Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.18 (2020)
ISSN 2280-9481

Sorrentino, Loro e gli altri. L’autore italiano contemporaneo nel contesto francese

Valerio ColadonatoThe American University of Paris (France)

Valerio Coladonato is Assistant Professor in Film Studies at the American University of Paris and Associate Researcher at the École des hautes études en sciences sociales (EHESS). He earned his Ph.D. at the University of Rome “La Sapienza”, and has published essays in international peer-reviewed journals (such as Cinéma et Cie, Imago, Journal of Italian Cinema & Media Studies, La Valle dell’Eden), mostly focusing on gender, stardom, and politics. He recently co-edited an issue of Cinema e Storia on film and populism. His current research concerns the circulation and reception of Italian cinema in the French context.

Ricevuto: 2020-06-04 – Versione revisionata: 2020-10-15 – Accettato: 2020-08-19 – Pubblicato: 2020-12-28

Sorrentino, Loro and the Others: The contemporary Italian Auteur in the French Context

Abstract

This article analyses the circulation and reception of Paolo Sorrentino’s Loro/Silvio et les autres (2018) in France, as a case study that complements recent surveys of contemporary Italian cinema’s global impact. The film’s commercial failure is taken as a cue to observe the intermediaries between Italian films and French audiences. The institutional logics underlying the notion of “Italian auteur cinema”, the interpretive categories associated to it — such as political commitment or impegno —, and the stratification of taste in France are also discussed. To this purpose, the article brings together three points of view (and as many methodological approaches): first, it contextualizes auteur cinema as a specific type of cultural consumption by French spectators; then, it looks at the media circulation of contents related to Loro/Silvio et les autres and summarizes its critical reception; finally, it provides an account of its participation in festivals, through interviews with cultural operators who promote Italian cinema in France. What emerges is that, whereas the French market is globally favorable to Italian auteur cinema, the success of each film depends on the ability to intercept a core group of spectators, through the habits, values and intermediaries legitimized by French cinephile culture.

Keyword: Sorrentino; Loro; Silvio et les autres; Italian auteur; France.

1 Introduzione

Un piccolo rituale si consuma ogni mercoledì mattina al cinema UGC Ciné-Cité les Halles, nel pieno centro di Parigi. Il multiplex conta ventisette sale e diversifica sistematicamente l’offerta, puntando a “far uscire quasi tutte le novità” della settimana (Le Marchand 2019).1 La proiezione delle ore 9.00 – la più mattiniera in tutta la Francia – è frequentata da produttori, distributori e altri professionisti del settore. Il botteghino di questo spettacolo è visto come un indizio del potenziale successo dei film: la soglia minima di buon auspicio è di settanta spettatori, o almeno cinquanta per i titoli della categoria art et essai (Angles 2018). Il 31 ottobre 2018, data di lancio del film di Paolo Sorrentino Loro (distribuito con il titolo Silvio et les autres),2 gli spettatori in sala sono soltanto trentotto. Il percorso francese del film inizia dunque in maniera accidentata: nei cinema della capitale, terreno particolarmente favorevole agli autori italiani, esce in dieci copie e totalizza 13.480 ingressi nella settimana d’esordio. Nello stesso periodo, con settanta copie in tutto il Paese, il risultato è di 23.741 spettatori: una cifra inferiore all’esordio di tutti i precedenti lungometraggi diretti da Sorrentino, eccetto L’amico di famiglia (2006). Si consideri che l’esordio de Il divo (2008) ha attratto il quintuplo degli spettatori e – per restare su una tipologia affine – Il caimano di Nanni Moretti (2006) quasi dieci volte tanto (La Torre 2018). Alla fine dello sfruttamento nelle sale francesi, Silvio et les autres totalizza 40.613 ingressi, ovvero nove volte meno del lungometraggio precedente Youth (Paolo Sorrentino 2015), che aveva raggiunto quota 373.748.3

In questo articolo propongo di osservare il percorso francese di Silvio et les autres come un case study complementare alle recenti analisi sulla circolazione internazionale del cinema italiano (cfr. per una ricognizione Scaglioni 2020, Holdaway e Scaglioni 2018). Mentre questi lavori si concentrano giustamente sui film di maggiore successo, mi soffermerò qui sull’analisi di un insuccesso. L’obiettivo è ricostruire il ciclo di vita di Silvio et le autres, a partire dalla fase promozionale, passando per le proiezioni ai festival e alla distribuzione theatrical. Parallelamente, intendo osservare la ricezione critica e la circolazione mediatica dei contenuti relativi al film, oltre che le sedi e gli intermediari che lo veicolano al pubblico francese. Ciò consente di avanzare ipotesi su come il percorso di Silvio et les autres coincida o si distacchi da quello di film dal miglior riscontro commerciale. Lo scopo è stabilire presunti rapporti di causa/effetto; piuttosto, si tratta di comprendere meglio le interazioni tra il film e chi lo ha promosso o intercettato. Non entrerò neanche nel merito del valore dell’opera, che pertiene al dibattito critico ed esula dagli scopi di questo intervento. Mi interessa un procedimento diverso: ripercorrere, attraverso la circolazione del film, come il contesto francese ha costruito la sua cornice di senso – ovvero la categoria di “cinema d’autore italiano”. Il saggio si articola in tre brevi sezioni: dapprima, un richiamo al cinema d’autore come consumo specifico per il pubblico francese; poi, un’analisi della circolazione mediatica dei materiali relativi a Silvio et les autres e qualche accenno alla sua ricezione critica; infine, una discussione della sua partecipazione ai festival, attraverso interviste con operatori culturali impegnati nella promozione del cinema italiano in Francia. Come vedremo, la quantità di contenuti che circolano su Silvio et les autres non è commensurata ad altri titoli dal profilo simile; e i messaggi veicolati sono spesso contraddittori o disallineati rispetto alle aspettative del pubblico. Dal punto di vista metodologico, si propone qui un dialogo tra diversi approcci: analisi della ricezione e dei discorsi promozionali, considerazioni sulla stratificazione del gusto cinematografico e sulla sociologia dei consumi culturali, e richiami ai media industry studies. L’attenzione sarà rivolta, inoltre, ai fattori che influenzano la percezione dei prodotti cinematografici all’estero: come ricordano Dom Holdaway e Massimo Scaglioni, ogni contesto europeo produce variegate “immagini” dell’Italia e del suo cinema contemporaneo, che hanno un impatto diretto sul “(relativo) successo o fallimento” dei film (2018: 55).

2 Il cinema d’autore italiano e la sua funzione distintiva

Se partiamo nuovamente dal dato quantitativo – 467 film italiani usciti e distribuiti nel periodo 2000-2017 (Holdaway e Scaglioni 2018) – l’importanza della Francia per la traiettoria internazionale del nostro cinema è inequivocabile. Non tutte le tipologie di film godono dello stesso favore: dei venti titoli di maggior incasso (tutti al di sopra dei 200,000 biglietti venduti), ben diciotto possono essere considerati “film d’autore” (ibid.: 354). Damiano Garofalo ha descritto le ricorrenze di questo schema distributivo con la formula di “modello di circolazione francese”, che mette assieme “il circuito europeo di sale arthouse, i festival e premi internazionali, gli eventi di istituzioni e cineteche, e ovviamente la ricezione critica nelle riviste cinefile” (Coladonato e Garofalo 2018: 105). La Francia agisce inoltre come portale privilegiato per il mercato europeo. Anche nei casi in cui un film italiano ottiene un forte riscontro negli Stati Uniti – come ad esempio La grande bellezza (2013) dello stesso Sorrentino, vincitore dell’Oscar al miglior film straniero – gli spettatori americani restano una parte relativamente piccola (12% del totale, contro il 47% di spettatori europei al di fuori dell’Italia) (Fadda e Garofalo 2018: 378). Detto altrimenti, il contesto francese fornisce un apporto decisivo in termini di incassi e di costruzione del prestigio di un film.

Le analisi dei consumi culturali individuano un profilo abbastanza riconoscibile per il pubblico target dei film d’autore. La creazione della categoria di “autore” è radicata nel contesto francese, per ragioni storiche che intrecciano l’economia della cultura, il sostegno pubblico alle attività artistiche e la legittimazione del settore cinematografico come campo autonomo, dotato di un sapere specifico e di una gerarchia estetica propria (Chaudron 2008). Sostenuto dalle istituzioni della cinefilia, il cinema d’autore resta la tipologia più apprezzata dai gruppi sociali con livelli di istruzione superiore (Duval 2011): in altri termini, più di ogni altro “genere” cinematografico, il cinema d’autore svolge una forte funzione distintiva. Julien Duval evidenzia inoltre come, nella ripartizione del gusto cinematografico, “i film d’autore appaiano in prima posizione tra i ‘professionisti del giornalismo, dell’arte e dell’industria dello spettacolo’” il cui “gusto colto” è associato al capitale simbolico di un “ambiente sociale organizzato intorno a credenze comuni” (Duval 2006: 112).

L’attuale configurazione del gusto “legittimo” risulta da una serie di trasformazioni nel rapporto tra le istituzioni della cinefilia, da un lato, e le politiche pubbliche di sostegno al cinema, dall’altro. Se negli anni Cinquanta e Sessanta la politique des auteurs era costruita in contrapposizione al cinema “ufficiale”, nei decenni seguenti il cinema d’autore è diventato una roccaforte delle politiche culturali pubbliche, grazie al suo ruolo strategico nella difesa dell’“eccezione culturale” (Chaudron 2008, Gimello-Mesplomb e Latil 2003). La “riconciliazione” tra le istituzioni statali, i critici e i registi associati alla nouvelle vague è sfociata, soprattutto a partire dagli anni Ottanta (durante il mandato di Jack Lang come Ministro della Cultura), in una serie di politiche ancora in atto. Tra i vari esempi, Laurent Jullier e Jean-Marc Leveratto includono il sostegno alle sale d’art et essai nei centri urbani, e la creazione di programmi per l’insegnamento del cinema nelle scuole superiori: “ogni anno, in collaborazione con i Cahiers du Cinéma, il Ministero dell’Istruzione francese pubblica libri sui film inclusi nel curriculum della scuola secondaria, nonché DVD didattici diretti da Alain Bergala. Questo ‘spirito dei Cahiers’ è onnipresente nei programmi” (Jullier e Leveratto 2018: 323). Non sorprende allora che il canone sostenuto dall’istruzione pubblica rimanga fortemente orientato all’autore. È in questo ambito che il cinema italiano in Francia trova la sua legittimazione, attraverso l’azione coordinata delle politiche istituzionali e degli operatori culturali legati alla cinefilia. Se prendiamo, ad esempio, il corpus del programma d’istruzione superiore lycéens et apprentis au cinéma,4 troviamo alcuni “soliti sospetti” della nostra tradizione autoriale: Pier Paolo Pasolini (Mamma Roma, 1962), Dino Risi (In nome del popolo italiano, 1971), Paolo e Vittorio Taviani (Cesare deve morire, 2012), Nanni Moretti (Mia madre, 2015). Il pubblico colto che segue le novità cinematografiche ha formato il suo gusto e i suoi bisogni simbolici su parametri simili. Nell’ambito della ricchissima offerta delle sale francesi, le chance del cinema d’autore italiano risiedono nella capacità di mobilitare questo settore di pubblico, attraverso una serie di luoghi (festival, trasmissioni, riviste, sale, ecc.) coerenti con l’oggetto culturale in questione. Procediamo ora a osservare come Silvio et les autres ha attraversato questo sistema, e quali sono state le categorie interpretative privilegiate dagli attori coinvolti.

3 Sfasature nella promozione di Silvio et les autres

Attraverso la banca dati dell’Institut National de l’Audiovisuel (INA), ho tracciato i passaggi sui media francesi di contenuti relativi a Paolo Sorrentino e Silvio et les autres nel mese a ridosso dell’uscita in sala. Il campione include tv, radio generaliste e i principali siti web dedicati al cinema. Il panorama non è esaustivo: dalla piattaforma di ricerca rimangono esclusi, ad esempio, i canali televisivi pay-per-view; è incluso Twitter ma non altri social media come Facebook e Instagram. Pur tenendo presenti questi limiti, la banca dati INA è lo strumento più completo per rilevare le tendenze nella copertura mediatica di un determinato argomento. Nel caso di Silvio et les autres, sono due i dati che saltano all’occhio: il ridotto numero di contenuti che hanno accompagnato l’uscita in sala, e alcune contraddizioni nella cornice discorsiva che orienta la promozione e la ricezione del film.

Proverò a supportare queste affermazioni attraverso qualche esempio. Partiamo dalla televisione: non ho trovato traccia di interventi di Sorrentino nelle maggiori trasmissioni o talk show televisivi, e anche le interviste non vengono messe in risalto. Ad esempio, il canale della tv pubblica France 2, coproduttore francese (assieme a Pathé) di Silvio et les autres, dedica al regista solo cinque minuti la mattina del 22 ottobre 2018.5 France 2 finanzia anche un documentario, intitolato Le monde de Paolo Sorrentino (Emmanuel Barnault e Sandra Marti 2018), che va in onda il 26 novembre. Attraverso un dialogo con Jean Gili – uno dei principali “ambasciatori” del cinema italiano in Francia – e interventi di collaboratori come Luca Bigazzi, Nicola Giuliano, Toni Servillo, Cristiano Travaglioli, il programma ripercorre la carriera e l’universo estetico di Sorrentino. Ma non si accenna a Silvio et les autres, perdendo così l’occasione di dare visibilità al suo lavoro più recente. Lo squilibrio è evidente se prendiamo come termine di paragone la promozione dei film di Moretti, l’autore italiano di maggior successo commerciale in Francia e con l’approccio distributivo più chiaramente definito: in corrispondenza delle sue anteprime, si riscontra una forte presenza del regista nel panorama mediatico francese (interviste tv e radio, dibattiti, copertine di riviste, e così via; per una ricognizione del caso Moretti, cfr. Coladonato e Garofalo 2018).

Il secondo aspetto problematico è la collocazione incerta di Silvio et les autres. Sembra che la casa di distribuzione Pathé non sia riuscita a orientare il dibattito nei termini più efficaci – in parte anche per l’impossibilità di districare due categorie: quella di “tradizione” del cinema italiano e quella di “impegno” politico (sulla centralità di queste categorie nella ricezione francese, si vedano rispettivamente Catanese e Morreale 2018, Colin e Giardullo 2016). L’eredità del cinema politico è evocata spesso, ma l’approccio proposto da Sorrentino è meno riconoscibile dal pubblico di riferimento: questa tensione è evidente già nella cartella stampa, in cui il regista introduce il film non come un’opera di denuncia, ma come un’esplorazione del mistero insondabile di un individuo – il tentativo di “scavare, a tentoni, nella coscienza dell’uomo”.6 Le note di regia sono seguite da un breve testo di Marco Belpoliti, che riprende alcune idee del suo libro su Berlusconi Il corpo del capo (2009): è paradossalmente Belpoliti, e non Sorrentino, ad accennare i nomi di registi italiani ben noti in Francia, come Fellini e Moretti. La recensione di un utente sul popolare sito Allociné esprime la diffusa tentazione di reintegrare il film in un repertorio più familiare (condito qui da vari cliché): “Abbiamo visto impotenti i grandi del cinema italiano morire un dopo l’altro, ed ecco qui che Lui li resuscita in un solo film, Fellini, Pasolini, Scola. Vi diranno che Silvio et les autres è un film machista, schifoso, che non si può vedere, troppo lungo, porno. Non li ascoltate, finite la vostra pizza, saltate sulla vostra Vespa, e andate a vedere il film”.7 Tuttavia, come testimoniano le note informative nella cartella stampa (con informazioni di contesto sul terremoto dell’Aquila, la compravendita di senatori e gli scandali sessuali di Berlusconi), il film risulta ostico a chi non segue l’attualità italiana. Si può ipotizzare che, per il pubblico francese, orientarsi in queste vicende sia altrettanto difficile che ne Il divo, dove però un glossario rendeva espliciti alcuni riferimenti (Vaccaro 2009).

La critica specialistica accoglie il film con segnali contrastanti. Le due riviste più prestigiose, come spesso accade nella loro rivalità, si collocano su versanti opposti: ribadendo le stroncature degli ultimi lavori di Sorrentino (cfr. Catanese e Morreale 2018), i Cahiers du Cinéma emettono un giudizio durissimo (Vincent Malausa descrive il film come un “fiasco apocalittico” [2018]). Al contrario, attraverso una lettura formalista, Positif ribalta l’accusa di un eccesso di sequenze erotiche in un elogio: “la migliore invenzione di Sorrentino è di aver rinunciato alla messa in scena delle idee a favore di un mimetismo formale che prende in prestito il suo regime figurativo dalla grammatica della pornografia”, scrive Baptiste Roux (2018: 52). Anche nella stampa generalista, e in particolare sulle testate “più lette dai gruppi sociali caratterizzati da un alto capitale culturale” (Duval 2006: 112) – ovvero Libération, Le Monde, Inrockuptibles, Télérama – la ricezione di Silvio et les autres procede tra alti e bassi. Télérama intervista Sorrentino e Servillo (Dessuant e Ferenczi 2018), dedicando al film sia una recensione a favore che una contro (Dessuant e Mury 2018), ma a fine anno lo inserisce nella lista dei film meno amati.8 Le Monde non dedica spazio al film, mentre Inrockuptibles critica il modo in cui si racconta il Cavaliere, riprendendo i tòpoi dell’antiberlusconismo: “Il vero problema del film è […] che si concentra su un uomo e sui suoi piccoli momenti di dubbio (poverino, sta invecchiando…) invece che parlare di politica, del danno che l’uomo più ricco d’Italia ha fatto [attraverso] i numerosi canali televisivi che hanno instupidito una nazione per decenni con programmi di grande mediocrità” (Morain 2018). Troviamo alcune recensioni positive sui quotidiani come, quelle pubblicate su Le Parisien (Balle e Vavasseur 2018) o Le Figaro (Delcroix 2018), ma l’atteggiamento generale nei confronti di Sorrentino è sintetizzato così da Pierre Murat (2018):9 “Paolo Sorrentino non piace molto ai francesi. Troppo sgargiante. Troppo prepotente. Ammiratore troppo sfegatato di Fellini […]. Vorremmo vedere Paolo Sorrentino continuare il suo lavoro politico. Prendere Mussolini, ad esempio, e inventare una nuova maschera per il suo attore preferito. E perché non Toni Servillo nei panni di Matteo Salvini, il nuovo Ministro dell’Interno italiano?”. Riecheggia il desiderio di un approccio engagé, a cui però Sorrentino, nelle interviste e nelle apparizioni pubbliche, si sottrae sistematicamente.10 Viene meno la figura del “regista impegnato”, che faciliterebbe meccanismi di promozione particolarmente efficaci nel caso del film d’autore (Manzoli e Negri 2012), come testimonia ancora una volta il caso di Moretti. Laddove il pubblico di riferimento condivide una posizione sociale privilegiata, un elevato capitale culturale e un approccio al cinema in chiave distintiva, infatti, l’impegno non è una componente accessoria ma piuttosto “una commodity simbolica di prima necessità” (Manzoli 2020: 62).

4 Il ruolo degli intermediari: i festival e le associazioni

È indubbio che il maggior danno alle chance di Silvio et les autres sul mercato francese sia arrivato dalla mancata partecipazione al festival di Cannes, a cui inizialmente sembrava destinato. Il direttore artistico Thierry Frémaux ha giustificato l’esclusione citando le peculiarità della distribuzione italiana: la divisione in due episodi e l’uscita in sala avvenuta prima del festival stesso (Garofalo 2018). In assenza della cornice di Cannes – l’unico festival, secondo i dati quantitativi raccolti da Andrew Higson ad avere “un impatto sulla capacità dei film europei di viaggiare efficacemente” (2018: 312) – l’anteprima di Silvio et les autres è avvenuta in altre sedi, che passerò brevemente in rassegna. Per restituire alcune caratteristiche del contesto francese, ho condotto tre interviste con operatori culturali che diffondono il cinema italiano attraverso rassegne, festival ed eventi.11 L’approccio istituzionale alla promozione del nostro cinema è diseguale e manca di coordinazione: l’intervista è uno strumento utile per conoscere questa realtà, che sfugge a un’analisi strettamente quantitativa (Noto e Peretti 2016). Dai lavori del progetto Circolazione Internazionale del Cinema Italiano (CInCIt) emerge infatti l’importanza dei singoli intermediari che selezionano e “traducono” la nostra cinematografia all’estero, agendo come veri e propri gatekeepers: piccoli distributori, programmatori, responsabili di associazioni culturali, e così via.

La prima proiezione di Silvio et les autres a Parigi è stata organizzata il 13 ottobre 2018 dall’associazione Anteprima presso il cinema Panthéon, una delle sale storiche nel quartiere attorno alla Sorbona. Il presidente dell’associazione, Paolo Modugno, è una figura attiva nella scena della capitale: insegna a Sciences Po e ha collaborato con l’Istituto di Cultura Italiana. Dal 2001, con Anteprima anima un cineclub dedicato alle novità cinematografiche italiane, accompagnandole con incontri e dibattiti. A oggi, Anteprima conta 3000 iscritti nella mailing list; il pubblico degli eventi è di circa due terzi francese e un terzo italiano, di età media avanzata, e conta tra i suoi membri molti insegnanti, operatori del settore culturale e lavoratori della conoscenza, che possono svolgere un ruolo privilegiato nel passaparola dei film. Questo cineclub si distingue per il focus sulle nuove uscite, rispetto ad altre manifestazioni organizzate dalle istituzioni francesi (ad esempio la Cinémathèque Française e il Forum des Images), che esplorano invece il repertorio storico. Negli ultimi anni, si assiste alla decrescita del numero di film italiani nelle sale francesi, e alla chiusura di piccole realtà distributive come la società Bellissima Films. È significativo che l’anteprima di Silvio et les autres sia avvenuta in un cinema d’art et essai piuttosto che in una sala della catena Pathé che lo ha distribuito. In questo contesto, le scelte delle sale cinematografiche indipendenti pesano fortemente. Ma, per restare sul caso di Sorrentino, Modugno sottolinea che non tutti i direttori di sale art et essai apprezzano il regista partenopeo e c’è dunque una forte discrezionalità nelle scelte di programmazione.

Nell’autunno del 2018 Silvio et les autres circola in alcuni festival, quali ad esempio il Festival International du Film de la Roche-sur-Yon, nella Loira, e il Festival du film politique di Porto Vecchio, in Corsica. La prima proiezione avviene il 25 settembre a Annecy, in una manifestazione dedicata esclusivamente al cinema italiano, Annecy Cinéma Italien (così come il Festival del cinema italiano di Ajaccio, che lo proietta il 9 novembre). Clizia Centorrino, che ha diretto nel 2017-2018 l’associazione Dolce Cinema (responsabile dei Rencontres du cinéma italien à Grenoble et en Isère) sottolinea la forte presenza in Francia di rassegne di questo tipo. Si tratta di eventi che, oltre a ospitare registi più conosciuti, rendono visibili film indipendenti o ai margini dei circuiti mainstream. Tali manifestazioni si scontrano sia con difficoltà materiali (budget limitati, assenza di sottotitoli in francese) sia con le aspettative legate a una certa idea di “tradizione”, o ai cliché relativi al nostro Paese, basati su un “sentimentalismo nostalgico […] che lascia poco spazio alla curiosità per nuove prospettive e nuove forme estetiche” (Centorrino 2019). L’altro aspetto ricorrente è la sinergia tra questi festival e le associazioni che si rivolgono a spettatori “appassionati” di cultura italiana – o che per motivi personali, origini famigliari, ecc. si sentono legati ad essa: si tratta di un pubblico ristretto ma motivato, che mostra una particolare fedeltà nei confronti delle novità provenienti dal nostro Paese. La stessa dinamica è descritta da Giulia Conte (attachée à la programmation del festival di Annecy): diverse realtà locali, combinando le loro risorse logistiche ed economiche, riescono a volte a invitare i registi per un dialogo in presenza con il pubblico. Tale contatto diretto, in un contesto che valorizza la figura dell’autore, accresce l’interesse per i film – ma è venuto meno nel caso di Silvio et les autres, che ad esempio non è stato accompagnato da Sorrentino al festival di Annecy. Senza una vetrina di primo piano, il film non ha potuto contare su punti di forza alternativi: non è bastato il solo capitale reputazionale di Sorrentino (che in Francia è meno consolidato che altrove), né sono state sfruttate al meglio altre occasioni di far leva su eventi o intermediari che fidelizzano il pubblico del cinema italiano.

5 Conclusioni

Per riassumere alcuni aspetti del ciclo di vita di Silvio et les autres in Francia, riprendiamo l’utile analisi di Marco Cucco e Alessandro Oliva sulle strategie di Indigo Film, la casa di produzione legata ai film di Sorrentino. Il successo di questa società è attribuito a tre fattori chiave: “a) l’attitudine per la sperimentazione; b) il gioco di squadra condotto su più fronti; c) il capitale reputazionale accumulato” (2018: 118). In altri termini, la strategia di Indigo Film consiste nel coltivare un profilo di ricerca e sperimentazione, assumendone anche i rischi economici e, allo stesso tempo, nell’accrescere la propria reputazione (e dunque l’accesso ai finanziamenti pubblici e alle coproduzioni) grazie all’“accreditamento artistico” di titoli dal forte richiamo nel circuito dei festival (ibid.: 123). Sempre Cucco, osservando il sistema delle coproduzioni europee, sottolinea che la ricerca delle collaborazioni con la Francia comporta, per il cinema italiano, due sostanziali vantaggi: sfruttare le affinità culturali tra i due Paesi (rispetto alle differenze più marcate con altre nazioni europee) e approfittare delle opportunità offerte dal ruolo dominante della Francia nel mercato continentale, con la sua rete consolidata di partner industriali che controllano una quota importante del mercato domestico (Cucco 2019).12

Tuttavia, nella circolazione francese di Silvio et les autres, come abbiamo visto, emergono numerose sfasature e occasioni perse. La mancata partecipazione a Cannes non consente d’innescare il meccanismo virtuoso appena descritto. Forse in ragione di aspettative al ribasso, il gioco di squadra – che rappresenta un punto di forza di Indigo Film nella fase di produzione – non è pienamente realizzato dal distributore francese Pathé nella fase di promozione: emergono dei buchi sia a livello di media industry (ad esempio, nella sinergia con la società televisiva che ha coprodotto il film) sia con gli intermediari e operatori culturali locali. Inoltre, il posizionamento di Sorrentino nel campo culturale è reso instabile dalla sovrapposizione di diversi fattori (l’influenza delle politiche pubbliche nella formazione del gusto, la valorizzazione delle figure “tradizionali” del cinema italiano e l’intreccio tra la categoria di autore e quella di impegno).

La traiettoria di Silvio et les autres invita ad approfondire le dinamiche di circolazione del cinema in Europa e l’intreccio tra la dimensione economica e culturale (per un esempio recente di lavori in quest’ambito, oltre al già citato Higson 2018, cfr. Alaveras et al. 2018). Alcune categorie utilizzate in questo dibattito, pur valide per spiegare tendenze commerciali sui grandi numeri, sembrano insufficienti alla comprensione dei singoli casi e delle loro specificità. Il concetto di “prossimità culturale” (Starubhaar 1991) è, da solo, del tutto insufficiente a spiegare le dinamiche diseguali di circolazione dei prodotti statunitensi o europei al di fuori del territorio d’origine (cfr. ad esempio, sul successo internazionale del television drama danese, Bondebjerg e Novrup Redvall 2015). A mio avviso, ciò vale anche per il concetto di “deprezzamento culturale” (cultural discount)13 – ovvero la perdita di valore relativo, rispetto a prodotti equivalenti, di un film meno appetibile al pubblico a causa di una barriera linguistica e/o culturale. Se tali categorie presumono che l’“identità” culturale dei prodotti audiovisivi sia riconoscibile a priori, il caso di Silvio et les autres evidenzia che la “prossimità culturale” non è una proprietà intrinseca del film, ma un processo relazionale e in divenire. Tale dinamica di riconoscimento tra un film e il suo pubblico non si limita alla provenienza nazionale di un film: emerge, invece, da un lavoro di mediazione che passa per canali e attori competenti.

Abbiamo sostenuto che, nel caso di Sorrentino, è particolarmente rilevante se i suoi film riescano ad attivare o meno l’immaginario associato all’“autore italiano” presso il pubblico cinefilo francese. Ciò è in linea con altri studi sulla ricezione del cinema d’autore, il cui pubblico è accomunato da alcuni parametri socio-culturali (“una nicchia di classe media, con istruzione universitaria, che risiede nei centri urbani e condivide gusti, valori e stili di vita molto simili nonostante le differenze di nazionalità” [Higson 2018: 316]); ma l’attrattiva del film d’autore è declinata localmente in base a diverse categorie (sperimentazione formale, rappresentazione esplicita della sessualità, orientamento politico-ideologico, ecc.: si veda in proposito l’analisi del marketing e della ricezione cross-culturale del film Persona in Stigsdotter e Bergfelder 2007). Si tratta di capire, in ogni contesto, quale elemento egemonizza la ricezione, riorganizzando anche gli altri significati associati al film. La vicenda di Silvio et les autres ci ricorda che, se il mercato d’oltralpe è globalmente favorevole al cinema d’autore italiano, l’accoglienza del singolo film è tutt’altro che scontata. Essa dipende dall’efficace allineamento di messaggi e sedi che permettono di intercettare il “nocciolo duro” degli spettatori appassionati, attraverso modalità da loro riconosciute come legittime, affini al proprio gusto e ai propri bisogni simbolici.

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  1. Qui e nelle altre citazioni dal francese o dall’inglese, la traduzione è mia. Ringrazio Dom Holdaway per le indicazioni bibliografiche, e un revisore anonimo per i puntuali e utili suggerimenti d’integrazione.↩︎

  2. Mentre la versione italiana è uscita in due episodi (Loro1 e Loro2, entrambi di poco superiori a 1h40min di durata), la versione internazionale è stata distribuita come un unico film di oltre 2h30min. Nicoletta Marini Maio (2020) ha ricostruito le differenze tra la versione nazionale ed estera, oltre che la ricezione anglofona del film. In ciò che segue, farò riferimento al titolo Silvio et les autres (tr. it. “Silvio e gli altri”) per indicare appunto la versione che ha circolato nelle sale francesi. Il film è una coproduzione italo-francese che ha coinvolto: Indigo Film, Pathé Pictures, Universal Pictures International Italy, France 2 Cinéma. È stato distribuito in Francia da Pathé Distribution. Fonte: https://www.filmitalia.org/p.aspx?t=film&l=it&did=102754 (ultimo accesso 01-06-20).↩︎

  3. Il dato ovviamente non è comparabile con l’Italia, dove il primo episodio di Loro è distribuito in oltre 500 copie a partire dal 24 aprile 2018, ottenendo “il più alto incasso per un primo giorno di programmazione” tra tutti i film di Sorrentino (Urbani 2018) e posizionandosi in testa al box office, prima di essere scavalcato il giorno successivo da Avengers: Infinity War (Joe e Anthony Russo 2018). Anche il secondo episodio esordisce in testa al box office del 10 maggio 2018 (fonte: box office Cinetel).↩︎

  4. Le informazioni sul programma didattico sono disponibili al sito https://www.cnc.fr/professionnels/enseignants/lyceens-et-apprentis-au-cinema (ultimo accesso 01-06-20).↩︎

  5. Intervista con Charlotte Boutteloup all’interno della trasmissione Télématin. Sul versante radiofonico, si segnalano tre trasmissioni di France Inter che si occupano del film: Le ciné club d’Inter (27-10-18), Popopop (30-10-18), Le masque et la plume (04-11-18).↩︎

  6. Disponibile al link https://medias.unifrance.org/medias/27/1/196891/presse/silvio-et-les-autres-dossier-de-presse-francais.pdf (ultimo accesso 01-06-20). Come ha osservato Nicoletta Marini Maio (2020) in merito alla ricezione negli USA, anche in Francia viene applicata al film l’etichetta di biopic. Nella trasmissione Ça balance à Paris (04-11-18, sul canale Paris première), prendendo spunto dalla coincidenza con l’uscita di di Bohemian Rapsody (Bryan Singer 2018), vengono affiancati i due biopics e i due protagonisti (Freddie Mercury e Silvio Berlusconi).↩︎

  7. Si veda, nella pagina del film, la sezione delle recensioni degli spettatori: http://www.allocine.fr/film/fichefilm-249973. La citazione è presa dalla recensione dell’utente MrFernand del 25 dicembre 2018 (ultimo accesso 01-06-20).↩︎

  8. La lista è disponibile al link https://www.telerama.fr/cinema/8-films-de-2018-quon-a-ete-les-seuls-a-detester,n6058039.php (ultimo accesso 01-06-20).↩︎

  9. Già in occasione dell’uscita di Youth, Le Figaro aveva intervistato Sorrentino per chiedergli “perché si facesse sculacciare dalla critica” (Delcroix 2015).↩︎

  10. Gli fa da contraltare Toni Servillo, che ad esempio in un’intervista-ritratto con Libération (Vaulerin 2018) si esprime direttamente sull’attualità italiana, definendosi “un cittadino molto preoccupato”, e lega più direttamente il suo lavoro all’impegno politico.↩︎

  11. Questa sezione rappresenta la sintesi di tali interviste, avvenute a giugno 2019: ringrazio per la loro disponibilità Clizia Centorrino, Giulia Conte e Paolo Modugno. Ho rivolto a ciascuno/a di loro domande generali sulla circolazione del cinema italiano contemporaneo in Francia, sul ruolo dei distributori, dei festival e degli intermediari, e altre domande specifiche sulle organizzazioni con cui collaborano. Non avendo una trascrizione integrale, ho poi inviato questa mia sintesi, chiedendo di verificare che corrispondesse a quanto riferito e correggere dove opportuno (comunicazioni via e-mail con l’autore, 30-06-20).↩︎

  12. Per descrivere i fattori che favoriscono le coproduzioni italo-francesi, l’autore fa riferimento a due delle categorie di transnazionalismo cinematografico nella classificazione proposta da Hjort (2010): affinitive transnationalism e opportunistic transnationalism.↩︎

  13. Il concetto è formulato in Hoskins e Mirus (1988); si veda, per un’applicazione al cinema, Lee (2006).↩︎