3 e 4 da Luca Barra. La sezione 5 è stata scritta a quattro mani. Questo lavoro si colloca all’interno del progetto di ricerca “F-ACTOR. Forme dell’attorialità mediale contemporanea. Formazione, professionalizzazione, discorsi sociali in Italia (2000-2020)”, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca nel quadro del bando PRIN 2017 (2017CCTJST_002).↩︎

  2. YouTube [Video]. Christian De Sica - Domenica in 19/04/2020. https://www.youtube.com/watch?v=vL3eY4WiF0M (ultimo accesso 19-05-22).↩︎

  3. Raiplay [Video]. 100 anni di Alberto Sordi: Christian De Sica e Carlo Verdone. https://www.raiplay.it/video/2020/03/che-tempo-che-fa-100-anni-di-alberto-sordi-christian-de-sica-e-carlo-verdone-7e1d5ded-7f9c-4ae6-b247-03ee3e04f7d0.html (ultimo accesso 19-05-22).↩︎

  4. Facebook [Post]. https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=1382490468597306&id=213150368864661 (ultimo accesso 19-05-22).↩︎

  5. Raiplay [Video]. Lillo: “Tampone Covid negativo e finalmente a casa”. https://www.raiplay.it/video/2020/11/Storie-Italiane-Lillo-Tampone-Covid-negativo-e-finalmente-a-casa-d6013f37-4553-4b6c-ad0b-ac8f33a74798.html (ultimo accesso 19-05-22).↩︎

  6. ELLE. Gli attori al tempo del Covid. A casa di Lillo Petrolo. https://www.elle.com/it/showbiz/cinema/a32892958/lillo-petrolo-film/ (ultimo accesso 19-05-22).↩︎

  7. Cfr. Video citato in nota 2.↩︎

  8. Governo Italiano. https://www.governo.it/it/coronavirus-campagne-comunicazione (ultimo accesso 19-05-22).↩︎

  9. YouTube [Video]. Campagna “Libera puoi”. https://www.youtube.com/watch?v=eJ21QjE7RTA (ultimo accesso 19-05-22).↩︎

  10. YouTube [Video]. Campagna di comunicazione sull’uso corretto della mascherina. https://www.youtube.com/watch?v=XUuKgSxAu8M (ultimo accesso 19-0-22).↩︎

  11. YouTube [Video]. Campagna sul corretto smaltimento delle mascherine e dei guanti. https://www.youtube.com/watch?v=uyqYkHEZjmU (ultimo accesso 19-05-22).↩︎

  12. YouTube [Video]. Campagna di comunicazione – App Immuni. https://www.youtube.com/watch?v=oVz582QOrxs (ultimo accesso 19-05-22).↩︎

  13. YouTube [Video]. “La stanza degli abbracci”. https://www.youtube.com/watch?v=XRkKcuRlBgQ (ultimo accesso 19-05-22).↩︎

  14. YouTube [Video]. Campagna nazionale di vaccinazione anti-Covid 19 “Riprendiamoci il gusto del futuro” (primo spot). https://www.youtube.com/watch?v=Jyh7fPHpC3E (ultimo accesso 19-05-22).↩︎

  15. YouTube [Video]. Campagna nazionale di vaccinazione anti-Covid 19 “Facciamolo per noi”. https://www.youtube.com/watch?v=-ve-44CHPjg (ultimo accesso 19-05-22).↩︎