Cinergie – Il cinema e le altre arti. N.16 (2019)
ISSN 2280-9481

Per una critica comparatistica.
Massimo Fusillo, L’immaginario polimorfico fra letteratura, teatro e cinema, Cosenza, Luigi Pellegrini Editore, 2018

Giovanna SantaeraUniversità degli Studi di Catania (Italy)

Pubblicato: 2019-12-23

Se raccogliere degli scritti sparsi può essere un’impresa, come scrive Massimo Fusillo a proposito del suo ultimo lavoro, dare a questi una spinta riflessiva anche per il futuro forse lo è ancora di più.

Il testo, edito da Luigi Pellegrini Editore, ci riporta ai fuochi cari dell’Autore che si occupa da tempo della centralità del lavoro sulle relazioni estetiche, comparatistiche e critiche tra le diverse arti. Torna a farlo riprendendo nel corpo di questo libro una fitta cernita di creazioni in cui riecheggiano miti classici (Ulisse, Edipo, Antigone, Medea, Oreste, Dioniso ed Elettra) e temi di lunga durata (l’identità del doppio e l’alterità in-umana sintetizzabili nel macro-tema delle metamorfosi). Fusillo muove la raccolta da un incipit in cui espone l’idea di un’analisi dell’immaginario che, al di là degli archetipi, sappia tracciare legami costruttivi o fratture formali e discorsive con un insieme di opere. Questi, però, devono essere effettivamente percepibili anche se stratificati nella memoria comune. La palpabile concretezza dell’oggetto, nonostante la brevissima presentazione teorica introduttiva, emerge dall’impervio e inesauribile percorso con cui lo studioso dà prova nella parte centrale e finale della sua variegata formazione ed evoluzione. Le rielaborazioni immaginarie presentano, infatti, secondo l’Autore, un carattere “polimorfico”: sono il crocevia delle diramazioni incessanti che seguono e connettono miti, racconti e temi mantenendo alcuni tratti e variandone altri. Soprattutto nel momento in cui le espressioni diventano luoghi di identificazioni e negoziazioni plurali. Questo tratto ci permette, quindi, di fare delle loro metamorfosi un modello con cui tracciare consonanze narrative tra opere, generi, linguaggi e codici illuminando i motivi di un confronto culturale oltre che artistico. Sulla scia di pensatori contemporanei come Castoriadis, anche se non citato, le forme di ricezione (e le eredità passate) vanno vagliate per il modo in cui attraversano vari contesti, imprimendo un bisogno e una pressione sociale e politica sui loro margini.

Lo studio ha il pregio di svolgere soprattutto una continua sollecitazione metodologica attraverso forti revisioni e inviti-manifesti. Per adottare una prospettiva dialettica, l’Autore richiama fin dall’inizio a una maggiore apertura del campo umanistico (e soprattutto letterario), dedicando maggiore attenzione ai processi immaginari e mediali, che rendono oggi i contenuti e i codici sempre più fluidi e granulari grazie alla crescente convergenza, trans e intermedialità. Non prendere in carico questa dimensione comporterebbe il rischio di una fossilizzazione metodologica; come dimostra – denuncia lo studioso – la lentezza nel recepire i cambiamenti che sottendono ancora pregiudizi gerarchici. Per questo motivo il contributo dà una forte spinta a un approccio interpretativo critico, mai lineare e potenzialmente aperto verso categorie come quelle di autore, testo e pubblico. C’è bisogno in tal senso, ribadisce spesso Fusillo, di spostare l’attenzione dalla rivendicazione modernista di una specifica essenza dei media a una valutazione costante delle plurali modalità generative e agli intrecci storici tra le arti, le opere e i contesti di ricezione. Il testo quindi abbandona, esplicitamente, qualsiasi rito funereo in campo artistico per assumere la dimensione del cambiamento come messa in discussione di ogni reductio ad unum, a favore di un approfondimento dei rapporti di forza o delle tendenze nei processi in atto.

È bene sottolineare, in questa direzione, il rigore con cui l’Autore dà spessore a un dialogo teorico fecondo con il passato, problematizzando le apparenti novità del presente e l’incidenza del gusto nell’ottica di Baudrillard. Il primo dei tre capitoli, in particolare, ci offre una chiara disamina di alcune questioni che attraversano in modo continuo e differente moderno e (postmoderno) contemporaneo: con le categorie estetiche del sublime, dell’estremismo tragico, del trash e del kitsch e poi ancora con i generi della parodia, del pastiche, del camp fino ai caratteri del neo-picaresco e del massimalismo. Tra questi Fusillo ha la sapienza di imbastire dei percorsi che, soprattutto nelle analisi dei capitoli successivi, poggiano sul recupero di alcuni pensatori feticcio: Genette con le intertestualità palinsestiche e le revisioni freudiane psicanalitiche, da Jung a Matte Blanco, con i meccanismi sovversivi del perturbante. Ma a queste riletture teoriche nel confronto retrospettivo Fusillo affianca nuovi approcci. Per esempio, con l’invito a riflettere sul superamento tra verbale e visivo, la distinzione tra image e picture e la necessità di un’analisi iconografica seguendo la prospettiva dei visual studies avanzata da Mitchell. Quello che ne scaturisce è un sistema di genealogie composto da nuclei persistenti e momenti di trasformazione, che ci accompagnano in una teorizzazione storiografica sempre contestualizzata e attenta anche alla reversibilità delle traiettorie tra cinema, letteratura, teatro, arti, visualità e performatività. La rapidità dei passaggi che ne deriva all’interno dei quadri mitici e tematici, nel secondo e terzo capitolo, è semplificata in parte dall’uso di schemi ricorrenti: con la presentazione dei motivi della scelta, le modalità di disseminazione (tra citazioni, adattamenti, riscritture e attualizzazioni intermediali) e una sintesi a cornice dei modelli desumibili. Partendo dalla dimostrazione delle inesauribili potenzialità estetiche in questa ricerca c’è ancora molto da esplorare. Soprattutto se ci interroghiamo sui segnali di crisi e sui conflitti nelle modalità di riconoscimento degli immaginari contemporanei nel sistema mediale attuale. In ogni caso si tratta sempre di costruire una rete di rapporti complessi, come scrive Fusillo, che annulli ogni pretesa polarizzante, anche sul piano dei contenuti, a favore di una più stratificata dinamica antropologica e comprensione dei meccanismi della comunicazione in generale. Nel frattempo, la vera sfida futura sembra essere quella di riuscire a padroneggiare con la stessa capacità dimostrata dall’Autore lo sforzo interdisciplinare richiesto.