1 Introduzione
Trasgressione e contenuti espliciti sono due concetti che descrivono una tendenza della serialità contemporanea oramai affermata, in cui i limiti del rappresentabile e del visibile si abbassano e si fanno più lenti, in risposta (e in conseguenza) a inediti modelli distributivi, nuove segmentazioni del pubblico, mutamenti sociali e culturali. Nel frattempo, la circolazione internazionale dei contenuti televisivi sembra essere sempre più disintermediata. Se, storicamente, in Italia era necessario aspettare mesi prima della trasmissione in televisione della versione “italianizzata” di una serie straniera, che doveva essere acquistata e “lavorata” da un broadcaster nazionale, oggi questo avviene quasi in tempo reale, o non avviene affatto – pensiamo, per esempio, ai contenuti originali delle piattaforme over-the-top, che vengono “rilasciati” in contemporanea mondiale. Questo ci porta a riflettere su come, allora, oggi si svolgano i processi di “mediazione” e “italianizzazione” delle serie, anche in relazione a quei contenuti difficili, che non necessariamente possono essere trasmessi e recepiti allo stesso modo in un altro mercato e in un’altra cultura.
Per questo, prendiamo i casi delle serie The Deuce (HBO, 2017-19) e The End of the F***ing World (Netflix, 2018-) nel mercato italiano: entrambe fondate sulla trasgressione rispetto a certi canoni del visibile e della narrazione, differiscono nel fatto che la prima arriva in Italia attraverso la mediazione di Sky Italia, mentre la seconda invece rimane sullo stesso operatore, Netflix. Da un lato, intendiamo quindi indagare il trattamento della trasgressione e dei contenuti espliciti in due serie televisive che, in modi diversi, sfidano i canoni narrativi ed estetici della rappresentazione televisiva, oltre che della rilevanza culturale e sociale. Dall’altro, analizziamo le modalità di mediazione di questo tipo di rappresentazione da parte del mercato italiano, dove le strategie promozionali tendono a piegare la trasgressione secondo selling elements più efficaci per il pubblico domestico, negoziando costantemente fra l’identità della produzione e la linea editoriale del player che la trasmette.
2 The Deuce, da Hbo a Sky Italia
2.1 Il brand HBO: oltre i limiti televisivi
L’analisi di The Deuce (TD) e della sua mediazione italiana ci porta a inquadrare innanzitutto il suo contesto produttivo originale, quello della rete pay Hbo. Grazie anche a vantaggi finanziari e istituzionali propri del sistema via cavo premium, Hbo è nota per avere lanciato, tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila, una programmazione originale caratterizzata dal forte apprezzamento critico grazie ad alti valori di produzione, canoni narrativi ed estetici che ricalcano cinema e letteratura, enfasi su personalità autoriali, assenza di interruzioni pubblicitarie e di restrizioni sui contenuti che vigono invece nell’ambito free-to-air. In questo modo, si va a comporre un brand distintivo per il network, giustificando il premium price pagato dagli abbonati per accedere ai suoi contenuti. Se quindi, idealmente, la televisione “ordinaria” punta a un appeal di massa, Hbo punta a un appeal di classe e alla vendita non di semplici programmi, ma di capitale culturale (Santo 2008: 20; Brembilla 2018: 63-68). Quando parliamo di capitale culturale, teniamo presente la natura relazionale del concetto di valore culturale, che include pratiche e rappresentazioni della realtà di un gruppo sociale (Hutter-Frey 2010: 38). Non vanno quindi trascurate le conversazioni intorno ai testi, che Hbo usa per distinguere e legittimare il proprio brand. In particolare, i discorsi critici, insieme ad altri apparati di valorizzazione quali premi e attenzione da parte di una certa enclave culturale, possono fornire strumenti di interpretazione favorendo alcune letture rispetto ad altre, posizionando così un testo, come nel caso delle serie Hbo, nell’alveo della cultura “alta” (English 2008; Gray 2011). In che modo, allora, l’apparato promozionale e discorsi intorno a TD contribuiscono a indirizzare certe letture del testo?
2.2 The Deuce secondo Hbo: autorialità e femminismo
Ambientata a New York negli anni Settanta e sullo sfondo delle sue attività criminali, The Deuce narra l’ascesa dell’industria del porno attraverso gli occhi dei suoi protagonisti e delle sue protagoniste, con attenzione alla vita delle prostitute sulla strada soprannominata the Deuce.
Sul The New York Times, il debutto della serie viene commentato come segue:
There are a million ways this idea could have gone south, with two men (Mr. Simon and his co-creator George Pelecanos) telling a story of sexploitation in the era of blaxploitation […] The Deuce [is savvy about the problem] (https://www.nytimes.com/2017/08/24/arts/television/the-deuce-hbo-david-simon.html) and solves it organically. It makes its characters people before they’re bodies or concepts […] The nudity is copious and graphic but matter-of-fact and close to equal-opportunity (Poniewozik 2017).
L’estratto è esemplare nel delineare le caratteristiche più apprezzate della serie, ma anche nell’isolare le linee principali lungo le quali Hbo si muove per costruire la sua retorica del prestigio per TD: i nomi autoriali e una legittimazione della sexploitation attraverso uno sguardo femminista.
Sul piano dell’autorialità, sono fondamentali i nomi dei creatori George Pelecanos e David Simon. Il primo è noto come romanziere crime, ma ha già collaborato con il produttore e autore televisivo Simon per altre due serie Hbo di cui quest’ultimo è creatore, The Wire (2002-08) e Treme (2010-13). Simon è già considerato una personalità autoriale importante a partire dal suo background, che viene dal giornalismo d’inchiesta e dalla letteratura. La sua esperienza a Hbo inizia proprio con una trasposizione di queste esperienze nella già citata The Wire. Con i critici che lodano la serie e diverse personalità accademiche che la innalzano a esempio di oggetto culturale dal forte valore scientifico e sociologico (Warren 2011) si innesca un circolo virtuoso in cui la credibilità sia di Hbo, sia di Simon, vengono rafforzate fino a diventare brand (Brembilla 2018: 67-68). Il lavoro di Simon in TD è così spesso accostato a quello di The Wire, soprattutto per quanto riguarda il racconto della città nel suo realismo sociale, nonché la rappresentazione delle relazioni fra capitalismo, classi, lavoro (Smith 2017, Rossini 2018). Hbo e la stampa presentano infatti la serie come, innanzitutto, il nuovo dramma d’autore di Simon, posizionandola nella cornice del prestigio autoriale e, quindi, della credibilità delle opere dell’autore. Rispetto a The Wire prima, e Treme poi, con TD Hbo aggiunge però un livello retorico ulteriore a quello del brand dell’autore, quello cioè del discorso critico femminista che viene strettamente legato alla volontà di Simon, ma anche e soprattutto all’agency della sua protagonista Maggie Gyllenhaal (MG), che nella serie interpreta il ruolo di Candy, una prostituta che diventa regista. Il 24 agosto 2017, il giorno prima del suo debutto sui servizi on demand della rete, Hbo posta su Facebook e Instagram l’anteprima di un’intervista di Esquire a MG e Simon, riportando una citazione dell’attrice: “But it's kind of an exciting moment to be looking at misogyny in America, and power, and sex, and art, and commerce. All that is on the table now in a way that maybe it wasn’t a year ago.” (Carter 2017) Così Hbo mette in evidenza le due “autorità” a cui fare riferimento (Gyllehaal e Simon) e l’approccio della serie ai temi trattati.
Al di là del glamour femminista portato da Sex and the City (1998-2004), o da alcuni personaggi femminili (ma secondari) che possono stimolare riflessioni sul ruolo della donna (Johnson 2004), negli ultimi anni Hbo ha ricevuto diverse accuse di sexploitation, fino al conio del termine sexposition per descrivere una particolare tendenza di messa in scena nelle sue serie in cui viene recitato un monologo o un lungo dialogo in primo piano mentre, sullo sfondo, si svolgono atti sessuali e sono mostrati dei nudi - preferibilmente femminili (McNutt 2011; Hann 2012). Il discorso della sexposition si aggancia poi a una serie di critiche ai canali premium in generale per l’uso gratuito di nudi femminili (Fernandez 2015). TD sembra nascere dal riconoscimento, da parte di Hbo, di tali questioni e dalla sua volontà di affrontarle con un cambio di tono. Di fronte alle accuse di adottare un doppio standard per cui i nudi femminili sarebbero exploitation mentre quelli maschili sarebbero arte, e nel clima progressista, inclusivo e per le pari opportunità di gender degli ultimi cinque anni, la rete pay ha avviato una campagna per l’aumento delle quote di minoranza dietro le quinte e per la creazione di un’immagine di network progressista e inclusivo, con particolare enfasi sul lavoro e sullo sguardo femminile.1 In questa luce, sono fondamentali sia le interviste agli autori e alle registe degli episodi (più della metà sono donne), che parlano della necessità di parità di genere anche nella direzione delle scene di sesso (Golding 2017; Weisbrod 2017), sia l’impiego della voce di MG per legittimare i contenuti e lo sguardo della serie. L’attrice, infatti, legittima le scene di nudo e di sesso per i loro carichi emozionali e politici (Clark 2018) e sottolinea l’importanza di lavorare con Simon e con Hbo, che le hanno concesso completo controllo sul suo personaggio, nonché un producer credit: “Nobody is going to give you that. […] I felt like it was a non-explicit way of saying, ‘This is a feminist project.’” (Morris 2017). In questo modo, i dispositivi di autorialità e femminismo si rinforzano a vicenda.
A questo proposito, è anche interessante vedere il trattamento della produzione di un caso Me Too. Fra la prima e la seconda stagione di TD, emergono delle accuse di sexual misconduct nei confronti di James Franco, l’attore protagonista nonché uno dei produttori. Il suo ruolo viene comunque confermato per la seconda stagione e Simon stesso rilascia un comunicato dichiarando che “Franco was entirely professional as an actor, director and producer.” (Barney 2018). Quando nuove accuse investono l’attore, però, ne risulta alterata anche la sua percezione agli occhi di critica e pubblico. Su Vanity Fair, per esempio, si sostiene che la presenza di James Franco in TD annulli la validità di alcuni degli argomenti che lo show sostiene (Saraya 2018). In una conversazione con MG, questo argomento viene ripreso ed è di nuovo lei a legittimare la scelta della produzione, riportando anche abilmente il discorso sui binari del femminismo e della giustizia sociale:
We took the allegations really seriously — learned everything we could about them. All of us felt that it was important to talk to the people who were on our crew and in our cast and make sure they felt that they’d been treated with total respect and felt safe — everybody did. I think about our show in particular: It’s about misogyny, it’s about inequality in terms of gender in the entertainment business. It’s about the subtleties of transactional sex. And I felt that it would have been a terrible shame to stop telling that story (Marchese 2018).
2.3 Dal brand HBO al brand Sky Italia
Abbiamo visto come il brand di Hbo sia fondato sulla produzione di discorsi sulla distinzione culturale che capitalizzano la qualità della sua programmazione originale. Intanto, Netflix consolida la sua nuova leadership adottando una retorica promozionale basata sulla promessa di abbondanza, partecipazione, prestigio e personalizzazione del consumo (Tryon 2015: 105).
La più recente strategia di branding di Sky Italia sembra proprio una mediazione di questi due modelli, ma con la differenza di un modello di business ibrido basato sia su abbonamenti, sia sulla vendita di spazi pubblicitari. Sky Italia, infatti, a differenza di Hbo, è divisa fra la necessità di giustificare il suo prezzo di classe mentre cerca contenuti con un appeal di massa per vendere spazi pubblicitari. TD è un caso emblematico di questa intersezione ma, prima di approfondirlo, cerchiamo di definire il suo nuovo contesto distributivo.
Dopo un primo decennio di trasmissioni in cui la maggior parte dei profitti (e delle spese) viene dai diritti esclusivi degli eventi calcistici, insieme alla prima finestra di distribuzione televisiva di film, nel 2010 Sky entra nel mercato in crescita della serialità statunitense. In Italia, le produzioni Hbo arrivano grazie a un accordo del 2010 fra la rete statunitense e Sky Italia, Germania e UK per la distribuzione esclusiva in Europa dei suoi contenuti. In questo periodo, il fenomeno della pirateria mostra che un prezioso segmento del pubblico italiano segue serie che non sono ancora state trasmesse regolarmente e che questo pubblico le preferisce nella versione originale, poco dopo le prime statunitensi. Così, quando l'accordo Hbo-Sky è completato, Sky Italia diventa l’outlet esclusivo delle serie TV di prestigio. I contenuti di qualità sono quindi affiancati da servizi di qualità con il lancio, nel 2014, di Sky Atlantic, il canale interamente dedicato alle serie TV statunitensi e britanniche. Qui, Sky offre i nuovi episodi delle serie in contemporanea con la messa in onda statunitense, sia in versione originale con sottotitoli che doppiata. Così, il player si posiziona non solo come output premium per contenuti premium, ma anche come editore innovativo che ha risposto direttamente alle richieste del pubblico, offrendo un’alternativa legale e funzionale alla pirateria, nonché un’alternativa di qualità alla televisione tradizionale.
2.4 The Deuce secondo Sky Italia: la via del porno (e di James Franco)
Quando arrivano sulla televisione nazionale, le serie TV straniere devono affrontare un processo di “italianizzazione” che include adattamenti linguistici e culturali. Tradizionalmente, sul servizio pubblico e sulle emittenti commerciali, i dialoghi delle serie straniere vengono riscritti per il doppiaggio e, occasionalmente, anche le storie possono essere modificate per renderle più accattivanti per il pubblico italiano (Barra 2009: 510). Di conseguenza, anche il loro apparato promozionale può e deve essere adattato al nuovo contesto di distribuzione e ricezione, in base a negoziazioni fra tendenze internazionali e tradizioni nazionali, precomprensioni e cliché locali (Barra-Scaglioni 2017: 159). Sky Italia ha fatto della fedeltà linguistica all’originale uno dei suoi principali vantaggi competitivi. Tuttavia, adatta gli apparati promozionali degli show acquisiti per il pubblico italiano, impiegando agganci riconoscibili e più efficaci. Ed è quello che avviene per TD.
Se, attraverso i paratesti, Hbo dichiara che TD è la serie in cui Simon torna ai suoi temi d’autore con uno sguardo politico e femminista, spostando l’attenzione dalla visibilità del sesso esplicito in sé alla visibilità di una realtà sociale e industriale, Sky porta invece in primo piano due elementi: lo scabroso, quindi proprio quel sesso esplicito, e la star maschile, James Franco. L’intenzione di Sky di puntare sul tema della pornografia raccontata e mostrata è chiara già a partire dal titolo, che in Italia diventa The Deuce – La via del porno. In concomitanza al lancio, i richiami a Simon e Pelecanos restano marginali, anche a causa della scarsa notorietà di The Wire per il pubblico italiano, mentre MG è citata solo come attrice protagonista. È proprio SkyTG24, sul suo sito, a titolare “Il sesso più reale di sempre”. Nel primo paragrafo si ricollega brevemente il realismo allo stile di Simon, per poi focalizzare l’articolo su quello che la serie mostra, cioè nudi maschili integrali e scene di sesso esplicito. Solo alla fine si riprende una dichiarazione di Pelecanos sul tema della misoginia (Ferrando 2017). Va comunque notato che le scene di sesso più esplicito e i nudi maschili frontali sono censurati con delle sfocature sia durante le trasmissioni, sia nella library VOD di Sky Now e Sky Go proprio perché, come nella televisione broadcast, potrebbero urtare la sensibilità di un pubblico generalista e alienare certi inserzionisti interessati agli spazi pubblicitari.
È anche interessante vedere come Sky abbia presentato la serie sui suoi canali social, in particolare Facebook e Instagram (in cui i post pubblicati sono gli stessi). Se su Instagram Hbo amplifica ulteriormente l’aura di prestigio di TD con un’enfasi sulla sua qualità estetica attraverso fotografie del cast scattate con uno stile (e un filtro) anni Settanta, su Sky tutti i post che ricordano la trasmissione dei nuovi episodi della seconda stagione si concentrano su James Franco (JF) con un tono giocoso. Nell’ottobre 2018, ad esempio, un’immagine di JF che cammina verso l’obiettivo è accompagnata dalla didascalia “JF sta arrivando per dirci che stasera ci sono gli episodi 5 e 6 di #TheDeuce”. Nello stesso mese, altri due post presentano JF e recitano “Stasera ci saranno i nuovi episodi di The Deuce, facciamo felice James Franco e guardiamoli alle 21.15!” e “Vorresti una serie con James Franco come protagonista? Noi raddoppiamo con due Franco nella stessa serie!” - riferendosi al fatto che, nella serie, JF interpreta due gemelli. Sky risponde inoltre ai commenti sotto a quei post con gif di JF in TD, stimolando conversazioni e batture sul suo status di sex symbol. Da uno sguardo sui social, insomma, TD potrebbe sembrare una commedia sexy con JF e la questione del Me Too non viene mai affrontata. Anzi, JF rimane il principale aggancio della serie in Italia.
Questa presentazione è rispecchiata anche dalla stampa. Va precisato che negli USA la stampa specializzata su intrattenimento e televisione è molto più sviluppata, così come la figura del critico e dell’analista televisivo che va oltre i confini accademici. In Italia, invece, il trattamento delle serie TV ha uno stampo perlopiù informativo sulla stampa generalista, mentre sono ancora pochi (ma in decisa via di sviluppo) gli approfondimenti da parte di analisti specializzati su stampa del settore culturale e dei media – come, esempio, le riviste internazionali quali Wired, Esquire, Vanity Fair, etc. Anche sulla stampa generalista si punta perlopiù a James Franco, il cui nome compare sempre nei titoli insieme all’insistenza sulla pornografia. Ciò è portato all’estremo su Cosmopolitan che, chiaramente fedele alla sua linea editoriale, presenta TD come “Sesso, carnazza e peli, ovvero perché guardare la nuova serie tv con James Franco e Maggie Gyllenhaal che racconta come sono nati i film hard” (Barnabi 2017). Le voci che riportano la serie sui binari originali sono quelle, appunto, delle testate più specializzate che accennano analisi per un pubblico di appassionati di serie TV di prestigio. Per esempio, su bestseries.it, vengono riprese le dichiarazioni di MG a Vulture sul suo rapporto con il sesso nello show (Palmieri 2018).
3 The End Of The F***Ing World
3.1 Genesi
The End Of The F***Ing World [TEOTFW] è stato globalmente riconosciuto come uno dei casi televisivi del 2018. Si tratta di una serie che, oscillando tra drama e black-comedy, narra delle disavventure criminali di due adolescenti in fuga, disorientati in un mondo di adulti che mostra caratteri sempre più inquietanti con il proseguire della narrazione. La struttura del plot richiama celebri coppie in fuga del passato, da Fino all’ultimo respiro (1960) a Thelma & Louise (1991), anche per la tormentata empatia che si è portati a nutrire per questi due personaggi. Per i tratti che allo stesso tempo uniscono classicità e innovazione, realizzando una miscela più complessa di quanto può apparire ad un primo sguardo, la serie ha conquistato un rapido hype nel discorso mediatico. Tra i suoi fattori dirompenti vi è la spinta in avanti dei limiti della rappresentabilità televisiva (stupri, accoltellamenti, rapine, massacri) attraverso una combinazione inedita di violenza, cinismo e sadismo, condotte immorali e caratteri patologici, il tutto associato ad una coppia di adolescenti insicuri che per certi aspetti propone persino modelli edificanti.
La genesi creativa e produttiva di un prodotto decisamente indie contraddistinguerà l’identità della serie sin dall’inizio in tutti i suoi passaggi. Lo showrunner Jonathan Entwistle racconta2 di aver trovato per strada in un cestino una pagina dell’omonimo lavoro di Charles Forsman (2017) (fumettista che lavora spesso con auto-produzioni finanziate tramite Patreon),3 ricavandone l’impressione di avere davanti un soggetto già pronto per un adattamento filmico. Rispetto al fumetto originale la serie ne ricalca molti passaggi in modo quasi letterale, salvo alcuni cambiamenti essenziali, tra i quali l’innesto di nuovi personaggi e un diverso finale.
Se già il fumetto era quasi un soggetto pronto all’uso, anche la sua resa filmica ripropone una visualizzazione secondo una sequenza di quadri visivi. Una delle impronte originali della serie risiede proprio nel mantenere tracce della propria matrice fumettistica.
Ma nonostante questa naturale affinità tra il fumetto e la serie, il lavoro di adattamento è stato lungo e laborioso (Fitz-Gerald 2018): in una prima forma ha visto nel 2012 la realizzazione di un cortometraggio (McCreesh 2018) - interpretato da Craig Roberts e dalla stessa Jessica Barden - che però non ha mai trovato il supporto produttivo per diventare un film. Nel 2017 ha individuato invece la strada della serie a mini-episodi, prodotta da Clerkenwell Films - già produttrice di Misfits (2009-13) – assieme a Dominic Buchanan Productions, per Channel 4. L’appartenenza identitaria della serie al network britannico è successivamente divenuta una questione problematica, a causa dell’accordo di distribuzione internazionale poi concesso a Netflix nel 2018. A partire da quel momento, infatti, la serie è stata universalmente identificata come prodotto Netflix, vanificando uno dei motivi dello sforzo produttivo di Channel 4 che - come afferma il capo della divisione contenuti Ian Katz (White 2018), assieme al CEO Alex Mahon (Kanter 2019b) - teneva a inquadrare TEOTFW come proprio prodotto branded (di grande successo perché “molto riconoscibile e significativo per un pubblico britannico”, Kanter 2019a), nonché parte di una battaglia per l’affermazione di produzioni locali a basso costo, contro lo strapotere degli alti budget internazionali. Per questa serie di motivi la messa in onda della seconda stagione è stata poi volutamente prolungata su Channel 4 e solo con ritardo distribuita su Netflix.
3.2 Narrazione ed estetica
Riguardo alle scelte cinematografiche, seguendo una tendenza attualmente condivisa verso l’estetica dell’indeterminato, il posizionamento della serie non solo cavalca i confini dei generi, ma volutamente si pone in sottile equilibrio su altri piani. Osservandone la dimensione spaziale, TEOFTW si colloca geograficamente in un territorio britannico dal quale esprimere convintamente una precisa estetica “Americana” (termine da intendersi nell’accezione anglosassone). È quanto emerge ad esempio nella sintesi delle parole di Lucy Tcherniak, la regista texana che ha diretto gli ultimi quattro episodi della prima stagione, in un’intervista ad Emma Tucker pubblicata su Pitch Fanzine Magazine:
Il fumetto su cui è basata la serie è americano, e nonostante i personaggi siano britannici, l’estetica Americana esprime il modo in cui i personaggi vogliono vedere il mondo che li circonda, come se costoro fossero i personaggi di un road movie degli anni Settanta.
L’America evocata viene dunque realizzata attraverso un’accurata ricerca di svariate location britanniche4: siti naturali, diner desolati oppure abitazioni dal design modernista secondo-novecentesco. E se affrontiamo la dimensione temporale, ci ritroviamo a cavallo tra la contemporaneità e una retro-datazione vintage, sospinti sia dalla scelta degli arredi di interno e delle automobili, sia da un’accurata selezione di brani musicali spesso provenienti da un immaginario da b-side di 45 giri anni Cinquanta. Al lavoro di supervisione musicale è stato inoltre affiancato l’intervento determinante di Graham Coxon, componente dei Blur - celebre band anni Novanta - a cui è stata esplicitamente commissionata5 la creazione di brani - si vedano in particolare quelli in stile tradizionale folk-country - che favorissero una ambientazione anglo-americana, collocata in un punto indefinito tra gli anni Cinquanta e l’oggi.
Il risultato è che il pubblico-modello generato dalla serie risulta equamente composto da adolescenti e adulti, riproducendo quell’ambivalenza conflittuale che si ritrova anche nei personaggi della serie. E mentre ci si orienta in atmosfere che possono risuonare familiari, e che hanno fatto più volte scomodare nomi che vanno da Twin Peaks (1990-1991; 2017) a Juno (2007) e dai fratelli Coen a Wes Anderson, emerge per contro la deliberata volontà di non cadere nell’eccesso di cliché. Tra questi, ad esempio, una rappresentazione banale della sessualità presente in molti teen che, a tal punto si sceglie di evitare, fino a rimuoverla quasi del tutto. Ciò che resta del sesso nella serie è solo un patrimonio adulto, oscillante tra perversioni e adescamenti.
È il senso di stranezza, il sentimento di weirdness, che costituisce il cemento in grado di tenere assieme la componente dark-fumettistica con quella comedy-adulta, con i suoi risvolti psico-sociali. Inoltre, la weirdness consente l’accettabilità di scene e comportamenti illegali, quanto immorali, da parte di personaggi concepiti per attivare complicità con il pubblico, e che per altri aspetti possono addirittura essere considerati come modelli. La serie ad esempio è stata considerata esemplare (Romero 2018) in relazione al tema della necessità del consenso nei rapporti sessuali: in particolar modo la scena (1x03) nella quale Alyssa dopo aver adescato per ripicca “il primo che passava”, improvvisamente cambia idea sul fare sesso, spiegando al malcapitato Topher che si ha il diritto di acconsentire o meno fino all’ultimo momento.
Nei primi episodi il personaggio di James - 17 anni e “abbastanza certo di essere un psicopatico” - ricorda l’anaffettività assassina di Dexter (2006-2013) mentre Alyssa manifesta tratti di rabbia e disgusto verso il proprio mondo, così che la loro fuga appare come un connubio tra interessi comuni, consolidato dalla ribellione adolescenziale contro le convenzioni familiari e sociali. I due personaggi a un primo sguardo sembrano così destinati a percorsi prevedibili, ma con l’andare della narrazione essi assumono tinte più ricche e contraddittorie, tra momenti di dissociazione emotiva e di tenera complicità. Sin dalla prima sequenza essi sono accompagnati dalle loro stesse voci narranti che consentono di accedere ai loro pensieri, riproducendo in maniera similare le didascalie delle tavole nel fumetto originale. L’accesso diretto all’introspezione psicologica dei personaggi, restituendone la dimensione motivazionale, accresce la complicità nella fruizione. Con molta semplicità comprendiamo le loro scelte, spesso non coincidenti con una lettura obiettiva degli eventi. Assieme alla qualità della recitazione, questo è senza dubbio uno degli elementi che ha decretato il successo della serie.
Il risultato è quello di una distorsione, una distinzione quasi assurda fra cosa accade veramente di fronte agli occhi degli spettatori e quella che è la percezione di quegli stessi fatti da parte dei protagonisti. Questo è l’elemento in particolare che contribuisce all’effetto di dark comedy: pur essendo la maggior parte delle vicende narrate tragiche e violente, la reazione dei due – sospesa fra stupore, incomprensione e noncuranza – attiva un cortocircuito che diverte e al tempo stesso fa riflettere (Armelli 2018).
3.3 TEOTFW in Italia
Il successo internazionale della serie, dovuto ai motivi sin qui descritti, anche in Italia ha trovato un pari riscontro, con giudizi entusiastici sia da parte della stampa quotidiana,6 sia da quella di settore.
Netflix ha a cuore le nicchie (ci potrebbero essere abbonati necrofili, altri che non si scompongono davanti alla crudeltà dei ragazzini). Ma The End of the F***ing World è troppo geniale e carico di black humour per saltar fuori da una ricerca di mercato, meno che mai americana. La produzione è targata Channel 4, l’emittente che mandò in onda le prime due stagioni di Black Mirror (2011-2014; 2016-). Da cinema americano sono le inquadrature, anche se la serie l’hanno girata nel Kent: pub in mezzo al nulla, benzinai da rapinare, case mobili arredate con divani sfondati (Mancuso 2018).
Nelle audience globali, inoltre, si è scatenato un significativo fandom che ha portato a svariate forme di fan art e cosplay, nonché ad un proliferare di commenti e riproduzioni varie. Da più parti ne è stato sottolineato l’aspetto “iconico”, ovvero immagini, quadri, scene, che hanno lasciato una vivida impressione nel pubblico. La serie è riuscita nell’intento di risultare credibile ed efficace presso le audience giovanili, presso le quali si è sviluppato un significativo processo di identificazione. Seguendo una logica orientata all’universo teen, la serie ha accentuato la dimensione brand del prodotto: elementi paratestuali costruiti secondo una logica coerente (logo, lettering della sigla, musica dei titoli testa, abbigliamento dei personaggi, scelta delle musiche). In questo modo la serie ha sviluppato una sorta di identità narrativa, composta da elementi visivi nonché narrativi in senso stretto, legati a temi e figure. Immaginando una sorta di posizionamento in cui collocare l’identità di TEOTFW nella scena comunicativa, emerge una possibile lista di tratti che definiscono un identikit che la contraddistingue:
Questa lista è pensata come una mappa di orientamento dei valori più o meno profondi veicolati da TEOFTFW. Associandoli tra loro è possibile individuare con maggiore precisione il posizionamento, e dunque i motivi del successo della serie.
Stranezza, disagio e ribellione, associati ad un mondo di adolescenti loser contrapposti agli adulti (teen vs boomer), costituiscono un primo insieme di elementi che la serie in una certa misura rappresenta e proietta come immagine di sé nella scena comunicativa. Un altro insieme è costituito dallo statuto marginale e provinciale dei mondi rappresentati, stavolta comprendendo anche i luoghi geografici e gli ambienti interni: non vi sono metropoli urbane (a stento si intravedono cittadine) mentre sono molto presenti paesaggi periferici, desertici e naturali. L’immaginario visivo di TEOTFW è posizionato in un modernariato novecentesco britannico, riletto secondo uno sguardo à la Edward Hopper, poco illuminato, a bassa risoluzione, e autenticamente non-glamour. Tutto questo abito out è ovviamente proprio ciò che, secondo il gusto attuale, lo rende a tutti gli effetti un prodotto di tendenza.
Il risultato di questo tipo di posizionamento ne ha definito l’identità anche per il pubblico italiano, ed è in questo modo che si motiva la scelta di Netflix Italia, che ha associato la seconda stagione di TEOFTFW ad un video promozionale7 realizzato in stile prosumer, con la partecipazione di Myss Keta, rimontando una delle scene cult della prima stagione, ovvero lo scontro verbale tra Alyssa e la cameriera del diner, contenuto nel pilot. Detto che il risultato finale del promo non appare del tutto riuscito a causa di una certa sensazione di artificiosità che il video trasmette, restano significative la scelta promozionale, nonché il clamore comunicativo che ha suscitato. Il personaggio di Myss Keta rappresenta una delle figure iconiche di maggiore tendenza degli ultimi tempi in Italia: avvolta da un alone di culto ancora non divenuto mainstream (nonostante l’apparizione a Sanremo del 2020) con non pochi elementi comuni con il mondo TEOTFW. Identità occultata da girl power, ribelle, anticonformista, sboccata, provocatoria, sessualmente esplicita e tradizionalmente legata alla moda e al mondo LGBTI, così come alla Milano del suo brano più celebre, Le ragazze di Porta Venezia (Casiraghi 2018). “Myss Keta è un interessante ‘progetto’ (…) di performer-cantante con testi sociologici-urticanti e nata nel 2013 con singoli abbastanza geniali e molto underground (…): una donnona postmoderna un po’ swag, che canta, a volto coperto, canzoni come ‘Milano sushi e coca’” (Masneri 2019). Un ritratto che non stonerebbe anche nel descrivere TEOTFW.
L’idea di associare la promozione della serie con una celebrità iconica per donare una spinta di popolarità su Internet è un’operazione tra l’ironico e il trash che Netflix Italia ha replicato, nel febbraio 2019, anche con la partecipazione di Iva Zanicchi al promo della seconda stagione di Suburra (2017-),8 e poi nel luglio successivo con La casa di carta (2017-) in partnership con la generalista RAI e la partecipazione di Simona Ventura.9 Adoperando un linguaggio da comunicazione pop che punta a raggiungere un pubblico generalista che è più mainstream rispetto all’identità dei prodotti stessi, esse appaiono come forme di “italianizzazione” ancorate all’uso di testimonial, piuttosto che vere e proprie operazioni promozionali legate al prodotto.
4 Conclusioni
In entrambi in casi, abbiamo visto come l’apparato produttivo delle serie lavori non solo per l’accettabilità della trasgressione (nelle sue varie sfaccettature), ma anche per la sua legittimazione sociale e culturale. Nel caso di The Deuce, il racconto esplicito dell’industria della pornografia è inquadrato nelle ottiche dell’autorialità e del femminismo, nonché della rilevanza fortemente attuale dei temi trattati. In TEOTFW, la trasgressione è declinata non tanto in ciò che si mostra e si racconta, ma nel come lo si fa, con un ribaltamento della tradizionale mappa di valori delle teen series, che puntano qui al disagio, alla stranezza, alla ribellione. Questa weirdness del racconto e della rappresentazione gioca con il rapporto di complicità (e identificazione) fra personaggi e pubblico per ricondurre comportamenti apparentemente immorali o illegali nell’ambito della reazione a certe ingiustizie sociali e personali.
La mediazione italiana di The Deuce non ne altera il contenuto, se non nella censura puramente visiva delle scene più esplicite. La domesticazione avviene invece sul livello più che altro paratestuale che, poi, agisce sulla presentazione e sulla percezione stessa del prodotto. La trasgressione e il superamento dei limiti vengono quindi ricondotti a logiche di mercato volte, prima di tutto, a valorizzare o adattare certi aspetti vendibili al pubblico italiano. In The Deuce, questi aspetti riguardano da una parte la storia stessa (quella del porno), dall’altra la sua promozione attraverso lo star-system, che passa appunto dallo status di James Franco, lasciando da parte il brand dell’autore Simon o la voce politica di Gyllenhaal. Lo sguardo femminile della serie è quindi minimizzato nei discorsi promozionali, mentre quello sulla serie è stimolato e indirizzato verso la figura del sex symbol James Franco. Le cose cambiano per TEOTFW, che si presenta come una produzione indie senza star su cui fare leva. Per questo, la sua mediazione passa attraverso due livelli: l’identità social di Netflix, nei suoi ammiccamenti al pubblico e nella sua produzione di contenuti potenzialmente spreadable, e il crossover con fenomeni pop italiani, per cavalcare l’onda del loro successo virale. Le sfide della trasgressione e dei nuovi limiti del visibile, allora, passano attraverso la sicurezza commerciale degli agganci culturali più sicuri.
Bibliografia
Armelli, Paolo (2018). “5 motivi per cui tutti parlano di ‘The End of The F***ing World’.” Wired. https://www.wired.it/play/televisione/2018/01/11/the-end-of-the-fing-world/ (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Barra, Luca (2009). “The mediation is the message. Italian regionalization of US TV Series as co-creational work.” International Journal of Cultural Studies 12(5): 509-525. https://doi.org/10.1177/1367877909337859
Barra, Luca e Scaglioni, Massimo (2017). “Paratexts, Italian style: The promotional cultures of Italian commercial and pay television broadcasters.” Critical Studies in Television 12(2): 156-173. https://doi.org/10.1177/1749602017698477
Barnabi, Maria Elena (2017). “5 buoni motivi per vedere The Deuce - La via del Porno.” Cosmopolitan. https://www.cosmopolitan.com/it/lifestyle/news/a119170/buoni-motivi-per-vedere-the-deuce/ (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Barney, Chuck (2018). “James Franco will return to ‘The Deuce,’ despite misconduct allegations.” The Mercury News. https://www.mercurynews.com/2018/02/12/james-franco-will-return-to-the-deuce-despite-misconduct-allegations/ (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Brembilla, Paola (2018). It’s All Connected. L’evoluzione delle serie TV statunitensi. Milano: Franco Angeli.
Carter, Ash (2017). “Maggie Gyllenhaal and David Simon on How The Deuce Explores Misogyny and Sexuality.” Esquire. https://www.esquire.com/entertainment/tv/a56620/david-simon-maggie-gyllenhaal-the-deuce/ (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Casiraghi, Claudia (2018). “Myss Keta: «Sono trash, volgare e parlo di droga. E allora?».” Vanity Fair. https://www.vanityfair.it/music/storie-music/2018/04/18/myss-keta-rapper-canzoni-intervista-nuovo-album (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Clark, Anne Victoria (2018). “Maggie Gyllenhaal is Getting Tired of the Sex Scenes in The Deuce.” Vulture. https://www.vulture.com/2018/05/maggie-gyllenhaal-is-tired-of-the-sex-scenes-in-the-deuce.html (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
English, James F. (2008). The Economy of Prestige: Prizes, Awards and the Circulation of Cultural Value. Cambridge: Harvard University Press.
Fernandez, Maria Elena (2015). “Why Full Frontal Male Nudity Was All Over TV in 2015.” Vulture. https://www.vulture.com/2015/12/full-frontal-male-nudity-was-all-over-tv-in-2015.html (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Ferrando, Floriana (2017). “The Deuce - La via del porno: il sesso più reale di sempre.” SkyTG24.it, https://tg24.sky.it/spettacolo/serie-tv/the-deuce/2017/10/25/the-deuce-sesso-realistico.html (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Forsman, Charles (2017 [2017]). The end of the fucking world. Torino: 001.
Fitz-Gerald, Sean (2018). “The Creator of ‘The End of the F***ing World’ Reveals What's in Store for Season.” Thrillist. https://www.thrillist.com/entertainment/nation/the-end-of-the-f-ing-world-season-2-jonathan-entwistle-interview (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Gray, Jonathan (2010). Shows Sold Separately. Promos, Spoilers and Other Media Paratexts. New York: New York University Press.
Golding, Shenequa (2017). “HBO’s’ ‘The Deuce’ Is An Equal Opportunity Series When It Comes To On-Screen Nudity.” Vibe. https://www.vibe.com/2017/09/hbo-the-deuce-george-pelecanos-interview (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Hann, Michael (2012). “How ‘Sexposition’ Fleshes Out the Story.” The Guardian. http://www.theguardian.com/tv-and-radio/2012/mar/11/sexposition-story-tv-drama?newsfeed=tru (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Hutter, Michael and Frey, Bruno (2010). “On the Influence of Cultural Value on Economic Value.” Revue d’économie politique 120(1): 35-46.
Johnson, Lisa (2004). “Way More Than a Tag Line: HBO, Feminism, and the Question of Difference in Pop Culture.” S&F Online 3(1). http://sfonline.barnard.edu/hbo/intro.htm (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Kanter, Jake (2019a). “Channel 4 Says Its Door Is Wide Open To More ‘The End Of The F***ing World’.” Deadline. https://deadline.com/2019/12/channel-4-door-open-more-the-end-of-the-fcking-world-1202808910/ (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Kanter, Jake (2019b). “Channel 4 CEO Says It Must Get Proper Credit For Co-Productions Like ‘The End Of The F***ing World’.” Deadline. https://deadline.com/2019/11/alex-mahon-channel-4-attribution-netflix-1202777857/ (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Mancuso, Mariarosa (2018). “La nicchia perfetta. Lasciate stare le serie con gli adolescenti suicidi, su Netflix ce n’è una che è la fine del mondo.” Il Foglio. https://www.ilfoglio.it/le-serie-tv-spiegate-a-giuliano/2018/01/17/news/the-end-of-the-world-netflix-173387/ (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
McCreesh, Louise (2018). “Did you know that ‘The End of the F***ing World’ on Netflix is based on a short film?.” Digital Spy. https://www.digitalspy.com/tv/a846960/the-end-of-the-fing-world-netflix-short-film/ (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Marchese, David (2018). “In Conversation: Maggie Gyllenhaal The actress on The Kindergarten Teacher, The Deuce’s James Franco question, and storytelling through sex.” Vulture, https://www.vulture.com/2018/10/maggie-gyllenhaal-in-conversation.html (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
McNutt, Myles (2011). “Game of Thrones – ‘You Win or You Die’.”, Cultural Learnings. http://cultural-learnings.com/2011/05/29/game-of-thrones-you-win-or-you-die/ (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Morris, Alex (2017). “Maggie Gyllenhaal Tests Her Comfort Zone With The Deuce.” Vulture. https://www.vulture.com/2017/08/maggie-gyllenhaal-the-deuce.html (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Palmieri, Attilio (2018). “Maggie Gyllenhaal parla delle scene di sesso in The Deuce.” BestSeries.it, http://bestserial.bestmovie.it/News/5368/maggie-gyllenhaal-parla-delle-scene-di-sesso-in-the-deuce (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Poniewozik, James (2017). “Review: HBO’s ‘The Deuce’ Works a Vibrant Hustle in the Naked City.” The New York Times. https://www.nytimes.com/2017/09/07/arts/television/hbo-the-deuce-tv-review.html (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Riesman, Abraham (2018). “All the Ways Netflix’s ‘The End of the F***ing World’ Is Different From the Comic.” Vulture. https://www.vulture.com/2018/01/twotfw-netflix-comic-book-differences.html. (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Romero, Ariana (2018). “Teotfw has the most important message about consent.” Refinery29. https://www.refinery29.com/en-us/2018/01/187462/teen-sexual-consent-end-of-the-fucking-world-netflix (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Rossini, Gianluigi (2018). “Fattualizzare il finzionale. ‘The Wire’ tra cronaca e fiction.”, SigMa. Rivista di letterature comparate, teatro e arti dello spettacolo 2: 149-173. https://doi.org/10.6093/sigma.v0i2.5972
Ryan, Maureen (2018). “HBO Hits Important Milestone in Push for Behind-the-Scenes Inclusion.” The Hollywood Reporter, https://www.hollywoodreporter.com/live-feed/hbo-hits-important-milestone-push-behind-scenes-inclusion-1133786 (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Santo, Avi (2008). “Para-Television and Discourses of Distinction. The Culture of Production at Hbo.”, in It’s Not TV. Watching Hbo in the Post-Television Era, edited by M. Laverette, B. L. Ott and C. L. Buckley, 19-45, New York: Routledge.
Saraya, Sonia (2018). “The Deuce’s Second Season Struggles with Its James Franco Problem.” Vanity Fair. https://www.vanityfair.com/hollywood/2018/09/deuce-second-season-james-franco (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Smith, David (2017). “David Simon: ‘If you’re not consuming porn, you’re still consuming its logic’.” The Guardian, https://www.theguardian.com/tv-and-radio/2017/sep/10/david-simon-george-pelecanos-the-deuce-pornography-drama-interview-the-wire (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Tammaro, Gianmaria (2018). “Perché ‘The end of the f***ing world’ rappresenta il meglio della nuova televisione.” La Stampa. https://www.lastampa.it/spettacoli/tv/2018/01/10/news/perche-the-end-of-the-f-ig-world-rappresenta-il-meglio-della-nuova-televisione-1.33964737 (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
Tryon, Chuck (2015). “TV Got Better: Netflix’s Original Programming Strategies and Binge Watching.” Media Industries Journal 2(2): 104-116. http://dx.doi.org/10.3998/mij.15031809.0002.206
Warren, Kenneth (2011). “Sociology and The Wire.” Critical Inquiry 38: 200-207.
Weisbrod, Lars (2017). “‘The Deuce’ Director on How Men Often Direct Sex Scenes Differently Than Women.” Vulture. https://www.vulture.com/2017/10/the-deuce-director-uta-briesewitz-masturbation-scene.html (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
White, Peter (2018). “British Broadcasters Plot Low-Budget Drama Drive As Battle With Global SVODs Rumbles On.” Deadline. https://deadline.com/2018/08/british-broadcasters-plot-low-budget-drama-drive-as-battle-with-global-svods-rumbles-on-1202455178/ (ultimo accesso 31 gennaio 2020)
I dati di Hbo mostrano che il 57% dei suoi registi per la stagione 2017-18 sono donne di colore, uomini di colore e donne bianche e che, nel 2018, 6 dei suoi 11 piloti sono diretti da donne. Hbo produce anche una serie di corti nei quali racconta le storie delle donne dietro le quinte delle sue serie di successo e finanzia una mostra a New York con diari inediti di donne di varie generazioni per celebrare il potere di voci autentiche e inedite (Ryan 2018).↩︎
jonathanentwistle.com↩︎
http://www.fumettologica.it/2018/12/charles-forsman-fumetti/↩︎
https://www.cntraveller.com/gallery/where-is-the-end-of-the-fing-world-filmed↩︎
https://www.ilpost.it/2018/01/13/the-end-of-the-fing-world-netflix/↩︎
https://www.tvblog.it/post/1663576/la-casa-di-carta-3-speciale-raidue-simona-ventura-video↩︎