Il tema dell’omosessualità è spesso risultato uno di quei soggetti che la storiografia ha faticato ad avvicinare, trattare e indagare; anche negli studi dedicati al cinema e alle rappresentazioni mediali ci si è accostati con notevole ritardo – almeno con certe prospettive – all’argomento. Anche perché discutere dell’omosessualità, della sua storia e della sua rappresentazione, significa fare i conti con fenomeni diversificati che spesso ne sfocano i contorni: il fattore esperienziale di protagonisti e spettatori, le rimozioni e i silenzi che ne hanno contraddistinto lo sviluppo, le dinamiche omofobiche e di esclusione sociale, gli elementi esogeni più o meno specifici dello scenario di riferimento (e quindi, almeno, di natura istituzionale, culturale, giuridica, sociale, sessuale).
Per la verità, soprattutto nell’ambito dei gender e queer studies, oggi possiamo contare su un discreto numero di ricerche che affronta la questione, o per lo meno su metodi e approcci di studio che si sono rivelati particolarmente produttivi, anche se rimangono molte aree inesplorate. Proprio intorno a queste aree Mauro Giori, ormai da diversi anni, lavora e ha concentrato molti suoi studi, che ora hanno trovato una loro sistematizzazione nel volume Omosessualità e cinema italiano. Dalla caduta del fascismo agli anni di piombo, già pubblicato in versione inglese nel 2017 (Homosexuality and Italian Cinema: From the Fall of Fascism to the Years of Lead, edito da Palgrave). Il volume, come spiega l’autore, non è una semplice traduzione del testo inglese in lingua italiana, bensì rappresenta un adattamento della ricerca alle specificità del contesto nostrano, che anzitutto ha l’obiettivo di confrontarsi con quella che lo studioso stesso definisce “una terra vergine”, ma anche con le “ragioni della sua illibatezza” (p. VIII).
Il volume di Giori è anzitutto uno studio di storia culturale dei discorsi sull’omosessualità, il quale prende in carico una mole davvero incredibile di materiali che l’autore analizza e confronta con le pratiche discorsive, i dibattiti, le leggi, l’evoluzione del costume e del sistema sociale dagli anni Quaranta agli anni Settanta, anni cruciali per la storia del nostro Paese. In primo luogo materiali filmici e audiovisivi (circa seicento), spesso mai presi in esame in relazione al tema di fondo del libro, e inoltre materiali a stampa, rotocalchi, periodici (appartenenti a diverse aree e geografie della cultura italiana, dall’estrema destra ai movimenti omofili, dalla cultura cattolica alle riviste erotiche), ma anche molti altri documenti appartenenti ad archivi e fondi di diversa provenienza, incontrati in molti anni di ricerca, che costruiscono un quadro davvero ampio e coerente di fonti e rimandi. Sotto un altro aspetto, e più nel profondo, il volume si confronta incessantemente con le metodologie di osservazione dei fenomeni richiamati, e di conseguenza con i silenzi che molta storiografia – anche se con buone intenzioni – ha acconsentito a riproporre. In altre parole, il volume – oltre alla ricchezza di documenti e analisi che propone – risulta uno strumento fondamentale da un punto di vista metodologico, perché suggerisce una prospettiva di analisi – tra storia culturale e scavo d’archivio, tra studio delle audience e analisi dei personaggi in chiave gender – che in definitiva mostra in che modo guardare e analizzare film, rappresentazioni e discorsi sull’omosessualità prodotti all’interno del sistema mediale dell’epoca.
Da questo punto di vista l’obiettivo di Giori è altresì quello di provare a impostare una storia culturale dell’omosessualità attraverso il cinema, procedendo a una ricostruzione affascinante e dettagliata delle fasi (e delle loro cause) che hanno attraversato il rapporto tra l’omosessualità e il cinema italiano. Dalla fase della rimozione, del silenzio e della estirpazione delle immagini e dei discorsi riguardanti l’omosessualità, alle pratiche di allentamento di questo silenzio da parte di campagne inconsapevoli della stampa e alla resistenza di gruppi omofili; dalla rappresentazione dell’omosessualità come scandalo e scabrosità (soprattutto nei generi degli anni Sessanta, come i documentari sexy o i mondo movie, per arrivare al poliziesco e al thriller italiano), spesso in relazione alla cronaca della criminalità che reitera la visione delittuosa dell’omosessuale come invertito e criminale. È qui che rientra l’ampia mole di discorsi articolati in seno alla società che appartiene alla dimensione del “panico morale”, che Giori ricostruisce a partire dall’individuazione dei meccanismi che portano a ritenere l’omosessualità una minaccia ai valori della società, e a promuovere strategie di spregio ed esautorazione, oscurando il diffondersi dei tentativi di discorrere dell’omosessualità, nella stampa e in altri ambiti dei media.
Lo studio si concentra poi sulle ultime fasi del periodo scelto, gli anni Settanta, nel contesto della progressiva apertura del rappresentabile cinematografico e della erotizzazione del sistema mediale italiano; la nascita del movimento omofilo (in particolare dell’AIRDO, Associazione Italiana per il Riconoscimento dei Diritti degli Omofili) e la costituzione del FUORI (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano) vengono inscritte nel quadro di cambiamenti storici e di sensibilità del periodo, ma anche letti attraverso le contraddizioni dei discorsi prodotti sull’omosessualità, a partire dalle riviste (come nel caso di Homo, la rivista omofila del movimento). La nudità maschile, per esempio, sempre più esibita sui periodici (non soltanto omosessuali), viene ancora una volta giudicata in relazione alle norme eteronormative e alla minaccia della mascolinità eterosessuale: l’“esibizione del corpo maschile spogliato in quanto oggetto di piacere viene interpretato come un’esposizione all’omosessualità e una sovversione della divisione di genere e dell’identità sessuale” (pp. 302-303).
La ricerca si conferma, di conseguenza, anche un tentativo di storia della rappresentazione dell’omosessualità nella più generale prospettiva della storia della sessualità, in quanto fenomeno distintivo che riesce a scoperchiare elementi rimossi e questioni dirimenti nel più ampio sfondo di cambiamenti del costume sessuale. Ma essa risulta – in un orizzonte post-foucaultiano – anche una messa a fuoco e comparazione delle mentalità, dei saperi e delle strategie di potere coinvolti in tali processi. Il testo si confronta instancabilmente con i dibattiti e talvolta le incongruenze delle audience coinvolte, mettendo anche al centro del discorso le spettatorialità (non solo omosessuali) implicate, ragionando sui pubblici, le diversificazioni e le culture del consumo, come simboliche pietre angolari dell’edificio discorsivo sull’omosessualità e gli omosessuali.