Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.18 (2020)
ISSN 2280-9481

Venezia 77. Fuori Concorso. Viaggio in Italia tra passato e futuro

Dorothea BuratoUniversity of Parma (Italy)

Pubblicato: 2020-12-28

La 77a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica ci ha regalato quest’anno - dove gli spostamenti sono stati possibili ai più solo grazie all’immaginazione - viaggi alla scoperta di mondi altri, lontani nello spazio (il Giappone di Kiyoshi Kurosawa, l’India di Chaitanya Tamhane) e lontani nel tempo (l’Ottocento di Susanna Nicchiarelli, gli anni Sessanta di Roger Michell), che ci sono sembrati però allo stesso tempo così vicini. Forse perché oggi il bisogno di immaginario è più forte che mai o forse perché l’evasione dalla vita quotidiana sembra in questi mesi possibile solo grazie l’audiovisivo.

Ma è anche tempo per la riflessione. Una riflessione che ci riporta prima di tutto in Italia e che, partendo dal nostro passato, ci obbliga a ripensare il presente per progettare un futuro altro. Al Lido, dove la Mostra del cinema si è svolta dal 2 al 12 settembre, questa riflessione è passata attraverso alcuni film presentati fuori concorso.

Se Daniele Lucchetti - che con Lacci (100’, prodotto da IBC Movie, Rai Cinema e Misia Film) ha aperto la Mostra del cinema - ha scelto una storia familiare, d’amore e di legami, per raccontare in modo struggente trent’anni di vita italiana (dagli anni Ottanta fino ad oggi), con il suo documentario Salvatore - Shoemaker of Dreams (121’, prodotto da MeMo Films) Luca Guadagnino non ha solo sondato la figura misteriosa, articolata e complessa di Salvatore Ferragamo, ma ha riportato all’attenzione le radici di una cultura italiana che sembra vivere sulla scia dei tempi che furono. “Che cos’è il genio?” si chiede Guadagnino. La moda italiana sarebbe oggi la stessa se Ferragamo, giovane sognatore dell’Irpinia, non fosse partito per l’America? Forse no. O forse conviene ripensare a quanto quel successo Ferragamo lo deve all’ossessione furiosa di una ricerca costante di idee e di creazione che deriva proprio dalle sue origini. Una determinazione che è sì insita nel carattere di un uomo, ma che nella storia di Ferragamo suona come la voglia di riscatto dalla prospettiva di una vita povera, dove la necessità di lavoro quasi mai lascia spazio alla creatività. Un sogno per il futuro che ha contraddistinto anche altri protagonisti di quella caotica ma vivacissima stagione (uno fra tutti, Giovanni Battista Giorgini) che ha cambiato per sempre le sorti della moda italiana.

La storia di Ferragamo che Guadagnino ci racconta pone allora un quesito più attuale che mai. Che significato hanno le proprie origini in un mondo globalizzato? La risposta arriva ancora da Venezia, dove Salvatore Mereu, con il film Assandira (130’, prodotto da Viacolvento e Rai Cinema, basato sull’omonimo romanzo di Giulio Angioni), riflette sulle tradizioni ancestrali della sua terra. La vicenda è il dramma del pastore Costantino Saru, che dopo aver bruciato l’agriturismo di famiglia e provocato accidentalmente la morte del figlio, ripercorre con la mente la storia dell’agriturismo. Un film che è un viaggio alla riscoperta del legame con la propria terra, con il mondo contadino e con il proprio figlio. Se in una storia c’è sempre una parte nascosta che appartiene al nostro privato più di quanto noi stessi non siamo disposti ad ammettere, per Mereu Assandira è proprio questo, “un percorso nella conoscenza della natura umana, un tentativo di esplorare i sentimenti più reconditi, silenti, che, se anche tenuti a bada, finiscono però per muovere le cose e gli uomini”. Oltre al viaggio nei ricordi, il film è però anche un racconto paradigmatico su quello che è avvenuto in Sardegna negli ultimi vent’anni, dove l’industria del turismo ha portato alla distruzione di luoghi e tradizioni. Non si sta parlando della Sardegna che tutti conosciamo, quella dei resort e del mare, il cui paesaggio è stato deturpato dalla speculazione edilizia, ma quella incontaminata e pietrosa che sembra restare immobile nel tempo. Anche qui, negli anni, l’industria del turismo è arrivata a svendere costumi e mestieri, sminuendo il concetto stesso di sapere popolare. Mereu ci parla della sua terra, della sua regione, ma la sua storia è una storia italiana. È la storia di un paese che sull’onda del turismo ecosostenibile (anche questo ormai “di massa”) e in armonia con l’ambiente, la comunità e le culture locali, ha in realtà snaturato le proprie tradizioni, proponendole attraverso un mix di regionalismo e globalizzazione che difficilmente ha portato beneficio alla comunità, lasciando quasi sempre dietro di sé il vuoto.

In modi molto diversi Guadagnino e Mereu hanno portato a Venezia due storie che senza cadere nella retorica e senza peccare di regionalismo riflettono sul nostro paese, portandone a galla il passato, con le sue tradizioni, e gettando un ponte con il futuro. Un futuro che vorremmo, forse, poter immaginare diverso, migliore, altro.