Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.19 (2021), 261–263
ISSN 2280-9481

C’era una volta il piccolo schermo. Luca Barra e Fabio Guarnaccia (a cura di), SuperTele. Come guardare la televisione, Minimum Fax, Roma 2021

Mario TirinoUniversity of Salerno (Italy)

Pubblicato: 2021-08-04

Eredita il nome della benemerita collana fondata dai due curatori, Luca Barra e Fabio Guarnaccia, l’antologia SuperTele. Come guardare la televisione (2021) per i tipi di Minimum Fax. Il volume si fonda su due presupposti teorico-metodologici esplicitati nell’introduzione da Barra e Guarnaccia: da un lato, l’attenzione alle fenomenologie della televisione nel mediascape contemporaneo, che ne fa un testo legato “a uno spazio, l’Italia, e a un tempo, l’oggi, precisi” (p. 8); dall’altro, la scelta di offrire una pluralità eterogenea di oggetti di ricerca, che riflettono le molteplici prospettive disciplinari da cui si può studiare la televisione.

Si tratta di una scelta pienamente convincente, poiché apre gli spazi dei Television Studies, sia in direzione di altre discipline (come la sociologia dei processi culturali e la storia dei media), sia al dialogo con professionisti delle industrie culturali coinvolte.

Nelle spire di una trasformazione forsennata, partita con le pay-tv e giunta (per ora) alla sterminata offerta di prodotti da parte delle piattaforme, la televisione è interrogata da autrici e autori con riferimento ad alcuni dei suoi nuclei portanti: le dinamiche della serialità; i personaggi e le icone; l’informazione; la galassia di talent e reality show. Al di là delle inevitabili oscillazioni tra approcci più rigorosi e altri più liberi, scelti dagli estensori in ragione del proprio sguardo, i saggi si configurano come piccole pillole per sondare, sì, singoli fenomeni del piccolo schermo, ma facendo emergere processi più ampi e di lungo corso. Ne sono un esempio i saggi dedicati alle fiction italiane più apprezzate a livello globale: il lavoro di Danah Renga su L’amica geniale, soffermandosi sulla circolazione internazionale della serie, lascia emergere la centralità del casting (soprattutto per le attrici selezionate per i ruoli di Lila e Lenù); Massimo Scaglioni analizzando Gomorra coglie gli aspetti centrali (riconoscibilità, alta comunicabilità, look visivo ed estetico coerente) che ne sanciscono l’affiliazione al modello della fiction premium internazionale; Luca Barra conducendo un’esaustiva analisi dei valori produttivi alla base dell’evoluzione di SKAM Italia mostra le complesse dinamiche (industriali, culturali e generazionali) implicate dall’adattamento nazionale di un format globale. Particolarmente apprezzabile è la scelta dei curatori di inserire anche studi sulla ricezione italiana delle serie tv internazionali (redatti da Sara Martin e Roy Menarini su Il trono di spade, Nico Morabito su The Good Wife, e Valentina Re sulla serialità crime europea). Quanto alle icone della televisione italiana, gli studi a loro dedicati – ancor più pregevoli perché compensano una bibliografia lacunosa – ne mettono in evidenza lo stile comunicativo, l’effetto sulle politiche di rete, la trasformazione in veri e propri brand: è il caso delle “signore” del piccolo schermo Maria De Filippi (analizzata da Fabio Guarnaccia nel capitolo dedicato a C’è posta per te), Barbara D’Urso (sapientemente interpretata, oltre la categoria del trash, da Alice Olivieri) e Simona Ventura (inquadrata da Daniela Cardini in una prospettiva innovativa, che integra l’analisi dello stile di conduzione con il genere del programma e le politiche di rete). Nello scacchiere composito della televisione italiana contemporanea, la riconfigurazione delle reti generaliste, determinata dalle trasformazioni delle tecnologie e degli stili di consumo dei pubblici, passa attraverso la profonda revisione di generi consolidati come il talk show politico. Architrave della proposta di Rai e Mediaset per oltre tre decenni, il genere cambia pelle nel tentativo di sopravvivere nella costellazione dei consumi digitali: in questa prospettiva, i casi più interessanti sono indubbiamente Propaganda Live e la “Maratona Mentana”. Come evidenziano Damiano Garofalo e Luca Peretti, il programma ideato e condotto da Diego Bianchi (alias “Zoro”) si fonda strutturalmente sull’engagement e la partecipazione del pubblico, da un lato attraverso la costruzione modulare dello show (pertanto fruibile nella sua interezza nel flusso della diretta, ma anche in singoli “brani”, on demand sul sito dell’emittente La 7), dall’altro valorizzando i contenuti social all’interno delle rubriche ideate da Bianchi. La capacità dell’informazione politica di innestare circuiti virtuosi di interconnessione tra le logiche produttive e fruitive della televisione e le modalità di interazione di pubblici e comunità social è del tutto trasparente nella vicenda mediale di Enrico Mentana: il celebre anchorman ha trasformato un rito della televisione italiana analogica, le “maratone elettorali”, in un evento mediale, atteso e celebrato dal pubblico, parodiato, citato e amato dal fandom su Facebook. Giovanni Boccia Artieri dedica al tema un puntuale contributo, che sottolinea anche l’intelligenza mediale del conduttore nel mettere a frutto la celebrity conquistata in televisione negli ambienti social, interpretando l’inedito ruolo di blastatore di inopportuni commentatori, e viceversa. Un percorso, questo tra tv generalista e social, imbastito anche dai “Ferragnez”, Chiara Ferragni e Fedez, le cui celebrity si fondano programmaticamente su una programmazione quasi ingegneristica della distribuzione della visibilità sui vari media, secondo traiettorie evolute di marketing, come spiegano molto bene Adriano D’Aloia e Marco Pedroni. Nella cornice dell’infotainment, cui possiamo ascrivere i citati Propaganda Live e le maratone di Mentana, ma solo in parte talk più tradizionali come Otto e mezzo (sviscerato nell’ottimo articolo di Andrea Minuz), Stefania Carini dedica un passaggio interessante all’invecchiamento di formule un tempo innovative, con riferimento al case history delle Iene. Infine, il sostanzioso corpus di articoli dedicati ai generi del reality, del talent e del factual comprende L’isola dei famosi (che genera anch’essa un fandom digitale così attivo da produrre interi repertori visuali, tra meme e GIF, come nota Pietro Minto), Masterchef (analizzato da Laura Corbetta e Anna Gavazzi alla luce delle connessioni con il brand entertainment) e X Factor (la cui analisi, affidata a Gianni Sibilia, consente di comprendere i meccanismi di evoluzione dei talent musicali, in una continua negoziazione con le dinamiche dell’industria musicale e delle pratiche di consumo delle audience). Una nota di merito va riconosciuta a Veronica Innocenti e Marta Perrotta, che fronteggiano un oggetto assai particolare come Il castello delle cerimonie, di cui le autrici, evitando il rischio di ricondurlo alla categoria degli stereotipi su Napoli e la napoletanità, fanno sapientemente risaltare la natura composita, tra celebrazione del cattivo gusto, costruzione della celebrity televisiva (Don Antonio e, dopo la sua morte, Donna Imma) e coerenza con le politiche di intrattenimento di Real Time.

Il volume curato da Barra e Guarnaccia, in definitiva, si può concepire come una variopinta bussola per interpretare la televisione dei giorni nostri, tra sopravvivenze generaliste e scenari oramai consolidati delle piattaforme streaming. Questo caleidoscopio di letture risulta particolarmente utile perché fa convivere approcci diversificati, che invitano il lettore a considerare quanto complesse siano le architetture delle culture televisive, nell’intreccio di attori, reti, network, fandom e community che presiedono alle fasi di produzione, distribuzione e consumo dei prodotti televisivi.