Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.20 (2021), 179–181
ISSN 2280-9481

La voce dei dispositivi. Ruggero Eugeni, Capitale algoritmico. Cinque dispositivi postmediali (più uno), Scholé Morcelliana, Brescia 2021

Lorenzo DenicolaiUniversità degli Studi di Torino (Italy)

Pubblicato: 2021-12-20

L’impressione che le tecnologie della nostra epoca ci ascoltino e che ci parlino è oggi piuttosto fervente nell’immaginario collettivo, ed è il risultato degli usi che ne facciamo, oltre che dell’ampia letteratura, anche per immagini, che da tempo ha contribuito a farci percepire i media come enti in grado di interagire con noi. La loro voce, suadente, ci apre all’esperire mondano e ci accompagna alla ricerca di risposte che ci sembrano facilmente raggiungibili proprio perché sono state individuate e indicate da un essere singolarmente e potenzialmente più potente della nostra mente. Probabilmente ci illudono, forse ci ingannano. Tuttavia, sono parte della nostra quotidianità e tendono a costituirsi in oggetti sempre più raffinati e dal valore sempre più significativo ed economicamente rilevante.

Fin dal titolo, Ruggero Eugeni introduce i semi che si rivelano centrali nel volume: tanto il capitale è una terminologia connotata con l’ambito economico – che nel libro assume però un ruolo sociale e significativo, per non dire indispensabile, fino a svelarne una nuova potenziale interpretazione dell’etimo greco – quanto il riferimento all’algoritmico è un attento ardire dell’autore, che gioca sulla natura digitale dell’immagine, generatrice e, al contempo generata, di e da flussi di luce, di visuale e di informazioni; flussi che, binariamente, si organizzano e riorganizzano continuamente per la loro stessa natura disposizionale. Giacché è la natura dell’algoritmo a essere duplice: è immagine, medium, esperienza, oggetto; ed è, al contempo, dispositivo, assemblaggio, regolamentazione, relazione e riflessione.

Il lavoro di Eugeni è costruito sull’analisi di dispositivi da lui definiti postmediali e che rappresentano le possibili aure sia di referti di differenti momenti delle economie della luce, del visuale e dei dati, sia di reperti di un unico grande processo evolutivo della tecnologia, le cui lacune e stratificazioni hanno contribuito all’individuazione di innovative modalità di convogliare le citate tipologie di risorse – la luce, il visuale e l’informazione – in una più complessa lettura di un’economia politica – anch’essa almeno inizialmente tripartita – la cui reale materia di studi diviene il capitale algoritmico. In questo senso, l’impostazione interdisciplinare di cui l’autore si serve per dimostrare la propria tesi offre agli studi sui media delle linee interpretative e dialettiche orientate ad altri ambiti del sapere: non solo l’ecologia, che i mediologi hanno sposato e introdotto da tempo nel proprio campo d’interesse, ma soprattutto l’economia, che in questo volume è da leggersi anche come un insieme di regolamenti e di indicazioni atte a superare l’ormai tradizionale orientamento verso il mondo finanziario, a vantaggio di approfondimenti sull’esperienza, multimediale e postmediale che l’uomo può avere nel contesto quotidiano del dispositivo. Un’economia che si occupa, in sostanza, di risorse nel senso più ampio del termine, da quelle della luce a quelle che, oggigiorno, sono il bene più prezioso: i dati.

Ogni capitolo del volume è perciò dedicato a un dispositivo postmediale che l’autore ha individuato nel magma tecnologico della nostra epoca. E ognuno di questi oggetti disposizionali viene trattato con un andamento caleidoscopico, che offre al lettore dei quadri a più dimensioni per entrare gradualmente in contatto con la tecnologia e per conoscere, al tempo stesso, le basi culturali e storiche che hanno in parte originato quella particolare tipologia di medium. Nel primo capitolo, Eugeni si serve dei Google Glass per introdurre il concetto di dispositivo e della sua declinazione ternaria: un device, un assemblage situazionale, un apparato epistemico. Questa tripartizione sarà fondamentalmente il primo tassello di un graduale avvicinamento alla forma più estrema e moderna (anzi, postmediale) di immagine, quella che verrà appunto definita algoritmica. Il secondo capitolo è dedicato alla fotocamera digitale plenottica Lytro Illum e all’individuazione dei processi di estrazione della luce, che segnano il passaggio dal visibile al visuale, iniziando a tracciare la linea evolutiva che garantisce una graduale modificazione procedurale, da un atteggiamento produttivo della luce (e dell’immagine) a uno estrattivo. L’economia, dichiaratamente politica, è dunque incentrata sul mondo esperibile e potenzialmente costruibile con, dalle e nelle immagini, in un rapporto di co-creazione e di co-agentività con l’individuo e con l’ambiente. Il terzo capitolo prosegue questa disamina, interrogandosi sui sistemi di visione implementata che rendono possibile il controllo e l’agibilità di porzioni di mondo, favorendo così quel percorso di vivibilità dell’immagine già accennato. Tuttavia, questi ‘abiti’ presuppongono per l’utente (spettatore e/o videogiocatore) un certo grado di responsabilità dell’esperienza e della gestione del potere garantito dalla tecnologia. Sulla scia dei precedenti, il quarto capitolo introduce taluni dispositivi che ci consentono di vivere una realtà estesa, aumentata e virtuale, coinvolgendo il nostro corpo in differenti modalità di fruizione e di esperienza mediale. In questo inesorabile scivolamento verso una nostra potenziale immersione nel medium, nel quinto capitolo si compie un ulteriore passo verso lo svelamento del materiale algoritmico di cui sono composte, oggi, le immagini e le nostre esperienze con esse: attraverso una precisa descrizione delle GANs (Generative Adversarial Networks), l’autore introduce l’intelligenza artificiale e il suo ruolo nella costituzione delle immagini, gli algoritmi, e del dispositivo in senso economico-politico, ossia come manifestazione delle regolamentazioni che gestiscono una relazione continuativa tra i flussi di differenti risorse (la luce, il visuale, il dato). La complessità del ragionamento di Eugeni si riflette e si esplicita interamente nel sesto e ultimo capitolo, dedicato intanto a una attenta analisi di come i dispositivi postmediali – e le immagini algoritmiche – abbiano contribuito a rendere percepibile agli utenti il virus del COVID-19, fornendone una rappresentazione tridimensionale utile non solo a scopo divulgativo e informazionale ma anche ai fini di una ricerca di risorse (anche finanziarie) per sostenere la scienza nel combatterlo. Tuttavia, il capitolo è una sintesi dei concetti e degli spunti offerti nei capitoli precedenti: qui, i referti e i reperti degli strati medio-archeologici e le linee economiche variamente declinate (dall’economia aristotelica a quella teologica) vengono delineate con precisione, rendendo evidente il perché l’elemento economico sia parte integrante dell’algoritmo visuale e, anzi, ne costituisca l’ossatura più profonda.

Emerge la sensazione che Eugeni inviti il suo lettore a scoprire la natura dei dispositivi; ma che lo accompagni, in realtà, in un viaggio per certi aspetti euristico anche della propria identità postmediale. Anche l’uomo, cioè, è uno degli elementi essenziali affinché il flusso perpetuo della relazione tra eterogeneità possa continuare ad avvenire. Anch’egli è parte di un processo ‘aperto’ di organizzazione e di regolamentazione del dispositivo e, in questo senso, l’immagine-algoritmo, ossia l’immagine-dispositivo, svela il proprio volto e la propria voce, integrandosi perfettamente con l’uomo/agente/spettatore a cui e con cui si mostra.