Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.21 (2022), 85–101
ISSN 2280-9481

Brand New Social Life. Forme e pratiche di self promotion delle teen celebrity italiane durante la pandemia

Ylenia CaputoUniversity of Bologna (Italy)

She is PhD student in Cinema, Photography and Television at the University of Bologna. Her research focuses on teen and celebrity culture, analyzed in the wake of television and media studies. Specifically, subject of analysis are teen celebrities emerging from contemporary Italian cinema and television production. She is Journal Manager for ZoneModa Journal and Editorial Assistant for Cinergie – il cinema e le altre arti.

Ricevuto: 2022-01-26 – Versione revisionata: 2022-05-19 – Accettato: 2022-05-19 – Pubblicato: 2022-07-14

Brand New Social Life. Forms and practices of self-promotion of Italian teen celebrity during the pandemic

Abstract

The pre-pandemic period saw the emergence of a new Italian audiovisual phenomenon: an innovative cinema and new television series, aimed at a specific target audience — the teenagers belonging to Generation Z. Italian teen dramas have led to the advent of a star system full of young actors and actresses. Their young age has facilitated their landing on social platforms, particularly on Instagram, where, to varying degrees, they are active and enjoy a large number of followers, mainly teenagers and young adults. The advent of the pandemic has drastically impacted the professional and daily lives of both actors and their audience, making social platforms the main compensatory forms for the lost sociality — for teenagers and young adults — as well as an important alternative stage for young actors. In this context, the paper aims to investigate the forms of self-promotion of the actors and actresses of the Italian teen world. Specifically, the analysis is focused on Benedetta Porcaroli, Beatrice Bruschi, Ludovica Martino, Federico Cesari, Rocco Fasano and Lorenzo Zurzolo, since they are among the best-known teen celebrities with the most numerous following body on social media. The reference time range starts from the first wave of Covid-19 in Italy (March 2020 – June 2020) and goes until the end of the second wave (October 2020 – January 2021) in order to identify and analyze any differences between the two pandemic moments, in terms of representation, social engagement and professional activities of the examined actors.

Keyword: Italian Celebrities; Covid-19; Teen Stardom; Self-branding; Instagram.

Il saggio propone un’indagine qualitativa sulle forme di self promotion delle giovani celebrità italiane alla luce di un periodo storico che ha costretto i performer dell’industria televisiva e cinematografica a uno stop forzato e a una conseguente necessità di reinventarsi, prendere posizione, affermare e confermare il valore del proprio status di celebrità. Particolare attenzione è rivolta al ruolo dei social network nella costruzione del loro brand-persona, declinata nelle pratiche di sensibilizzazione e social awareness, nelle collaborazioni e sponsorizzazioni di high-end fashion brands o ancora nell’esibizione della loro quotidianità.

Nel corso dell’indagine sono emersi i concetti di autenticità, relazioni parasociali, presentational culture e del self as a work, opportunamente approfonditi nei prossimi paragrafi. Tali concetti non sono una prerogativa dei tempi presenti, il mondo della ricerca accademica li indaga da ben prima dell’avvento della pandemia1. Tuttavia, le giovani celebrità e l’evento pandemico si rivelano un terreno fertile per riflettere ancora una volta sullo statuto delle celebrity, approfondirne il valore, la funzione sociale e le eventuali trasformazioni che hanno subìto durante un periodo tutt’altro che ordinario.

Per favorire una più chiara comprensione del contesto di riferimento e del ruolo rilevante assunto dalle celebrità durante la pandemia, il paragrafo 1 ricostruisce brevemente il framework del teen stardom italiano contemporaneo. Il paragrafo 2 illustra la metodologia adottata. Il corpus centrale del saggio, trattato nei paragrafi 3 e 4, esamina e classifica le modalità attraverso cui le celebrità prese a campione hanno affrontato le limitazioni del lockdown agendo forme alternative di self promotion. Il paragrafo 5 descrive il quadro teorico emerso. A seguire, una breve riflessione conclusiva.

1 L’avvento del teen stardom italiano, tra social media e transmedialità

Dal 2015, anno di debutto del teen drama Skam Italia, si assiste all’emergere di uno star system di giovani attori e attrici appartenenti alla Generazione Z2. Benedetta Porcaroli, Alice Pagani, Lorenzo Zurzolo, Ludovico Tersigni, Ludovica Martino, Rocco Fasano sono alcuni dei nomi divenuti noti contestualmente a una rapida espansione dell’industria cinematografica e televisiva teen oriented italiana: tra il 2015 e il 2021 sono stati prodotti circa trenta titoli tra film e serie televisive ascrivibili al genere. Il ruolo decisivo di Skam Italia nella costruzione di un nuovo star system è connesso a una più ampia operazione di transmedializzazione dell’universo teen italiano che coinvolge Netflix, nota piattaforma di streaming digitale.

Si fa riferimento alla definizione di transmedialità come intesa da Mario Tirino (2019: 23): una “modalità di diversificazione, rilocazione e ri-contestualizzazione[…]. È un flusso di contenuti organizzati da network industriali per accrescere l’appeal economico e culturale dei propri progetti”. Sulla scorta di tali premesse, sembra che la strategia produttiva e distributiva operata da Netflix miri a un’evoluzione transmediale in termini di espansione commerciale. In effetti, il processo di celebrificazione dell’universo teen è avvenuto con il passaggio di Skam Italia da TimVision a Netflix. La piattaforma aveva già iniziato a investire sui teen drama italiani (come, per esempio, Baby) e, in seguito all’acquisizione di Skam, ne ha prodotti in numero sempre maggiore. Va aggiunto che la sua strategia commerciale e comunicativa è evidentemente rivolta a un target teen e attinge da immaginari, mode, linguaggi, valori che sono propri delle nuove generazioni, in particolare della Generazione Z.

Collocato al centro del processo transmediale, il mondo teen diviene un universo narrativo espanso che possiede più tasselli, ognuno dei quali funge da porta d’accesso al franchise, l’industria di Netflix. A partire dalla serialità televisiva le celebrità esplorano il cinema di genere e/o d’autore: Benedetta Porcaroli in La scuola cattolica (2021) e L’ombra del giorno (2022), Alice Pagani in Loro (2018) e Non mi uccidere (2021), Ludovica Martino in Lovely Boy (2021) e Il campione (2019); o ancora, le incursioni teatrali di Giancarlo Commare (Tutti parlano di Jamie, 2021–2022) e le collaborazioni di Benedetta Gargari, Ludovica Martino e Alice Pagani con Ultimo, Achille Lauro e, in generale, con il mondo del cantautorato indie pop italiano, (che, non a caso, è un genere prevalentemente ascoltato da adolescenti e giovani adulti). Da ultimo, la conduzione di programmi televisivi. Si pensi a Ludovico Tersigni nelle vesti di nuovo conduttore di X Factor, show rivolto per lo più a un pubblico generalista che, comprensibilmente, ha accolto con diffidenza la nuova giovane risorsa. La scelta di Sky è stata interpretata dalla stampa3 come un tentativo della televisione di conquistare la generazione Z e non fa che confermare l’impressione di espansione transmediale dell’universo narrativo teen.

In questo contesto, complici la globalizzazione dei media, la convergenza mediatica e la natura intrinsecamente digitalizzata della Generazione Z, i social network contribuiscono all’espansione della youth culture e alla riconfigurazione del concetto di celebrità4. La giovane età dei performer, il loro profilo professionale e il fatto stesso di appartenere a una generazione social-izzata, li portano a un naturale approdo sulle piattaforme social e ad avere un folto numero di giovani e giovanissimi seguaci. La sistematica presenza su una pluralità di media fa sì che le declinazioni della loro immagine, funzione e professione assumano forme differenti relativamente al medium che li ospita. È dunque peculiare la loro incarnazione di un divismo multifattoriale: sono attori e attrici, ma anche influencer, in quanto “influiscono o modificano il modo in cui le altre persone si comportano, ad esempio attraverso l’uso dei social media” (Avallone 2018: 83) e creators, intesi come utenti dei social media “impegnati nella commercializzazione e nella professionalizzazione di sé, che generano e diffondono contenuti originali per incubare, promuovere e monetizzare il loro brand multimediale sia sulle principali piattaforme di social media sia in modalità offline” (Cunningham e Craig 2019: 7). Il processo in corso determina un graduale spostamento della concezione di star da soggetto intangibile a parte della quotidianità delle persone comuni (Ricci 2013). È una metamorfosi significativa se considerato il ruolo incarnato dal divo, soprattutto in funzione dei giovani che vivono le complessità della società contemporanea. Come sostenuto da Riva e Scarcelli (2016: 85)

[oggi] la ricerca dell’identità è più difficoltosa, soprattutto per il venire meno dei modelli identitari forniti dalle ideologie tradizionali, siano essere religiose o politiche. Ecco allora che per i giovani la domanda di identificazione può passare anche per la fruizione di prodotti mediali e opere cinematografiche, secondo meccanismi di fascinazione resi particolarmente potenti da attori famosi e carismatici, i divi. I comportamenti delle celebrità diventano in modo crescente modelli sociali di riferimento perché aumenta la possibilità di identificarsi e rispecchiarsi in esse.

Ed è particolarmente vero per il pubblico più giovane: il successo di film e serie televisive tra queste fasce di pubblico dimostra come l’industria teen rappresenti oggi un ambito particolarmente fecondo per lo sviluppo del divismo. Il rapporto con le attrici e attori coetanei permette una maggiore identificazione e svolge per i giovani una fondamentale funzione sociale, in quanto è in grado di operare come strumento di presa di coscienza rispetto al mondo5. Per queste ragioni, i social network si dimostrano un ulteriore veicolo prezioso, poiché esattamente come il cinema e la televisione forniscono modelli valoriali e di ruolo che influiscono sulla continua negoziazione dello stile di vita e sulla definizione della propria identità.

Tra le piattaforme social, Instagram è l’esempio calzante di una peculiare doppiezza che caratterizza questo momento di passaggio delle celebrità da costrutti inautentici a personaggi accessibili: la comunicazione del social, per definizione asincrona e mediata da uno schermo, resta pur sempre bidirezionale (a differenza dalla comunicazione che caratterizza Twitter e Facebook)6, e contribuisce all’instaurarsi di un rapporto amichevole e più intimo con i followers. Le giovani celebrità utilizzano la piattaforma come sintetizzato:

  • si mostrano nella loro quotidianità e restituiscono un’impressione di autenticità;

  • interagiscono e dialogano con i loro followers (nei commenti, in direct – la messaggistica privata di Instagram – o nelle stories): parlano tanto della loro carriera quanto della loro vita privata; dispensano consigli ai followers che si rivolgono a loro per confrontarsi sui classici temi della giovane età (amore, amicizia, scuola).

Per riprendere un concetto di Chris Rojek (2016), la relazione di presunta intimità che s’instaura tra le celebrità e il pubblico assume una simile profondità da scatenare risposte emotive comparabili a quelle delle relazioni sociali e familiari, nonostante il legame non sia immediato, bensì mediato dai mezzi di comunicazione.

2 Metodi e strumenti per un’indagine qualitativa sulle celebrità attoriali

Il processo di ricerca è strutturato su tre livelli: in prima istanza sono individuate le forme di self promotion online e offline delle celebrità selezionate; segue la categorizzazione tematica delle forme individuate sul territorio indagato; il passaggio successivo è dedicato all’approfondimento di tali forme e declinazioni per rendere possibili le inferenze circa il concetto di celebrità/persona a sostegno delle teorie di riferimento.

L’osservazione delle attività offline non ha restituito risultati sufficientemente apprezzabili per le finalità di questo lavoro. Infatti, come vedremo nel paragrafo 3, le attività degli attori presi a campione si sono svolte prevalentemente online. Inoltre, la natura stessa della piattaforma social selezionata ha permesso un’analisi più strutturata e la produzione di risultati quantificabili, a supporto del quadro teorico di riferimento. Per tali motivi, la metodologia individuata assiste l’analisi dei social media; si è dunque reso necessario l’utilizzo di due strumenti di analisi qualitativa, secondo un approccio mixed: l’etnografia virtuale integrata con la Content e Image Content Analysis. Con il supporto del metodo etnografico, è stato possibile selezionare e individuare la cornice di riferimento, la piattaforma social più conforme alla domanda di ricerca, analizzare i registri e i codici linguistici utilizzati oltre che selezionare i partecipanti più performativi.

Il territorio analizzato è virtuale: nello specifico, si prende a riferimento Instagram, per un totale di 183 post codificati. La scelta è il risultato dell’osservazione preliminare orientata ai social: i dati statistici di Instagram ci dicono che oltre il 70% di utenti della piattaforma nel mondo ha meno di 35 anni7. In particolare, assieme a TikTok, è il social più utilizzo dalla Generazione Z e dalle giovani celebrità osservate. A dimostrazione di quanto sostenuto, si registra l’assenza di profili verificati degli attori sulle altre piattaforme (Facebook, Twitter, Snapchat, TikTok).

Un primo criterio di selezione ha incluso le celebrità che hanno profili verificati8. In secondo luogo, al fine di restringere un campo altrimenti troppo vasto, sono state selezionate le persone al centro del gruppo osservato, cioè le celebrità che appaiono più capaci di coinvolgere il proprio pubblico nelle loro conversazioni virtuali e/o che godono del maggior numero di follower. Per tali motivi, i profili scelti sono i seguenti:

  • Beatrice Bruschi (@beabrus, 264 mila flw),

  • Benedetta Porcaroli (@bennipi, 1,5 milioni flw)

  • Federico Cesari (@fecesari, 268 mila flw)

  • Lorenzo Zurzolo (@lorenzo_zurzolo, 1,2 milioni flw)

  • Ludovica Martino (@ludovicamartino, 506 mila flw)

  • Rocco Fasano (@rocco_fasano, 232 mila flw)

Il range temporale di riferimento è individuato in due momenti pandemici – la prima ondata di Covid-19 (marzo 2020 – giugno 2020) e la seconda (ottobre 2020 – gennaio 2021) – allo scopo di analizzare le eventuali differenze tra i due segmenti, in termini di rappresentazione, social engagement e attività professionali degli attori. La scelta è motivata dalle misure attuate nei due periodi: in entrambi i casi l’Italia è stata sottoposta a lockdown – seppur in modalità differenti – e a una conseguente sospensione delle principali attività professionali e di self branding degli attori.

Grazie al conteggio delle occorrenze, la Content e Image Content Analysis ha reso possibile codificare la presenza, i significati e le relazioni di determinate parole, temi o concetti e immagini; secondariamente è stato possibile categorizzare le attività, identificare le intenzioni, il focus e le tendenze comunicative delle celebrità esaminate, descrivere le loro risposte attitudinali e comportamentali e rivelare i modelli nel contenuto della comunicazione.

3 Offline e Online: classificazione delle attività di self promotion di sei celebrità attoriali italiane della Generazione Z durante la pandemia.

Il Covid-19 e le misure nazionali di contenimento che ne sono derivate sembrano aver contribuito al consolidamento del rapporto mutualmente costitutivo tra le celebrità e i media e al rafforzamento della Media Logic nella misura in cui, come sostenuto da Oscar Ricci, “le celebrità si adattano all’influenza che i media hanno sulla rappresentazione di eventi che creano quella che consideriamo la realtà” (2013: 19). Il lockdown e la sospensione dell’attività professionale insieme con la centralità assunta dai media e dalle piattaforme social, hanno reso necessario per le celebrità trovare forme alternative di promozione della propria immagine e del proprio profilo professionale, le cui declinazioni e codificazioni sono presentate a seguire.

L’osservazione delle attività dei sei partecipanti presi a campione ha permesso la classificazione di due aree di attività: le attività offline e le attività online. Durante la prima ondata si sono registrate pochissime attività offline, evidentemente causate dal limite strutturale imposto alla mobilità e dalla difficoltà per gli attori e le attrici di reinventarsi professionalmente in queste prime fasi. Motivo per il quale tutte le forme di attività offline risultano sospese. Si ritiene dunque più corretto, in questa fase, parlare di attività sui social e attività alternative svolte con il supporto del digitale.

Tra quest’ultime, si menziona il podcast Dentro9 di Federico Cesari e Matilda De Angelis, una serie fiction audio che narra una storia d’amore gender fluid inserita nel contesto della quarantena. Nel corso della seconda ondata, fatta eccezione per il periodo natalizio segnato da un nuovo lockdown nazionale, si è assistito a una graduale ripresa dei lavori e gli attori sono tornati sui set e a svolgere le attività “di routine” quali campagne promozionali, interviste e pubblicità. In alcuni casi, la prima ondata ha prodotto slanci creativi i cui risultati sono stati resi noti durante la seconda. Si cita Beatrice Bruschi che ha pubblicato il suo primo libro, Nessuna differenza (2020).

Laddove le attività offline sono presenti ma piuttosto limitate, il territorio dei social media, nello specifico Instagram, diviene la vetrina privilegiata delle celebrità.

4 Le forme di self promotion su Instagram

A partire dall’assunto secondo il quale Instagram è una piattaforma naturalmente strutturata per la self promotion, sulla quale l’individuo pubblica foto – accompagnate da caption – per riconoscersi e farsi riconoscere da un gruppo (Castellano 2020), non si è ritenuto necessario adottare dei criteri di esclusione per stabilire quali post fossero idonei all’indagine. Sono dunque risultati tutti idonei alla fase di codificazione e classificazione.

Alcune osservazioni preliminari: le pratiche di self representation e di interazione variano sensibilmente tra una celebrità e l’altra. L’osservazione nel tempo dei loro profili Instagram rileva un’attività social quotidiana e un elevato livello di interazione principalmente tra le donne prese a campione. Porcaroli, Martino e Bruschi hanno prodotto molti più contenuti social e hanno usato Instagram come vetrina ideale di self promotion, oltre a rispondere più spesso ai follower che commentano. Diversamente, gli uomini hanno livelli dissimili di attività: Pagano è il più performativo, con una media di 1 post ogni due giorni, Federico Cesari è discontinuo e poco interattivo, mentre Lorenzo Zurzolo è quasi del tutto assente, nonostante sia tra le celebrità con il maggior numero di follower (Fig.1).

Figura 1

4.1 La prima ondata: lockdown, compartecipazione e social awareness

Su un totale di 183 post esaminati, 83 sono stati pubblicati durante la prima ondata. Si è registrato un livello di attività variabile. Con 31 post prodotti, Ludovica Martino è risultata la più presente. Al polo opposto Lorenzo Zurzolo con 0 post pubblicati. Porcaroli, Bruschi e Fasano si collocano sulla stessa soglia performativa con una media di 10 post ciascuno.

La prima osservazione significativa riguarda la presentazione della propria persona: nel 90% dei casi le celebrità sono protagoniste dell’immagine, in forma di selfie, ritratto, o video. Si può facilmente assumere che tale condizione sia favorita dalla natura intrinseca dei social network, terreno fertile per il fenomeno della vetrinizzazione, volto a soddisfare l’immagine vetrina che “costituisce il punto di innesto visuale tra uno storytelling del sé e la narrazione del mondo”. (Castellano 2020:7). Come vedremo a breve, gli unici casi in cui la loro immagine non è al centro della narrazione visuale sono i contenuti dedicati agli affetti, ai parenti o alle foto motivazionali.

Procedendo nella codificazione dei contenuti, una prima distinzione interessa il tema della quarantena. Sono stati individuati due macrotemi all’interno dei quali i post trovano le loro declinazioni: i contenuti con riferimenti espliciti al lockdown e i post che esulano dal contesto pandemico.

Figura 2

Se guardiamo ai risultati percentuali, come da grafico (Fig. 2), non stupisce che quasi la metà dei contenuti contengano riferimenti al lockdown e all’intima percezione di questo. Emerge il concetto di comunità e di condivisione di una situazione che, pur a livelli diversi, intacca tutti gli esseri umani. Come sostiene Chris Rojek (2016:12), “Routinely, we may think of ourselves as separate, self-absorbed individuals. But when a crisis and emergency occurs we come through in our true colours and assume the mantle of ‘team world’”. In un mondo provato da una grossa limitazione della libertà di movimento e dalla riduzione delle relazioni sociali oltre che familiari, i media sono divenuti una fondamentale finestra sul mondo e le celebrity hanno assunto il ruolo di collante sociale. Così, il profilo delle celebrità è organizzato secondo una sorta di agenda setting, all’interno della quale la pandemia e la quarantena hanno una presenza rilevante.

Su questi presupposti, sono state individuate quattro principali categorie di contenuto afferenti al lockdown, classificate come segue (Fig. 3):

  • Affetti (16,3%)

  • Motivational (14,3%)

  • Sensibilizzazione e social awareness(16,3%)

  • Everyday life (41,8%)

Figura 3

Il restante 11%, che nel grafico è segnalato come “Altro”, raccoglie due tipologie di contenuti: post dedicati a pura esibizione della propria immagine, nello specifico il viso in primo piano e in forma di selfie, e i post throwback, che riportano in caption la sigla #tbt e assumono il significato generico di ritorno al passato. Sono post che guardano al periodo pre-pandemico con nostalgia, generalmente foto di viaggi passati, caratterizzate da un estetismo glamour. Tali contenuti sono inclusi nella macro categoria lockdown related poiché la caption, pur senza testo, riporta l’hashtag #quarantine, considerata preliminarmente un’occorrenza da codificare.

I post a tema Everyday Life costituiscono una larga porzione del totale dei contenuti lockdown. Sono testi che parlano un linguaggio universale e nel quale ogni follower si può riconoscere. Le celebrità si presentano in veste casalinga, condividono una quotidianità riconoscibile e stati d’animo comuni a molti e nei quali i giovani seguaci si riconoscono e immedesimano facilmente. Benedetta Porcaroli, i primi giorni del lockdown, ripropone foto di qualche tempo prima accompagnata da caption (“Metto vecchie foto perché sì, è LA NOIA”), si ritrae nel presente, a letto (“Quarantine got me like”) o in pigiama e tacchi, in posa ironicamente divistica (“I say NO to pijamas”).

A partire da Porcaroli, sono numerosi i post che ritraggono le celebrità in situazioni ascrivibili alla quotidianità della quarantena. Così, Ludovica Martino, che ha impostato il feed come una sorta di “diario del lockdown” articolato in numerose foto e caption: a letto intenta a leggere (“My daily workout routine #quarantine”); in cucina (“Comunque la cucina era il mio posto preferito pure prima #iorestoacasa”); sdraiata a letto (“Quarantine day 27 #iorestoaletto”); o ancora, mentre prende il sole in terrazza (“Oggi in gita in terrazza condominiale. #quarantine #day32”), fino all’ultimo post del 5 maggio che sancisce la fine del lockdown, con la caption che riporta un emoji arcobaleno e l’hashtag #day58.

Dalla collezione di dati emergono topoi e stati d’animo ricorrenti: la noia e la pigrizia come risposta comportamentale; forme invertite di glow up (il look glamour, rappresentativo della vita delle celebrità, viene sostituito da tute e pigiami); ironie sulle abitudini alimentari che cambiano e sui limiti alle forme di self caring (quali l’impossibilità di allenarsi in modo sistematico e organizzato), e ancora sull’impossibilità di viaggiare o, semplicemente, uscire. Tutte modalità comunicative che contribuiscono a demitizzare la figura della celebrità, secondo un meccanismo che ricorda la strategia della para-confession:

The institutionalized revelation of celebrity secrets, which often involves ritualized celebrity repentance, designed to increase bonding with audience. The ethos of the para-confession is to magically transform a star into a friend in need. (Rojek 2001: 8)

In sostanza, mostrare le proprie debolezze, non fa altro che rafforzare il legame tra la celebrità e l’audience. I meccanismi di riconoscimento e identificazione sono favoriti da un registro ironico – sia verbale che visivo – e un linguaggio giovanile social che fa della spontaneità, della brevità delle caption, degli slang, hashtag ed emoji il proprio stile. Infatti, in accordo con Avallone (2018: 56–61):

Ogni comunità ha un repertorio di parole capace di rafforzare i legami e cementare il senso di appartenenza: ci riconosciamo in una tribù non solo per obiettivi e interessi condivisi, ma anche per il lessico utilizzato. Lo sentiamo famigliare […] I meme e le gif hanno in comune con gli emoji la capacità di mostrare i sentimenti, anziché raccontarli.

Dall’analisi dei registri si evince che la celebrità preferisce raccontare il proprio modo di vivere la quotidianità con ironia e creare così un clima condiviso di positività. È una comunicazione che tende alla proiezione di un’immagine di sé autentica e, tutto sommato, solare.

Il tono cambia quando si osservano i post dedicati agli affetti, che costituiscono una ridotta ma significativa porzione del grafico. Rientrano nella categoria i post dedicati ai genitori, ma anche agli animali domestici o alla propria città. Si nota una minore autoreferenzialità delle immagini, la celebrità cede il protagonismo alle persone cui è dedicato il post. Il linguaggio utilizzato e il registro assumono un taglio più lirico e celebrativo. Conseguentemente, i testi sono più lunghi e le empi assenti. Ad esempio, il 12 aprile Porcaroli pubblica una foto di repertorio dei genitori: “Oggi mi mancano proprio. Mamma e Papà. E tutta la mia famiglia. Mio fratello. I miei cari amici. E la natura. Ho perso il conto dei giorni. Non vedo l’ora di abbracciarci tutti. Manca Poco! Buona Pasqua”. Anche la città è soggetta a un processo di personificazione: viene celebrata come fosse un proprio caro. Ludovica Martino e Beatrice Bruschi dedicano a Roma, la loro città natale, testi di canzoni o dichiarazioni di affetto. Uno degli impatti del lockdown che hanno più gravato sulla collettività è la forzata distanza dal proprio nucleo famigliare e in generale dalle cerchie sociali. Perciò, anche in questo caso, il tono si adatta al contesto. La distanza è sofferta e favorisce ancora una volta una forma di allineamento emotivo e un’impressione di spontaneità.

Il leitmotiv dell’emotività e dell’autenticità torna anche nelle ultime due categorie tematiche, pur con una sostanziale differenza. Laddove i contenuti sinora presentati pongono la celebrità in un contesto peer-to-peer rispetto ai follower, le categorie che seguono hanno ambizione più aspirazionale: i post motivazionali e i post dedicati alla sensibilizzazione rispondono alla funzione della celebrità/influencer, figura che richiama il concetto secondo il quale i mass media e le rappresentazioni delle celebrità sono veicoli per la creazione di significato sociale (Evans e Hesmondhalgh 2005). Una celebrità rappresenta sempre qualcosa di più del semplice ospitare valori, credenze e norme sociali, e attraverso i media svolge un ruolo essenziale nella percezione e nell'organizzazione del nostro mondo. Tale concetto assume valore maggiore se pensiamo che il principale target al quale le celebrità si rivolgono è costituito da teenager e giovani adulti. Come ci raccontano Riva e Scarcelli (2016: 87)

[Oggi] i divi sono percepiti come più simili alle persone comuni e quindi maggiormente in grado di coinvolgere gli individui che si sentono vicini a loro. I comportamenti delle celebrità diventano in modo crescente modelli sociali di riferimento perché aumenta la possibilità di identificarsi in esse.

E allora, si comprende come il self-branding delle celebrità passi anche da queste forme di contributo sociale a scopi educativi. In generale, questi contenuti assumono un taglio più istituzionale e professionale: sono pubblicati in collaborazione con i brand, con le case di produzione o con testate giornalistiche. Il comune denominatore è la promozione della buona condotta, che può assumere varie declinazioni:

  • La responsabilità civile e il sostento alle campagne di sensibilizzazione. Federico Cesari, Rocco Fasano e Ludovica Martino sono coinvolti nel video di Skam Italia – di cui sono protagonisti – a supporto della campagna #iorestoacasa10. Il post, condiviso dai tre performer, è accompagnato dalla caption: “Noi attori di Skam Italia in quanto seguiti da un pubblico di giovani e giovanissimi ci teniamo a sottolineare quanto sia importante in questi giorni di emergenza RIMANERE A CASA. Quindi ragazzi rimaniamo tutti a casa. #iorestoacasa”. O ancora, Benedetta Porcaroli con un post dedicato all’abbandono degli animali, in collaborazione con la Croce Rossa e l’Enpa Onlus.

  • Il senso comunitario. Rocco Fasano e Beatrice Bruschi partecipano alla campagna social di Vanity Fair11 che “vuole trasmettere un messaggio di unità, razionalità e forza da una città e da una regione che per prime sono state colpite dal virus COVID-19 [Lombardia] e continua a viaggiare sui social, diventando una campagna virale di resistenza: «Uniti per fermare il virus».”

  • Le raccolte fondi. Benedetta Porcaroli anticipa un trend che subisce un’impennata sostanziale con la seconda ondata: le collaborazioni social con l’industria High Fashion. Nella prima ondata, il sodalizio tra l’attrice e il brand Gucci assume funzione sociale, finalizzata a una raccolta fondi veicolata attraverso un’esibizione canora12. Nel video pubblicato sul suo profilo Instagram, Porcaroli interpreta “Mio canto libero” di Battisti:

“I’ve chosen to sing ‘Mio canto libero’ (Freedom Song) by Italian singer songwriter Lucio Battisti, which speaks about being prisoner in a world which is corrupt and the only thing that alieves it is love”. Benedetta Porcaroli considers creativity as empathy to be shared across the world, across the [#GucciCommunity]. “Creativity can be empathy because art is universal, a language that everyone speaks, and allows us to hug one another — in this moment virtually, and not let us feel alone.” The [#GucciCommunity] stands behind aiding those most vulnerable in this crisis, join by donating now to the [@unfoundation] [#COVID19] Solidarity Response Fund in support of the World Health Organization [@who], and locally with [@intesasanpaolo]’s [#ForFunding] campaign which supports the Italian Civil Protection Department [#DipartimentoProtezioneCivile]"

Come vedremo in modo più approfondito nei prossimi paragrafi, i concetti di empatia, solidarietà, autenticità vengono spesso usati dai brand per inserirsi nella relazione tra creator e community di fan.

Diversamente, i post motivazionali non sono oggetto di accordi o collaborazioni. Si assiste, dunque, all’utilizzo di un registro più spontaneo, intimo e gioioso. Rocco Fasano e Ludovica Martino sono i principali agenti di contenuti che usano frasi brevi per spronare all’ottimismo: “Better Days Will Come”,“Laughing is self healing”, “Celebration of life”. Anche in questi casi, il protagonismo degli attori nell’immagine viene meno per lasciare il posto alle parole, alle quali è evidentemente attribuita una funzione di mentoring.

Finora abbiamo sottoposto ad accurata valutazione le classificazioni tematiche inerenti al lockdown durante la prima ondata. In coda a questo paragrafo, si vagliano brevemente i contenuti non lockdown. Si procede in modo spedito non perché la quantità dei post non sia rilevante: in effetti, costituiscono più del 50% del totale. Tuttavia, la loro espressione si declina solo in due tipologie di contenuto: una quantità limitata di post di valorizzazione e promozione del proprio lavoro, mediante trailer dei film o delle serie in uscita, video dal backstage o attività simili, e un alto numero di ritratti o selfie accompagnati da testi o riferimenti che non richiedono un accurato processo inferenziale (Fig. 4).

Figura 4

Senz’altro la bassa percentuale di post work related conferma la straordinarietà del periodo e la sospensione dell’attività professionale, a maggior ragione se si considera che quasi tutti i contenuti in questa categoria interessano l’uscita della quarta stagione di Skam Italia. Quanto ai ritratti e ai selfie, sono funzionali a una pura forma di esposizione della propria immagine e dello status di celebrità. A conferma di quanto sostenuto in precedenza, Instagram si presenta come mezzo ideale per le pratiche di self branding.

4.2 La seconda ondata: autenticità e commercializzazione

Nella seconda ondata si è registrato un leggero ma non significativo incremento delle pubblicazioni. Su un totale di 183 post esaminati, 100 sono pubblicati nel range temporale di riferimento. Le performer più attive sono Beatrice Bruschi e Benedetta Porcaroli, mentre Lorenzo Zurzolo si conferma il meno produttivo sulla piattaforma.

La seconda ondata assume forme sociali meno coesive. Sono vari i fattori attribuibili a tale trasformazione: il periodo che va da ottobre 2020 a gennaio 2021 è meno strutturato rispetto alla prima fase pandemica ed è soggetto a un numero crescente di decreti che determinano la nascita del sistema a colori, le regole relative ai congiunti, il coprifuoco, i divieti di spostamento e, in generale, cambiamenti costanti che differiscono a livello regionale. Per alcuni il lavoro riprende, per altri no. Pertanto, pur permanendo il comune sentimento di disagio e preoccupazione, sfuma l’aura del we are all in this together: le vite procedono in modi differenti le une dalle altre. Gli attori e le attrici riprendono gradualmente la loro professione e le varie attività trasversali che abitualmente li impegnano: interviste, collaborazioni e simili.

Quanto detto si riflette nelle forme comunicative e di self representation delle celebrità. Pur registrandosi una netta inversione di tendenza (l’85% dei contenuti non attiene al momento pandemico), si registrano ancora post relativi alla pandemia (Fig.5).

Figura 5

Tra questi, si nota peraltro un aumento dei contenuti sponsorizzati e work related e una sostanziale diminuzione delle attività rivolte alla social awareness, che tuttavia rivelano un aspetto interessante (Fig. 6).

Figura 6

Per una più chiara comprensione, occorre fare un passo indietro. Come illustrato, durante la prima ondata le attività di sensibilizzazione sono per la quasi totalità veicolate attraverso collaborazioni e sponsorizzazioni a scopo benefico che concorrono alla costruzione di immagine positiva e autentica sia del marchio che del brand-persona. Nella seconda ondata, invece, gli interessi dei brand divengono più evidenti, così come la commercializzazione dell’immagine autentica della celebrità e della relazione tra creator e community. Si portano a esempio due post di Rocco Fasano e Beatrice Bruschi:

  • Fasano per Diesel: “Desideri, viaggi e tanto di più sono stati cancellati dall’effetto di una pandemia virale. Io ne ho tratto un’occasione per dare ancora più valore a ciò che desidero fare [indossare i jeans accresce il valore delle attività alle quali ci si dedica]”

  • Bruschi per Pandora: “Regalerò un braccialetto Pandora alle amiche per tirarci un po’ su di morale”

Tendenza, questa, confermata dai post sponsorizzati(#adv)13 che compongono il 31% della categoria di post non Covid-related (Fig. 7).

Figura 7

Quasi tutti i contenuti pubblicati da Lorenzo Zurzolo sono #adv: l’attore è testimonial di Tods e Bulgari. Allo stesso modo, anche Ludovica Martino per Pinko, Hogan, Dyson e Armani Beauty; Benedetta Gargari per Gucci; Federico Cesari per Gucci, Timberland e Valentino.

Tutti i concetti espressi sinora conducono al dibattito critico che ruota attorno alla tensione tra autenticità da un lato e pressioni commerciali dall’altro. La costruzione del rapporto tra brand, celebrità autentica e community dei follower avviene all’interno di una cultura del brand nelle quali le pratiche delle celebrità si allineano a quelle dei creator. Come sostiene Alice Marwick (2013:17) “L’autenticità’ e l’essere sé stessi sono diventate strategie di marketing che incoraggiano un lavoro emotivo strumentale”.

Sembrano tuttavia più convincenti le posizioni critiche che mettono in dubbio la dicotomia autenticità-commercializzazione. In accordo con Cunningham e Craig(2021 [2019]):

Il punto critico in questo senso è che i brand per definizione entrano in scena solo dopo l’instaurazione di questo rapporto dialogico tra autenticità e community. Se l’interesse dei brand sta nel commercializzare quella relazione consolidata, i creator cercano di consolidare la relazione con il brand come relazione secondaria mentre negoziano il loro status di autenticità con la community (268–269).

5 Il valore commerciale del Self nell’era della Presentational Culture

Il quadro complessivo emerso al termine dell’indagine suggerisce alcune riflessioni. Nell’epoca della globalizzazione mediatica e del digitale, il Self è sempre più un lavoro. Come sostiene la teoria della presentational culture formulata da Marshall (2010) e ripresa da Johansson (2020), in passato le celebrità facevano parte di una cultura della rappresentazione, che implica produzioni altamente strutturate e selettive del sé, mentre oggi nascono ed esistono in un’era della presentazione, in cui il concetto di sé nasce dalla negoziazione della sfera professionale e della sfera personale davanti a un pubblico di massa online. Tale concetto è connesso alla strumentalizzazione dell’autenticità nelle pratiche di engagement che hanno trovato nell’evento pandemico ragion d’essere. Appare evidente come le celebrità cerchino di decostruire la propria immagine – nonché l’ambiente che le circonda – in favore di una vincente strategia di staged authenticity, definita da Rojek (2016):

An artificial environment, based upon the obliteration of spatial divisions and emotional barriers to elicit the veneer of co-presence and open exchange between familiars. The fundamental goal of these settings is to achieve accelerated intimacy between spectators and media figures.[…] If we feel that we can put ourselves into the shoes of someone who is suffering, and if that suffering is visually communicated, our emotional identification tends to be stronger(6).

L’autenticità è divenuta l’imperativo al quale le celebrità non possono sottrarsi, e la sua espressione evolve con l’evolversi della società, delle generazioni e dei media. Pensiamo ancora una volta ai social che in poco tempo hanno determinato un cambiamento sostanziale nelle modalità comunicative. Come sostiene Oscar Ricci (2013) – riprendendo da Tiziano Bonini (2012) un valido concetto secondo cui su Twitter e Facebook la comunicazione è ancora caratterizzata da forti elementi residuali della classica comunicazione di massa – le celebrità comunicano ai loro fan ma raramente rispondono. E, si aggiunge, la comunicazione testuale è preponderante rispetto alla dimensione visiva. È con Instagram che lo schema comunicativo subisce una graduale ma sensibile variazione. Come si è illustrato, molte delle celebrità italiane emergenti sono presenti sulla piattaforma e le loro attività di self promotion sono dedicate sia alla dimensione professionale che ad alcuni aspetti della loro vita quotidianità: si mostrano nelle loro imperfezioni, nelle loro fragilità e nei sentimenti spontanei.

Condividendo quanto affermato da Erin Meyers (2009: 905): “it is the pursuit of the authentic celebrity persona that is a root of their social power”, si pensi agli studi dedicati alla costruzione mediatica di celebrità come Jennifer Lawrence (Kanai 2015), che hanno dimostrato come le star oggi si ispirino alle persone “autentiche e comuni” per ottenere prestigio e attenzione online.

Anche le collaborazioni a scopi commerciali (sponsorizzazioni, #adv, etc.) trovano una loro collocazione nel flusso narrativo della celebrità autentica che valorizza la promozione del sé e del brand nella loro forma più accessibile e familiare. A tal proposito, Bethany Usher parla di “applied celebrity” per descrivere come “mass communications and staged authenticity[…] deliberately foster parasociality14 with audience members in order to maintain ‘self-as brand’, and perpetuate consumerism as if liberation”. (2020: 175)

Nel corso dell’indagine è emersa una sostanziale differenza di genere nelle attività social. Nello specifico, si registra la costante presenza e creazione di contenuti delle attrici donne15 rispetto a un’attività più frammentata e fluttuante degli uomini, che in alcuni casi giunge alla quasi totale inattività (e non solo: Ludovico Tersigni, pur tra le teen star più note, non è stato incluso nel campione poiché assente da tutte le piattaforme social). In sintesi, le attrici analizzate sembrano essere interessate alle pratiche di self branding e di self promotion in misura maggiore rispetto ai colleghi uomini.

Alla luce delle recenti trasformazioni dell’industria mediale contemporanea, dominata dalla youth culture, si sostiene che vi sia una correlazione tra la maggiore propensione della donna ad agire strategie di self branding online e la struttura sociale neoliberista e consumista orientata alla girliness. Maria Elena D’Amelio (2021) ha analizzato l’influenza della youth culture sul mondo pubblicitario, mettendo in luce “come la giovinezza tenda a essere ancorata a una cultura dell’immagine in grado di orientare consumi e scelte di acquisto” (Re, De Rosa, 2021: 31). In effetti, il mercato dei media (e dei social media) pare orientato in modo crescente alla figura femminile, oltre che giovane, e incentrato sul female power come oggetto chiave di vendita. È un mercato favorito da un contesto culturale, sociale ed economico che vede il potere femminile legato a doppio filo al potere dei consumatori, come suggerito dalle riflessioni di Sarah Banet-Weiser (2019) sul postfemminismo nella cultura mediale. Conseguentemente, la prolificità delle attrici femminili (seppur soggetta a variazioni tra una donna e l’altra) e la minore attività maschile risultano maggiormente comprensibili. Il self branding, inteso in questa sede come pratica commerciale e di consumo dell’immagine divistica, diviene tanto spontaneo, e per certi aspetti anche più semplice, per le donne, quanto accessorio per gli uomini.

In tal senso, si riportano due scambi evocativi che riassumono e convalidano i concetti emersi nel corso dell’indagine. Il primo vede coinvolti Ludovico Tersigni e la stampa, che insiste sul carattere anomalo della sua assenza dai social. Intervistato da TuStyle, l’attore dichiara:

La mia assenza dal mondo dei social è una scelta precisa. Tempo fa, con la mia vecchia agenzia, pensavamo che avere un profilo sui social fosse utile per partire, per familiarizzare in vari contesti, ma quando mi sono reso conto che è un sistema che non so come utilizzare bene, che è uno strumento da cui non traggo un beneficio reale mi sono tirato indietro16.

Al polo opposto, l’intervista di Piera Detassis a Benedetta Porcaroli17. Alla domanda “Essere un attore nella tua generazione implica saper stare anche sui social, e tu ne sei regina: come si fa a gestirli?”, Porcaroli risponde:

È molto difficile, indubbiamente è diventato un lavoro e bisogna riconoscerlo come tale, oggi le pubblicità passano dai social, che sono il canale più immediato e forte dal punto di vista mediatico, soprattutto per le nuove generazioni. Io lo vivo sia come lavoro [inteso in senso professionale] che come lavoro morale, per raccontare con onestà e sincerità alcuni aspetti della mia vita – che scelgo io, ovviamente – e farmi sentire vicina ai ragazzi che mi seguono, perché è un concetto che mi piace molto la vicinanza che permettono i social rispetto ad alcuni anni fa. Non voglio rivelare cose troppo intime ma voglio rivelare i miei valori e farmi apprezzare per come sono veramente.

In accordo con quanto sostenuto da Banet-Weiser, i media digitali ratificano la logica neoliberista che investe nel “femminismo popolare” (2020). Il panorama contemporaneo offre continue campagne pubblicitarie che fanno leva sull’emotività, in cui le principali aziende globali esortano le ragazze e le donne a prestare maggiore attenzione agli ostacoli che devono affrontare nel corso della vita. In questo contesto, i nuovi prodotti del capitalismo neoliberista sono venduti sulle piattaforme digitali da donne di successo che assumono la doppia funzione di mentori (per il proprio pubblico) e merci del business postfemminista:

Media and entertainment platforms are conditioning the content of feminism (among other things), so that business models end up conditioning the types of feminist expressions that we see. The contemporary obsession with metrics – the numbers, likes and followers – also frames popular feminism; given the predominance of digital media platforms that are predicated on the accumulation of numbers, where their business depends on these numbers, to make oneself visible or to express oneself is also dependent on an accumulation of numbers (Banet-Weiser 2020: 12).

6 Conclusioni

Lo studio ha tentato di offrire, attraverso un approccio pragmatico ed empirico, uno spunto di riflessione sull’evoluzione del ruolo della celebrità attoriale, alla luce delle rapide trasformazioni sociali – sia sistemiche (la digitalizzazione, l’avvento dei social media, la globalizzazione dei media) che contingenti (la pandemia) – registrate in questi ultimi tempi.

Come osservato, l’evento pandemico ha contributo ad avvalorare la tesi del “must brand or die” (Senft 2008: 26). In accordo con quanto sostenuto da Khamis, Ang e Welling (2017), nell’epoca della commercializzazione del self le celebrità sono bloccate in una costante promozione della propria immagine: le pratiche di self promotion mostrano come l’individuo abbia interiorizzato le strategie di marketing e vendita dei beni di consumo e le abbia inglobate nelle strategie comunicative della propria immagine. Tale condizione, che rappresenta un punto seminale del modo in cui la soggettività stessa viene intesa e articolata, è favorita dai social media: “their logic encourages users to see themselves and other as commodity-signs to be collected and consumed in the social marketplace” (Hearn 2008: 211). Il concetto di self branding si inserisce così in una logica commerciale che persegue valori neoliberali.

Tuttavia, l’impressione di autenticità ha trovato una propria collocazione all’interno della dimensione consumista: le celebrity hanno avuto la possibilità di porsi come oggetto di consumo promuovendo un’immagine di sé destrutturata e genuina. In particolar modo, la prima ondata pandemica, soggetta a restrizioni più “democratizzanti”, ha favorito il processo di identificazione emotiva e il consolidamento del rapporto di fiducia tra la community e le celebrità, anche in virtù della giovane età degli attori coinvolti.

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  1. C’è una vasta letteratura dedicata all’autenticità e al concetto di relazioni parasociali. Si vedano, tra gli altri, Rojeck (2016), Marshall (2010), Meyers (2009) e Franssen (2019).↩︎

  2. In breve, i genzeers, nati tra il 1997 e il 2012, sono i primi a non aver conosciuto un mondo senza tecnologie e ambienti digitali, aspetto che influisce sui loro consumi, sull’esperienza di vita quotidiana e sulle aspettative future (Riva e Scarcelli, 2016).↩︎

  3. Tra le testate, Dagospia https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/roman-factor-sky-punta-ludovico-tersigni-25enne-star-270360.htm/ e Wired.it https://www.wired.it/play/televisione/2021/05/17/ludovico-tersigni-nuovo-conduttore-x-factor/ (ultimo accesso 17/05/2022).↩︎

  4. Per approfondire il rapporto tra convergenza, social network e celebrity culture si vedano David and Readmond (2016), Turner (2014), Jenkins (2007) e Artieri et al. (2017).↩︎

  5. L’impatto delle celebrità sulla vita quotidiana del giovane pubblico, in termini di identificazione emotiva e social awareness, è opportunamente approfondito nei paragrafi 3, 4 e 5.↩︎

  6. Cfr. paragrafo 5.↩︎

  7. Websistering.com. https://www.websiterating.com/it/research/instagram-statistics/#chapter-39 (ultimo accesso 17/05/2022).↩︎

  8. “Il termine ‘verificato’ significa che il profilo è stato confermato dalla piattaforma di social media come quello ufficiale della persona o del marchio che rappresenta” (Fonte: https://www.buytron.it/) (ultimo accesso 17/05/2022).↩︎

  9. [Audio] https://open.spotify.com/show/1604ZAPqcKNl0Dgr5CBgvd (ultimo accesso 17/05/2022).↩︎

  10. [Video] https://www.youtube.com/watch?v=WUxThss24J4 (ultimo accesso 17/05/2022).↩︎

  11. Vanity Fair. https://www.vanityfair.it/people/italia/2020/03/13/io-sono-milano-io-sono-la-mia-citta-appello-vanity-fair-italia-social-coronavirus (ultimo accesso 17/05/2022).↩︎

  12. Come si è osservato in un recente studio i concerti e le esibizioni canore, durante il Lockdown, sono state iniziative a scopo benefico ricorrenti (Caputo 2020).↩︎

  13. “L’hashtag #ad o #adv, deriva dal termine”advertising“, cioè pubblicità. #adv, insieme a #suppliedby e #giftedby sono i cosiddetti”hashtag della trasparenza" e hanno il fine di comunicare immediatamente agli utenti che quel post o quella storia hanno una finalità pubblicitaria". Fonte: https://addicted.altervista.org (ultimo accesso 17/05/2022).↩︎

  14. Con parasociality ci si riferisce alla definizione di “relazioni parasociali” formulata da Rojek (2016): “Is a concept with powerfulemotionalimplications for the conventionalsenses of social responsibility and reciprocity. It refers to relationships of presumed intimacy between media figures and network spectators. […] Emotional identification with media figure is the heart of the para-social relationship. At least at a performative level (in the case of celebrity culture), and perhaps at more fundamentallevels, private life is now, more than everbefore in the modern world, lived in public” (12).↩︎

  15. Quando parliamo di “donna” e di “uomo” ci riferiamo al concetto di identità di genere come espresso da Re e De Rosa (2021: 23) “[il genere inteso come] una struttura sociale: esso non è un’espressione della biologia, né rappresenta una dicotomia immutabile della vita umana, bensì una particolare configurazione della nostra organizzazione sociale, e di tutte quelle attività e di quelle pratiche quotidiane che da essa sono governate”.↩︎

  16. Tersigni in De Cata, Rachele (2021). “Ludovico Tersigni: daje X Factor!”. TuStyle, 10 dicembre 2021, N.49–50. https://www.tustyle.it/people/ludovico-tersigni-conduttore-x-factor-2021-sky/ (ultimo accesso 17/05/2022).↩︎

  17. L’intervista è stata realizzata a novembre 2020 durante l’evento Elle Active, il forum realizzato da Elle Italia e dedicato al mondo del lavoro al femminile. Per vedere l’intervento completo di Benedetta Porcaroli: https://www.elle.com/it/magazine/a34600016/benedetta-porcaroli-elle-active/ (ultimo accesso 17/05/2022).↩︎