Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.18 (2020)
ISSN 2280-9481

Una continua transizione. Sandra Lischi, La lezione della videoarte. Sguardi e percorsi, Carocci, Roma 2019

Francesco FedericiUniversity of Molise (Italy)

Pubblicato: 2020-12-28

Ricostruire un percorso lungo diversi decenni è materia complessa. Lo è ancora di più se questo percorso è composto da pratiche diverse tra loro, spesso sviluppate ai margini delle narrazioni principali. Margini talvolta particolarmente sensibili a raccogliere i mutamenti sociali, politici, tecnologici in divenire.

La videoarte, nella complessità delle forme che la compongono, ha avuto un ruolo di avanguardia, come scrive Sandra Lischi, autrice di questo libro, “ha indicato, con decenni d’anticipo, l’universo di schermi variabili e multipli in cui oggi ci muoviamo, le metamorfosi inquiete delle posture dello spettatore-visitatore, il gesto interattivo, le sinestesie, la natura tattile e intima delle protesi audiovisive odierne, le suggestioni mediatiche” (p. 12).

La lezione della videoarte, questo il significativo titolo del libro, non è solo il già pur meritevole richiamo al lascito indelebile di pratiche “altre”, ma vuole condurre l’attenzione del lettore su un fatto preciso: la videoarte è viva, mutata sì, come avviene a ogni forma artistica, ma presente nel panorama contemporaneo, un fenomeno non più marginale - ma verrebbe da chiedersi se lo sia mai stato - bensì inserito con decisione nel mondo dei media contemporanei.

Gli otto capitoli del libro sono un viaggio attraverso i momenti di svolta e gli intrecci che quest’arte così composita ha prodotto. Si parte da una constatazione: “videoarte ovunque”. Ovunque perché sono diversi gli esempi filmici, fotografici, pubblicitari che ricordano le tecniche del video, “citazioni consapevoli” o “coincidenze significative” (p. 17), in ogni caso tracce che mostrano come i lasciti culturali siano ampi. Del resto, ricorda Sandra Lischi, sono molti ormai i festival cinematografici che dedicano uno spazio a forme dichiaratamente anomale così come artisti affermati, uno su tutti Bill Viola, si sono presi i palcoscenici dell’arte contemporanea, con retrospettive importanti o nuovi percorsi poetici. La videoarte mostra insomma la fame di pluralità delle forme espressive del contemporaneo.

Non è possibile parlare di videoarte senza ricordare l’evento di partenza, almeno da un punto di vista simbolico. Nel marzo del 1963 la galleria Parnass di Wuppertal fu teatro della prima mostra personale di Nam June Paik, colui che viene tutt’oggi considerato il “padre fondatore di quest’arte”. Evento simbolico che pone chiaramente alcune caratteristiche della videoarte nascente come l’irriverenza, l’attenzione al ludico, l’idea di shock spettatoriale, l’uso del televisore (la mostra si chiamava del resto “Exposition of Music. Electronic Television”), il legame con l’ingegneria e l’attenzione alla tecnologia in genere.

Sono questi ultimi aspetti, in particolare, a segnare del resto i passi successivi della videoarte e il libro continua il suo affascinante percorso seguendo le opere e gli esperimenti di Paik, come la diretta via satellite, i potenti lavori di Antoni Muntadas, di Bill Viola e degli altri artisti che hanno contribuito a rendere il video “la coscienza della televisione, uno sguardo consapevole e appuntito nei confronti del medium” (p. 43), un “altrove”, come sottolinea l’autrice.

È un libro che ci ricorda alcune cose importanti e cerca di far comprendere lo spazio ampio che la videoarte vive ancora oggi nelle sue svariate declinazioni e il debito profondo che hanno verso di essa le pratiche artistiche contemporanee. È così che, durante la lettura, vediamo sotto un’altra luce gli ambienti sensibili di Studio Azzurro, le forme allargate di cinema che sono ospitate nei musei, nelle gallerie d’arte e negli spazi urbani, i percorsi compositi di artisti e registi.

La lezione della videoarte non è solamente un viaggio nella storia di diversi artisti, e infatti si limita volutamente ad alcuni momenti e passaggi fondamentali, ma nasce per ricordare al lettore come quest’arte abbia avuto un ruolo fondamentale, quello di traghettatrice degli esperimenti delle avanguardie storiche, e di conseguenza come le pratiche ampie del cinema le siano debitrici. Lo percepiamo nelle mostre che sono state di volta in volta allestite a Parigi, a Londra, a Mosca, a Vienna, non in musei marginali bensì al Grand Palais, alla Fondation Cartier, alla National Gallery, al Museo Pushkin, al Kunsthistorisches Museum (e potremmo continuare in un elenco ricchissimo), nelle biennali d’arte, nei percorsi di Kassel, negli allestimenti audiovisivi che continuano a modificare i limiti dello spettatore-visitatore contemporaneo. Le istituzioni dell’arte hanno infatti accolto ormai il gesto provocatorio del video, raccolgono e catalogano le esperienze che per anni si sono distese al di fuori degli spazi più istituzionali, si prendono, con la voracità che le contraddistingue, quello che in precedenza era ai loro confini. Talvolta riescono a dare il giusto valore alle pratiche della videoarte ma forse sono ancora refrattarie, almeno in parte, alla sua lezione.

È un libro che aiuta ad avantindietreggiare, per usare la formula del pioniere Gianni Toti, citata dall’autrice, a dare il giusto peso a pratiche ampie che talvolta sono state viste come minori o legate a un breve momento storico. Un libro che si legge ripensando all’ampia ricerca fatta da Sandra Lischi su questi temi, passata per Visioni elettroniche (2001) e diversi altri testi che hanno tracciato i percorsi del video, aggiungendo un altro sguardo utile a chi si occupa di immagini in movimento in senso ampio. È un viaggio che serve a collocare la videoarte nel mondo contemporaneo, a ricordare al lettore il ludico, la ricerca continua, il legame forte con le tecnologie in mutamento che caratterizzano quest’arte. Videoarte in continua transizione, tassello fondamentale delle pratiche mobili del contemporaneo.

Bibliografia

Lischi, Sandra (2001). Visioni elettroniche. L’oltre del cinema e l’arte del video, Roma: Scuola nazionale di cinema.